domenica 30 aprile 2006

Senatori a vita


Foto del Senatore Rita LEVI-MONTALCINI  Grazie, senatrice a vita Levi Montalcini, grazie a lei, la più carica di anni e di energia! Grazie per la sua presenza lucida e limpida nel nostro Senato, per la sua preziosa levità di cittadina consapevole e responsabile, per l'impagabile trasparenza della sua vita, che le auguro sia ancora lunga e feconda.


 Grazie , senatore a vita Scalfaro,  secondo per età alla senatrice Levi Montalcini e impavido presidente provvisorio del Senato tra il 28 e 29 aprile. Grazie per la sua resistenza nel gravosissimo compito di guidare una seduta del Senato molto ardua e pesante. Grazie per la difesa dei principi della nostra Costituzione in quel livoroso venerdì al Senato. Grazie per la difesa della Costituzione stessa ancora in pericolo, almeno fino al voto popolare nel referendum confermativo del 28 e 29 giugno prossimo.


Foto del Senatore Giulio ANDREOTTI  Tutto il mio rammarico per lei, Senatore a vita Andreotti, anche lei carico d'anni e d'esperienza. Rammarico per la sua scelta politica di dividere il nostro Paese già diviso ad abundantiam. Si è presentato come figura super partes, ma la sua ben nota intelligenza non può averle impedito di capire quale doveva essere il suo ruolo, che, deo gratias, non è stato. Il mio rammarico è sincero, senza ironia, perché mi è dispiaciuto davvero che lei abbia potuto accettarlo, quel ruolo, incomprensibilmente. Mi affido a un articolo odierno di Barbara Spinelli  per spiegarle motivazioni e perplessità.


Risarcire Belzebù


Se nella campagna elettorale si fosse parlato dell'essenziale - della legalità tenuta in spregio da anni, del conflitto d'interessi, della legge che in Italia non ha più maestà - forse non ci sarebbe stato il caos che abbiamo visto l’altra notte quando si è trattato di nominare il presidente del Senato. Non ci sarebbe stato questo nuovo manifestarsi d'un tumore che affligge gran parte della classe politica, che non accenna a mitigarsi nonostante la sconfitta di Berlusconi, e che può esser riassunto nelle seguenti malformazioni: il prevalere dell'interesse particolare o personale su quello collettivo, il primato dell'emozione vendicativa sulla valutazione razionale dell'utile per l'Italia, la sistematica preferenza data alla divisione, al disfacimento di quel che si potrebbe fare, al ricatto, al voto di scambio, all'avvertimento che promette e non promette, insinua e impaura.

Adesso Marini è stato eletto presidente e Prodi ha l'inconfutabile diritto a governare con il sostegno di ambedue le camere, ma i miasmi delle ultime ore converrà tenerseli accanto come ammonimenti, per capire quel che sta davanti al futuro governo e agli italiani. In particolare converrà avere accanto il ricordo di come Andreotti, candidandosi, ha contribuito a tale inquinamento. A partire dal momento in cui su suggerimento di Berlusconi è sceso in campo per contrastare la candidatura di Marini, a partire dal momento in cui s'è ostinato a restare in gara pur essendosi accorto che l'imparziale spirito d'unità che pretendeva incarnare era una menzogna, si poteva infatti prevedere la massima confusione. Diabolus, che vuol dire divisore, è lo spirito maligno che imprigiona l'Italia politica e non stupisce che questo sia il nome attribuito al senatore: Belzebù. Se nella campagna elettorale si fosse parlato di legalità da restaurare non ci sarebbe stato spazio per un rientro di Andreotti all'insegna di questo epiteto, e per quel che s'è accompagnato a tale rientro: i voti sbagliati per Marini denominati pizzini, il vocabolario della mafia che entra in Parlamento e l'infanga, le parole eversive dette dall'ex maggioranza contro Scalfaro.

Quest'ultima avventura di Andreotti resta come una ferita, uno sgarro. Una ferita che oscura le non poche sue condotte benefiche, e anche integre: la battaglia per l’Europa, la scelta di difendersi nei processi e non contro i processi. Ha detto il senatore che voleva apparire come uomo sopra le parti, un tipico esponente del centro che rifiuta l'aspro conflitto bipolare: ma come tale non si è comportato, seminando piuttosto divisione. La nozione stessa di centrismo esce devastata dall'esperienza, perché ancora una volta ad affiorare è stato l'estremismo del centro, che si dilania sulle persone avendo perso cognizione del conflitto di idee. Da questo punto di vista è più super partes Bertinotti, che alla Camera non ha esitato a dire: «Sono un uomo di parte che per questo motivo, però, non teme il conflitto. (....) Ma non bisogna lasciar scivolare la politica nella coppia amico-nemico».

Altri dicono più verosimilmente che Andreotti voleva levarsi un sassolino dalla scarpa (nel frattempo se n'è tolti tanti, troppi: fin da quando si augurò, nell'agosto 2005: «Meglio sarebbe che Violante e Caselli non fossero mai esistiti». O quando equiparò il proprio processo al calvario di Gesù), e ha fallito prestandosi a un'impresa disgregante anziché unitaria. Quest'idea di adoperare la politica per levarsi sassolini, strappar poltrone, è un'usanza che rischia di fare tanti più proseliti, quanto più viene considerata normale. Quando Andreotti sostiene che il potere logora chi non ce l'ha, è a quest'usanza che sembra pensare. È la convinzione che il politico sia autentico solo se è costantemente ai comandi e non, come in Plutarco, «governante per breve tempo, e governato per tutta la vita». Una convinzione non fugata dalla vittoria di Prodi.

È l'usanza di chi nella politica vede un mezzo per propri calcoli o rivincite e neppure sa cosa sia, dare uno scopo a sé e anche alla pòlis. Il sassolino di cui Andreotti voleva disfarsi è un macigno, ed è gravissimo che nessuno glielo abbia fatto capire, a cominciare dalle gerarchie ecclesiastiche. La giustizia lo ha assolto solo in apparenza, perché nella motivazione della sentenza la sua contiguità con la mafia fino all'80 è attestata: se non ha pagato per questo reato è perché esso fu prescritto, non perché non fu commesso. I giudici d'appello hanno emesso a Palermo una chiara sentenza nel 2003, resa definitiva dalla Cassazione nel 2004, quando hanno evocato: «un'autentica, stabile e amichevole disponibilità dell'imputato verso i mafiosi» fino alla «primavera del 1980». Se la legalità italiana non fosse da tempo e in misura crescente qualcosa di opinabile, Andreotti non avrebbe potuto osare esporsi così, e offrire un pessimo esempio ai politici dei due campi.

Da questa patologia il centro sinistra dovrà prima o poi ripartire, perché essa permette il continuo riemergere di personaggi che con la legalità hanno rapporti distorti: personaggi che Sylos Labini chiama i neomachiavellici, presenti a destra come a sinistra e sempre pronti non a distinguere la politica dalla morale, ma a contrapporre l'una all'altra (Sylos Labini, Ahi serva Italia). La caratteristica di simili personalità è l'indifferenza all'etica pubblica, la disinvoltura con cui minacciano slealtà, mercanteggiano lealtà, usano parlare di gioco politico per dissolvere nella levità dei vocabolari infantili la distruttività. Sono chiamati spesso simpatici per il modo in cui esibiscono la spregiudicatezza come un pennacchio (lo osservava con acutezza Thomas Mann, poco dopo l'ascesa di Mussolini, nel racconto Mario e il Mago: «Quello strano tipo di uomo, che gli italiani chiamano simpatico, confonde singolarmente il giudizio morale con quello estetico»). Altri attributi estetizzanti si sono nel frattempo aggiunti: geniale, coraggioso, intelligente, addirittura intelligentissimo. L'imperturbabilità nelle tempeste è scambiata automaticamente col coraggio, il cinismo è preso per acume: qui fiorisce spesso l'estremismo del centro.

La morale, con tutti questi attributi, non ha rapporto alcuno. La morale del geniale è quella tartufesca di chi ininterrottamente chiede un qualche risarcimento per i sacrifici fatti, una compensazione per la lealtà che in politica si dovrebbe dare gratuitamente. Andreotti abilitato a togliersi sassolini diventa modello, anche se sconfitto: ognuno ritiene di poter rivendicare un indennizzo sotto forma di promozione, in cambio della propria fedeltà. Nel dizionario Battaglia il risarcimento è «la riparazione di danni causati ingiustamente, l'ottenere soddisfazione a seguito di un danno morale, un'offesa, un'ingiustizia». Tutto a questo punto può divenire illecita offesa, danno morale: perdere la maggioranza nel voto, subire indagini, processi: tutti - da Berlusconi a Andreotti - devono esser pacificati con risarcimenti. Se così stanno le cose, son soprattutto le parole ad ammalarsi e a dover esser ripulite. Questa non è la seconda repubblica di cui si parla, né stiamo entrando nella terza. Siamo tuttora immersi nelle escrescenze della prima, che l'hanno appestata.

Stiamo tuttora cercando il gancio che ci riconnetta con l'Italia quando fu davvero coraggiosa: nel Risorgimento, nella Resistenza, nel dopoguerra. Certo siamo in emergenza, e ogni emergenza richiede larghe intese per fronteggiare ingovernabilità e maggioranze esigue. Ma larghe intese su cosa precisamente, su quali requisiti personali, pubblici? Se il terreno comune non ha come base la maestà della legge e la moralità da restaurare, le larghe intese sono un complice patto che perpetua il fango e rende grotteschi i paragoni con la grande coalizione tedesca. Se non si cerca un altro tipo d'accordo, l'insolente distruttività delle ultime ore si ripeterà per l'elezione del Capo dello Stato, e vorrà dire che dalle notti di aprile si è appreso poco. Il centrosinistra potrebbe forse proporre queste intese all'opposizione: su legalità, etica pubblica, imparzialità vera delle nomine. Se Berlusconi e alleati dissentiranno, vorrà dire che ben altro vogliono: non intese ma cosiddetti inciuci. Un vocabolo che dissolve ogni cosa - civile coerenza, divisione tra destra e sinistra - nei miasmi del pateracchio, del pettegolezzo e dell'intrigo.

Per Andreotti questi non sono stati giorni di riscatto, proprio perché da essi si era aspettato non già giustizia ma risarcimento. Questi sono stati giorni in cui la terribile profezia di Aldo Moro, pronunciata in una lettera dalla prigionia brigatista («Lei uscirà dalla Storia e passerà alla triste cronaca che le si addice»), si è in parte avverata e non è stata contraddetta da una vera conoscenza di sé, oltre che delle proprie responsabilità. Barbara Spinelli


Fonte: La Stampa, 30 aprile 2006 - Fotografie dal sito del Senato della Repubblica Italiana.



Il testo della sentenza che assolve Andreotti (Cassazione 49691/2004) nel sito CittadinoLex. (cfr. il punto 7 e le ultime due righe che recitano: (La Corte Suprema di Cassazione) "Rigetta il ricorso del Procuratore Generale e dell'imputato e condanna quest'ultimo al pagamento delle spese processuali.)

venerdì 28 aprile 2006

"Onorate i morti. Proteggete i vivi. Ponete fine alla guerra."


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<Sikkimese Art by Norbu Lama>


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Prendo a prestito



 queste tre richieste fondamentali fatte da Cindy Sheehan al "governo" degli Stati Uniti a conclusione di un articolo dal titolo
"I corpi si stanno accatastando" (20 Marzo 2006).


Sono tre richieste che faccio anche al nostro governo prossimo venturo. Ne aggiungerei una quarta all'Unione Europea dalla quale continuo ad aspettarmi una politica estera unitaria di impegno nella ricerca di soluzioni pacifiche dei conflitti, al di là degli egoismi nazionali e della miopia strategica.


Sono strani questi "governanti", animati certo da grandi ambizioni personali ma senza lungimiranza. Potrebbero costruirsi un monumento più grande di quello che sarebbe il radicale allontanamento dal "terribile amore per la guerra" (Hillman), inteso anche come nuovo gradino nella scala evolutiva della specie homo sapiens sapiens, non diverso dall'acquisizione della stazione eretta o della costruzione di strumenti o del linguaggio?


"I Buddisti dicono che ognuno muore due volte. Una volta quando il suo corpo muore e una volta quando muore l'ultima persona che si ricordava di lui/lei. Voglio che Casey e i suoi compagni vivano per sempre. Voglio che le memorie dei nostri figli che sono stati tragicamente uccisi in questa guerra siano onorati ricordandoli come le ultime vittime del complesso militare industriale e non come marionette usate in un gioco perverso di avidità aziendale in preda ad una furia violenta e corruzione governativa e fredda mancanza di cuore. Il tutto impunemente."


A queste riflessioni della signora Sheehan aggiungerei che tutte le vittime sono vittime, anche se umanamente il dolore per le persone più vicine è più intenso.
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Immagine di Norbu Lama (qui).

martedì 25 aprile 2006


25 aprile: 61 anni dalla Liberazione


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 Il giorno della liberazione arrivò dopo lunghe dolorose battaglie. E' diventato il simbolo della sconfitta definitiva di due regimi totalitari in cui noi italiane e italiani eravamo intrappolati, col dolore per gli orrori da quei regimi perpetrati negli anni e la vergogna per averli resi possibili o almeno non averlo impediti. 


Oggi, dopo decenni di confronto non privo di asprezze ma finalmente democratico, dobbiamo stare molto attenti perché le fondametali conquiste politiche, civili, morali non vengano disperse o alterate dal tempo, dalla dimenticanza, e anche dai molti tentativi di riscrivere e distorcere i fatti così come accaddero. Soprattutto dobbiamo vigilare perché non vengano equiparati i significati delle posizioni assunte dai liberatori contro i gli occupanti nazisti e dagli irriducibili sostenitori della dittatura, gli irriducibili fascisti della Repubblica di Salò. (E' bene ricordare che questo rischio è stato seriamente corso nell'ultima legislatura di centro-destra, quando per un soffio non è stata votata una legge che voleva equiparare "partigiani" e "repubblichini").


Prevalse allora la saggezza di superare le divisioni profonde e di esaltare ogni possibilità di condivisione di valori comuni, che avrebbero costituito il tessuto della Costituzione della Repubblica Italiana. Quella saggezza deve guidarci ancora nei giorni presenti, in cui il testo della nostra Costituzione è stato devastato da una non ampia maggioranza autoritaria.


 


Vignetta dal sito Peacelink.

domenica 23 aprile 2006

Aspettando il 25 Aprile


Quest'anno la festa per l'anniversario della Liberazione dell'Italia dal fascismo e dal nazismo arriva più che mai carica di significati e di memorie che spero possano  menti e cuori verso una pacificazione di cui qualcuno ancora ci rende assurdamente bisognosi.


Ho trovato un documento eccezionale nel blog dell'amica Marzia, una fotografia con una breve intensa spiegazione di una vicenda tragica, una delle innumerevoli vicende di eroi ed eroine che ci donarono la possibilità di realizzare la nostra repubblica democratica basata su idee di libertà e giustizia.


Foto di famiglia in Alchimie


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 foto qui >>>

sabato 15 aprile 2006

Thich Nhat Hanh


Che cos'è la vera pace?



La vera pace è sempre possibile. Certo, richiede forza e pratica, specialmente in tempi molto difficili. Per alcuni, pace e nonviolenza sono sinonimi di passività e debolezza. In verità praticare la pace e la nonviolenza dentro di noi significa coltivare attivamente la comprensione, l'amore e la compassione, anche di fronte all'equivoco e al conflitto. Praticare la pace richiede coraggio, specialmente in tempi di guerra.


 Tutti noi possiamo praticare la nonviolenza. Si comincia col riconoscere che nel profondo della nostra coscienza abbiamo sia i semi della compassione sia quelli della violenza. Prendiamo consapevolezza che la nostra mente è come un giardino che contiene in sé semi di ogni genere: semi di compresnsione, semi di perdono, semi di presenza mentale e anche semi di ignoranza, di paura, di odio. Ci rendiamo conto che in ogni singolo momento possiamo comportarci in modo violento oppure compassionevole, a seconda della forza che hanno quei semi dentro di noi.


I semi della rabbia, della violenza e della paura in noi, innaffiati svariate volte al giorno, crescono e si rafforzano; allora non riusciamo più a essere felici, ad accettarci: soffriamo e facciamo soffrire coloro che abbiamo attorno. Invece quando sappiamo coltivare in noi tutti giorni i semi dell'amore, della compassione e della comprensione, questi si rafforzano, mentre i semi della violenza e dell'odio diventano sempre più deboli.


 


da L'unica nostra arma è la pace. Il coraggio di costruire un mondo senza conflitti, Oscar Mondadori, pagg. 7-8



Mandorlo in fiore

giovedì 13 aprile 2006


«Fine della corsa per il padrino»: con un titolo che gioca con l'arresto di Bernardo Provenzano, «The Independent» dedica un lungo articolo alla fine dell'era del Cavaliere dopo le elezioni del 9 e 10 aprile e alla cattura del "capo dei capi". «Il fatto che un'era sia finita - scrive il quotidiano britannico - è stata sottolineata dalla straordinaria notizia, appena sette minuti dopo che la sconfitta di Berlusconi è apparsa certa, che il mafioso più ricercato della Sicilia...era stato arrestato». Si è trattato della «più strana delle coincidenze», secondo «The Independent».



«Pensavate forse di esservi liberati di me?».



Fonte: Il Corriere della Sera


No, signor primo ministro, io semplice cittadina, lavoratrice senza successo, perché il mio lavoro, pur socialmente importante, non mi ha resa ricca, io non ho mai pensato che sarebbe stato come nei Paesi normali.


La conosco bene, sa? La conosco direttamente, dai suoi discorsi che ho ascoltato con grande attenzione in tutti questi anni. Così come ho ascoltato le sue smentite, le sue ri-affermazioni, le sue nuove smentite, e tutto il resto. Credo di aver mancato pochissime occasioni per farmi inondare dal suo verbo.


Nella mia famiglia sono stata la prima laureata. I miei genitori hanno fatto sacrifici inenarrabili per darmi la stessa possibilità delle figlie dei professionisti. A scuola non stavo nei primi banchi, ma solo per questioni di statura.


La comunicazione, verbale e non verbale, è una delle mie specializzazioni. Per questo la conosco bene, signor primo ministro, direttamente, forse meglio di chi le è più vicino, anche perché so concentrarmi nell'ascolto. Soprattutto non mi sfuggono facilmente i tratti soprasegmentali del discorso.


Poi, so anche di Storia e di processi storici. Lei ha ragione quando ci dice che non ci libereremo facilmente di lei. Ci vorrà del tempo, molto tempo, temo, per uscire dalla sua ideologia.


Non è forse così per il "fascismo eterno" che sembra sparire, ma carsicamente continua a scorrere, e ciclicamente ricompare nella nostra storia? Appunto come è successo con alcuni candidati della sua coalizione, sinceri e limpidi nell'affermare che quella fiamma continua a bruciare.


La saluto, signor primo ministro. E le auguro di poter un giorno guardarsi dentro e capire.


mercoledì 12 aprile 2006

Non è ancora finita




La Casa delle Libertà chiede di procedere alla verifica di quarantamila schede contestate, ed è nel suo pieno diritto. La procedura, però, sarà lunga, troppo lunga per l'Italia stremata dall'attesa. Per quanti giorni bisognerà continuare a vivere in questo stato di sospensione?


C'è una stranezza nella nuova svolta del premier. Chiede una verifica del voto e nello stesso tempo propone una "grande coalizione", da attuare quindi anche nel caso che la verifica dovesse risolversi a suo favore. Ha già dimenticato tutto quello che ha detto, gridato, insinuato contro la coalizione "nemica", irrimediabilmente nelle mani dei "comunisti", di cui Prodi era l'uomo di facciata. Nuova metamorfosi del cavaliere: quasi un agnello (molto "quasi" e pochissimo "agnello").


Mi piacerebbe fidarmi e brindare alla riconcialiazione. Ma non ci riesco. Troppe disillusioni e inganni e imbrogli, alcuni ancora freschi di giornata. Giusto verificare le schede. Se l'uomo del balcone a Napoli ha vinto, che governi, possibilmente in maniera meno indegna di quanto non abbia fatto finora. Ho guardato gli eletti della sua coalizione. Tre nomi per tutti: Cuffaro, Dell'Utri, Previti. Per la legge italiana sono ancora "innocenti", d'accordo, ma il lavoro di parlamentare non è uguale agli altri lavori, lo è di meno o di più, ma comunque richiede una prudenza politica e giudiziaria superiore, una prudenza che non va confusa con un giudizio  preventivo, ovviamente non giusto. Nel caso specifico della rappresentanza del popolo, però, il garantismo è mistificazione. In tutti gli altri Paesi democratici non esiste. Ci si dimette per questioni di contributi alla babysitter e altre cose di simile gravità. O si divorzia anche, come ha fatto la blairiana moglie dell'ineffabile avvocato Mills.


Il voto popolare non è acqua battesimale che lava i peccati del mondo e nemmeno unzione divina che supera la giustizia dei comuni mortali. Sul cavaliere sono stati scritti innumerevoli libri, il cui contenuto pesa come macigni. Lui sarà puro come un angelo, voglio crederci, ma non mi risulta abbia lottato per far emergere questa sua immagine. Ricordo invece che il "cattivissimo" Di Pietro affrontò tutti i processi che gli furono intentati.


Non voglio seminare zizzania, anzi sono convinta che piano piano dovremo in Italia ritrovare un minimo di comunanza su alcune cose fondamentali. Purtroppo nella nostra vicenda nazionale non si tratta di mettersi d'accordo con uno schieramento di destra normale: questo è il problema. Ci sono state leggi e comportamenti e voti che non solo non vanno dimenticati, ma vanno corretti in nome della giustizia e della convivenza civile. E l'elenco è lungo, ahimè!



Rosolaccio

domenica 9 aprile 2006

Aspettando il voto (2)



Ricominciare! Avvoltolata nel silenzio di casa mia, penso che in qualche modo bisognerà ricominciare, comunque vadano le cose. Se dovesse vincere Berlusconi e con lui dovessero vincere i Previti e i Dell'Utri e i Casini, i Mussolini e i Buttiglioni e i Fini, i Cuffaro e i Giovanardi e i Calderoli, bisognerà pur ricominciare. Dovrà esserci una possibilità di rinnovamento anche nella prospettiva di altri cinque anni barbarici. Non mi sto fasciando la testa prima del tempo, solo voglio alleggerire l'oppressione dell'ansia con qualche progetto.


Ri-prendersi la dignità perduta in politica estera e ri-costruirsi come nazione europea e ri-affermare nella pratica politica il nostro ripudio della guerra. Dobbiamo ben sapere che cosa fare se il "cristiano rinato" dovesse riuscire a dar corso alla sua ultima follia, follia atomica questa volta, contro l'Iran. L'osceno caso è stato rivelato dal celebre Seymour Hersch sul New Yorker: THE IRAN PLANS - Would President Bush go to war to stop Tehran from getting the bomb?


Ri-tornare all'idea che tutte le figliole e tutti i figlioli, a prescindere dal lavoro e dalla ricchezza dei genitori, abbiano uguali diritti a mettere a frutto i propri talenti e ad avere sogni e aspirazioni.


Ri-pensare il dovere di pagare le tasse. Le tasse, già, il grande spauracchio e il grande imbroglio per chi si è lasciato ottenebrare dalla propaganda immorale del riccastro. Forse avere ampie tasse da pagare è una sventura? Non è forse indice di ricchezza e abbondanza (prosit!)? E il riccastro piange, si lagna e si dimena, e odia lo Stato che gli porta via parte della "sua" roba. E istiga gli altri a farlo.


Ri- ... ri- ... ri- ... riacciuffare noi stessi, con i famosi valori umani e civili, con la nostra splendente "identità".



Elezioni: la posta in palio di Alex Zanotelli : un articolo appassionato in cui il missionario comboniano richiama l'attenzione sul pericolo che corre la democrazia e afferma che "Dobbiamo prendere coscienza della gravità di questo momento storico, a ogni livello, e avere il coraggio di contribuire a voltar pagina."


Iris

sabato 8 aprile 2006

Aspettando il voto



Caro diario, sarà una lunga notte fino a lunedì o forse anche martedì. Oscillo tra ottimismo e pessimismo, incapace di trovare un giusto distacco dagli eventi. Nel silenzio ristoratore di queste ore, però, ci sono molte cose che mi si agitano nella mente e che mi opprimono, perché proprio in questi giorni, che mi auguro siano gli ultimi del suo governo, il nostro primo ministro ha svelato il suo vero pensiero, forse suo malgrado, forse addirittura inconsapevolmente.


" Non è dunque l'innocente volgarità da caserma — cui tutti, pur non presidenti del Consiglio, abbiamo largamente fatto ricorso senza per questo sentirci particolarmente infami — che deve essere bollata. Nella frase di Berlusconi c'è qualcosa di ben più grave e sovversivo, che perverte il senso della politica. Il presidente in uscita ha offeso - poco importa con quanta finezza - chi vota senza pensare solo al proprio interesse.


Con un unico insulto, ha liquidato secoli di pensiero liberale e di riflessione sul rapporto tra l'individuo e lo Stato, fra l'interesse privato e quello pubblico, fra il bene individuale e quello comune." Claudio Magris, Il vero insulto, Corriere della Sera 6 aprile 2006


Diventano importantissime anche per noi le richieste di impeachment per Bush junior, che dall'alto della sua fede cristiana persiste nella sua follìa bellica. Si è parlato della nostra partecipazione alle imprese del "cristiano rinato", ma non abbastanza. L'idea di un conflitto con l'Iran non induce all'ottimismo, anzi è un incubo fra i peggiori. Comunque è molto probabile che un nuovo governo Berlusconi, più forte e tracotante che mai, sosterrebbe la politica dell'ex alcolista e non si unirebbe ai Paesi europei decisi a impegnarsi nella ricerca di soluzioni pacifiche dei conflitti. Come non essere in ansia per la pace, mentre ci si distrae per pochi spiccioli? L'impeachment di mister Bush W. riguarda anche il suo amico italiano, e la sua maggioranza parlamentare, e tutti noi, e queste elezioni, non dimentichiamolo.



 



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Johann Heinrich Füssli, L'incubo II, 1781 - Il silenzio

martedì 4 aprile 2006

Caro diario, è da un po' di tempo che qua e là leggo qualche notizia riguardo a richieste di


Impeachment per George Bush


  

Finalmente qualcosa si sta muovendo. La gente ha cominciato a parlare di una possibile procedura di impeachment nei confronti del Presidente George W. Bush – non attraverso pettegolezzi e sussurri, ma apertamente, sui giornali, nella rete, nel corso di ordinarie conversazioni ed addirittura all'interno del Congresso. Come ex membro del Congresso che ha preso parte alla Commissione di Inchiesta della Camera durante l'azione di impeachment contro il Presidente Richard Nixon, credo che abbiano ragione a parlarne. Ricordo ancora con precisione la sensazione di vuoto alla bocca del mio stomaco durante quelle sedute, quando divenne chiaro che il Presidente aveva abusato in maniera così sistematica dei poteri della presidenza e che aveva talmente minacciato l'integrità dello stato di diritto da dover essere rimosso dalla carica.


Come esponente del Partito Democratico che si è opposto a numerose politiche del Presidente Nixon, continuo a pensare che votare per il suo impeachment sia stato uno dei più seri e spiacevoli compiti che io abbia mai dovuto intraprendere. Nessuno dei membri della Commissione provò piacere a votare per l'impeachment; dopo tutto, Democratici o Repubblicani, Nixon era pur sempre il nostro Presidente. A quell'epoca, speravo che il lavoro della nostra Commissione avrebbe inviato un segnale forte ai futuri Presidenti riguardo al fatto che essi sono tenuti ad obbedire alle regole dello stato di diritto. Mi sbagliavo. ... continua


di Elizabeth Holtzman - Traduzione per Megachip di Giulia Sandri


Fonte: http://www.megachip.info/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=1706


lunedì 3 aprile 2006


  



    



    Dove sei, o mio dolce bambino? Ah! ch'io pensi che il tuo spirito nutre colla sua vita intensa e soave, l'amore delle vive erbe e delle foglie, fra queste tombe e deserte rovine: - ch'io pensi che attraverso i profondi semi dei dolci fiori e dell'erbetta al sole, nei loro colori e nelle loro tinte, possa passare una parte di te...



Per il tenero Tommaso, dal compianto di Shelley per il suo figlioletto.