domenica 10 aprile 2011


              Riappropriamoci del Va pensiero 


Comitato per la Bellezza: Riappropriamoci di Va' pensiero
 



RIAPPROPRIAMOCI DI "VA' PENSIERO"
CORO RISORGIMENTALE E UNITARIO


 



Il Comitato per la Bellezza propone ad altre associazioni culturali di organizzare una campagna mediatica per
 



"Va' pensiero"

strumentalizzato dalla Lega Nord
in funzione anti-unitaria e quindi anti-italiana.

 




Nel periodo in cui lo scrisse per "Nabucco", Giuseppe Verdi era, fra l'altro, animato da spiriti fortemente mazziniani. Per cui scrisse all'amico e librettista Francesco Maria Piave. "Sì, sì, ancora pochi anni, forse pochi mesi, e l'Italia sarà libera, una e repubblicana". Nel 1861 "libera e una" lo fu, "repubblicana" soltanto nel 1946. Ma Giuseppe Verdi la pensava così fin dal 1848. Non solo: nel gennaio del 1849 "inaugurò", si può dire, la seconda Repubblica Romana (soltanto ora rivalutata appieno, con un suo Museo inaugurato da Giorgio Napolitano), rappresentando al Teatro Argentina la "prima" della "Battaglia di Legnano", opera più di ogni altra patriottica e italiana. Presenti gli stessi Mazzini e Garibaldi, il successo fu così fragoroso che il teatro venne invaso dal pubblico che agitava bandiere tricolori e reclamava il bis dell'intero ultimo atto (come avvenne).

In questo 150° dell'Unità d'Italia dobbiamo quindi riappropriarci di "Va' pensiero", non per contrapporlo all'Inno di Mameli (operazione musicalmente priva di senso), bensì per rifarne a pieno titolo uno dei canti fondamentali del nostro Risorgimento nazionale ed europeo (sottolineiamo, europeo), sottraendolo ad un uso ormai chiaramente anti-italiano. Questo dobbiamo fare con la più solenne delle dichiarazioni collettive.

p. il Comitato della Bellezza

Vittorio Emiliani -v.emiliani@virgilio.it

 

giovedì 7 aprile 2011


Il sentimento dell'altro

empatia



 

Sentire il sentimento dell'altro, sentire il sentire dell'altro.
 



La compassione buddhista non si limita al "sentire con" nella sofferenza, ma abbraccia tutto il sentire degli esseri senzienti.
La
compassione nella visione buddhista è un'attitudine della mente e dello spirito, è uno dei modi di vivere, uno degli "atteggiamenti del cuore" che creano la possibilità di "coltivare stati sublimi dell'essere":

 




  1. Affettuosa gentilezza e cordialità (metta)


  2. Compassione ed empatia


  3. Gioia ed esultanza


  4. Equanimità e pace della mente"


"Compassione" significa "sopportare insieme la sofferenza (amorevolmente)". E' parola che nell'etimologia ha "cum" e "pati", che è "sopportare, soffrire".
I significati delle parole, tuttavia, nelle lingue vive non sono immobili e, infatti, per "compassione" si sta affermando l'accezione buddhista che ne apre il senso a tutta una costellazione di emozioni, affetti, cognizioni della mente umana.


"Empatia" è invece la parola che comunica chiaramente la tendenza a mettersi nei panni dell'altro per poterne sentire i sentimenti e le emozioni nel nostro profondo. L'etimologia di "empatia"  evidenzia perfettamente il significato della parola: è il greco empàtheia "passione, affezione"
L' empatia è un processo di identificazione con l'altro,  un processo non facile che crea una forma di partecipazione e di comprensione dello stato affettivo dell'altro.


*


Cit.: Lama Surya Das, Gli Otto Gradini, Mondadori, 2000, p. 270


Il lamento dell'altro

rete neurale



"Sentire il lamento dell'altro".  
Anche quando è lontano, debole, impercettibile. 

 
 6 aprile 2011_L'aquila due anni dopo il terremoto 6 aprile 2011_Tragedia nel Canale di Sicilia
L'Aquila      6 aprile 2011      Lampedusa

 

Un dolore  senza nome
di Claudio Magris
 

mercoledì 6 aprile 2011


di Barbara Spinelli
Operazione banalità

 



 Ubu re disegnato da Alfred Jarry_da Wkipedia
 




 


OGGI si apre a Milano il processo Ruby, e qualcosa di strano sta accadendo, nonostante l'ora sia grave e parecchio miserabile. Un presidente del Consiglio è incriminato per aver abusato del proprio potere, costringendo la questura a rilasciare una ladruncola che gli stava a cuore e non esitando a spacciarla per la nipote di Mubarak. Pende anche l'accusa di favoreggiamento di prostituzione minorile, perché Karima El Mahroug (Ruby) frequentava festini a Arcore, prima della maggiore età. E li frequentava assieme a ragazze che si prostituivano in cambio di soldi, gioielli, appartamenti, carriere. Le prove sono tali che è stato scelto il rito abbreviato. Un dramma insomma, per un uomo che addirittura anela al Quirinale: e tale resta anche se la Consulta approvasse il parere espresso dalla maggioranza dei deputati, secondo cui il premier non è giudicabile da tribunali ordinari. Un'esperienza non invidiabile, quantomeno, e chiunque si sarebbe aspettato dall'imputato, in ore così cupe, un atteggiamento adatto alla circostanza: i latini lo chiamavano gravitas, virtù di chi governa (lo è ancora, nell'articolo 54 della Costituzione). Da sempre, la calamità personale è la verifica dell'attitudine al comando.

 Ma nel mondo di Silvio Berlusconi non è così. Se solo proviamo a penetrarlo, vedremo che è un mondo parallelo, in tutto somigliante all'allestimento, al casting, al linguaggio delle televisioni commerciali. La realtà sfuma in irrealtà e viceversa, i protagonisti non parlano



ma recitano copioni preconfezionati, il pubblico plaudente è esibito come popolo, qualche comparsa emette fandonie. Questo è il premier, specie in questi giorni: una comparsa buffonesca, che sghignazza su quel che fra poco, anzi oggi, sta per accadergli. L'Italia intera è un suo villaggio Potemkin, fatto di cartapesta colorata per occultare detriti e rovine.

Nel villaggio lui è re, e ride ininterrottamente, di tutti e anche di sé. Il sipario del processo sta per alzarsi ed eccolo che il 2 aprile racconta una delle sue lunghe barzellette. Il pubblico batte le mani, e quest'euforia non è il capitolo meno sinistro del copione. Se Karima ha un nomignolo possiamo darlo anche all'autore della sceneggiatura: chiamiamolo Ubu Re, perché come nel dramma di Alfred Jarry prende il potere per "mangiare più salsicce, comprarsi ombrelli, far soldi"; perché promuove i corrotti, elargisce denaro perché glielo consiglia Mamma Ubu, annienta i nobili e soprattutto i magistrati, condannati a vivere delle multe comminate e dei beni dei condannati a morte.

Le barzellette sul caso Ruby mancano furiosamente di sottigliezza, non di furbizia. Sono pornografia allo stato puro, e la pornografia, si sa, cancella l'oggetto del desiderio facendolo vedere così da vicino che pare troppo vero per esser vero. Succede sempre, con l'osceno: quel che ammalia è il reale in eccesso, è l'iper-realtà (la parte del corpo è ingrandita come da una lente). "L'unico vero fantasma della pornografia non è il sesso ma è la realtà stessa, assorbita in qualcosa che non è reale, ma iper-reale", scrive Baudrillard sulla seduzione. Berlusconi non nasconde nulla di quel che fa ma anzi ne dilata i dettagli, li rende derisori, li evoca anche nei momenti in cui uno magari penserebbe ad altro. Di continuo siamo trascinati nel suo set-universo parallelo dove il reale si dissolve e l'assedio svanisce: perché se è derisorio lui quanto più lo saranno magistrati e giornalisti!

Ha un suo sogno ridicolo e non sottile, l'uomo Berlusconi, ma c'è del metodo e anche una cinica conoscenza delle cose, nel suo architettare villaggi finti: c'è la rappresentazione di una gioventù scombussolata da lavori senza futuro, e di un'Italia ridanciana, indifferente alle leggi perché dalle leggi non protetta. Un'Italia con la quale Ubu s'identifica, e che s'identifica con Ubu. Basta divenire padrone delle parole e delle leggi, per storcere gli eventi e capovolgerli. Risultato: quello di oggi non è un processo per concussione e minorenni prostituite. È un monumentale processo al desiderio, alla simpatia, alla leggerezza, alle risate. L'ironia, la più eccelsa delle arti, è usata come arma micidiale che sminuzza i fatti e li rende irriconoscibili. Niente mi minaccia, se ci rido sopra. Niente m'insidia, se come Napoleone m'impossesso dei sogni di soldati ed elettori. È il sotterfugio offerto sin dall'inizio dalle sue tv, tramite le quali conquistò le menti e l'etere. Lui ri-crea un mondo ma frantumato, e nel frammento vivi bene perché non vedi il tutto, non connetti i fatti tra loro sicché li scordi presto. Robin Lakoff, denunciando i nuovi demagoghi delle destre americane, parla di agenda dell'ignoranza.

Chi non dimentica il tutto, il contesto, è lui, il capo che sui falsi paesaggi ha idee ben chiare. Deve essere un paesaggio di emergenza e caos perenni, dove chi comanda si traveste da vittima, dove il potere continuamente deve essere espugnato, mai esercitato. Il Parlamento merita castighi, perché il leader sia solo davanti al popolo (davvero il premier ha sgradito gli insulti di La Russa al presidente della Camera?). Magistratura e Consulta hanno fame di potere politico, e vanno evirate. La Costituzione è un laccio. La politica non è manovrare, ma rimestare e smistare possibili ricatti. Gheddafi era così: ostile alle istituzioni rappresentative, incarnando il popolo si pretendeva inamovibile. Formalmente non governava lui ma i Congressi popolari. Lui, dietro le quinte, era Papà Ubu.

Resta la stranezza, il mistero. Perché tanto ridacchiare, alla vigilia del processo Ruby e di altri procedimenti? Quale spettacolo sta mandando in onda, di cui noi non siamo che ignoranti comparse? Quali leggi e stratagemmi inventerà Ubu perché ogni processo si spenga? L'obiettivo è la negazione del reale, ma c'è un più di violenza, c'è una tattica bellica preventiva presa in prestito dallo Spirito dei Tempi. Tutto è annuncio preventivo, prima che il reale si avveri, ne abbiamo conferma proprio in questi giorni nella guerra di Libia: anche qui viviamo eventi senza conoscerli, che paiono escrescenze delle tv commerciali. Ci sono stati certamente massacri, da parte di Gheddafi. Ma quanti e dove? I cronisti dicono che ci sono stati, ma non visti perché mancavano le telecamere. La tv commerciale fa legge, prima ancora che le cose avvengano: "Lo dice la televisione", e performativamente il fatto esiste. In un blog intitolato
Una Storia Noiosa 1 leggo: "Il fact finding/checking viene sostituito da immagini che non esistono, ma che se esistessero testimonierebbero indubitabilmente la realtà di questi fatti, di cui peraltro il giornalista non è testimone diretto. Vertiginoso. Nasce il genere del "reportage preventivo". Non so dire se siamo al funerale dell'immagine o al suo trionfo: l'immagine può permettersi di non esistere fisicamente, tanto tutti diamo per buono che rappresenterebbe fedelmente quella che già sappiamo essere la realtà".

Nel mondo di Berlusconi, la guerra al reale si fa preventiva. Più precisamente, e in conformità al personaggio: si fa apotropaica (apotropaico è il gesto che allontana e annulla un'influenza maligna: per esempio, toccar ferro). Apotropaico è il modo in cui ha difeso, il 10 marzo, la riforma della giustizia: se si fosse fatta nel '92-93, Tangentopoli sarebbe proseguita indisturbata, non ci sarebbero state Mani Pulite né "l'invasione da parte della magistratura della politica e l'annullamento di un'intera classe dirigente".

Una risata vi seppellirà. Lo promette Berlusconi, forse dimenticando che furono gli anarchici dell'800 e la sinistra estrema nel '900 a coniare lo slogan. Fortuna che abbiamo Lao Tzu, che da 2.500 anni dice, della via saggia e giusta: "Quando un dotto di prim'ordine sente parlare della via, la segue rispettosamente. Quando un dotto di mezza levatura sente parlare della via, ora la mantiene ora la perde. Quando un dotto d'infimo ordine sente parlare della via, si fa una grande risata".
 


(06 aprile 2011) © Riproduzione riservata  



 




Che viva L'Aquila
che viva l'Italia




 



Non si fermi il compianto per i morti, si rafforzi la giustizia ferma degli onesti, si intensifichi l'investimento delle energie di tutti noi italiani, non si aggiunga al dolore delle perdite il dolore della nostra indifferenza.

venerdì 1 aprile 2011


Si è arrivati anche agli insulti contro i disabili durante la confusione di ieri mattina nell’aula della Camera dei Deputati. La disabile è Ileana Argentin, onorevole del Pd. Si muove su una sedia a rotelle e non ha l’uso delle mani. Dopo l’intervento di un deputato si unisce agli applausi dell’opposizione come fa da quasi tre anni: grazie alle mani di un assistente seduto accanto a lei.

Ieri mattina però dopo l’applauso il deputato del Pdl Osvaldo Napoli si alza dal suo banco e corre verso la parte sinistra dell’emiciclo, dove siede abitualmente l’Argentin. Indice alzato contro l’assistente: «Tu – gli dice, secondo le ricostruzioni – non ti devi permettere di battere le mani hai capito?». Si riferisce al fatto che l’assistente non è un parlamentare ma dal Pd si alza un coro di proteste contro Napoli che intanto torna al suo posto.

Ileana Argentin sta per prendere la parola e spiegare al presidente della Camera l’accaduto. A quel punto parte un grido: «Falla stare zitta quell’handicappata del cazzo!». A chi le siede accanto sembra che l’insulto sia arrivato da Massimo Polledri della Lega. Fini invita il parlamentare del Carroccio a scusarsi con la collega del Pd. Lui smentisce, sostiene di aver detto solo «Ha ragione!», riferito al gesto di Napoli che ha bloccato
l’applauso dell’assistente.

E' la frase che risulta dai verbali dell’Assemblea. Numerosi testimoni oculari del Pd però confermano l’insulto. L’Argentin prosegue il suo intervento, parla della sua malattia. «Se io desidero applaudire qualcuno dell’opposizione – avverte – lo faccio quando voglio e lo faccio con le mani di chiunque». Tutti i parlamentari del centrosinistra le tributano un lungo e caloroso applauso.
L'ultima (o penultima) infamia
in difesa delle Leggi ad domini personam
 

Il
leghista Polledri a Ileana Argentin:
"Falla stare zitta, quella handicappata del c..." 


di Flavia Amabile 



Si è arrivati anche agli insulti contro i disabili durante la confusione di ieri mattina nell’aula della Camera dei Deputati. La disabile è Ileana Argentin, onorevole del Pd. Si muove su una sedia a rotelle e non ha l’uso delle mani. Dopo l’intervento di un deputato si unisce agli applausi dell’opposizione come fa da quasi tre anni: grazie alle mani di un assistente seduto accanto a lei.

Ieri mattina però dopo l’applauso
il deputato del Pdl Osvaldo Napoli si alza dal suo banco e corre verso la parte sinistra dell’emiciclo, dove siede abitualmente l’Argentin. Indice alzato contro l’assistente: «Tu – gli dice, secondo le ricostruzioni – non ti devi permettere di battere le mani hai capito?». Si riferisce al fatto che l’assistente non è un parlamentare ma dal Pd si alza un coro di proteste contro Napoli che intanto torna al suo posto.

Ileana Argentin sta per prendere la parola e spiegare al presidente della Camera l’accaduto. A quel punto parte un grido: «Falla stare zitta quell’handicappata del cazzo!». A chi le siede accanto sembra che l’insulto sia arrivato da
Massimo Polledri della Lega. Fini invita il parlamentare del Carroccio a scusarsi con la collega del Pd. Lui smentisce, sostiene di aver detto solo «Ha ragione!», riferito al gesto di Napoli che ha bloccato l’applauso dell’assistente.

E' la frase che risulta dai verbali dell’Assemblea. Numerosi testimoni oculari del Pd però confermano l’insulto. L’Argentin prosegue il suo intervento, parla della sua malattia. «Se io desidero applaudire qualcuno dell’opposizione – avverte – lo faccio quando voglio e lo faccio con le mani di chiunque». Tutti i parlamentari del centrosinistra le tributano un lungo e caloroso applauso.

 



A quel punto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, chiede a Polledri di chiarire. Polledri si scusa. «E’ Osvaldo Napoli che deve chiedere scusa», incalza Roberto Giachetti del Pd. E infatti l’onorevole Napoli fa arrivare un fogliettino alla parlamentare. «Non l’ho neanche aperto - racconta Ileana Argentin - Allora mi ha aspettata fuori dell’Aula per chiedermi scusa di persona ma, forse, ha peggiorato anche la situazione. Mi ha detto che non mi conosceva, eppure sono lì da quasi tre anni». Nessun’altra scusa invece da Polledri. «Fa nulla - commenta Ileana Argentin - ho ricevuto centinaia di mail di solidarietà da tutt’Italia. Non m’importa di me, mi preoccupa di più l’ignoranza di questo governo, un’ignoranza molto evidente nelle sue politiche».
 



La Stampa, 1 aprile 2011




 


Leggi ad domini personam

"Legittima difesa"
Diaconale (Agorà, 1 aprile 2011, ca 09:55)
Non si nega più, al contrario, si sostiene anche da destra la giustezza di tali leggi.


 



Ritengo che sia doveroso da parte dei parlamentari del centro-destra denunciare alla magistratura l'opera dei magistrati che vogliono far cadere B. S. per "via giudiziaria", come loro stessi dicono. Le denunce generiche, cosiddette "politiche", non hanno pregio. Il Ministro della Giustizia agisca contro i magistrati in questione e non contro la Giustizia in generale.

 



 Aristotele e i migliori scrittori politici hanno definito re colui che governa per il bene e il profitto del suo popolo e non per fini suoi



John Milton