martedì 30 novembre 2010




Vita e Morte  
 



Il mondo di chi è felice è altro
da quello di chi è infelice.
Come pure alla morte il mondo non si àltera,
ma cessa.

L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus

 



Mario Monicelli




MARIO MONICELLI



 Una vita lunga, intensa, fantastica per opere e giorni. Una "morte libera", drammaticamente raggiunta. La fatica dell'ultimo salto, il coraggioso battito d'ali verso lo schianto liberatorio, l'infinito lieve pesante movimento del corpo immobile. 
C'è grande tristezza per lo stato di costrizione che ha imposto la messa in atto tragica che ben più dolce poteva essere. Immagino una decisione razionale, consapevole, e indifferibile considerata la condizione di incurabilità finale.
L'uomo Monicelli, l'uomo che conoscevamo attraverso la sua opera e i suoi discorsi, deve aver ponderato la scelta della "mors voluntaria", come avrebbe fatto, come farebbe uno stoico.  Ma di lui ricorderemo l'intensità della sua vita, l'amore e l'impegno, la coscienza del valore prezioso di ogni attimo. Fino all'ultimo.


* Bisognerebbe ragionare intorno alla parola 'suicidio' ("neologismo" del 1771), che comporta un inevitabile  parallelismo con la parola 'omicidio'. 



 

lunedì 29 novembre 2010


VITA E MORTE
di
ENZO BALDONI GIORNALISTA



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(…) Ordunque, trascurando il fatto che io sono certamente immortale, se per qualche errore del Creatore prima o poi dovesse succedere anche a me di morire – evento verso cui serbo la più tranquilla e sorridente delle disposizioni – ecco le mie istruzioni per l’uso. La mia bara posata a terra, in un ambiente possibilmente laico, ma va bene anche una chiesa, chi se ne frega. Potrebbe anche essere la Casa delle Balene, se ci sarà già o ci sarà ancora. L’ora? Tardo pomeriggio, verso l’ora dell’aperitivo.Se non sarà stato possibile recuperare il cadavere (…) andrà bene la sedia dove lavoro col mio ritratto sopra.Verrà data comunicazione, naturalmente per posta elettronica, alla lista EnzoB e a tutte le altre mailing list che avrò all’epoca. Si farà anche un annuncio sui miei blog e su qualsiasi altra diavoleria elettronica verrà inventata nei prossimi cent’anni.Vorrei che tutti fossero vestiti con abiti allegri e colorati.Vorrei che, per non più di trenta minuti complessivi, mia moglie, i miei figli, i miei fratelli e miei amici più stretti tracciassero un breve ritratto del caro estinto, coi mezzi che credono: lettera, ricordo, audiovisivo, canzone, poesia, satira, epigramma, haiku. Ci saranno alcune parole tabù che *assolutamente* non dovranno essere pronunciate: dolore, perdita, vuoto incolmabile, padre affettuoso, sposo esemplare, valle di lacrime, non lo dimenticheremo mai, inconsolabile, il mondo è un po’ più freddo, sono sempre i migliori che se ne vanno e poi tutti gli eufemismi come si è spento, è scomparso, ci ha lasciati. Il ritratto migliore sarà quello che strapperà più risate fra il pubblico. Quindi dateci dentro e non risparmiatemi. Tanto non avrete mai veramente idea di tutto quello che ho combinato.Poi una tenda si scosterà e apparirà un buffet con vino, panini e paninetti, tartine, dolci, pasta al forno, risotti, birra, salsicce e tutto quel che volete. Vorrei l’orchestra degli Unza, gli zingari di Milano, che cominci a suonare musiche allegre, violini e sax e fisarmoniche. Non mi dispiacerebbe se la gente si mettesse a ballare. Voglio che ognuno versi una goccia di vino sulla bara, checcazzo, mica tutto a voi, in fondo sono io che pago, datene un pò anche a me.Voglio che si rida – avete notato? Ai funerali si finisce sempre per ridere: è naturale, la vita prende il sopravvento sulla morte -. E si fumi tranquillamente tutto ciò che si vuole. Non mi dispiacerebbe se nascessero nuovi amori. Una sveltina su un soppalco defilato non la considerei un’offesa alla morte, bensì un’offerta alla vita. Verso le otto o le nove, senza tante cerimonie, la mia bara venga portata via in punta di piedi e avviata al crematorio, mentre la musica e la festa continueranno fino a notte inoltrata.Le mie ceneri in mare, direi. Ma fate voi, cazzo mi frega. Enzo G. Baldoni Bloghdad
 

domenica 14 novembre 2010


Aung San Suu Kyi
libera!




Un fiore nei capelli e via a irradiare la nobiltà del suo pensiero.

 



"Se vogliamo ottenere quello che vogliamo dobbiamo farlo nel modo giusto".
Alla base "della libertà democratica deve esserci la libertà di parola. Anche se penso di sapere cosa volete, vi chiedo di dirmelo voi stessi. Insieme, decideremo quello che vogliamo, e per ottenerlo dobbiamo agire nel modo giusto. Non c'è motivo di scoraggiarsi"


"Non perdete la speranza".

"C'è democrazia quando il popolo controlla il governo. Accetterò che il popolo mi controlli".

"Dovete resistere per quello che è giusto".

L'icona della dissidenza birmana ha bisogno del suo popolo e ha detto di "non temere le responsabilità", aggiungendo di "avere bisogno dell'energia della popolazione" e che ha intenzione di lavorare "per migliorare il livello di vita" in Birmania.

"Anche se non siete interessati alla politica, la politica verrà da voi. Dovete impegnarvi per difendere ciò che è giusto".

"Non credo che l'influenza e l'autorità di una sola persona possa far progredire un Paese. Una persona da sola non può fare qualcosa così importante come portare la democrazia a un paese".

"Se il mio popolo non è libero, come potete dire che io sono libera? Nessuno di noi è libero".

"Ho ascoltato la radio per sei anni, penso che è bello poter sentire ora dal vivo le voci delle persone".
"Gli ufficiali della sicurezza mi hanno trattato bene. Voglio chiedere loro di trattare bene anche il popolo". 

"Questo è un momento in cui la Birmania ha bisogno di aiuto. Abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti, delle nazioni occidentali, di quelle orientali, di tutte".

 



*



 
Un'altra buona notizia il premio per a Pace a Roberto Baggio che l'ha prontamente dedicato ad Aung San Suu Kyi.

 




 

mercoledì 3 novembre 2010


Confucio disse:
 



"L'arciere ha qualche somiglianza con il saggio: quando non colpisce il centro del bersaglio, ne ricerca la causa in se stesso."

 






Pensando al saggio Obama, saggio e onesto, che dopo la sconfitta elettorale ha detto:

"Mi assumo la responsabilità della sconfitta, ora occorre lavorare insieme ed è necessaria la collaborazione di tutti per affrontare le sfide del Paese".

"Ho ascoltato, la gente è profondamente frustrata per l'andamento dell'economia, per le opportunità mancate per i loro figli. Vogliono posti di lavoro e vogliono dare ai loro figli le stesse opportunità che hanno avuto loro".

"Vogliono che Washington lavori per loro e non contro di loro, che i loro soldi siano spesi saggiamente".

"Sono diventato presidente per dare voce a queste preoccupazioni".

"Sono stati fatti progressi negli ultimi due anni, ma evidentemente non tutti gli americani li hanno percepiti. E io mi assumo dirette la responsabilità di questa ripresa lenta".

 



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 Triste, amaro, umiliante essere sottoposti, sì, sottoposti, a un capo che non sa che cosa sia la responsabilità e che, come le persone sommamente immature, di tutto dà la colpa a tutti gli altri, dagli oppositori alla magistratura ai dissidenti agli elettori coglioni e via continuando. E noi, tutti noi, consenzienti e dissidenti, siamo ridotti al ruolo di sudditi.