martedì 19 gennaio 2010

Lettera di Napolitano


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Int. a Francesco Saverio Borrelli di Paolo Colonnello

 
"QUELLA DEL PRESIDENTE NON E' UNA BACCHETTATA AL POOL DI MANI PULITE"

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Ci sono alcuni punti della lettera del Presidente della Repubblica sui quali sono in disaccordo. Non voglio entrare nel merito della disputa sul caso Craxi, ma c'è un punto della lettera che mi è sembrato particolarmente inquietante:

"L'on. Craxi, dimessosi da segretario del PSI, fu investito da molteplici contestazioni di reato. Senza mettere in questione l'esito dei procedimenti che lo riguardarono, è un fatto che il peso della responsabilità per i fenomeni degenerativi ammessi e denunciati in termini generali e politici dal leader socialista era caduto con durezza senza eguali sulla sua persona.

Né si può peraltro dimenticare che la Corte dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo - nell'esaminare il ricorso contro una delle sentenze definitive di condanna dell'on. Craxi - ritenne, con decisione del 2002, che, pur nel rispetto delle norme italiane allora vigenti, fosse stato violato il "diritto ad un processo equo" per uno degli aspetti indicati dalla Convenzione europea."

Nulla da eccepire a quanto scrive il Presidente se non una sfortunata oscurità del secondo paragrafo. E' facile che chi non sa di che cosa sta parlando non intenda l'inciso 'pur nel rispetto delle norme italiane allora vigenti' e si fermi sulla violazione del diritto a un processo equo ai danni dellon. Craxi. A me è successo e, ovviamente, ho subito dubitato della correttezza dei giudici. Per fortuna ho letto poco dopo l'intervista al magistrato Borrelli che spiega le (3) sentenze della Corte di Stasburgo. Per questo, infine, ho ritenuto inquietante quel passaggio della lettera presidenziale, perché è composto in modo da indurre in errore.


Una bacchettata alla Procura di Mani Pulite?

«Non credo sia una bacchettata rivolta a noi. Per quello che ho potuto ricostruire, vi furono ben 3 sentenze della Corte di Strasburgo sui processi a Craxi». ...

sabato 16 gennaio 2010

HAITI

La catastrofe, il dolore, il caso



Ho trovato (e copiato) questa mappa di Haiti nel sito: scienzeedintorni: Inquadramento tettonico del terremoto del 12 ... dove è pubblicato un esauriente articolo sul terremoto e le sue cause geologiche, e sulla natura del nostro pianeta che è quello che è e non altro.
Nessuna spiegazione scientifica, però, può consolare gli esseri umani e, in generale, gli esseri viventi travolti dal terremoto. Il terrore e il dolore di chi si trova (e si trovava) sulla porzione di isola che si chiama Haiti penso che possiamo solo vagamente immaginarlo rispetto a quello provato personalmente, nella carne e nello,spirito. E' sempre così: ogni moto di compassione e di partecipazione, anche al massimo dell'empatia, sembra e forse è inadeguato. Si può, tuttavia, sperare che gli aiuti siano adeguati alla disperazione e al bisogno di vita di chi si è salvato.
E' il caso...


venerdì 8 gennaio 2010




Il "discorso osceno sull’amore-odio"



Oggi sul Fatto Quotidiano ho letto l'intervista di Marco Travaglio a Barbara Spinelli, che ha detto con la sua lucidità e la sua fermezza molte cose che anch'io penso intorno alle condizioni politiche dell'Italia d'oggi. Si tratta di un'analisi allarmata e allarmante, come è facile capire fin dal titolo che ben ne riassume i contenuti. Il tema dell'odio e dell'amore in politica è molto inquietante, perché rimanda a tragiche vicende storiche e a qualcosa di terribile come lo psicoreato, tanto pesante quanto evanescente. Di Massimo Fini riporto un articolo su odio e amore in politica, appunto. E, infine, Curzio Maltese ci ravviva la memoria storica, con tanti brividi. Mi domando se B. abbia contezza di tutte queste cose o se si affidi al suo istinto senza tanto riflettere. Non penso che gli piacerebbe trovarsi in compagnia di certi personaggi, se ricordasse le vecchie lezioni di storia o masticasse un po' di psicologia.


Il regime militare del partito dell'amore


"Se la politica italiana fosse un film, questo inizio di 2010 lo intitolerei Le conseguenze dell’amore. Il regime c’è da tempo. Ma ora si sta consolidando e inasprendo alla maniera classica dei totalitarismi: introducendo nella politica la categoria del sentimento per cancellare qualunque normalità democratica, qualunque ordinaria dialettica fra maggioranza e opposizione, fra governo e poteri di controllo e di garanzia. Il Capo pretende di essere amato, anzi adorato e, dopo l’attentato di Piazza Duomo, gioca sui sentimenti dei cittadini per ricattarli: ‘Chi non è con me è contro di me. Chi non mi adora mi odia’". ...

L'opposizione dovrebbe "rendersi graniticamente inaccessibile a qualsiasi compromesso sulle leggi ad personam. Evitare di reagire di volta in volta sui piccoli dettagli, ma alzare lo sguardo al panorama d’insieme e dire chiaro e forte che siamo di fronte a una nuova svolta, a un inasprimento del regime. E respingere pubblicamente, una volta per tutte, questo discorso osceno sull’amore-odio." ... 

Il testo integrale l'ho trovato in ComeDonChisciotte .


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Odio e amore in politica
di Massimo Fini


Silvio Berlusconi continua a cantare il refrain dell’odio che sarebbe stato seminato nei suoi confronti da alcuni settori dell’opposizione, da alcuni giornali, da alcuni opinionisti, da alcuni artisti.

Il primo a introdurre l’odio come categoria politica fu Pierluigi Battista
dopo la grande manifestazione di piazza San Giovanni di qualche anno fa (quella organizzata da MicroMega e da Paolo Flores d’Arcais) che radunò un milione di persone contro una delle tante leggi “ad personam” volute dal premier per sfuggire ai processi che riguardano lui e i suoi sodali. Una manifestazione assolutamente pacifica dove non si respirava alcuna atmosfera d’odio, ma semplicemente si contestavano delle leggi che, violando il principio dell’ugua glianza dei cittadini davanti alla legge, relegava tutti gli altri a soggetti di serie B ledendo la loro dignità. Casomai era proprio Battista con l’apparenza di scagliarsi, in un’importante trasmissione televisiva, contro l’odio ad alimentarlo. Ma il punto non è questo.

L’odio è un sentimento
, come l’amore, come la gelosia, e nessuno Stato, nemmeno il più totalitario, ha mai osato mettere le manette ai sentimenti. Le ha messe alle azioni, le ha messe alle opinioni, non ai sentimenti. Tanto più questo dovrebbe valere in una democrazia. Io ho il diritto di odiare chi mi pare e anche di manifestare questo mio sentimento. L’unico discrimine è la violenza. Io ho il diritto di odiare chi mi pare ma se torco anche un solo capello alla persona, o al gruppo di persone che detesto per me si devono aprire le porte della galera. Voler mettere le manette all’odio, come pare si voglia fare introducendo il reato di “istigazione all’odio”, significa in realtà mettere le manette alla critica. Perché l’odio è una categoria psicologica di difficilissima e arbitraria definizione. Se io scrivo che il premier (si chiami Berlusconi o Pincopallo) è stato dichiarato corruttore di testimoni in giudizio da un Tribunale della Repubblica, istigo all’odio o riporto un fatto di cronaca? Se scrivo che in nessun altro paese democratico, e forse anche non democratico, un premier che si trovi in una simile situazione non potrebbe rimanere un giorno di più al suo posto (come fu per Collor de Mello in Brasile) istigo all’odio o esprimo una legittima opinione, giusta o sbagliata che sia? Se scrivo che un premier, si chiami Berlusconi o Pincopallo, fa delle leggi “ad personam”o“ad personas” che ledono il principio di uguaglianza, istigo all’odio o denuncio una grave anomalia del sistema?

Berlusconi raggiunge poi l’apice della spudoratezza quando, dopo l’inaccettabile aggressione che ha subito a Milano, dichiara: “Quanto è avvenuto deve avvisarci del fatto di come sia davvero pericoloso guardare agli altri con sentimenti che non siano di rispetto e di solidarietà. Quindi da quest’ultima esperienza dobbiamo essere ancora più convinti di quanto abbiamo praticato fino ad oggi e cioè che è giusto il nostro modo di considerare gli avversari come persone che la pensano in modo diverso, ma che hanno il diritto di dire tutto ciò che pensano. E che noi dobbiamo difenderli per far sì che lo possano dire e che non sono nemici o persone da combattere in ogni modo, ma persone da rispettare. Lo facciamo noi con gli altri, ci piacerebbe che lo facessero gli altri nei nostri confronti”.

Rispetto degli avversari? Chi da quindici anni bolla tutti coloro che non la pensano come lui o che non agiscono come lui vorrebbe, come “c o mu n i s t i ” con tutta la valenza negativa che questo termine ha assunto oggi e quindi appioppando loro tutti gli orrori del comunismo? Chi ha detto che i magistrati (quelli naturalmente che non si adeguano ai suoi desiderata) “sono dei pazzi antropologici”? Chi ha detto di Di Pietro, dopo aver tentato invano di farlo entrare nel suo primo governo, che “è un uomo che mi fa orro re ”? Il diritto degli avversari di “dire tutto ciò che pensano”? Chi ha emesso l’“editto bulgaro” d e fi n e n d o “criminali” Luttazzi, Freccero e Travaglio, togliendo di mezzo i primi due e facendo additare, dai suoi mazzieri, Travaglio al ludibrio delle folle ed esponendo il giornalista che, a differenza sua, non è protetto da eserciti pubblici e privati, a pericolose ritorsioni? Se vogliamo metterci sul piano dei Battista e dei Berlusconi se c’è qualcuno che ha seminato e semina odio in questo paese è proprio l’attuale premier. Un’ultima notazione. Berlusconi è convinto, credo sinceramente convinto, che chi non lo ama “mi odia e mi invidia”. In termini psicoanalitici si potrebbe dire che “proietta la sua ombra”.  ( Il Fatto Quotidiano, 22 dicembre 2009 )

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Quella campagna in corso sulla «campagna d'odio»
di Curzio Maltese



«E’ in atto una campagna d’odio contro di me, il fascismo e l’Italia» (Benito Mussolini, discorso al Senato, 1932). «Gli ebrei alimentano una campagna di odio internazionale contro il governo. Gli ebrei di tutto il mondo sappiano: questo governo non è sospeso nel vuoto, ma rappresenta il popolo tedesco. Chi lo attacca, offende la Germania» (Adolf Hitler, programma nazionalsocialista, 1933).

Ho cominciato dalle citazioni per ricordare chi sono i due inventori della più fortunata formula del moderno vittimismo politico: «campagna di odio». In tempi più recenti, i razzisti degli Stati del Sud accusarono Martin Luther King di aver lanciato «una campagna d'odio contro i bianchi». Osama bin Laden parla nei suoi messaggi della «campagna d'odio dell'Occidente contro l'Islam». Tutto questo per spiegare perché rabbrividisco ogni volta che sento l'espressione «campagna d'odio» in bocca a un politico. Non verrebbe mai in mente a una persona pacifica. Neppure in presenza di una vera campagna d'odio nei suoi confronti.

Martin Luther King per esempio non l'ha mai usata. La ragione è ovvia. Chi si sente non oggetto di una critica legittima, ma vittima di un'ondata di odio che minaccia la sua stessa vita, si autorizza immediatamente a qualsiasi rappresaglia. Per molti giorni, una campagna mediatica ha diffuso la demenziale equazione fra la critica politica e giornalistica al premier e l'aggressione di piazza del Duomo. Quasi che Pier Luigi Bersani o Repubblica fossero i mandanti di Massimo Tartaglia.

Ora, fra l'uomo disturbato che ha aggredito Berlusconi e l'opposizione politica al premier - è ridicolo ma necessario precisarlo - non esiste alcuna relazione. Mentre ne esiste una strettissima, da mandante a esecutore, fra Silvio Berlusconi e Vittorio Feltri, uno che distrugge la vita delle persone, come nel caso Boffo, e dopo tre mesi dice che si trattava solo dí fesserie.

Sembra Johnny Stecchino: «D'accordo, gli ho ammazzato la moglie, ma poi gli ho chiesto scusa...». Questo a proposito del clima d'odio e di violenza. Eppure il Corriere della Sera o il TgUno non hanno dedicato una riga di commento a denunciare i responsabili della barbarie che avanza. Guarda caso. Chiunque svolga un'attività pubblica sa per esperienza personale che purtroppo il mondo è pieno di spostati. Questa era l'unica morale che si poteva onestamente trarre dall'episodio di Milano. Il resto è infamia.

Curzio Maltese, Venerdì di Repubblica, 24 dicembre 2009

giovedì 7 gennaio 2010


La Bandiera Italiana ha 213 Anni


dal blog di Antonio Di Pietro_6 gennaio 2010
 



PRINCIPI FONDAMENTALI


Art. 1.


L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.


La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.


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Art. 12




La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.

Costituzione Italiana


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''La mia candidatura rappresenta una alternativa per tutti quei cittadini che ancora credono nello stato di diritto e nella legalita' nel nostro Paese. Sappiamo di poter dare un servizio ai cittadini''.