lunedì 26 agosto 2019

La stimolazione cerebrale non invasiva contro pregiudizi e stereotipi sociali

https://www.huffingtonpost.it/entry/la-stimolazione-cerebrale-non-invasiva-contro-pregiudizi-e-stereotipi-sociali_it_5d53c03fe4b0c63bcbef8e8d?ncid=other_facebook_eucluwzme5k&utm_campaign=share_facebook&fbclid=IwAR1e-nBdnBjCfZgCRB3fk2jPZ-SaTSliYRtsb4B8Z8Uold1nJHglijmBuicLa stimolazione cerebrale non invasiva contro pregiudizi e stereotipi sociali Istituto Italiano di Tecnologia (IIT).


A cura di Maddalena Marini, ricercatrice IIT)
Nel corso degli ultimi decenni, la globalizzazione ha portato a un’intensificazione degli scambi internazionali nella nostra società, favorendo su una scala senza precedenti il crescere dell’economia mondiale e la coesistenza di differenti gruppi socioculturali.
Tale processo, però, oltre ad avere certamente aspetti positivi molto rilevanti per l’evoluzione della società moderna come il superamento dei confini spazio-temporali, la velocità e la circolazione delle comunicazioni, e l’arricchimento culturale, ha portato a ripercussioni e scontri a livello sociale dovuti allo scambio culturale tra civiltà e culture molto diverse tra di loro.
Infatti, nonostante la nostra società sia ora popolata da individui appartenenti a diverse culture, la nostra mente riflette ancora le tracce di un’eredità evoluzionistica dove gli esseri umani vivevano in piccoli gruppi composti da individui con caratteristiche genetiche e sociali simili tra loro, portandoci tuttora a preferire le persone che sono socialmente e culturalmente “simili a noi” rispetto a quelle che “differiscono da noi”.
A conferma di ciò, la ricerca scientifica ha mostrato che la nostra mente contiene stereotipi e pregiudizi che sono legati alle diverse caratteristiche sociali degli individui, quali ad esempio l’etnia, il colore della pelle, il peso, il genere, l’età, l’orientamento sessuale, politico o religioso, la disabilità e la malattia fisica o mentale.
In particolar modo, è stato provato che tali stereotipi e pregiudizi operano a livello inconscio, cioè senza la nostra consapevolezza, e influenzano il modo in cui percepiamo e ci rapportiamo con gli altri individui, generando anche serie conseguenze. Per esempio, studi hanno dimostrato che i pregiudizi inconsci di tipo etnico/razziale, influenzano persino le decisioni e i comportamenti dei medici e delle altre figure professionali in campo sanitario.
In particolare, medici con forti pregiudizi inconsci a favore delle persone bianche rispetto a quelle di colore, raccomandano meno spesso trattamenti terapeutici per quest’ultimi nonostante essi mostrino le stesse condizioni di salute e bisogno di cure dei pazienti bianchi.
Ma non solo questo. I pregiudizi e gli stereotipi possono influenzare anche le decisioni e i comportamenti che ci riguardano in prima persona, precludendo potenzialmente la nostra partecipazione in specifici settori lavorativi o ostacolando quelle che potrebbero essere le nostre potenzialità e quelle delle future generazioni.
Uno studio che ha analizzato dati raccolti in 34 nazioni per 8 anni ha infatti trovato che la forza dello stereotipo di genere in ambito scientifico (cioè il fatto che le discipline scientifiche siano maggiormente associate all’essere uomo anziché all’essere donna) di una nazione influenza la prestazione delle ragazze di 13-14 anni nei test di matematica e nelle altre discipline scientifiche in quella stessa nazione.
Per far fronte a questo problema, i ricercatori negli ultimi 20 anni hanno cercato di creare degli interventi che siano in grado di modificare tali stereotipi e pregiudizi. Per esempio, è stato scoperto che è possibile ridurre il pregiudizio etnico/razziale, fornendo delle informazioni che vanno contro lo stesso pregiudizio, come per esempio presentare uno scenario relativo a un’aggressione, in cui un uomo bianco interpreta il ruolo dell’aggressore e un uomo di colore interpreta il ruolo del soccorritore.
Questi interventi però, nonostante si siano mostrati efficaci hanno prodotto solo risultati limitati, soprattutto, in termini temporali. I loro effetti infatti non sono più presenti dopo qualche ora o giorno.
L’idea che sto portando avanti con la mia ricerca presso l’Istituto Italiano di Tecnologia è che questi stereotipi siano così instillati nella nostra mente che l’unico modo per cambiarli sia modificare i meccanismi biologici del cervello responsabili della generazione e controllo di tali stereotipi.
In particolare, i miei studi sono volti all’utilizzo di una procedura, chiamata stimolazione cerebrale non invasiva: tecnica appartenente al campo scientifico delle neuroscienze.
Le tecniche di stimolazione cerebrale non invasiva sono delle procedure considerate sicure che permettono, inducendo delle piccole correnti elettriche o magnetiche, di modulare i meccanismi attraverso i quali il cervello regola il nostro comportamento.
Queste tecniche, nonostante siano ancora relativamente sconosciute in ambito dello studio degli stereotipi sociali, sono molto diffuse in ambito clinico per la diagnosi dei disturbi legati al sistema motorio, come dopo un episodio di ictus, ma anche per il trattamento di malattie neurologiche e psichiatriche, come dolore neuropatico cronico, parkison e depressione.
In particolar modo, le tecniche di stimolazione cerebrale non invasiva sono molto efficaci nel trattamento della depressione farmaco-resistente, cioè in quelle situazioni in cui i farmaci non riescono a produrre benefici per il paziente, portando ad una riduzione dei sintomi depressivi in circa il 60% di questi pazienti, tanto che un terzo di essi mostra addirittura una remissione completa della malattia.
Studi che hanno iniziato a utilizzare queste tecniche nel campo degli stereotipi hanno permesso di definire una rete di regioni cerebrali causalmente coinvolte in questi processi e di dimostrare che aumentando o diminuendo l’attività di alcune di queste aree è possibile ridurre la forza degli stereotipi inconsci, come quello di genere in ambito scientifico e del pregiudizio che porta ad associare atti di terrorismo all’essere di origine araba rispetto al non esserlo.
L’uguaglianza è un diritto fondamentale di ogni cittadino e un dovere della nostra società. Le pari opportunità non rappresentano solamente una caratteristica indispensabile per una società democratica, ma anche un fondamento cruciale per l’innovazione, l’economia e il benessere generale di una nazione.



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