Il vincolo dell’elezione diretta dei Senatori
di Lucio D'Ubaldo | 25 giugno 2014
"... Leopoldo Elia era convinto che occorresse superare il bicameralismo perfetto; ma nondimeno, senza modificare opinione nel tempo, aveva escluso l’ipotesi di una diversa e incongrua selezione dei membri della Camera e del Senato. Con la sua pregevole relazione in Aula a Palazzo Madama, il 16 maggio 1990, aveva fatto osservare come nei lavori della Costituente fosse possibile rinvenire le chiare e insuperabili motivazioni a favore della elezione diretta dei Senatori. Egli, dopo aver illustrato il dibattito che aveva principalmente impegnato comunisti (sostenitori del monocameralismo) e democristiani (sostenitori del bicameralismo) nella Sottocommissione dei 75, evidenziava che alla fine i Commissari avevano “optato decisamente a favore della elezione diretta della seconda a Camera”. Per questo, da politico e da giurista, dichiarava che il processo di riforma implicava lo sforzo di attenersi, anche secondo il richiamo dell’allora Presidente del Senato Giovanni Spadolini, “allo spirito della Costituente e dei suoi lineamenti di fondo”; sicché, concludeva, “alle scelte positive (…) bisogna ovviamente ricondursi. E con tali scelte contrasta ogni riforma che comporti una elezione di secondo grado del Senato”. ... "
"... Con la sua pregevole relazione in Aula a Palazzo Madama, il 16 maggio 1990, aveva fatto osservare come nei lavori della Costituente fosse possibile rinvenire le chiare e insuperabili motivazioni a favore della elezione diretta dei Senatori. Egli, dopo aver illustrato il dibattito che aveva principalmente impegnato comunisti (sostenitori del monocameralismo) e democristiani (sostenitori del bicameralismo) nella Sottocommissione dei 75, evidenziava che alla fine i Commissari avevano “optato decisamente a favore della elezione diretta della seconda a Camera”. Per questo, da politico e da giurista, dichiarava che il processo di riforma implicava lo sforzo di attenersi, anche secondo il richiamo dell’allora Presidente del Senato Giovanni Spadolini, “allo spirito della Costituente e dei suoi lineamenti di fondo”; sicché, concludeva, “alle scelte positive (…) bisogna ovviamente ricondursi. E con tali scelte contrasta ogni riforma che comporti una elezione di secondo grado del Senato”.
In sostanza il giudizio di Elia faceva argine alle peripezie di quanti non avvertivano il rischio di vulnerare, su questo punto assai delicato, l’impostazione originaria dei Padri costituenti. Sono passati ventiquattro anni e le peripezie sono diventate progetto di riforma. Ora si tratta di capire cosa sia cambiato, nel corso della seconda repubblica e all’inizio dell’esperienza renziana, per giustificare in via pratica la derubricazione di una meditata e armonica riflessione sul bicameralismo. Così, evidentemente, si finisce per cedere a impulsi di tipo giacobino con il pretesto, in verità troppo facile, della semplificazione del procedimento legislativo. È il modo, questo, per deturpare il volto di un nuovo bicameralismo. ..."
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