Legislatura 17ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 385 del 27/01/2015
SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XVII LEGISLATURA ------
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385a SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO STENOGRAFICO (*)
MARTEDÌ 27 GENNAIO 2015
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Presidenza della vice presidente LANZILLOTTA,
indi della vice presidente FEDELI
N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Area Popolare (NCD-UDC): AP (NCD-UDC); Forza
Italia-Il Popolo della Libertà XVII Legislatura: FI-PdL XVII; Grandi
Autonomie e Libertà (Grande Sud, Libertà e Autonomia-noi SUD, Movimento
per le Autonomie, Nuovo PSI, Popolari per l'Italia): GAL (GS, LA-nS,
MpA, NPSI, PpI); Lega Nord e Autonomie: LN-Aut; Movimento 5 Stelle: M5S;
Partito Democratico: PD; Per le Autonomie (SVP, UV, PATT,
UPT)-PSI-MAIE: Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE; Scelta Civica per
l'Italia: SCpI; Misto: Misto; Misto-Italia Lavori in Corso: Misto-ILC;
Misto-Liguria Civica: Misto-LC; Misto-Movimento X: Misto-MovX;
Misto-Sinistra Ecologia e Libertà: Misto-SEL.
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RESOCONTO STENOGRAFICO
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,31).
Si dia lettura del processo verbale.
SIBILIA,segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 23 gennaio.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.
Comunicazioni della Presidenza
PRESIDENTE.
L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal
Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati
nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico
PRESIDENTE.
Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate
votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.
Pertanto decorre da questo momento
il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119,
comma 1, del Regolamento (ore 9,34).
Sull'ordine dei lavori
PRESIDENTE.
Onorevoli colleghi, come convenuto nella seduta di ieri pomeriggio, il
Governo ha dato la disponibilità all'informativa urgente sui fatti
accaduti ieri in Spagna e, quindi, il ministro della difesa Pinotti
renderà un'informativa sull'incidente aereo avvenuto ieri nella base
militare NATO di Albacete in Spagna alle ore 10,30. I Gruppi potranno
intervenire per cinque minuti.
Sospendo pertanto la seduta fino alle ore 10,30.
(La seduta, sospesa alle ore 9,34, è ripresa alle ore 10,30).
Informativa del Ministro della difesa
sull'incidente aereo accaduto nella base militare NATO di Albacete e
conseguente discussione (ore 10,31)
PRESIDENTE.
L'ordine del giorno reca: «Informativa del Ministro della difesa
sull'incidente aereo accaduto nella base militare NATO di Albacete».
Dopo l'intervento del rappresentante del Governo, ciascun Gruppo avrà a disposizione cinque minuti.
Ha facoltà di parlare il ministro della difesa, senatrice Pinotti.
PINOTTI, ministro della difesa.
Signora Presidente, colleghi, nella base aerea spagnola di Albacete,
intorno alle ore 14,15 (ora locale), un velivolo F-16 dell'aeronautica
militare greca in fase di decollo, a seguito della perdita di controllo
da parte dell'equipaggio per cause in corso di accertamento, è
precipitato ed è impattato al suolo nei pressi della linea di volo, dove
erano schierati velivoli e personale appartenenti a numerosi Paesi
della NATO, fra cui l'Italia, impegnati in attività di addestramento
nell'ambito del programma denominato Tactical Leadership Programme. Non
appena informata di quanto accaduto, mi sono messa in contatto con i
vertici militari per accertarmi delle condizioni di salute dei militari
italiani coinvolti, seguendo passo passo l'evoluzione della situazione.
Per quanto noto in questo momento, il grave
incidente ha provocato un incendio sulla linea di volo, dove erano in
corso le operazioni preparatorie per le missioni operative dei velivoli
delle varie Nazioni NATO partecipanti, con il coinvolgimento del
personale a terra, causando il decesso di dieci militari (otto francesi e
i due piloti greci) e il ferimento di almeno altri venticinque.
Anche il contingente italiano è rimasto
coinvolto nell'incidente. Tra il personale italiano presente ad Albacete
risultano dodici feriti, di cui uno grave, il maresciallo Giuseppe
Romata del 3° Reparto manutenzione velivoli di Treviso, con ustioni sul
60 per cento del corpo ed una caviglia rotta. Gli altri undici, un
pilota e dieci specialisti, sono feriti lievi, sei in osservazione
presso l'ospedale di Hellin e cinque, tra cui il pilota, già rientrati
alla base di Albacete. Il ferito grave, i cui genitori, che attualmente
sono in viaggio verso Madrid, vengono puntualmente aggiornati sullo
stato di salute, è stato trasportato all'Hospital universitario La Paz
di Madrid.
Ho parlato personalmente con il comandante
italiano presente all'aeroporto, sincerandomi delle condizioni dei
feriti, e con il Ministro della difesa spagnolo, per avere ulteriori
elementi sull'accaduto e partecipare la mia vicinanza in questa tragica
circostanza.
Con il Ministro spagnolo ci siamo sentiti in
tarda serata e insieme abbiamo valutato più utile non recarmi
immediatamente sul luogo dell'esercitazione, anche perché la pista è
ancora chiusa e occorre partire da Madrid in elicottero. Oggi ci
risentiremo e valuterò insieme a lui, nel corso della giornata, quale
sarà il momento più opportuno per andare a far visita al nostro
personale italiano, e in particolare al maresciallo ferito, che proprio
in questo momento sta entrando in sala operatoria. Ovviamente
rappresenterò anche il più profondo cordoglio, come ho già fatto
telefonicamente, da parte del Governo italiano ai rappresentanti dei
Paesi alleati, che hanno subito così gravi perdite, in particolare ai
Ministri francese e greco.
L'Italia partecipa a questo corso in
svolgimento con un distaccamento composto da 30 militari e due velivoli
AMX del 51° Stormo di Istrana dell'Aeronautica militare e con un
distaccamento della Marina militare composto da 38 militari e cinque
velivoli Harrier AV-8B.
A causa delle condizioni in cui si trova la
linea volo del TLP, transennata e non accessibile per i dovuti
accertamenti, al momento non è possibile valutare l'entità dei danni
agli aeromobili. Tuttavia, osservando l'area dell'incidente, si può
rilevare che sicuramente uno dei velivoli AMX dell'Aeronautica è rimasto
danneggiato dalle fiamme che si sono sviluppate a seguito dell'impatto
al suolo del velivolo greco.
Il Tactical Leadership Programme (TLP) è un
programma NATO di addestramento istituito nel 1978 in base ad un accordo
sottoscritto da Spagna, Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Belgio,
Olanda, Grecia, Germania, Danimarca e Italia, che vi aderisce dal 1996
con cellule di velivoli dei reparti dell'Aeronautica e della Marina
militare.
Il TLP fornisce due tipologie di corsi: quelli
esclusivamente teorici e quelli in volo. Dal 2009 il TLP si svolge in
Spagna presso la base aerea di Albacete. L'obiettivo del programma TLP è
quello di incrementare l'efficacia delle operazioni aeree condotte
dalle Forze alleate e potenziare la cooperazione multinazionale nelle
operazioni aeronautiche, promuovendo lo sviluppo delle abilità di leadership
e delle capacità di analisi, pianificazione, esecuzione e valutazione
di attività aeree. Nello specifico, l'attività in corso ad Albacete,
prevista tra il 19 gennaio ed il 13 febbraio, rientra nell'ambito della
programmazione annuale di quattro sessioni di Flying courses (FC)
previste dalla NATO per il 2015, alle quali parteciperanno assetti
delle linee aerotattiche dell'Aeronautica e della Marina.
Ovviamente il pensiero di tutti noi va a tutti i militari in loco, ma in particolare al nostro militare ferito più gravemente.
Ieri ho avuto modo di parlare non soltanto con
un nostro comandante sul posto, ma anche con alcuni dei nostri militari
che hanno assistito all'incidente. Dal momento che è avvenuto vicino a
loro, oltre ad aver provocato alcuni feriti lievemente, potete
immaginare quanto siano rimasti colpiti e scioccati dall'accaduto: è
stato un incidente che ha avuto un impatto molto grave. I nostri
militari italiani erano proprio vicini ai francesi e l'aereo è
precipitato davvero assai vicino a dove erano posizionati.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sull'informativa del Ministro della difesa.
È iscritto a parlare il senatore Mario Mauro. Ne ha facoltà.
MAURO Mario (GAL (GS, LA-nS, MpA, NPSI, PpI)).
Signora Presidente, intervengo a nome del Gruppo Grandi Autonomie e
Libertà per esternare alle Forze alleate, per il tramite del nostro
Ministro della difesa, le nostre condoglianze e la nostra più viva
solidarietà agli amici greci, agli amici francesi e alle autorità
spagnole, che hanno visto questa importante iniziativa della NATO che si
svolge nel loro territorio funestata da un evento così luttuoso, e
soprattutto al nostro personale dell'Aeronautica e della Marina
coinvolto in questa grave disgrazia.
Mi consentirà il Ministro, a sostegno delle
gravi responsabilità che sostiene in questo momento, di fare alcune
considerazioni, seppur brevemente, che possano rappresentare un momento
di riflessione in una circostanza così grave.
La prima riflessione è che facciamo
parte della NATO e di altre alleanze internazionali, tra cui l'Unione
europea, che ci impongono, per l'appunto, di riflettere continuamente
sulla portata delle stesse, vale a dire sullo scopo e sulle dotazioni di
mezzi perché queste alleanze siano realmente efficaci. Da molti anni,
in ambito NATO, si discute con quale percentuale di spesa si debba
corrispondere allo sforzo di garantire la sicurezza del mondo. Abbiamo
fissato un tetto, un indicatore di spesa pari al 2 per cento del
prodotto interno lordo.
Da molti anni - e ciò è ben conosciuto dagli
addetti ai lavori - i Paesi europei, in particolare l'Italia, sono
largamente al di sotto di questo impegno di spesa. Lo era
paradossalmente la stessa Grecia. E quando parliamo di sigle, come
quelle delle dotazioni dell'Areonautica e della Marina, dobbiamo avere
il buon senso di riflettere sul fatto che sono tutte sigle che
rappresentano il passato, per molti versi non corrispondono più alle
esigenze del presente e sicuramente non possono più garantire il futuro.
È rimasto danneggiato un nostro AMX, un aereo
che porta un nome glorioso e che, nello stesso tempo, deve ricordarci
che teoricamente le Forze armate italiane di AMX ne possiedono 130; nei
fatti però sono poche decine, perché da molti anni quando un AMX si
rompe tutti gli altri velivoli vengono usati, attraverso un meccanismo
detto di cannibalizzazione, per riparare quello che solo può rimanere in
vita e rendere un servizio pubblico al nostro Paese e alle sue
alleanze.
Lo dico perché la caduta dell'F-16
(stabilirà l'inchiesta per quali ragioni), ben difficilmente, in base
alla dinamica dell'incidente, può dipendere da un errore umano, visto
che l'incidente è avvenuto nei secondi immediatamente successivi al
decollo, quando ragionevolmente si deve esprimere la maggiore potenza di
un aviogetto; pertanto, un eventuale calo di pressione, che nasce da un
difetto dovuto al fatto che si tratta di aerei che hanno quarant'anni,
la dice lunga su quanto sia urgente un impegno dei Paesi dell'Unione
europea finalizzato a capire come far fronte comune, non solo nelle
buone intenzioni dei Governi ma anche attraverso risoluzioni di spesa
dipendenti da una maggiore e reale integrazione del processo di difesa
comune.
Bene, quindi, fa il Governo
italiano, anche attraverso l'azione portata avanti con risolutezza dal
ministro Pinotti, a propendere per lo studio di un sostanziale
meccanismo di difesa europeo e per una messa a punto dei bisogni delle
nostre Forze armate affinché possano rispondere in solido ai bisogni del
futuro.
Non aggiungo altro, estendendo in
questa circostanza, sempre per il tramite del nostro Ministro, una
nostra non formale solidarietà ai Paesi alleati. La Grecia, la Francia,
la Spagna sono chiamate con noi a costituire un argine per una serie di
sfide sullo scenario euromediterraneo nel quale - lo voglio ricordare -
da tempo ormai sono assenti le Forze armate americane. La Sesta flotta
degli Stati Uniti è ormai assente dal Mediterraneo; le uniche portaerei
presenti sono russe e cinesi. Rimangono, è vero, le nostre, con un punto
interrogativo circa la possibilità che a bordo possano esserci aerei
realmente in grado di affrontare le sfide del futuro. Inoltre, le
portaerei britanniche rimarranno probabilmente al palo per oltre dieci
anni perché da tempo in riparazione per provvedere a rinnovarle.
Quindi, tutti insieme, quando parliamo di
difesa, dobbiamo far maturare la nostra cultura della difesa, perché gli
sforzi di altissima professionalità delle nostre Forze armate non
permangano in un sempre più assordante isolamento e solo quando
avvengono questi episodi ci si ricordi tutti cosa vuol dire avere
qualcuno che provvede alla nostra sicurezza nel tempo. (Applausi dal GruppoGAL (GS, LA-nS, MpA, NPSI, PpI)).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Divina. Ne ha facoltà.
DIVINA (LN-Aut).
Signora Presidente, nella relazione del Ministro e nell'intervento di
un ex Ministro della difesa abbiamo sentito fare un quadro che sostanzia
lo stato dell'arte.
I nostri militari, insieme ad altri militari
delle forze multinazionali, partecipavano a questa importante scuola di
addestramento piloti. Se si agisce sui vari teatri internazionali, con
forze multinazionali, è necessario ed inevitabile relazionarsi,
prepararsi ed esercitarsi per operare in team. Vediamo però cosa significa far parte di un gruppo, di un team magari non all'altezza in termini di mezzi o di dotazioni.
Come ha ricordato l'ex ministro Mario Mauro,
queste macchine importantissime necessitano di interventi immediati, in
quanto la loro peculiarità è di essere chiamate ad intervenire
nell'immediato e questo implica una partenza rapidissima, per cui i
piloti sono allertati 24 ore su 24 ed il decollo è immediato. Queste
macchine possono, una volta staccatesi dal suolo, dirigersi in modo
perpendicolare verso l'alto, ma tutto deve essere a posto, i motori
devono essere perfetti, il velivolo deve essere estremamente efficiente.
Noi abbiamo purtroppo un parco aereo che è deficitario sotto l'aspetto
dell'efficienza ed è vetusto.
Vorremmo quindi, con tutta tranquillità,
approfittare di questo momento, nel quale siamo rammaricati per ciò che è
successo e relativamente soddisfatti per non aver avuto perdite di
nostri militari, per porre l'attenzione sulla necessità di avere in
primo luogo idee chiare su cosa vuole fare il nostro Paese e come si
vuole partecipare, in termini di collaborazione internazionale: se si
vuole partecipare, bisogna farlo a pieno titolo e questo significa
essere attrezzati e dotati di mezzi che inevitabilmente hanno un
risvolto economico in termini di costi, con un parco velivoli adeguato
al momento.
Gli Harrier sono relativamente ancora in buono
stato, anche se lei ci ha detto che forse uno di questi sarà da
dismettere in quanto è stato coinvolto nelle quattro esplosioni che
l'aereo greco ha comportato. Gli AMX sono vecchiotti, gli F-16 Falcon,
come quello greco che è precipitato, sono aerei che hanno quarant'anni e
noi ne abbiamo ancora parecchi in dotazione.
Il problema quindi si pone e, lo dico con la
necessaria serietà, non vorremmo tornare in quest'Aula e magari parlare
di un nostro aereo che ha avuto una deficienza o un incidente. Speriamo
proprio che questo non accada.
Per questo, signora Ministro, approfittiamo di
quanto è successo per far capire con la dovuta pacatezza che, così come
abbiamo rinnovato il parco navale della nostra Marina, dopo aver dato il
via al Governo per la revisione e l'acquisto di nuove dotazioni, in
quanto le nostre imbarcazioni erano state messe fuori uso magari anche
per un utilizzo improprio (perché l'operazione Mare nostrum potevamo
anche risparmiarcela, con tutte quelle ore di navigazione che magari
potevano essere impiegate per fare altro), dobbiamo rinnovare anche il
parco dei nostri velivoli proprio per mettere in massima sicurezza il
nostro apparato militare ed i nostri militari.
Vorremmo approfittare dell'occasione per
augurare, a nome della Lega Nord, che tutto si risolva per il meglio
anche per il maresciallo ora in prognosi riservata, che è l'unico
militare italiano che sembra essere stato abbastanza colpito da questo
incidente ed al quale facciamo i nostri auguri. (Applausi dal Gruppo LN-Aut e dei senatori Bianco e Latorre).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Battista. Ne ha facoltà.
BATTISTA (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE).
Signora Presidente, signora Ministro, intervengo a nome del Gruppo per
le Autonomie ed esprimo anch'io le condoglianze ai militari coinvolti in
questo tragico incidente.
Non è passato tanto tempo da un altro incidente
aereo che ha coinvolto i nostri militari, sempre durante attività di
addestramento. Ovviamente sta a noi ridurre al minimo le perdite. Con
tutti gli sforzi che potremmo sostenere in campo tecnologico e
addestrativo, potremmo ridurre al minimo anche il numero degli
incidenti.
Restiamo, comunque, in attesa di ulteriori informazioni sulle dinamiche che hanno causato l'incidente ad Albacete.
Come già espresso da chi è intervenuto prima di
me, ricordo l'impegno, che abbiamo preso nell'ambito dell'Alleanza
atlantica, di raggiungere il 2 per cento del nostro PIL nel settore
della difesa. Certo, in questo momento di crisi economica, si tratta di
un obiettivo arduo, tant'è vero che non siamo ancora in grado di
ottemperare a questo impegno.
È anche vero, però, che, durante i lavori della
delegazione NATO, più volte sono state espresse le difficoltà da parte
dei parlamentari del Congresso americano di rapportarsi in ambito NATO
con l'Unione europea. Anche nelle fasi parlamentari del Congresso USA,
si domandano quando noi europei saremo in grado di dotarci di un sistema
di difesa comune. Tutto questo - è stato detto abbastanza chiaramente
dal nuovo Presidente dell'Assemblea parlamentare - non potrà avvenire
fino a quando non riusciremo a raggiungere il budget di spesa indicato.
È stato anche sottolineato chiaramente che
l'impegno deve essere ottemperato soprattutto dai grandi Paesi, quali
l'Italia, la Spagna, la Francia e la Germania. È ovvio che Paesi piccoli
come le Repubbliche baltiche, pur ottemperando all'obiettivo del 2 per
cento del PIL, non riusciranno mai a dare un contributo sostanziale per
garantire una difesa europea. Ricordo, altresì, che, nonostante
l'attuale carenza del nostro sistema di difesa europeo, all'interno
dell'Alleanza atlantica riusciamo a garantire l'aviazione a Paesi come
l'Estonia. Proviamo a pensare cosa potrebbe succedere nei Paesi delle
Repubbliche baltiche in questo momento in cui la Russia ancora esercita
qualche velleità da ex Unione Sovietica.
Ho assistito a tutti i dibattiti svolti in
quest'Aula e in Commissione al riguardo. Quando parliamo di spese
militari, molte forze politiche sollevano una preoccupazione: perché
spendiamo risorse in conto militare? Durante un recente convegno è stata
fatta un'analogia molto chiara. Quando dobbiamo affrontare spese
nell'ambito della sanità, nessuno si preoccupa. Se noi ora dovessimo
decidere di dotare i nostri ospedali di macchine costosissime, pur
sperando di non doverle usare mai, affronteremmo questa spesa - penso -
senza troppe difficoltà. Quando, invece, ci occupiamo del tema della
spesa in ambito difesa, c'è sempre chi si chiede perché non spendiamo in
altro settore.
Colleghi, noi spendiamo in ambito difesa con lo
stesso approccio con cui affrontiamo una spesa nell'ambito della sanità:
speriamo di non usarla mai. Nessuno spera mai di aver bisogno di una
macchina per la TAC o di una per un controllo qualora ci fossero varie
complicanze della nostra salute. Lo stesso atteggiamento dobbiamo avere
nel settore della difesa.
È un compito molto difficile, nel nostro ruolo
politico, trasmettere questa considerazione all'esterno, all'opinione
pubblica. Facciamo, infatti, un investimento sulla sicurezza sperando di
usarlo il meno possibile, se non mai, ma lo dobbiamo fare. Altrimenti,
se proseguiremo verso un'ulteriore riduzione del budget, non
riusciremo mai a seguire un percorso che ci porterà verso un sistema di
difesa europea e a garantire una sicurezza che - come vediamo tutti -
anche di fronte alla minaccia dello Stato islamico, dobbiamo
assolutamente avere. (Applausi dal Gruppo Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE. Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Uras. Ne ha facoltà.
URAS (Misto-SEL). Signora Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio il Ministro per l'informativa circostanziata appena resa all'Aula.
A nome del Gruppo voglio esprimere
la vicinanza alle Forze armate alleate, ai Paesi che hanno subito le più
pesanti perdite in questo incidente e ai nostri militari, che hanno
rischiato in modo molto grave la loro stessa vita in una circostanza
nella quale appare evidente non vi siano delle responsabilità,
soprattutto in alcune Forze armate che hanno anche subito grandissime
perdite.
Pur trattandosi della caduta
incidentale di un velivolo delle Forze armate greche, questo episodio ci
fa riflettere su un aspetto in modo particolare, cioè sulla
pericolosità di quel tipo di attività: i militari nostri e di tutte le
Forze armate, e delle Forze armate alleate, rischiano la loro vita non
solo nelle attività di addestramento, ma anche in quelle ordinarie di
manutenzione, gestione e sorveglianza delle dotazioni militari, dei
poligoni, dei munizionamenti e degli armamenti. E questo ci fa
riflettere anche sul fatto che chi svolge questo lavoro, chi è impegnato
in zone a rischio, corre rischi anche quando non è impegnato in una
fase operativa di missione di pace o è coinvolto in un conflitto.
I militari rischiano malattie
professionali gravissime, perché le armi - e questo non lo dobbiamo
dimenticare - sono apparecchiature spesso davvero sofisticate e sono
fatte per uccidere, e non per aiutare, perché servono per gestire
situazioni di crisi, conflitti pesanti, aggressioni e per organizzare la
difesa dei cittadini e dei nostri Paesi.
La mia è una riflessione che
suggerisce, intanto, di porre una grande attenzione sotto il profilo
della manutenzione e delle apparecchiature. Un aereo di quel genere
costa circa 100 milioni di euro. Un F-23, con gli armamenti, costa
intorno ai 140 milioni di dollari. Sono impianti industriali che volano,
in genere guidati da una sola persona. Sono un patrimonio enorme che
ha, quindi, bisogno di investimenti e di manutenzione attenta, e non può
mai essere trascurato. Anzi, è il contrario.
Noi sappiamo che, purtroppo, questo è
un mondo che ancora vede gli eserciti impegnati. Non so quanti siano i
conflitti, ma parliamo di centinaia in tutto il mondo.
Ce ne sono alcuni molto vicini. La situazione di
crisi dell'Ucraina, ma di tutto il Nord Africa e del Medio Oriente,
pone una serie di riflessioni a noi tutti sulla capacità di reazione del
nostro Paese, dell'Unione europea e dell'Alleanza atlantica rispetto
alla necessaria difesa dei nostri confini e dei nostri valori. (Applausi dal Gruppo Misto-SEL e delle senatrici Bencini e Simeoni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Di Biagio. Ne ha facoltà.
DI BIAGIO (AP (NCD-UDC)).
Signora Presidente, rivolgo il mio primo pensiero a lei, signora
Ministro, per la rapidità di intervento di cui ha dato prova a
quest'Aula e soprattutto per la doverosa pianificazione di una visita
nei luoghi dell'evento tragico verificatosi, nel pomeriggio di ieri, in
Spagna.
La ringrazio, a nome del Gruppo Area Popolare,
per le accurate informazioni che ha voluto condividere con quest'Aula,
che aiutano a spiegare quanto è accaduto ieri e a fugare ogni fantasiosa
ipotesi complottistica o eccessivamente superficiale.
Sicuramente - come è stato più volte evidenziato
- gli elementi a disposizione non ci possono consentire di bollare
l'evento come un incidente dettato da errore umano o semplicemente
tecnico. Comunque, sarebbe poco funzionale in questa fase abbandonarsi a
teorie che nulla hanno a che vedere, magari, con il lavoro che verrà
portato avanti dalla competente Commissione d'inchiesta.
Pochi sanno che il Tactical Leadership Programme
è un programma di formazione avanzato che coinvolge i piloti di
combattimento e che è orientato all'acquisizione di qualifiche e
specializzazioni. Pertanto, il programma ha come principale obiettivo
quello di implementare i termini della cooperazione multinazionale nelle
operazioni aeronautiche.
L'Italia partecipa a questo programma da anni e
il carattere strategico dello stesso è sempre stato incontestabile, al
di là di qualsivoglia polemica o generalizzazione dovuta all'enfasi del
momento.
Signora Ministro, come lei stessa ha
evidenziato, merita doveroso approfondimento la dinamica che ha condotto
all'incidente. Un F-16 precipitato proprio durante la fase di decollo, e
che poi si è schiantato su altri velivoli parcheggiati carichi di
carburante, avrebbe potuto provocare una tragedia di proporzioni ancora
più ampie di quanto si è verificato. Tutto ciò merita rispetto per i
militari che hanno perso la vita, ma anche e soprattutto chiarimenti per
mostrare in tempi rapidi le eventuali responsabilità, qualora queste vi
siano.
La stampa ha riportato che tra i velivoli
colpiti vi sarebbe un AMX del 51° Stormo di Istrana dell'Aeronautica
militare e 5 velivoli Harrier AV-8B della Marina militare, alcuni dei
quali avrebbe riportato vistosi danni. Chiediamo, pertanto, ragguagli su
questo aspetto e su come intende intervenire il Ministero al fine di
rimediare al danno consentendo un rapido riequilibrio di dotazioni in
capo alla presenza italiana anche all'interno del programma militare.
Come ha evidenziato il segretario generale della
NATO Jens Stoltenberg, «Questo è un incidente che colpisce tutta la
famiglia NATO». Voglio fare mia tale espressione per sottolineare la
portata di questo evento che si colloca oltre i confini militari e
strategici del programma e colpisce l'intima ragione dello stare insieme
e del condividere obiettivi di sicurezza.
Le chiediamo, Ministro - come sono certo già
avrà provveduto - di farsi portavoce del cordoglio di quest'Aula verso i
Paesi che hanno perso loro uomini nell'incidente e, soprattutto, di
veicolare ai nostri militari feriti tutta la nostra vicinanza e
partecipazione. In momenti come questo - ne sono certo - l'Italia ha
sempre la forza di trovare una sua lodevole unità. (Applausi dei senatori Susta, Tonini e Albano).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Marton. Ne ha facoltà.
MARTON (M5S).
Signora Presidente, onorevole Ministro, immagino che le informazioni in
suo possesso non possano essere complete, dati i tempi ristretti.
Ho ascoltato tutti i colleghi che mi hanno
preceduto con molta attenzione e, pur condividendo molte delle cose
dette, giungo a conclusioni diametralmente opposte.
Il fatto che si debba investire fino al 2 per
cento del nostro prodotto interno lordo in armamenti è una cosa che
assolutamente non condividiamo. Noi riteniamo che lo Stato italiano non
possa aver permesso - e lo non permetterà mai, sebbene gli aerei siano
datati - di mandare i nostri piloti in volo con mezzi non efficienti, in
perfetta efficienza, e curati. Ritengo inoltre che, data la
professionalità dei nostri meccanici e dei nostri militari, essi non
permetterebbero di prendere il volo con velivoli che ritengano non
essere in perfetta efficienza.
Signora Ministro, secondo me, noi dobbiamo
rivedere assolutamente la nostra politica estera e di difesa. Non
dobbiamo assolutamente permettere - lo dico senza alcuna polemica, mi
creda - che siano i nostri militari a fare la nostra politica estera.
Dobbiamo decidere cosa fare da grandi: non possiamo più permetterci di
fare tutte le missioni in tutto il mondo. A mio avviso, dobbiamo
ragionare su quali siano le nostre possibilità e soprattutto i nostri
interessi, e non solo nazionali ma di tutta l'Europa. Dobbiamo mettere a
fattore comune tutte le nostre competenze con l'Europa, e non
proseguire con l'acquisto di armamenti. Non si deve, inoltre, prendere
la scusa di questo incidente per effettuare nuovi acquisti di velivoli
F-35, e lo dico senza alcuna polemica.
Ovviamente il Gruppo M5S si associa al cordoglio
per le vittime francesi, per quelle avute tra i piloti greci e per i
feriti. Tuttavia, signora Ministro, non la invidiamo, e la invitiamo
nuovamente a rivedere la nostra politica estera e a fare in modo che il
nostro Governo faccia una politica comune con l'Unione europea.
Non aggiungo altro, perché hanno già espresso tutte le considerazioni i miei colleghi. (Applausi dal Gruppo M5S e della senatrice Bencini).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Mazzoni. Ne ha facoltà.
MAZZONI (FI-PdL XVII).
Signora Presidente, ringrazio la signora Ministro per l'immediata e
puntuale informativa, ed esprimo, anche a nome del Gruppo FI-PdL XVII,il
profondo cordoglio per la tragedia avvenuta ieri nella base NATO in
Spagna, augurando una pronta guarigione ai nostri militari feriti.
Quella di ieri doveva essere una esercitazione di routine,
una delle tante del corso di formazione piloti del Tactical Leadership
Programme, È stata invece una strage di militari, di uomini che lavorano
ogni giorno per la difesa e la sicurezza di tutti, visto che queste
esercitazioni hanno la finalità di migliorare la cooperazione
multinazionale delle operazioni aeree della NATO. Il programma di
addestramento contempla, infatti, la necessità di stabilire un
coordinamento puntuale tra i vari gruppi di volo durante le simulazioni
di attacchi al suolo, e sappiamo che in questi giorni, in queste
settimane, nella guerra all'ISIS gli attacchi al suolo sono una
componente essenziale. Quello di ieri, purtroppo, si somma ad una lunga
lista di incidenti avvenuti soprattutto in Spagna negli ultimi
trent'anni, nel corso dei quali hanno perso la vita più di 100 militari.
L'F-16 è stato all'origine del disastro di ieri e
ora saranno le inchieste ad appurare se si tratta di incidente
meccanico o di errore umano, ma era un aereo già protagonista in passato
di vari, troppi, incidenti. L'Italia ne prese in leasing 34
dagli Stati Uniti nel 2003, dovendo svolgere un compito di controllo
dello spazio aereo. Poi, nel 2012, tutti gli F-16 sono stati rimpiazzati
dagli Eurofighter, con i quali viene svolto attualmente il controllo
dello spazio aereo nazionale, in attesa dei cacciabombardieri F-35,
contro i quali in Italia è in corso - lo abbiamo sentito anche pochi
minuti fa - una battaglia ideologica, che è un mix tra antimilitarismo e spending review.
L'ammodernamento degli aerei militari non è una
spesa inutile: è un passo essenziale non solo per garantire la sicurezza
dei nostri militari, ma per consentire all'Italia di svolgere al meglio
la sua missione di difesa comune insieme ai partner della NATO.
Il Governo italiano, dunque, ha il dovere di ascoltare le richieste di
Aereonautica e Marina, che vogliono gli F-35 per essere perfettamente
integrabili con le forze statunitensi.
Ugualmente, più in generale, il rapporto delle
spese militari rispetto al prodotto interno lordo, pur nell'ambito della
necessaria razionalizzazione in atto, deve restare all'altezza dei
compiti sempre più complessi, dovuti all'aggravamento dello scenario
internazionale. (Applausi dal Gruppo FI-PdL XVII).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Latorre. Ne ha facoltà.
LATORRE (PD).
Signora Ministro, innanzi tutto vorrei veramente ringraziarla per la
tempestività con la quale è venuta in Parlamento a riferire su quello
che è accaduto, anche perché, seppure a ridosso di una tragedia come
questa, questa discussione ci consente di testimoniare come il
Parlamento italiano - il Senato della Repubblica certamente - affronti
tali questioni senza nulla concedere ad un pressappochismo ed ad un
populismo gratuiti che, purtroppo, spesso animano il dibattito pubblico e
- ahimè - anche «una certa informazione», che tendo a definire più come
«una certa disinformazione».
Di questo vorrei davvero ringraziare
tutti i colleghi, anche dell'opposizione, rappresentanti di forze
politiche e Gruppi parlamentari che hanno opinioni diverse, ma che
questa mattina con i loro interventi hanno dimostrato di affrontare con
estrema serietà e rigore discussioni tanto delicate.
Vorrei anche ribadire - senza
ripetere i fatti ai quali lei ha fatto riferimento, che sono oggettivi -
l'importanza di esercitazioni come quelle in esame. Vorrei non si
dimenticasse che si tratta della più alta occasione di formazione delle
forze che operano nell'Alleanza atlantica. Ovviamente un'indagine
accerterà le responsabilità, per verificare - per esempio - come mai
quel sito di Albacete, dove si è verificata questa circostanza e che già
dal 2009 è sede di tali esercitazioni - ahimè - è stato teatro di più
di un incidente. Cercheremo di capire. Certamente, però, queste
occasioni sono quelle sulle quali l'Alleanza atlantica, la NATO, sta
puntando anche per evolvere il suo ruolo e la sua funzione: spesso siamo
tendenzialmente portati ad interpretarla come uno strumento che
interviene a tutela della sicurezza, ma oggi sta agendo con lo spirito
di chi deve omogeneizzare e rendere sempre più interoperabili le forze
dell'Alleanza.
In questo quadro - non
dimentichiamolo, vale la pena ricordarlo - è vero che il nostro Paese
non è ancora arrivato a quel traguardo del 2 per cento della spesa del
PIL per la difesa che viene reclamato, ma nell'ordine è il quinto a
contribuire all'Alleanza. E, con le sue missioni internazionali e la
qualità delle sue iniziative, ritiene che in quel numero debba essere
contemplata non solo la quantità degli investimenti, ma anche la qualità
della sua presenza. Possiamo dire, anche con un certo orgoglio, di
essere un Paese che, qualitativamente, ha un ruolo estremamente
importante in tale quadro.
Questa discussione, però, è anche
l'occasione per sottolineare come, nella prospettiva della costruzione
di un sistema europeo di difesa - è un obiettivo strategico al quale
dobbiamo lavorare, ma che sappiamo richiede un processo lungo, lento e
problematico - abbiamo all'ordine del giorno - come alcuni colleghi
ricordavano - esigenze di sicurezza e presidio invece immediate, che
devono incentivare a rendere sempre più interoperabile e funzionale il
sistema di sicurezza della nostra Alleanza atlantica e della nostra
NATO.
In questo quadro credo che anche l'obiettivo di
omogeneizzare sempre più anche gli strumenti di arma sia un'esigenza.
Vorrei ricordare che il nostro Paese, se non sbaglio nel 2003, acquisì
32 F-16, che si resero protagonisti di alcuni incidenti - non sto ad
elencarli (circa sei) - ma per fortuna, grazie anche alle qualità e
capacità delle nostre Forze militari e della nostra Aeronautica, nessuno
di essi si rivelò mortale. E nel 2013 restituimmo quegli F-16, che
avevano una loro versatilità, ma che noi utilizzammo nelle more di poter
utilizzare gli Eurofighter.
Questo dimostra che anche la necessità di
omogeneizzare gli strumenti di arma e di renderli sempre più efficaci è
un'esigenza alla quale stiamo corrispondendo con il perseguimento del
programma degli F-35, seppur nei termini e nelle compatibilità
richieste. Ho molto apprezzato, anche se da un punto di vista molto
diverso, l'intervento del collega Marton che, sebbene con un
orientamento diverso, comunque affronta con estrema serietà questi
discorsi. C'è una certa contraddizione tra il pretendere giustamente
sempre maggior sicurezza e funzionalità dei nostri strumenti di arma e
l'esigenza di ridurre la spesa di investimento in questi settori. Noi
dobbiamo certamente, compatibilmente con le nostre esigenze di bilancio,
orientarci sempre più verso un rafforzamento di strumenti di arma
omogenei, funzionali ed estremamente sicuri.
È questo il senso dei programmi che stiamo
seguendo nel settore marittimo con la legge navale, sulla quale abbiamo
concentrato una quota di investimenti finalizzata esattamente a
corrispondere a queste esigenze. Ciò vale per il settore aeronautico e
credo che varrà anche per il lavoro più specifico che faremo nel settore
dell'esercito.
Questi sono gli elementi di riflessione con i
quali vogliamo accompagnare una discussione che ovviamente è incentrata
soprattutto sull'esigenza di far pervenire, a nome di tutto il
Parlamento e, per quanto mi riguarda, di tutto il PD, la nostra
vicinanza innanzitutto alle famiglie delle vittime, ai Paesi ai quali
queste vittime appartenevano e ai nostri militari che, ancora una volta,
anche con il loro sacrificio, continuano a dare onore e orgoglio al
nostro Paese. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Di Biagio).
PRESIDENTE.
Si è così conclusa l'informativa del Ministro della difesa, che
ringrazio. La Presidenza si associa alle condoglianze espresse.
Sull'ordine dei lavori
PRESIDENTE.
Ricordo che, come stabilito dalla Conferenza dei Capigruppo di ieri, le
dichiarazioni finali di voto sul disegno di legge elettorale avranno
luogo alle ore 14.
Sospendo, pertanto, la seduta fino alle ore 14.
(La seduta, sospesa alle ore 11,17, è ripresa alle ore 14,01).
Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1385) Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati (Approvato
dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione di
un disegno di legge d'iniziativa popolare e dei disegni di legge
d'iniziativa dei deputati Cirielli; Pisicchio; Bersani ed altri;
Francesco Saverio Romano; Migliore ed altri; Lenzi; Zampa e Marzano;
Zampa e Ghizzoni; Martella; Francesco Sanna; Bobba ed altri; Giachetti
ed altri; Giorgia Meloni ed altri; Rigoni ed altri; Rigoni ed altri;
Nicoletti ed altri; Martella ed altri; Vargiu; Burtone ed altri;
Balduzzi ed altri; Laffranco ed altri; Vargiu; Toninelli ed altri; Porta
ed altri; Zaccagnini ed altri; Valiante ed altri; Lauricella; Michele
Bordo; Marco Meloni ed altri; Di Battista ed altri)
(1449) BRUNO ed altri. - Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati
(Votazione finale qualificata, ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (ore 14,01)
Approvazione, con modificazioni, del disegno di legge n. 1385
PRESIDENTE.
L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di
legge nn. 1385, già approvato dalla Camera dei deputati in un testo
risultante dall'unificazione di un disegno di legge d'iniziativa
popolare e dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Cirielli;
Pisicchio; Bersani ed altri; Francesco Saverio Romano; Migliore ed
altri; Lenzi; Zampa e Marzano; Zampa e Ghizzoni; Martella; Francesco
Sanna; Bobba ed altri; Giachetti ed altri; Giorgia Meloni ed altri;
Rigoni ed altri; Rigoni ed altri; Nicoletti ed altri; Martella ed altri;
Vargiu; Burtone ed altri; Balduzzi ed altri; Laffranco ed altri;
Vargiu; Toninelli ed altri; Porta ed altri; Zaccagnini ed altri;
Valiante ed altri; Lauricella; Michele Bordo; Marco Meloni ed altri; Di
Battista ed altri, e 1449.
Ricordo che nella seduta di ieri si è concluso
l'esame degli articoli del disegno di legge n. 1385 e degli emendamenti
ad essi riferiti.
Passiamo alla votazione finale.
FERRARA Mario (GAL (GS, LA-nS, MpA, NPSI, PpI)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FERRARA Mario (GAL (GS, LA-nS, MpA, NPSI, PpI)).
Signora Presidente, ricordo che alla Camera c'era un collega che si
chiamava Guerra (credo che fosse di Rifondazione Comunista): cercavano
di non fargli fare mai le dichiarazioni di voto, perché sarebbero state
delle "dichiarazioni di Guerra". Nel mio caso non è proprio una cosa del
genere, ma diciamo che non è un "assiemarmi" alla maggior parte dei
colleghi di questo ramo del Parlamento.
Mi scuseranno loro se comincio con una citazione
che riguarda un filosofo, Richard Rorty, il quale, nel suo trattato
sulle «Conseguenze del pragmatismo» del 1982, propose tre
caratterizzazioni del termine «pragmatismo». (Brusio).
PRESIDENTE. Senatore Ferrara, siccome è
importante che la si possa ascoltare, chiedo per favore alle persone in
Aula di abbassare la voce.
FERRARA Mario (GAL (GS, LA-nS, MpA, NPSI, PpI)).
A suo dire infatti il termine «pragmatismo» è vago, ambiguo e trito.
Non so come abbiano fatto questa traduzione dell'aggettivo «trito»
dall'inglese; stimo moltissimo il traduttore in questo caso. Fra le
altre cose, stimo così tanto Rorty che non cercherò di discettare sulle
tre caratterizzazioni, ma sintetizzo che il suo tentativo è stato quello
di limitare l'abuso che del termine «pragmatismo» si faceva e forse si
continua a fare. Talché si tende a definire come tale non già l'azione
tesa ad un mutamento della realtà con un'attività diversa dalla semplice
speculazione (cosa che è il vero pragmatismo), ma si tende a definire
pragmatismo anche quell'attività che tende al mutamento della realtà
sulla base della sola opportunità; e, nel peggiore dei casi, non
soltanto sulla base dell'opportunità, ma sulla base della convenienza.
Sfruttare la sola opportunità può evidentemente
diventare opportunismo, e quindi il pragmatismo diventare esso stesso
opportunismo.
È necessario ricordare che la teorizzazione del
pragmatismo nasce in America alla fine del XIX secolo e si rafforza nel
XX, in contrapposizione con il radicalismo compartimentale e i
convincimenti sociologici ai limiti del religioso e straripanti nella
superstizione. In Europa la più chiara trasposizione in politica
dell'azione pragmatica è rappresentata da Bismarck, con il suo cinico
affermare che la politica è l'arte del possibile.
Perché ho fatto questa premessa? Perché ho
bisogno di dire a me stesso, ai miei colleghi e all'Assemblea tutta il
perché non intendo votare questo disegno di legge. Non intendo votarlo
perché, pur comprendendo le buone ragioni di chi insiste nel dover
essere pragmatico, voglio riaffermare che una legge va votata quando
essa risponde ai canoni e ai requisiti coerenti con i convincimenti di
chi la deve votare. Ora, non intendo commisurare il giudizio di bontà su
questo disegno di legge alle sole opportunità e alle sole necessità,
perché un'inesatta valutazione di questi requisiti potrebbe in seguito
farmi giudicare come un falso pragmatico. Rispetto chi è convinto che i
requisiti sussistono, ma non lo condivido. Non voglio correre il rischio
di essere giudicato un falso pragmatico, cioè un opportunista; mi
affido molto di più ad un afflato ideale.
La legge elettorale è seconda alla sola legge
costituzionale, secondo me, perché della legge costituzionale alimenta
la linfa, quindi è quanto di più slegato dall'opportunità e dalla
necessità. La legge elettorale non può essere un'opera di mediazione,
perché essa non è la soluzione, ma è un principio, e sui principi non si
può mediare. Essa è, quindi, la legge principalmente etica, se di etica
politica si può parlare. È molto più importante della legge
costituzionale perché essa dà la vita all'assetto costituzionale, e
quindi è necessariamente e obbligatoriamente slegata nel giudizio dalla
appartenenza politica di chi la sceglie. Essa è così importante che non
può che non essere slegata anche dalla lealtà di appartenenza.
Una legge elettorale in un Paese avanzato deve
garantire la trasparenza, la conoscenza, la scelta, la parità: il
provvedimento che ci apprestiamo a votare, secondo me, non lo fa. (Applausi dal Gruppo LN-Aut e del senatore Di Biagio).
Non lo fa perché la differenza tra capilista e altri candidati,
l'influenza determinata dalla capacità di comunicazione dei candidati
oggetto di voto di preferenza (cioè dalla capacità di rete o dalla
capacità economica differente per i singoli eligendi),
l'estensione del campo di scelta (cioè le dimensioni del collegio), la
disparità dell'offerta dei rappresentanti costituiscono tutti vincoli e
limiti spropositatamente negativi.
Certo, come in economia non esiste un mercato
perfetto, non esiste parimenti una legge elettorale perfetta, ma questa
che ci apprestiamo ad approvare non ha proprio alcuna intenzione di
esserlo; anzi, si proietta nell'opposta direzione della assoluta
imperfezione. (Applausi del senatore Candiani).
TOSATO (LN-Aut). Bravo!
FERRARA Mario (GAL (GS, LA-nS, MpA, NPSI, PpI)).
Dove si vota con le preferenze, come si fa in alcuni Paesi, lo si fa
regolando la capacità di comunicazione. Ad esempio in Belgio, come
dicevo l'altro giorno in Aula, non si possono dare facsimili o non si
possono fare cene elettorali se non alla presenza del candidato. Laddove
si vota con il voto di preferenza l'espressione va regolata: questa
legge non lo fa.
Questo disegno di legge, pur sottacendolo, cerca
ogni tanto di lasciar trasparire che si adotta un sistema uninominale
perché, votandosi i capilista, si vota per l'elezione sicura dei
capilista (laddove si raggiunge una percentuale), quindi quel collegio
ha un rappresentante. Ma nelle leggi che scelgono il metodo uninominale
si elegge Tizio o si elegge Caio; in questo caso, invece, si eleggono
Tizio, Caio, Filano e Martino. Quindi, non è neanche una legge
uninominale, ma non è nemmeno una legge proporzionale perché
l'espressione del voto viene ad essere annullata dal fatto che il
capolista è comunque eletto; è l'una e l'altra, e quindi finisce per
essere né l'una né l'altra.
Se si fa una legge dove si mette insieme tutto
non si regola la vita democratica ma, complicandola, si condanna la
democrazia a un malfunzionamento, la si squilibra. Infatti, che
significato ha votare un Parlamento ed assicurare la maggioranza di
Governo? Non accade da nessuna parte al mondo; accade in Italia per i
consigli comunali e regionali, ma non mi pare che questi siano esempi di
controllo e di indirizzo.
I Parlamenti nascono e vivono per limitare i
poteri, prima il potere del sovrano, oggi il potere del Governo. Non si
può pensare a un Parlamento che, legato alle elezioni del Premier, finisce per non essere potenzialmente strumento di controllo e di indirizzo di quel Premier.
Non si può subordinare la volontà e la continuità del mandato popolare
alla logica della velocità di decisione, perché la velocità di
decisione, presto e male, diventa - e la storia ce l'ha insegnato -
decisionismo, se non peggio.
Non esiste al mondo - parlo di quella parte
definita socialmente avanzata, dei Paesi sviluppati, industrializzati,
dei Paesi del G8 - nessuna legge di questo tipo, e mi sembra deprimente
volerla consigliare a Paesi che sono esempio di democrazia, di sviluppo
sociale, di buon Governo e di progresso.
Quanto detto non vuol dire che io non capisca le
buone ragioni di chi voterà a favore, e ringrazio i colleghi del Gruppo
che mi hanno dato la possibilità di rappresentare il mio convincimento
(che è quello di chi voterà contro, più che il loro convincimento); il
problema è che queste ragioni non le condivido fino in fondo. Il
problema è, come disse Pertini in quest'Aula nel 1953, che il Governo ha
accelerato i tempi senza che questa legge dia pane ai disoccupati,
renda più eque le pensioni o riguardi le riforme di struttura che la
Costituzione ancora ci impone.
Il problema è che mi onoro di pensarla come il
siciliano Paratore che, non sopportando il clima di sfida del Governo in
quei giorni, si dimise da Presidente di quest'Aula nel 1953, sostituito
poi da Ruini, come raccontano le cronache di quegli anni.
Ho già votato una legge elettorale
perché opportuna e possibile e per otto anni, nelle due seguenti
consultazioni elettorali, ne ho subito le critiche e ne ho portato la
colpa. Questa legge non cambia un granché; anzi, in quella c'era la
chiarezza dell'abuso, in questa, la mistificazione dell'identico
obiettivo.
Mi si può dire che il mio voto è
ininfluente e quindi perché insistere nel dissentire. Credo invece che
occorra approfittare, perché liberi di votare si è così ancora più
liberi di essere romanticamente politici, più soggetti all'ideale che
alla realtà, lasciandosi travolgere dall'afflato e non dal pragmatismo. E
non appaia presunzione, magari irresponsabilità, perché il richiamo che
segue può apparire come pretesa di giudicare il mio operato o quello di
altri a cui certo non sono degno di essere simile, ma gli uomini
portatori di ideali hanno cambiato il mondo, i romantici e il
romanticismo hanno fatto l'Italia, la tempra e lo spirito degli uomini
della Resistenza l'hanno rifatta nel dopoguerra. L'Italia che questa
legge prospetta non è la mia utopia.
Certo, non sono totalmente sicuro dei miei
convincimenti, delle mie ragioni, forse me ne sono pure innamorato
troppo, ma per questo e per quanto ne cerchi di migliori non ne trovo e,
non trovandone, non voterò questa legge. (Applausi dal Gruppo GAL (GS, LA-nS, MpA, NPSI, PpI)).
MARAN (SCpI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARAN (SCpI). Signora Presidente,
colleghi, oggi termina una discussione che va avanti in Aula identica
ogni giorno dal 7 gennaio. Sicuramente, signor Sottosegretario, lei
ricorderà «Il Giorno della marmotta» («Groundhog Day»): è una commedia
del 1993, interpretata da Bill Murray. Nel film il protagonsita, un
meteorologo inviato come reporter al Giorno della marmotta, si trova intrappolato in un loop
temporale che lo costringe a rivivere continuamente la stessa giornata.
Ogni mattina, alle 6 in punto, viene svegliato dalla radio che
trasmette sempre lo stesso brano musicale e da allora la giornata
trascorre inesorabilmente allo stesso modo della precedente, gli eventi
si ripetono esattamente uguali ogni giorno.
Anche la discussione sulla legge elettorale è
intrappolata in una specie di circolo temporale e si ripete esattamente
uguale ogni giorno dalla fine della prima Repubblica, che cominciò
proprio da un referendum contro le preferenze. Le preferenze sono state bocciate dagli italiani con due referendum,
nel 1991 e nel 1993 e con maggioranze travolgenti, rispettivamente del
96 e dell'83 per cento. Allora erano considerate, anche da Bersani, un
veicolo di dilatazione dei costi della politica, di raccolta clientelare
del consenso, di fenomeni corruttivi, di frazionamento dei partiti, di
instabilità dei Governi. Oggi sono considerate dalla minoranza del PD la
quintessenza della democrazia, anche se nelle elezioni in cui sono
previste sono utilizzate da meno di due elettori su 10 al Nord e da sei
su 10 al Sud, un dato su cui ognuno può trarre le sue conclusioni. Resta
il fatto che, il 18 aprile del 1993, 11.662 milioni di elettori su 14
milioni votarono a favore del referendum per abrogare
significative parti della legge elettorale del Senato e consentire che
in questo modo, grazie alla normativa di risulta, la vecchia legge
proporzionale potesse trasformarsi in una legge in grado di introdurre e
dare vita ad un sistema elettorale prevalentemente maggioritario. In
quel giorno, gli italiani hanno deciso che la governabilità doveva
prevalere rispetto alla rappresentatività e soprattutto che il loro voto
doveva contare di più, perché oltre a quello sulla rappresentanza
parlamentare ci doveva essere quello a favore dell'investitura del
Governo, come da tempo avviene nelle grandi democrazie occidentali.
Certo, quel voto referendario di ventidue anni
fa non poteva scegliere un preciso sistema elettorale, ma ha indicato
chiaramente una filosofia del voto precisa, che consegna agli elettori
la libertà di scegliere una maggioranza ed un Governo.
Da allora, l'Italia non ha completato la sua
transizione istituzionale; da allora, la competizione bipolare è stata
costantemente ipotecata dalla persistenza del precedente sistema
istituzionale e da una struttura incoerente e frammentata delle due
principali coalizioni, perché una parte del sistema politico non ha mai
accettato il sistema bipolare e, nella migliore delle ipotesi, ha
cercato di piegare la situazione alle vecchie logiche proporzionaliste:
lo strappo della minoranza del PD sull'Italicum, le accuse di
autoritarismo rivolte a Renzi, la nostalgia della collegialità
oligarchica la dicono lunghissima sulla concezione della politica del
partito che divide il leader del PD dai suoi oppositori, interni ed esterni.
Certo in molti prendono atto che non è possibile
praticare la vecchia forma della partecipazione alla politica, ma
continuano a ritenere che quella forma della partecipazione alla
politica e quel sistema politico siano i migliori e dunque cercano di
avvicinarsi a quel modello e di salvare più elementi possibili di quella
esperienza, ma questo atteggiamento nasce da una visione statica e
conservatrice.
Ci sono tanti sistemi elettorali nel mondo, ogni
Paese ha il suo: si pensi alla Francia del doppio turno, alla Gran
Bretagna dell'uninominale, alla Germania della clausola di sbarramento,
alla Spagna dei collegi provinciali ristretti; Spagna, Germania,
Austria, Olanda e Portogallo hanno le liste bloccate, in Francia ed in
Inghilterra i candidati nei collegi uninominali sono scelti dai partiti,
l'istituto delle primarie è pressoché sconosciuto. Anche l'Italia ha
diritto ad avere un suo sistema elettorale e la soluzione proposta va
valutata in relazione agli obiettivi che ci si prefigge.
Dopo la sentenza n. 1 del 2014 della Corte
costituzionale, l'andazzo è quello di accusare tutto ciò che non si
condivide di incostituzionalità, ma quella sentenza ha solo chiesto una
soglia minima per il premio e che le liste bloccate non siano lunghe. Si
possono ovviamente prospettare altre conseguenze, ma sono ricostruzioni
personali che non stanno dentro la sentenza. Continuo a pensare che
l'obiettivo di un sistema bipolare sia l'unico in grado di dare vita ad
un Governo legittimato dal corpo elettorale, evitando l'ingovernabilità o
il ricorso a grandi coalizioni non omogenee in modo permanente.
Alla luce di questo obiettivo, noi giudichiamo
positivo, nel complesso, il testo in discussione, che prevede
l'assegnazione di un premio di maggioranza fin dal primo turno e
l'eventuale ballottaggio a livello nazionale nel caso di mancato
conseguimento del premio. È appena il caso di osservare che il paladino
della sinistra di casa nostra ha vinto in Grecia con un premio di
maggioranza che quella stessa sinistra nega come legittimo: con il 36
per cento.
Nel corso della discussione abbiamo evidenziato
alcuni punti critici che hanno trovato un aggiustamento soddisfacente.
La riforma non sarà l'ideale - ovviamente ognuno di noi ha in testa il
suo sistema elettorale, come ciascuno di noi ha in testa la propria
formazione della nazionale - ma certamente è meglio del sistema
attualmente in vigore e di quello che lo ha preceduto. Perché allora
fare delle preferenze - uno strumento che, come sappiamo, ha tanti
limiti - una questione di principio, ignorando il fatto che il testo in
esame ha introdotto un meccanismo flessibile, che combina in misura
variabile voto bloccato e voto di preferenza? Circa la metà dei
candidati saranno eletti con il voto bloccato e la metà con il voto di
preferenza. Il passo avanti è notevole; chiedere di più vuol dire solo
che si vuole far saltare la riforma o che si vuole usare la riforma per
far saltare il Premier. Ma forse il danno principale di questo
modo di far politica è proprio nel costringere il dibattito su questioni
marginali, facendo perdere di vista ciò che davvero conta. Quel che
conta davvero è che la riforma elettorale garantisce quella
governabilità decisiva per le riforme e quindi per il rilancio
dell'economia, attribuisce all'elettore la scelta su chi governa,
semplifica il sistema dei partiti, toglie alibi ai Governi sui risultati
del proprio operato. Quel che davvero conta è che il sistema elettorale
sia finalizzato a favorire il formarsi di una maggioranza e di un
Governo, scelto e legittimato attraverso il voto degli elettori.
Certo, non c'è nella proposta in discussione
l'elezione diretta, che richiederebbe una revisione costituzionale, ma
con il ballottaggio tra le due liste, il leader è destinato ad
avere una legittimazione diretta da parte del corpo elettorale. Il
sistema a doppio turno consente, infatti, all'elettore di scegliere
direttamente chi è legittimato a governare. Compito dei sistemi
elettorali in un sistema parlamentare non è solo quello di
rappresentare, ma anche quello di esprimere un Governo.
In sostanza la questione è ancora quella che era alla base del referendum
del 1993: sono i partiti o i cittadini a scegliere il Governo? E questo
risponde ai partiti o ai cittadini? Siamo sempre lì, costretti da
allora a rivivere continuamente la stessa giornata.
È ora di uscirne. Ma per uscire dall'incantesimo
e portare il Paese verso una democrazia dell'alternanza e combattere la
frammentazione, dobbiamo superare quella contrapposizione frontale che
ha lacerato gli ultimi vent'anni di storia nazionale.
Ha ragione Renzi quando dice: faccio l'accordo
con Berlusconi per non essere costretto a governare con lui per sempre, a
fare le larghe intese permanenti o gli inciuci. Diciamoci la verità. Il
vero obiettivo di molti degli oppositori della riforma e della
minoranza del PD non sono tanto i capilista bloccati, ma il patto del
Nazareno. L'esito della convergenza potrebbe, infatti, determinare
finalmente un cambiamento strutturale della nostra democrazia. Con
l'Italicum si possono creare le condizioni di un bipartitismo, con
Governi non più prigionieri di coalizioni frammentate e litigiose. Con
il superamento del bicameralismo perfetto, si possono creare condizioni
di Governi più stabili.
Certo, saranno necessari altri provvedimenti per
sostenere questi cambiamenti. Quello della modifica dei Regolamenti
parlamentari, di cui ha parlato la senatrice Lanzillotta, è un cantiere
da aprire al più presto. Non occorre, però, scomodare Weber o Schumpeter
per capire le implicazioni della competizione. Ne ha parlato uno
studioso attento come Sergio Fabbrini. In un mercato competitivo, le
imprese che crescono sono quelle guidate da imprenditori che sanno
inventare nuovi prodotti e sperimentare nuove tecniche. In una
democrazia competitiva, i partiti che governano sono quelli guidati da leader
che propongono programmi di Governo convincenti e credibili. In
entrambi i casi, chi sbaglia o chi perde, dovrà essere sostituito.
Partiti oligarchici sono inconciliabili con democrazie competitive.
Insomma, se le riforme istituzionali avranno
successo, allora vuol dire che nuove organizzazioni e nuove mentalità
avranno la possibilità di affermarsi anche in Italia. Solo allora
potremo spezzare la maledizione e uscire da questo circuito temporale.
C'è chi paventa il rischio di un eccesso di
predominio della maggioranza, ma in un Paese ricco di bilanciamenti fino
all'immobilismo come l'Italia, non è un rischio credibile. Come
ricordava Giuseppe Dossetti, il bicameralismo, il garantismo eccessivo
della Seconda Parte della Costituzione è nato per eccesso di paura
dell'altro: fu la paura alla base della scelta del sistema proporzionale
nella versione più pura tra tutti i Paesi europei; ma dobbiamo
liberarci dal complesso del tiranno, dobbiamo liberarci dalla paura.
Anche perché oggi lo spartiacque fondamentale della politica italiana
non è quello tra la vecchia sinistra e la vecchia destra. Il vero
discrimine è tra chi è convinto che la strategia migliore per uscire
dalla crisi sia quella concordata con i nostri partner europei -
fatta di riforme strutturali incisive anche per ottenere le politiche
espansive dell'Unione - e chi invece è convinto che proprio questa
strategia sia la rovina del Paese. In altre parole, tra chi vuole
cogliere l'occasione offerta dalla crisi per innescare un processo di
rapido allineamento dell'Italia ai migliori standard europei e
chi pensa che questo progetto sia irrealizzabile, perché l'Italia è
diversa e «in Italia queste cose non sì possono fare». Su questi due
nuovi versanti le forze politiche potranno aggregarsi o separarsi, come
abbiamo visto avvenire in Grecia.
Noi crediamo che l'Italia ce la
possa fare, che nuove organizzazioni e nuove mentalità avranno la
possibilità di affermarsi anche in Italia, che non si debba aver paura.
Annunciamo pertanto il nostro voto favorevole. (Applausi dei Gruppi SCpI e PD).
CALDEROLI (LN-Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALDEROLI (LN-Aut). Signora Presidente,
mi rammarico per le scarse presenze quest'oggi in Aula; ho visto più
persone per dibattiti su mozioni riguardanti piccioni ciechi o altre
questioni del genere. (Applausi dal Gruppo LN-Aut). Davvero, stiamo parlando della legge elettorale e sembra che stiamo affrontando una semplice questione formale.
Voglio comunque rivolgere i più
sinceri complimenti agli amici del Governo, della maggioranza, della
pseudomaggioranza o, meglio, della pseudo-opposizione. Ho usato questi
termini (o, meglio, pseudotermini) perché voglio sia chiaro per tutti, e
soprattutto per chi ci ascolta, che, se Renzi è ancora in vita, lo si
deve a Berlusconi e agli oltre suoi 40 senatori che la settimana scorsa
con il loro voto hanno sostituito i dissidenti del PD.
Così come altrettanto chiaro deve
essere che, se Berlusconi è ritornato politicamente in vita, lo deve a
Renzi e al patto del Nazareno, con buona pace del bipolarismo e del
bipartitismo tanto osannati. (Applausi dal Gruppo LN-Aut).
A me tale soluzione sembra piuttosto ricordare il detto: «Francia o Spagna, purché se magna» (Applausi dal Gruppo LN-Aut); e ha funzionato.
Mi complimento, perché ci avete
messo nove anni a cambiare la legge elettorale e non lo avreste mai
fatto se la Corte costituzionale non avesse deciso, con motivazioni
politiche, di ammazzare il maiale e di farne salami, cotechini e
mortadelle. Alla fine, però, al posto di una grande riforma epocale ci
troviamo di fronte ancora al Porcellum o, meglio, al Porcellinum.
Chiamatelo pure come volete:
Italicum, Espositum, Stronzellum (come volgarmente l'ho visto definire
su un sito); però, comunque lo si voglia chiamare, se lo si legge si
capisce subito che appartiene alla specie dei suini, e quindi del
maiale.
Il 20 dicembre scorso, alle ore 7,25
di mattina, quando avevo cercato di oppormi alla calendarizzazione in
Aula della legge elettorale avevo detto: «Gratta, gratta, spunta la
setola del Porcellum»; e così è stato. Faccio tale affermazione perché
le motivazioni per cui la Corte costituzionale ha dichiarato
incostituzionale la precedente legge elettorale, ovvero
l'irragionevolezza del premio di maggioranza e le liste bloccate,
continuano ad esistere tutte nel Porcellinum.
Quanto all'irragionevolezza del
premio di maggioranza, con la nuova legge elettorale un partito che
andasse al ballottaggio con il 20 per cento dei voti degli aventi
diritto al voto (con questi numeri il PD ha vinto recentemente le
elezioni regionali in Emilia Romagna) e dovesse vincere il ballottaggio,
passerebbe dai 126 deputati che avrebbe preso con il 20 per cento dei
voti a 340, ovvero quasi il triplo; alla faccia della irragionevolezza
del premio di maggioranza! (Applausi dal Gruppo LN-Aut). Quindi,
non un Porcellum, ma un super-Porcellum che fa balzi come un canguro,
grazie al quale approviamo gli emendamenti, e spinto da un motore a
reazione. Solo che qui, tra maiali e canguri, alla fine il Parlamento è
"andato in vacca". (Applausi dal Gruppo LN-Aut).
Per quanto riguarda le liste
bloccate, in questi giorni si è a lungo dibattuto sull'assurdità di
avere ancora 300 deputati nominati su 630 (alcuni, anche colleghi del
PD, hanno gridato allo scandalo), ma ci si è dimenticati di dire che
questa sarebbe la migliore delle ipotesi possibili perché, teoricamente,
se ci fossero sei forze politiche equivalenti al 15 per cento,
eventualità che non si può escludere a priori, tutti i 630 deputati sarebbero nominati, proprio come avveniva nel Porcellum.
Ma c'è di più. Per raggiungere
questo fantastico risultato siete dovuti ricorrere a trucchi, a truffe e
alla circonvenzione di incapace ai danni del Parlamento.
Il primo trucco è stato portare il provvedimento
direttamente in Aula senza relatore, non certo per il numero dei miei
emendamenti, ma perché in Commissione non vi era intesa all'interno del
Partito Democratico e con Forza Italia.
Il secondo è la truffa di un emendamento scritto
dal Governo che trasforma in emendamento il mio ordine del giorno
approvato in Commissione, fatto sottoscrivere da un collega che solo
oggi ha manifestato interesse per la materia elettorale, di cui i
senatori hanno avuto contezza solo nella serata di lunedì 19 e quindi
fuori tempo massimo per poterlo subemendare.
Il terzo è la complicità della Presidenza del
Senato nel dichiarare ammissibile come emendamento un ordine del giorno,
che fra l'altro era il mio approvato in Commissione.
Il quarto è la presa in giro e la circonvenzione
del Senato da parte di una Presidenza, che ha indicato, per l'attività
subemendativa, quattro emendamenti presentati dalla maggioranza e ha
volutamente e colpevolmente taciuto sulla presentazione dell'emendamento
del senatore Stefano Esposito.
Il quinto è la truffa - sventata, mi auguro -
del Governo, che ha tentato di presentare un coordinamento formale che
altro non era che un altro maxiemendamento, per correggere le
sciocchezze che si erano scritte o che ci si era dimenticato di
scrivere.
Caro Governo di ragazzini e ragazzine, prima di governare bisogna imparare a scrivere e voi non lo avete ancora dimostrato. (Applausi dal Gruppo LN-Aut).
Il sesto, e più grave ancora, è la truffa
politica. L'elettorato di centrodestra ha votato nel 2013 il PdL per
mandarlo al Governo o, in alternativa, opporsi strenuamente alla
sinistra, e invece Berlusconi e Alfano prima hanno fatto un po' di petting
con la sinistra ai tempi del Governo Letta, poi c'è stato qualche
litigio, come sempre capita tra gli amanti clandestini, e infine, ora,
con il patto del Nazareno, Berlusconi e Alfano si sono fatti impalmare
dal presidente Renzi. (Applausi dal Gruppo LN-Aut).
Hanno fatto il miracolo di una fecondazione
eterologa assistita dal ministro Boschi, da Verdini e da Lotti, e hanno
messo al mondo, con la benedizione della levatrice Quagliariello (che
non vedo quest'oggi in Aula), una splendida balena bianca con la
maglietta dell'Inter, ovvero con le righe azzurre di Forza Italia e le
righe nere lasciate da Alfano. Manca la striscia rossa sulla balena,
giusto perché ci voleva proprio un segretario del PD come Renzi per
cancellare in un sol colpo, dalla faccia della terra, il PD, i DS, il
PDS, l'Ulivo, il PCI e la storia di tutta la sinistra italiana. (Applausi dal Gruppo LN-Aut).
Il Nazareno, quello vero, disse: «Lazzaro,
alzati e cammina!». Il nuovo triumvirato Renzi, Berlusconi e Alfano, non
riuscendo, pur avendovi tentato con slogan e slides, a
moltiplicare pani e pesci, come rimedio curioso ed improbabile alla
crisi, hanno pensato bene di resuscitare la defunta Democrazia
Cristiana, e lo zombie si è alzato e si è messo a camminare. Fermate lo zombie finché siete in tempo!
Prima di completare questo disastro, voglio fare
un ultimo appello a voi e al presidente Grasso, ora facente funzioni di
Presidente della Repubblica: prima di eleggere di nuovo un Presidente
della Repubblica delegittimato, perché eletto ancora una volta da un
Parlamento illegittimo, torniamo al voto e facciamolo subito. (Applausi dal Gruppo LN-Aut).
Napolitano ci ha offerto una grande occasione
con le sue dimissioni per ritornare, con il voto del popolo, in un
ambito di democrazia e di costituzionalità. II mio ordine del giorno,
approvato da quest'Aula, ha fatto affermare al Parlamento, oltre che
alla Consulta, che una legge elettorale oggi c'è, esiste, ed è il
Consultellum, ovvero un sistema proporzionale puro con le preferenze. Il
presidente Grasso è pienamente titolato a sciogliere le Camere, dopo
averne uditi i Presidenti. Cogliamo l'occasione al volo e torniamo al
voto.
Questo Parlamento, figlio di una legge
elettorale illegittima, non può, per la seconda volta e, soprattutto
dopo che la Corte costituzionale si è pronunciata (quando abbiamo
rieletto Napolitano la sentenza della Corte ancora non c'era), andare ad
eleggere un nuovo Presidente che sarebbe a sua volta illegittimo, così
come illegittimi sarebbero gli atti che andrebbe a firmare e gli organi
che andrebbe a nominare. Resettiamo tutto il sistema, facciamo eleggere
al popolo un Parlamento legittimo. Il nuovo Parlamento eleggerà un nuovo
Presidente della Repubblica, secondo i dettami della Costituzione; farà
la riforma costituzionale e quella elettorale. Poi si tornerà al voto,
anche con questa legge, se lo vorrete, non ci fa paura.
Oramai Renzi la soglia del 40 per cento al primo
turno se la può sognare. Salvini ha da tempo messo la freccia a
sinistra e sta sorpassando Forza Italia; poi toccherà agli amici del
Movimento 5 Stelle e al ballottaggio andranno probabilmente i due
Matteo.
La vittoria di Renzi al ballottaggio sembrerebbe
oggi scontata ma, dopo le legnate che gli arriveranno dall'economia e
dall'Europa dopo che gli italiani si renderanno conto che i suoi slogan e le slides sono solo una presa per i fondelli, dopo che la troika, presa a pedate da Tsipras, attraverserà il mare nostrum per venire a casa nostra a soffiare sul collo di Renzi e di Padoan, io quel ballottaggio non lo vedo assolutamente scontato.
La gente, quella per bene e senza fette di
salame sugli occhi, saprà quale Matteo scegliere e voterà il nostro che,
diversamente dall'altro, forse non camminerà sulle acque, ma non
venderebbe l'Italia per 30 denari o, peggio, per 30 euro, come si sta
facendo, ad esempio, ora con le banche popolari. (Applausi dal Gruppo LN-Aut).
Concludendo - mi spiace che il Presidente del
Consiglio non sia qui, ma glielo riferirà il ministro Boschi - voglio
dire: «Stai sereno, Matteo», quello sbagliato: nel 2009 il Pasòk in
Grecia prese il 43 per cento dei voti, che è di più di quello che tu hai
preso nel 2013 alle europee. Oggi i socialisti in Grecia hanno preso il
5 per cento e tu farai la stessa fine. (Applausi dal Gruppo LN-Aut. Congratulazioni).
Saluto ad un gruppo di cittadini dell'isola di Marettimo
PRESIDENTE. Salutiamo un gruppo di cittadini dell'isola di Marettimo, che assistono ai nostri lavori: benvenuti al Senato.(Applausi).
ZELLER (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZELLER (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE).
Signora Presidente, onorevoli colleghi, la riforma elettorale che il
Senato si accinge a varare oggi, in seconda lettura, sicuramente non è
una legge perfetta, ma rappresenta comunque un netto miglioramento del
sistema elettorale applicato nell'ultimo decennio.
In seguito alla sentenza della Corte
costituzionale, nella quale viene dichiarata l'illegittimità del
Porcellum, il Parlamento ha finalmente esercitato le proprie
prerogative, superando così anche il cosiddetto Consultellum.
Il Gruppo Per le Autonomie-PSI-MAIE si trova
d'accordo con l'impianto complessivo della legge e ritiene importante
l'obiettivo primario che si pone questa riforma, ossia quello di
assicurare una governabilità certa, il giorno dopo le elezioni, tramite
l'assegnazione di un premio di maggioranza alla lista che, al primo
turno, supera il 40 per cento dei voti o che vince al ballottaggio.
Salutiamo con favore anche le modifiche
apportate dall'Aula del Senato relative alle soglie di sbarramento,
ossia l'aver aumentato la soglia dal 37 al 40 per cento, per
aggiudicarsi il premio di maggioranza, nonché l'aver abbassato la soglia
di sbarramento dall'8 al 3 per cento, per essere eletti alla Camera dei
deputati, per garantire una maggiore rappresentatività.
Condividiamo, tuttavia, la preoccupazione
espressa da più parti in relazione al ballottaggio. Invero, nel caso del
secondo turno, è possibile che il 55 per cento dei seggi venga
assegnato ad una lista che ha ottenuto una percentuale di voti
relativamente bassa, vale a dire ad una lista che si aggiudica sì il
ballottaggio, ma che al primo turno ha raggiunto, per esempio, solo il
30 per cento dei voti.
Un'ulteriore criticità riguarda il capolista
eletto senza preferenze. Con questo sistema solo la lista vincente avrà
degli eletti con le preferenze, mentre i partiti di opposizione avranno
praticamente solo parlamentari nominati.
Avremmo preferito, inoltre, la previsione della
possibilità di formare coalizioni almeno in caso di ballottaggio, ma ci
rendiamo conto che il sistema prescelto dalla maggioranza favorisce la
governabilità.
Assai positivo è, invece, il sistema che varrà
nelle Regioni speciali Trentino- Alto Adige/Sudtirol e Valle d'Aosta
dove torneranno, per l'elezione della Camera dei deputati, i collegi
uninominali così suddivisi: quattro a Trento, quattro in Alto
Adige/Sudtirol e uno in Valle d'Aosta.
Siamo riusciti a confermare pertanto, nel corso
dell'esame qui al Senato, la norma già inserita alla Camera per il
Trentino-Alto Adige ed a garantire all'interno di questa riforma
elettorale un'adeguata rappresentanza dei tre gruppi linguistici della
Provincia autonoma di Bolzano. Diversamente da quanto avviene nel resto
del Paese, il Trentino-Alto Adige/Sudtirol e la Valle D'Aosta potranno
nuovamente contare sul sistema elettorale che era previsto fino alle
elezioni politiche del 2006 e che ha sempre funzionato bene. Riteniamo
infatti che i collegi uninominali siano un sistema semplice e
trasparente, che rispetta la volontà degli elettori.
In questo modo, però, si rispetta
anche lo spirito del pacchetto, i cosiddetti accordi tra l'Austria e la
Repubblica italiana, che alla misura 111 richiede di designare i collegi
in modo tale da favorire una rappresentanza adeguata dei gruppi
linguistici insediati sul nostro territorio. Poiché la riforma
costituzionale attualmente all'esame della Camera non contempla più un
Senato elettivo, riteniamo giusto prevedere tale garanzia per l'elezione
della Camera dei deputati. Diversamente, data la grande frantumazione
dei partiti «italiani», nel collegio plurinominale della Provincia
autonoma di Bolzano sarebbero stati eletti unicamente i rappresentanti
dei gruppi linguistici tedeschi e ladini, lasciando il gruppo
linguistico italiano, che rappresenta circa un quarto della popolazione
locale, senza un proprio rappresentante.
Oltre agli otto seggi nei collegi
uninominali, ne saranno assegnati ulteriori tre con la lista bloccata,
due dei quali andranno alla lista vincente a livello nazionale, mentre
il restante andrà al miglior perdente. Contrariamente però a quanto
sostenuto in quest'Aula da alcuni colleghi, nel conteggio dei 340 seggi
spettanti alla lista vincente, si dovrà evidentemente tener conto dei
seggi assegnati alla medesima lista sia nei collegi uninominali della
nostra Regione sia nei due seggi assegnati... (Brusio).
PRESIDENTE. Vi prego di abbassare la voce, colleghi: è veramente difficile seguire chi sta parlando.
ZELLER (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE).
Non c'è problema, signora Presidente; vengo dalla Camera, dove il
brusìo era sempre maggiore rispetto a qui, quindi non mi disturba
affatto.
PRESIDENTE. Va bene, ma è un atto di correttezza.
ZELLER (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE).
Si dovrà tener conto di questi due seggi assegnati alla medesima lista
sia nei collegi uninominali sia nei due seggi assegnati a livello
circoscrizionale. Non esiste quindi l'assegnazione di un doppio premio
di maggioranza, com'è stato sostenuto nella discussione qua in occasione
del voto degli emendamenti.
Purtroppo, devo dire, non siamo
riusciti a migliorare la situazione per la minoranza slovena e quindi ad
abbassare la soglia del 20 per cento per i partiti rappresentativi
delle minoranze linguistiche, che resta dunque invariata. Mentre per le
minoranze linguistiche tedesca e ladina della Provincia autonoma di
Bolzano il problema viene in un certo modo risolto con l'introduzione
dei collegi uninominali, per la minoranza linguistica slovena resta
praticamente impossibile aggiudicarsi un seggio in Parlamento, anche
perché il nostro emendamento, che prevedeva la soglia non a livello
regionale, ma di collegio, non è stato approvato. Tuttavia, è stato
quantomeno introdotto il principio secondo il quale nella formazione di
uno dei collegi plurinominali della Regione Friuli-Venezia Giulia si
dovrà tener conto del territorio in cui risiedono le minoranze slovene.
Concludo il mio intervento
ringraziando il ministro Boschi ed il sottosegretario Pizzetti per la
grande sensibilità dimostrata nei nostri confronti ed annuncio il voto
favorevole del Gruppo per le Autonomie MAIE-PSI. (Applausi dal Gruppo Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE).
DE PETRIS (Misto-SEL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Misto-SEL). Signora
Presidente, colleghi, i senatori di Sinistra Ecologia e Libertà e del
Gruppo Misto voteranno fieramente contro questa legge elettorale, nel
merito e per l'iter che è stato imposto con arroganza e in aperta
violazione all'ultimo comma dell'articolo 72 della Costituzione, che
prescrive espressamente che la legge elettorale sia approvata con
procedura normale. È esattamente il contrario di quello che è accaduto,
ad esempio, con i trucchi e i trucchetti di un emendamento che, pur non
avendo alcuna reale portata normativa, una Presidenza asservita ai diktat
della maggioranza e del Governo ha reso ammissibile e che certo ha
avuto la funzione, oltre che di far decadere 36.000 emendamenti e di
impedire alle opposizioni di subemendarlo, di sancire la nascita, anche
in quest'Aula, della nuova maggioranza di Partito Democratico e Forza
Italia. Non è un rilievo puramente formale perché in democrazia e,
soprattutto, quando si tratta di legge elettorale, le procedure sono
sostanza.
E veniamo al merito: lo abbiamo definito «Porcellum 2, la vendetta». Non è uno slogan;
è esattamente così il vostro Italicum. Il Parlamento ha dovuto
aspettare la sentenza della Consulta per intervenire. A nulla è valsa la
spinta dei cittadini: 1.200.000 firme che sottoscrissero il nostro referendum per l'abrogazione del Porcellum, con la richiesta di poter finalmente tornare a contare nella scelta dei propri rappresentanti.
Era un ultimo atto di speranza da parte dei
cittadini e, anzi, nonostante i principi costituzionali cui ci ha
richiamato la Consulta (che afferma testualmente, senatore Maran, che
gli obiettivi della stabilità della maggioranza parlamentare, pur
legittimamente perseguiti, non possono in nessun caso, determinare «una
compressione della funzione rappresentativa dell'Assemblea, nonché
dell'eguale diritto di voto, eccessiva e tale da produrre un'alterazione
profonda della composizione della rappresentanza democratica, sulla
quale si fonda l'intera architettura dell'ordinamento costituzionale»),
avete invece continuato su questa stessa strada, in violazione
dell'articolo 1 della nostra Costituzione sulla sovranità popolare,
dell'articolo 3 sul principio d'uguaglianza, dell'articolo 48 sulla
libertà e uguaglianza del voto. Anzi, ne avete accentuato la portata con
l'abbinamento alle riforme costituzionali in corso.
Alla crisi di fiducia dei cittadini nelle
istituzioni parlamentari e, quindi, nella stessa democrazia
rappresentativa, al crollo verticale della partecipazione al voto, alle
tendenze plebiscitarie che stanno intaccando profondamente anche il
nostro sistema e alla perdita di potere dei Parlamenti nazionali a
favore di decisori non solo soprannazionali ma di un'oligarchia
tecnico-economico sarebbe stato necessario rispondere con più
democrazia, più potere dei cittadini, unico strumento per rianimare il
nostro sistema democratico; e, invece, si sceglie la strada opposta. Lo
abbiamo ripetuto invano durante la discussione delle riforme
costituzionali.
Nella discussione complessa e anche nei tanti
nostri emendamenti, abbiamo forse ingenuamente pensato che davvero per
rispondere alla crisi della democrazia rappresentativa bisognasse
mettere mano e ampliare tutti gli strumenti della partecipazione e
rianimare il nostro sistema democratico. Al distacco dalla politica
avete preferito rispondere svincolando il potere sempre più dal consenso
della maggioranza. Anzi, il Governo diventa espressione di una sempre
più ridotta minoranza, un Governo senza popolo. Alle necessità di
mediazione della democrazia rappresentativa, che è fatta sì anche di
lentezza, si contrappone la velocità e il nuovo come valori in sé
post-politici. E così ci si avvia al superamento nei fatti della
democrazia parlamentare. D'altronde, le prove le avete fatte sia prima
nella discussione sulla riforma costituzionale che nei modi in cui si
sono svolti la discussione e l'iter della legge elettorale. Ci si
sta avviando nei fatti verso un modello riconducibile alla democrazia
di investitura, in cui al popolo è lasciata solo la possibilità di
investire in un Premier, in un leader. Quindi, ci si avvia
a un processo di verticalizzazione sempre più forte, di rafforzamento
verso l'Esecutivo, a una sorta di premierato forte.
Questo non si produce attraverso delle modifiche
costituzionali, che ci avrebbero dato la possibilità, come avviene
sempre quando si passa ad un'elezione diretta, di introdurre pesi e
contrappesi. Avviene surrettiziamente, attraverso legge ordinaria;
attraverso la semplice legge elettorale quando ancora una volta si forza
verso l'indicazione del capo della forza politica e del Premier,
e ancora di più con il ballottaggio. Così, il sindaco d'Italia, tramite
il premio di maggioranza (la cui irragionevolezza, come ci ha indicato
la Consulta, si produrrà comunque attraverso il ballottaggio), diventerà
in modo surrettizio appunto il Premier indicato direttamente.
D'altronde, nello stesso dibattito di questi
giorni e anche adesso nelle dichiarazioni di voto, Presidente,
echeggiava questo: un confronto tra leader nel ballottaggio; un
ballottaggio che, da questo punto di vista, produrrà dei risultati
paradossali. Ne abbiamo citati alcuni (facciamo sempre gli stessi
esempi), ma questo è il punto. Nonostante si sia alzata la soglia al 40
per cento, il premio di maggioranza sarà comunque assegnato, perché con
il ballottaggio questa forza del premio potrebbe essere ulteriormente
moltiplicata. Potrebbero andare al ballottaggio una forza che ha preso
il 38 per cento dei voti e l'altra che ha preso il 20. Si potrà produrre
il risultato che la forza che ha ottenuto il 20 per cento vince il
ballottaggio. Pertanto, il numero di seggi assegnati con il premio di
maggioranza sarebbe addirittura due volte maggiore di quello conseguito
con la scelta diretta dei cittadini.
Si avrà quindi questo tipo di risultato: questo Premier, questo leader
scelto attraverso il ballottaggio avrà un potere enorme, pur essendo
nei fatti di minoranza. Infatti, nel combinato disposto con la riforma
costituzionale, ci troveremo di fronte al fatto che avremo un Senato
composto di nominati e una Camera in cui il partito che ha vinto il
premio di maggioranza, anzi, il leader di quel partito avrà un potere enorme. Pensiamo all'elezione del Presidente della Repubblica e degli organismi di garanzia.
Ancor di più, proprio in questo combinato
disposto con la riforma costituzionale, ci troveremo di fatto di fronte
ad uno svuotamento vero del sistema democratico, della democrazia
parlamentare, così come l'abbiamo conosciuta. Non bisogna aver paura per
formalismi delle parole: nei fatti è così, perché il risultato di
questo Italicum e di quella riforma è questo che di fatto produrrà. Ci
troveremo con un'indicazione, per quanto riguarda gli eletti, da parte
dei cittadini che nei fatti sarà, ancora una volta una conferma delle
liste bloccate. Non è vero che la Consulta ha indicato l'escamotage
delle liste corte per poter superare il problema della non indicazione,
della non scelta da parte dei cittadini. È una scelta che avete fatto
voi. Il risultato oggi è che soltanto il partito che vincerà il premio
di maggioranza potrà avere, oltre ai bloccati, eletti anche con le
preferenze. Tutti gli altri partiti (anche forze di una consistenza non
indifferente, dal 20 per cento giù) avranno solo ed unicamente candidati
bloccati. Non solo, ma con le pluricandidature, il potere anche dei
segretari di partito sarà ancora più forte. Anche nelle scelte di
opzione sarà confermata una scelta tutta verticistica e dall'alto.
D'altronde - l'abbiamo visto quando avete fatto
la scelta di consegnare il Senato, ormai residuale e con pochissime
funzioni, ad una scelta di nominati dal ceto politico - avete preferito
evidentemente cominciare ad avviarvi verso una sorta di superamento
dell'elezione diretta da parte dei cittadini. Questo ha prodotto già i
suoi guasti: pensiamo alla pagina vergognosa che è stata scritta con
l'elezione delle Province. Quindi alla fine avremo una prevalenza e
potremmo addirittura avere i due terzi della Camera, senza contare il
Senato, composta totalmente di nominati.
Per non parlare poi della parità di genere.
Avete tentato di aggiustare il 60 e il 40 per cento, ma il combinato
disposto dei capilista bloccati e della non fissazione di una parità
effettiva di genere produrrà ancora una volta una presenza delle donne
in Parlamento certamente molto lontana dal 50 per cento.
Con questi meccanismi avete distorto il
meccanismo della rappresentanza e il pluralismo è stato ridotto di fatto
a un diritto di tribuna. Ancora una volta, chi ha deciso (il Governo)
di imporre questa legge elettorale è caduto nell'eterno vizio italiano
di scrivere le regole elettorali pensando solo al proprio vantaggio,
calcolato sulla base della situazione attuale, così come registrata dai
sondaggi, che però - lo dico alla ministra Boschi - di settimana in
settimana sono sempre meno favorevoli a Renzi. È un'operazione sempre
scorretta e molto spesso miope. Oggi imponete una legge che alla fine
riduce il pluralismo a poco più di una pura regola formale, regala un
potere quasi assoluto al partito di maggioranza relativa e relega
l'opposizione nei confini angusti del diritto di tribuna. Lo fate perché
i sondaggi vi dicono che oggi il partito del Presidente del Consiglio
otterrebbe quella maggioranza e non pensate che le cose nella politica
odierna cambiano molto rapidamente e che gli elettori sono molto attenti
a chi promette di superare la crisi e produce ancora una situazione
disastrosa, dal punto di vista sociale, per il Paese, per i cittadini e
per i più deboli.
Capita che partiti come il Pasok greco passino
in cinque anni dal 43,9 per cento al 4,68 per cento, presidente
Calderoli (il 5 per cento l'ha preso il KKE). Il vento cambia molto
velocemente nell'Italia e nell'Europa di oggi. Siete abituati, il
Presidente del Consiglio e anche lei, signora Ministra, a frequentare
Forte dei Marmi e Marina di Pietrasanta, e siete abituati al libeccio;
non conoscete o non pensate che possa arrivare il grecale. La legge che
avete cucito oggi come un sarto sulle misure di un partito solo potrebbe
costringere proprio quel partito domani ad accontentarsi del diritto di
tribuna. Ed è quello che noi ci auguriamo e che, probabilmente,
potrebbe accadere molto rapidamente. (Applausi dal Gruppo Misto-SEL e della senatrice De Pin).
*QUAGLIARIELLO (AP (NCD-UDC)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
QUAGLIARIELLO (AP (NCD-UDC)). Signora
Presidente, signora Ministro, onorevoli colleghi, il passaggio della
legge elettorale al Senato in seconda lettura è anche l'occasione per
fare il punto sulla grande riforma che sta occupando i lavori di questa
legislatura. Noi ci troviamo in un momento nel quale su un tavolo (in
questo momento alla Camera) si sta discutendo di riforma del
bicameralismo e di forma dello Stato. I due temi sono connessi perché se
questa riforma andrà per il giusto verso riusciremo a riparare ai
guasti prodotti dalla riforma del Titolo V del 2001, riportando allo
Stato centrale quel che è di competenza dello Stato centrale, senza
d'altra parte cedere a quella moda che vorrebbe ora un'inversione di
tendenza radicale ed assoluta sul regionalismo.
Su un altro tavolo, e cioè in quest'Aula, in
questi giorni abbiamo discusso in realtà di legge elettorale e forma di
Governo, perché una legge elettorale a doppio turno di fatto produce
l'effetto di un'elezione diretta del Presidente del Consiglio e dunque
incide anche sulla forma di Governo.
Come lei sa, signora Presidente, noi avremmo
preferito che la discussione su questi capitoli fondamentali della
nostra architettura istituzionale si compisse in una sede che potesse
garantire una organicità di intervento e che si potesse tenere conto del
disegno complessivo. Riteniamo infatti che forma di Stato, forma di
Governo, bicameralismo e legge elettorale debbano essere capitoli
coerenti nell'ambito di una riconsiderazione della nostra Carta
fondamentale. Così non è stato, e ciò implica da parte nostra la
conferma di due aspetti metodologici che abbiamo sempre avuto presenti,
anche nella discussione di questa riforma.
Innanzi tutto, c'è la necessità di avere una
visione di insieme. Laddove non è possibile una discussione coordinata, è
necessario quantomeno adottare una visuale organica e sapere come le
varie parti dell'insieme interagiscono tra di loro. D'altra parte, tale
necessità deve anche tenere conto di un precetto alla luce del quale
abbiamo inaugurato questa legislatura: la convinzione che le riforme
questa volta dovessero essere fatte insieme e che, dunque, nessuno
avesse la possibilità su nessuno dei capitoli in discussione, di
pretendere di affermare in esclusiva il proprio punto di vista. Alla
luce di questa cornice e di queste convinzioni metodologiche, noi siamo
soddisfatti del lavoro realizzato in quest'Aula.
Rispetto a come la legge ci è arrivata dalla
Camera dei deputati, possiamo dire che oggi l'ipotesi di un nuovo
sistema elettorale abbia cambiato verso.
Io vorrei ricordare e me stesso e a tutti i
colleghi che il testo iniziale, l'Italicum 1, si basava su coalizioni di
fatto obbligatorie e prevedeva tre soglie per renderle tali: il 4,5 per
cento all'interno della coalizione, il 12 per cento per formare
un'altra coalizione, e l'8 per cento nel caso in cui ci si presentasse
da soli. Inoltre, prevedeva la inutilità del secondo turno se si fosse
raggiunta la soglia del 37 per cento. Infine, prevedeva listini corti ma
bloccati, precludendo qualsiasi possibilità di scelta al corpo
elettorale, nonché la casualità per l'assegnazione dei cosiddetti seggi
eccedentari, che sarebbero scattati senza alcuna razionalità e senza
tenere conto di quale fosse la classifica interna ai partiti che
approfittavano dei seggi eccedentari. Ebbene, a fronte di questo
impianto, noi oggi stiamo discutendo di un'altra cosa.
La nuova legge si basa non più su coalizioni
obbligatorie ma sui partiti; prevede una sola soglia del 3 per cento, in
qualche modo equilibrando l'esigenza di governabilità e quella di
rappresentanza; prevede che, per evitare il secondo turno, dal 37 per
cento bisogna passare al 40; introduce le preferenze, salvo che per i
capilista bloccati, e la possibilità di multi candidature fino a 10, che
consentono ai partiti di dare a loro volta agli elettori una maggiore
possibilità di scelta. Infine, mette ordine e razionalità
nell'assegnazione dei cosiddetti seggi eccedentari. Insomma: siamo di
fronte a un altro schema.
Vorrei inoltre ricordare che la
clausola di salvaguardia, che porta la legge a entrare in vigore nel
luglio 2016, è una prova di serietà e anche una scommessa che la
maggioranza, insieme alle forze che appoggiano la riforma, ha fatto con
se stessa: arrivare a chiudere il disegno riformatore per quella data e
quindi mettere in asse la riforma del bicameralismo con la riforma della
legge elettorale.
Signora Presidente, questo vuol dire che la
legge che stiamo approvando è perfetta? Che ci soddisfa pienamente? Le
rispondo francamente: "no". E non potrebbe essere diversamente, se è
vero che le riforme si fanno insieme e che è necessario, con un metodo
empirico, cercare di raggiungere il risultato migliore compiendo a ogni
tornante un passo in avanti. In particolare, ci sono due aspetti che non
ci convincono del tutto. Abbiamo detto che volevamo una legge basata
sui partiti e non sulle coalizioni. Lo confermiamo, ma ci sembra che
questa legge tolga quel minimo di elasticità che invece è necessario
tenere sempre presente, perché quando una legge è troppo rigida
l'ortopedia istituzionale diventa troppo stringente.
Una legge che preveda coalizioni non
obbligatorie, come era nell'Italicum 1 e come è stato di fatto nella
Costituzione materiale della cosiddetta Seconda Repubblica - una legge
insomma che preveda la possibilità di coalizioni volontarie - sarebbe
dunque auspicabile e probabilmente preferibile. Allo stesso modo, sulle
preferenze abbiamo conquistato per l'elettore un diritto di scelta e
vogliamo cercare di ampliarlo, perché certamente ci sono soluzioni
migliori rispetto a quella dei cosiddetti capilista bloccati, che crea
soprattutto una forte differenza tra i grandi e i piccoli partiti dove,
in teoria, l'elettore potrebbe anche trovarsi nella condizione di non
scegliere nulla.
Sono temi sui quali approfondiremo il discorso.
Così come siamo convinti sia necessario approfondire gli aspetti che
possono collegare i due tavoli sui quali si sta discutendo la grande
riforma affinché forma di Stato, forma di Governo, legge elettorale e
bicameralismo possano comporre un disegno coerente. Da questo punto di
vista, riteniamo sia assolutamente necessario prendere in considerazione
una legge di attuazione dell'articolo 49 della Costituzione. Se infatti
è vero che questa legge si basa sui partiti, non possiamo continuare a
consentire che i partiti non abbiano regolamentazione. Sotto questo
aspetto, l'emendamento approvato in quest'Aula, che obbliga alla
consegna dello statuto, va preso come un segnale - che sicuramente può
essere migliorato, tenuto conto che in realtà oltre ai partiti i
protagonisti di questa legge saranno le liste - che non intendiamo
lasciar cadere.
È per questo che ci ripromettiamo di presentare
una legge di attuazione dell'articolo 49, che si occupi anche di una
revisione dei costi della politica. Allo stesso modo un'attenzione
particolare, per creare un collegamento assolutamente necessario, andrà
data ai Regolamenti parlamentari.
Signora Presidente, è proprio questo obbligo di
visione, questa consapevolezza di essere a metà del guado che ci porta,
alla vigilia di una scadenza fondamentale per il nostro Paese, ad
auspicare che al Quirinale possa essere eletta una persona che, nel
pieno rispetto dell'autonomia e del lavoro del Parlamento, non perda
quel filo della riforma che è la vera scommessa di questa legislatura e
possa continuare l'opera che il presidente Napolitano ha così bene
assicurato.
È con questo auspicio, signora Presidente, che voteremo a favore della legge in discussione. (Applausi dai Gruppi AP (NCD-UDC) e LN-Aut).
MORRA (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORRA (M5S). Colleghi, intanto voglio
rimarcare un dato che la dice tutta sulla scarsa rilevanza che
quest'Aula sta attribuendo al dibattito e cioè la scarsissima
partecipazione, anche numerica, dei colleghi al dibattito in Aula. Tutto
questo decenni fa non sarebbe avvenuto, Ministro: una legge elettorale è
una legge che di fatto da sempre precostituisce le gabbie all'interno
delle quali si potrà svolgere in futuro la vita democratica del Paese e
del Parlamento. Immagino che negli anni Cinquanta e Sessanta, ma anche
più recentemente, un dibattito sulla legge elettorale avrebbe di certo
comportato massima attenzione da parte di Zangheri oppure di Pajetta
oppure di Nenni o di tutti quelli che possiamo e dobbiamo ricordare
perché sono stati gli autori di scelte per cui noi oggi ci troviamo qui.
Eppure oggi viviamo il dibattito con grandissima
distrazione e disaffezione. Un senatore raccontava a me e a un amico
del Gruppo che in occasione della discussione della cosiddetta legge
truffa nel 1953 si sfiorò la rissa fisica, si fecero danni ai banchi,
appunto perché si riteneva che la legge dovesse nascere da uno spirito
condiviso e, per quanto quella legge, detta all'epoca «truffa»,
assegnasse un premio di governabilità o di maggioranza solo e soltanto a
chi comunque otteneva la maggioranza assoluta dei voti espressi, oggi
noi andiamo a - probabilmente - approvare una legge che sarà decisamente
molto più truffaldina senza che vi sia, da parte di coloro che si
reputano eredi di un certa tradizione, un minimo sussulto di coscienza e
di orgoglio affinché questo non accada.
Perché tutto questo può avvenire, colleghi?
Perché tutto questo può avvenire, Ministro? Semplicemente perché è
l'idea di democrazia che è cambiata nell'immaginario di molte forze
politiche.
Ora, la democrazia, per quello che noi del
Movimento sosteniamo, non può che essere inclusione, partecipazione e
condivisione e pertanto è un male per tutte le forze politiche, per
quanto si possa magari vincere, nelle stesse competizioni, registrare
tassi di astensionismo così brucianti e così drammatici come quelli che
ormai molti si sono rassegnati a rilevare. Qui c'è gente che è contenta
di vincere, per quanto vinca, con il 37 o con il 42 per cento degli
elettori. Questo non fa altro che allontanare i cittadini dalle
istituzioni e se i cittadini sono distanti dalle istituzioni, se non
vivono con partecipazione le istituzioni, mi dite perché mai lo Stato
deve esistere? Mi dite in che cosa trovi la sua ratio lo sforzo che tutti quanti dobbiamo sostenere per accettare l'autorità dello Stato?
L'autorità dello Stato, infatti, la si riconosce
e la si accetta se allo Stato si riconosce una legittima funzione
sociale. E questa funzione sociale non è più avvertita, perché il nostro
Stato non è più partecipato, perché la legge elettorale non è più
pensata come strumento di rappresentanza, bensì come strumento con cui
l'altro, che è comunque, a priori, un nemico, va semplicemente
ricondotto a più miti consigli. L'altro non lo si ascolta; l'altro non
lo si rende meritevole di attenzione, perché l'altro ti costringe a
ragionare sulla possibilità della diversità. Ma questa è la democrazia.
La democrazia è peitho, ossia
persuasione, pazienza: pazienza con cui si cerca di ottenere ragione
attraverso il convincimento; il convincimento, invece, in queste fasi
parlamentari, è stato ottenuto non con la forza delle argomentazioni, ma
con la forza dell'emendazione.
Ricordo che i primi giorni di agosto, per
evitare un massacro (che comunque il Regolamento prevedeva), e cioè la
discussione, l'illustrazione e la votazione di migliaia di emendamenti
proposti dal Gruppo Misto-SEL, si è concesso che la soglia per accedere
al Parlamento venisse diminuita. Così come, ultimamente, con la
presentazione di oltre 44.000 emendamenti da parte della Lega - e ciò fa
anche pensare che questa presentazione sia stata, forse, forse,
intenzionale - si è ottenuto, anche se con il giochino del famoso
"canguro", reso possibile dall'emendamento Esposito, che comunque i
tempi della discussione fossero ulteriormente armonizzati (per non dire
contingentati), proprio in dispregio del dibattito parlamentare, perché
questo non interessa ad alcuno. Alla fine, si è permesso, proprio alla
Lega e con l'accettazione della stessa Forza Italia, di poter ottenere
ciò che Matteo Renzi voleva da più tempo, e cioè che il premio di
maggioranza non venisse corrisposto alla coalizione, bensì alla lista.
Ora, il collega Calderoli simpaticamente diceva
che Matteo Salvini «ha messo la freccia». Ma io credo che questa freccia
durerà ben poco. Ricordo che questi sono anni in cui la mobilità
elettorale in alcuni Paesi del Sud Europa è particolarmente accentuata.
Prima si ricordava l'incredibile fine del Pasok, ma voglio anche
ricordare l'altrettanto inverosimile accelerazione elettorale di Tsipras
e di Syriza, di cui tutti oggi si scoprono alleati e amici. Questo è
pure divertente, perché è costume italico - e non lo sostengo certamente
io - la propensione a salire sul carro del vincitore: dopo averlo
osteggiato e sbeffeggiato, adesso si scoprono tutti amici del leader
greco. E solo pochi giorni fa, chi oggi gli professa amicizia eterna,
faceva altrettanto con Angela Merkel, che viene considerata il nemico
numero uno del popolo greco.
Questa legge elettorale è approdata al dibattito in Assemblea attraverso un iter
francamente vergognoso, per non dire ridicolo. Non abbiamo mai avuto
effettivamente la possibilità di ragionare su questioni importanti, né
prima in Commissione, né poi in Aula, appunto perché il dibattito lo si è
voluto evitare, lo si è voluto evaporare. E quando, con alcuni
emendamenti, posti in particolar modo dalla cosiddetta minoranza del PD,
alcuni colleghi avevano provato, dal loro rispettabilissimo punto di
vista, a proporre un correttivo, un miglioramento, si sono avuti anche
risultati paradossali. Io ricordo le considerazioni svolte in quest'Aula
dalla senatrice Ricchiuti, la quale ha ricordato come uno stesso testo,
proposto come emendamento, sia stato bocciato, per essere poi invece
accettato dal Governo nel momento in cui è diventato semplicemente un
ordine del giorno: a dimostrazione di come l'ipocrisia, per non dire la
schizofrenia, regni sovrana.
Ma ricordiamo a cosa serve una legge elettorale,
perché le leggi elettorali non sono perfette, ma vanno piuttosto
pensate in funzione delle tradizioni culturali e civili del popolo che
sarà poi chiamato a votare. Le leggi elettorali, che non sono mai
perfette, debbono servire a garantire chi ha una idea di democrazia per
cui la inclusività, la partecipazione e l'apertura siano valori cardine.
La legge elettorale deve essere contrassegnata dal criterio della
ricerca il più possibile della rappresentanza, senza che però questa
divenga altro e possa permettere - per esempio - le cosiddette rendite
di posizione o, peggio che peggio, possa garantire la transumanza.
In quest'Aula, infatti, seggono
parlamentari che, a suo tempo, nella passata legislatura, sono stati
oggetto di attacco, di scherno e derisione perché, in occasione di voti
parlamentari assai importanti, hanno deciso, in funzione di quanto loro
garantito dall'articolo 67, di passare da un fronte ad un altro,
operando il cosiddetto giro di valzer.
Ricordo a tutta l'Aula che in questa
legislatura, che non è neanche al secondo anno, il numero dei
parlamentari che hanno già cambiato casacca ha superato il numero dei
parlamentari che ha fatto altrettanto nella passata legislatura. E
questo vale per tutte le formazioni parlamentarmente rappresentate. E
noi dovremmo anche, e soprattutto, ragionare su cosa significhi
rappresentare.
Ora, il Parlamento, per la nostra Costituzione,
dovrebbe detenere la cosiddetta funzione legislativa. E vi invito sempre
a ricordare che noi ragioniamo del famoso combinato disposto che si va a
realizzare con l'approvazione della legge elettorale e della riforma
costituzionale. Ma questa funzione è stata ormai scippata e fatta
propria dall'Esecutivo da decenni. E chi può in qualche modo evitare
tutto ciò? Appunto quella figura che, istituzionalmente e
costituzionalmente, è dotata della facoltà di non promulgare le leggi,
purché tutto nel rispetto della Costituzione vigente.
E questa figura è appunto quella del
Presidente della Repubblica: espressione per troppi anni e troppi
decenni di classi partitocratiche che hanno deciso solo e soltanto, in
maniera autoreferenziale, di riprodursi attraverso meccanismi che hanno
corrotto, sempre e soltanto, qualunque legge elettorale.
Perciò voi, della preferenza (con
cui quantomeno l'elettore potrà decidere), della rappresentanza, delle
candidature plurime, ve ne fregate altamente, perché la legge elettorale
la pensate semplicemente per perpetuarvi dei posti, e posti
particolarmente costosi per la comunità tutta. (Applausi dal Gruppo M5S).
A me piacerebbe - per esempio - che, nell'ambito
delle riforme costituzionali, ragionando di costi degli organi
costituzionali, si avesse come riferimento un parametro: torniamo alla
nascita della nostra Repubblica e chiediamo a tutti i parlamentari di
tornare a guadagnare esattamente nello stesso rapporto con cui un
parlamentare guadagnava rispetto a un lavoratore italiano nel 1946. Ma
quella era un'altra Italia (Applausi dal Gruppo M5S), perché
aveva un'altra dignità: la dignità di chi aveva sopportato un gravissimo
sacrificio, quello di una guerra che si era persa per una scelta
politicamente disastrosa, per una dittatura politicamente disastrosa. (Applausi dal Gruppo M5S).
Voi, adesso, questa memoria, che il vostro
Presidente del Consiglio dice di voler celebrare anche e soprattutto
oggi, Giornata della memoria, piuttosto che celebrarla la state
massacrando e dileggiando, semplicemente perché la memoria è costitutiva
dell'identità. Chi ha identità non si svende (Applausi dal Gruppo M5S). Chi, invece, non ha memoria continua a vendersi dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina. (Applausi dal Gruppo M5S. Congratulazioni).
ROMANI Paolo (FI-PdL XVII). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROMANI Paolo (FI-PdL XVII). Signora
Presidente, onorevoli senatori, quella che scriviamo oggi è un pagina
fondamentale del nuovo assetto istituzionale: la stiamo scrivendo alla
Camera, dove in queste ore si sta riformando la Costituzione formale; e
la stiamo scrivendo qui al Senato, modificando, di fatto, la
Costituzione materiale. Con la legge elettorale che oggi votiamo,
riappropriandoci dopo la sentenza della Consulta della sovranità
parlamentare su una materia cardine della democrazia, ridisegniamo
infatti un nuovo equilibrio dei poteri: un Esecutivo più forte, un
Parlamento più snello nelle sue articolazioni e più rapido nelle
decisioni, ed un Capo dello Stato nuovamente di garanzia.
Signora Presidente, l'Europa è stanca: fatica ad
arginare il fanatismo di una religione che, travisando i precetti dei
testi sacri, minaccia l'Occidente con attentati suicidi e decapitazione
degli ostaggi. È messa in discussione dal suo interno da una falla che
fa vacillare la turris eburnea del rigore economico: una falla a
sinistra, purtroppo, e non quella crepa, quella svolta liberale che
potrebbe portare nuovo vigore alla crescita economica e industriale.
Ieri il nuovo premier greco Alexis
Tsipras, nelle sue prime parole dopo i risultati elettorali, ha citato,
per ben tre volte, il superamento dell'austerità come elemento cardine
della sua proposta politica: basta a questa Europa della troika,
dell'oppressione e della costrizione. Più che un'analisi è una sentenza,
che dà un duro colpo all'eurocrazia di Bruxelles, che noi per primi,
con il Governo Berlusconi, l'ultimo eletto democraticamente, abbiamo
contrastato duramente, da soli.
Perentoria, e anche efficace nella sua semplicità, è la posizione del nuovo leader
greco nei confronti delle istituzioni europee. Proprio ieri, su un
quotidiano italiano, il suo consigliere economico, diceva: «I soldi in
arrivo servono solo a pagare gli interessi. Non ce li daranno? Peggio
per i creditori». Peccato che, tra i maggiori creditori, ci sia anche
l'Italia per 40 miliardi di euro.
Signora Presidente, questo è il contesto in cui
siamo chiamati a dare al nostro Paese istituzioni equilibrate, solide ed
efficienti. Abbiamo bisogno di strumenti nuovi che consentano decisioni
rapide, senza per questo perdere niente dell'essenza, dei valori, dello
spirito della democrazia; strumenti che ci consentano di affrontare
efficacemente le importanti sfide che si presentano.
Noi, all'opposizione, insieme alla maggioranza, stiamo cambiando l'assetto istituzionale, la governance
del Paese. Pur con i limiti di una mediazione tra forze politiche anche
molto diverse, così come è obbligatorio fare quando si scrivono regole
nuove, stiamo portando l'Italia fuori dalle paludi ottocentesche di una
rappresentatività estrema e irragionevole, dalla lentezza e
dall'indecisione, dal diritto di veto di partiti irrilevanti e dalla
impossibilità di governare. Stiamo disegnando le istituzioni
repubblicane del XXI secolo.
Il modello di democrazia che proponiamo è chiaro
ed è l'obiettivo che aveva in mente Silvio Berlusconi quando ha fondato
Forza Italia nel 1994. Noi qui, oggi, quell'obiettivo lo rivendichiamo
con forza: un bipolarismo che si avvicina sempre di più ad un vero
bipartitismo sul modello americano; una democrazia snella, che abbia la
capacità di decidere e di prendere le responsabilità delle proprie
decisioni, sulla base di una scelta chiara degli elettori. Lo voglio
dire soprattutto a chi vede in queste riforme solo un compromesso al
ribasso e a coloro che sono ancora arroccati in una contrapposizione
ottusa. (Applausi dal Gruppo FI-PdL XVII).
Quello che è avvenuto, e che sta avvenendo, con
il percorso delle riforme non è un cambio di maggioranza. Forza Italia è
e rimane convintamente all'opposizione di politiche che giudichiamo del
tutto inadeguate a portare il Paese fuori dalla crisi. E al di là
dell'ottimismo di facciata, dei facili slogan che il Governo è solito manifestare, tutti gli indicatori economici continuano ad essere di segno negativo.
Non basta far vedere le bellezze di Firenze a
Frau Merkel per imporre all'Europa quel cambiamento che solo la tenacia
di Mario Draghi e la paura del contagio greco - e non certo l'iniziativa
del Governo italiano - stanno forse mettendo lentamente in moto. Non
basta chiamare con un nome inglese la riforma del mercato del lavoro per
nascondere il vuoto di contenuti e il carattere del tutto eventuale
delle poche innovazioni che contiene. Non basta fare mosse
propagandistiche come gli 80 euro, quando gli italiani pagano più tasse
di prima. Noi non potremo mai condividere o sostenere queste politiche. (Applausi dal Gruppo FI-PdL XVII).
Signora Presidente, a proposito di Costituzione
materiale, così come si è andata consolidando negli ultimi anni - voglio
dichiararlo convintamente e senza ipocrisie - a fronte di un Governo
più forte e di un Parlamento monocamerale con tempi certi di
approvazione delle leggi a tutto vantaggio dell'Esecutivo, l'equilibrio
dei poteri impone il ripristino del ruolo del Presidente della
Repubblica disegnato dai Padri costituenti: una figura di alto profilo e
di indubitabile garanzia per tutte le forze politiche; un Presidente
garante di tutti, un Presidente che sia arbitro fermo e imparziale; un
Presidente, se possibile, eletto da un ampio raggio di forze politiche, e
non a caso - e bene ha fatto proprio in queste ore - la Camera ha
deciso di innalzare ai tre quinti il quorum previsto per l'elezione da parte del Parlamento in seduta comune.
Signora Presidente, oggi in quest'Aula manca uno
dei due protagonisti del processo riformatore: manca Silvio Berlusconi.
Manca perché una decisione indegna di quest'Aula lo ha privato del
diritto di guidare l'opposizione in Parlamento. (Applausi dai Gruppi FI-PdL XVII e AP (NCD-UDC)).
CIOFFI (M5S). Meno male!
ROMANI Paolo (FI-PdL XVII). Nonostante
questo, proprio Berlusconi ha reso possibile il cammino di queste
riforme, perché uno statista sa guardare al di là delle contingenze, per
quanto gravi, quando è in gioco il futuro del Paese.
Poco più di un anno fa la politica italiana ha vissuto una svolta epocale. Finalmente i due leader
dei maggiori partiti italiani hanno spazzato via i pregiudizi che, per
20 anni, hanno bloccato la politica italiana. Oggi compiamo un altro
passo decisivo: cambiamo adesso gli strumenti su cui si fonda la nostra
democrazia. Li cambiamo grazie ad un compromesso, un compromesso nobile,
proprio come quello che portò la Costituente a redigere un testo,
soprattutto nella prima parte inerente i diritti fondamentali, che gran
parte del mondo tutt'oggi ancora ci invidia.
Forza Italia è andata costantemente alla ricerca
delle possibili mediazioni nell'interesse del Paese. Forza Italia si
inserisce, oggi, nella migliore tradizione del riformismo italiano.
Se guardo a quest'Assemblea vedo, da un lato, il
partito che esprime il Presidente del Consiglio spaccarsi e dividersi
sulle proprie riforme e, dall'altro, un'opposizione inutile che si
limita alla dura e, alle volte, feroce contrapposizione.
Vorrei, quindi, concludere con un
ringraziamento: grazie ai senatori di Forza Italia, che mi onoro di
rappresentare, che anche oggi, come l'8 agosto, voteranno sì ad una
riforma coraggiosa che, con grande impegno e senso di responsabilità,
hanno contribuito a migliorare. (Applausi dal Gruppo FI-PdL XVII. Congratulazioni).
ZANDA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANDA (PD). Signora Presidente, tra poco,
con il nostro voto, concluderemo un dibattito lungo, molto ricco di
argomenti e talvolta anche ruvido.
Anch'io, come il senatore Romani,
inizierò da quello che egli ha definito "il contesto". Cinque giorni fa,
la BCE di Mario Draghi, impegnandosi a intervenire per più di 1.100
miliardi di euro, ha varato una nuova politica monetaria, che potrà
aiutare l'Europa e l'Italia ad uscire dalla grave recessione che ci sta
impoverendo molto brutalmente da almeno sette anni. E nell'intervento
della BCE vedo non soltanto una misura di carattere monetario, ma anche
un forte segno, molto significativo, nella direzione di una maggiore
unità economica e politica dell'Europa. Il fronte comune nei confronti
dell'ISIS e del terrorismo, l'intervento della BCE, l'aspettativa di
un'inflazione al 2 per cento, il piano di investimenti di Juncker, la
riduzione del prezzo del petrolio e dello spread sul nostro
debito, la fase espansiva dell'economia americana ed anche la forte
spinta a favore dello sviluppo di tanti popoli europei sono tutti
elementi che possono farci pensare ad una progressiva uscita dal tunnel.
Dobbiamo, quindi, domandarci se l'Italia ha
fatto veramente tutto quel che doveva per farsi trovare pronta
all'appuntamento con la ripresa: purtroppo non è così. Nonostante negli
ultimi anni l'Italia ed i cittadini italiani, i giovani soprattutto,
abbiano fatto sacrifici inauditi e sia stato già avviato il lungo
cammino delle riforme, è ancora molta la distanza che ci separa
dall'essere una democrazia moderna, giusta ed efficiente.
Questo è il quadro da cui nasce l'urgenza di una
nuova legge elettorale, che raccolga le indicazioni della Corte
costituzionale ed aiuti l'Italia ad abbandonare la condizione di
impotenza democratica a favore della democrazia della decisione, come ci
ha ricordato in discussione generale il senatore Tonini.
Ho seguito con molta attenzione il
dibattito che ha accompagnato i lavori della legge elettorale, alla
quale il Gruppo del Partito Democratico al Senato darà tra poco il
proprio voto. Ho ascoltato voci convergenti ed altre, in minor numero,
divergenti. Sin dalla prima legislatura repubblicana, ogni volta che il
Parlamento ha affrontato il nodo elettorale il dibattito è stato molto
serrato, vivace e spesso aspro. Questa volta, semmai, varie e diverse
opinioni si sono manifestate dentro agli stessi Gruppi parlamentari del
Senato, e anche nel mio, arrivando al dissenso del voto in Aula, in
forme e in una misura inusuali nelle votazioni di leggi elettorali del
passato ed anche rispetto al voto della Camera dei deputati.
Per quel che riguarda il mio Gruppo,
non è mai venuta meno la sincera sollecitazione, che rinnovo anche ora,
alla ricerca del massimo livello di unità politica su un provvedimento
radicalmente migliorato, come da tutti riconosciuto, rispetto al testo
che avevamo ricevuto. Anzi, mi ha colpito la limitata rivendicazione di
quella che, per il Senato ed in particolare per i senatori del PD, è
stata la significativa vittoria politica dovuta ai miglioramenti
apportati alla legge.
Mantenendo intatta la possibilità
del secondo turno del ballottaggio, abbiamo alzato al 40 per cento la
soglia per il premio di governabilità al primo turno e,
conseguentemente, abbiamo ridotto al 3 per cento quella per l'ammissione
delle liste in Parlamento, così realizzando stabilità per i Governi,
più efficienza legislativa e più rappresentanza per tutti i partiti.
Abbiamo previsto il premio alla lista per scoraggiare coalizioni
artificiali, destinate fatalmente a dividersi, ma mantenendo ovviamente
la possibilità di alleanze di Governo con il partito vincitore da
stringere dopo il voto.
Rispetto alla prima lettura, abbiamo rafforzato
l'alternanza di genere, confermando una linea che ormai il PD esprime e
pratica in ogni circostanza possibile. Sulla selezione dei candidati
invece non siamo riusciti ad individuare una maggioranza parlamentare
intorno alla soluzione su cui il PD contava pressoché all'unanimità: il
collegio uninominale maggioritario. Su questo punto, anche
comprensibilmente, il PD è in minoranza in Parlamento. Siamo, infatti,
l'unico partito con una struttura in grado di competere, con buone chance,
con propri candidati in collegi uninominali su tutto il territorio
nazionale. È per queste ragioni, e solo su questo punto, che abbiamo
dovuto rinunciare alla nostra posizione, ma dovevamo farlo se volevamo
far approvare una legge di cui l'Italia ha urgente bisogno. Per troppo
tempo e troppe volte abbiamo discusso di formule senza tener conto della
loro fattibilità parlamentare, ma quando in Parlamento si cerca una
soluzione serve sempre indicare con quale maggioranza la si può
perseguire.
Il testo che il Senato ha ricevuto dalla Camera
dei deputati prevedeva le liste bloccate. Pur non condividendo questa
soluzione, anche il Gruppo del PD, quasi all'unanimità, l'ha votata alla
Camera. Oggi abbiamo una formula mista molto diversa e di gran lunga
migliore: una parte degli eletti verrà scelta con le preferenze e una
parte con il metodo del blocco del capolista; questo ultimo pienamente
riconoscibile dal momento che il suo solo nome verrà stampato sulla
scheda, come nel caso del candidato di collegio. Cosa vuole dire? Vuol
dire che l'elettore non metterà una croce sul simbolo della lista senza
sapere chi sta votando, ma avendo ben chiara consapevolezza della scelta
sia del partito che della persona che sta contribuendo ad eleggere. In
termini politici e costituzionali, il punto chiave della sentenza della
Corte è quello della riconoscibilità del candidato ed è un punto che la
nuova legge rispetta assolutamente.
Nel nostro dibattito non ho sentito particolari
dissensi sulla scelta del metodo misto. Le preoccupazioni più rilevanti
sono state sollevate sul rapporto numerico tra capilista ed eletti con
le preferenze nei piccoli partiti, visto che per il partito che vincerà
le elezioni il problema non si pone. Su questo punto ho letto molte
stime, elaborate necessariamente su scenari astratti e non in grado di
darci risultati certi. C'è una bella ricerca del professor D'Alimonte
che, in punto di teoria pura, giunge alla conclusione che il totale
degli eletti con voto bloccato può variare da un minimo del 30 per cento
ad un massimo del 60 per cento. È una forbice molto ampia, da cui si
evince che è impossibile determinare a priori quali saranno
realmente le percentuali degli eletti con il voto bloccato e il voto di
preferenza, ed è questa un'osservazione da tenere in considerazione.
Per la prima volta, dopo molti anni negativi,
oggi possiamo dire che si intravedono primi spiragli di uscita dalla
crisi economica. Sono queste circostanze e queste prospettive che
debbono indurci a moltiplicare gli sforzi per condurre a termine quelle
riforme che, da decenni, diciamo di voler fare, ma che solo ora abbiamo
incominciato a realizzare. Se l'Italia non sarà pronta, se il nostro
sistema pubblico non si sarà profondamente rinnovato, tutta la fatica e
il coraggio della BCE e di Draghi saranno stati inutili. È la profonda
crisi dello Stato la prima ragione dei nostri guai. L'Europa può
aiutarci, ma le regole dell'area dell'euro prevedono ancora che larga
parte della prosperità dei singoli Paesi dipenda dalla capacità di
utilizzare tutti gli strumenti nazionali e dalla rapidità ed efficacia
con cui le loro strutture pubbliche sono in grado di risolvere le loro
crisi interne. Questo è il punto che dobbiamo ben capire ed affrontare
con chiarezza e determinazione.
Senza una buona legge elettorale, senza superare
il bicameralismo paritario, senza nuovi Regolamenti parlamentari, senza
una seria revisione dei rapporti tra lo Stato e le Regioni, senza una
pubblica amministrazione di qualità, l'Italia non ha alcuna possibilità
di fare la sua parte per tirarsi fuori dalla trappola micidiale della
crisi.
Un ultimo codicillo, signora Presidente. Giorni
fa il Senato ha approvato all'unanimità, e con profonda convinzione, un
emendamento del senatore Sposetti. L'emendamento, che ora è parte
integrante del testo del provvedimento, prescrive che l'ammissione delle
liste dei candidati sia subordinata alla presentazione degli statuti
dei partiti.
Voglio sottolineare il significato profondo di
questa norma. La vita del Parlamento è collegata: direi che dipende
dalla qualità democratica dei partiti politici e dei Gruppi
parlamentari. Quindi, se vogliamo che il Parlamento funzioni e sappia
prendere le decisioni che servono al Paese, e sappia farlo con la
tempestività che i problemi richiedono; se vogliamo tutto questo, allora
interroghiamoci sulla portata dell'emendamento che abbiamo votato
all'unanimità. In quella norma c'è un richiamo al ruolo parlamentare dei
partiti politici e c'è l'indicazione della necessità che sappiano
discutere al loro interno e decidere con metodo democratico anche
all'interno dei Gruppi parlamentari.
Il disegno di legge che stiamo per approvare
produrrà la conseguenza molto rilevante di rafforzare il ruolo dei
partiti politici. Se l'organizzazione interna dei partiti sarà ben
regolata da statuti aperti e democratici, la nostra Repubblica e il
nostro sistema politico conosceranno stagioni di grande sviluppo civile,
economico ed istituzionale. (Applausi dai Gruppi PD e SCpI. Congratulazioni.).
MINZOLINI (FI-PdL XVII). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
MINZOLINI (FI-PdL XVII). Mi appresto a
non votare una legge elettorale che considero sbagliata, come è
sbagliata la riforma costituzionale che la accompagna, che non ho votato
lo stesso.
Non la voto intanto per le modalità adottate
nell'approvazione di questo disegno di legge: un lungo elenco di
forzature che hanno stravolto non solo le procedure di quest'Aula, ma
anche lo stile. L'emendamento Esposito ha trasformato il confronto che
si è svolto qui dentro in una caricatura parlamentare.
In secondo luogo, non la voterò per i suoi contenuti. Il partito del Premier,
non dico vent'anni fa, ma molto meno (non è passato nemmeno un lustro),
ancora scendeva in piazza gridando che la Costituzione non si tocca,
paventando una svolta autoritaria contro la riforma del centrodestra.
Ebbene, come avviene spesso, i neofiti della stabilità, della
governabilità e del primato dell'Esecutivo hanno fatto molto peggio
rispetto a quello che rimproveravano alla riforma proposta dal
centrodestra. Si è creato un meccanismo perverso, per cui il Palazzo è
ancora più lontano dal Paese. Ormai non si vota più: non si vota per le
Province, che ancora ci sono; non si vota per le Città metropolitane;
non si voterà neppure per il Senato, visto che i nuovi senatori saranno
delegati dai consiglieri regionali.
Soprattutto, i cittadini conteranno meno. Questa legge, infatti, crea un deficit
di rappresentanza. Sulla Carta, visto che si è optato per il premio
alla lista, un partito può prendere appena il 35 per cento dei voti al
secondo turno e conquistare il 55 per cento dei rappresentanti in
Parlamento. Si badi bene: il 35 per cento non del 100 per cento dei
cittadini italiani, ma di quel 55 per cento che, secondo i sondaggi,
andrebbe a votare. È un sistema, quindi, che ha un deficit di rappresentanza enorme, ma che, nel contempo, assegna un enorme potere al leader del partito che vince il premio; gli assegna un ruolo di dominus che, in questo Paese, non ha mai avuto nessuno.
A pensarci bene, sarebbe stato meglio - molto
meglio - introdurre un sistema presidenziale. Il Presidente, almeno,
avrebbe una legittimazione maggiore di quella di un segretario di
partito, ma, soprattutto, sarebbe costretto ad avere un rapporto
dialettico con un Parlamento che potrebbe avere una maggioranza diversa,
come Obama ora.
Invece nel nuovo sistema non esiste un ambito in cui il dominus sarebbe costretto ad un rapporto dialettico con qualcuno, visto che somma insieme (Renzi ne è la prova) il ruolo di Premier e di segretario di partito, a cui è garantito di governare senza bisogno di una coalizione. Lo schema è semplice: il leader come segretario domina il partito, come Premier
domina il Parlamento e ha modo di scegliersi il Capo dello Stato e la
maggior parte dei giudici della Consulta che vuole. L'unico paragone che
trovo appropriato per un sistema del genere è quello che vigeva
nell'Unione Sovietica: auguri. Lo voti chi è contento. Io uscirò
dall'Aula.
Un ultimo appunto faccio ai miei colleghi di
Gruppo. Il patto del Nazareno è stato cambiato diciassette volte. Avete
subito il doppio turno, il premio di lista e tante altre cose che non
volevate. Vi è rimasta la norma più discutibile, il capolista bloccato;
quasi nulla. Perché votate questa legge elettorale? Perché, come prevede
il patto, sperate di condividere con Renzi un Presidente della
Repubblica moderato. Ma, a vedere questa legge elettorale, se tanto mi
dà tanto, ho paura che il patto sia stato scritto sull'acqua.
MINEO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
MINEO (PD). Signora Presidente, non con
il mio voto sarà approvata questa legge, perché ridurrà le elezioni
politiche alla competizione tra alcuni capi partito, alla conquista di
un premio al primo turno o, più probabilmente, al ballottaggio, quando
la sfida tra due soli darà al voto il segno evidente di una investitura
popolare diretta, mentre la Camera sarà composta dai prescelti del Premier
e dei concorrenti sconfitti, grazie ai capilista bloccati. Almeno cento
deputati saranno ripescati grazie al premio conquistato dal capo e i
restanti, selezionati con la preferenza di coppia, avranno minore
visibilità ed autonomia dei capilista, i cui volti saranno stampati
sulla scheda. Senza collegi uninominali e con una soglia bassa, le
opposizioni tenderanno a frammentarsi. Il Senato non voterà la fiducia e
conterà poco nella scelta delle cariche di garanzia, per la
sproporzione numerica (cento contro seicentotrenta deputati).
Dunque la nostra Repubblica non sarà più
parlamentare, ma non somiglierà nemmeno ad altre democrazie governanti,
perché in esse o il Premier riceve in dote il premio di
governabilità dai suoi deputati che hanno prevalso nei collegi - è il
caso della Gran Bretagna - o, come in Francia, se il capo dell'Esecutivo
viene scelto a suffragio diretto, il Parlamento, che deve controllarlo,
si seleziona con le stesse modalità (uninominale con doppio turno).
In una riunione del Gruppo PD ho detto a Renzi
che nessuna democrazia liberale ha una legge come questa. Renzi ha colto
al volo e ora ripete che nessuno ce l'ha, ma presto molti ci
imiteranno; ha pure proposto l'Italicum alla Merkel. Non credo che ci
imiteranno, perché una tale personalizzazione del confronto nazionale
trasformerebbe l'Unione in un pollaio di galli rissosi, che parlano
ognuno alle galline di casa; perché la contestazione della politica,
frattura che emerge ovunque, si può ricucire con la mediazione,
legittimando il Parlamento e non chiedendo una delega più larga, né
tanto meno consegnando a chi governa potere pure sulle cariche di
garanzia, come avverrà da noi.
Ma con il voto odierno non finisce la democrazia. Il popolo di Parigi ha mostrato che i nostri valori (liberté, egalité e fraternité)
vivono nel cuore e nella mente di molti e la Grecia indica come si
possono spazzare via tabù radicati. E poi una legge elettorale si può
cambiare, il nostro non è il voto definitivo. Perciò, per proseguire una
battaglia parziale e controcorrente, ma che si è manifestata anche
dentro il Partito Democratico, non darò un voto di testimonianza, che
oggi dovrebbe essere contro l'Italicum, ma insieme ad altri non
parteciperò al voto, come faranno quei senatori democratici che si sono
già espressi contro l'emendamento truffa firmato Esposito.
BONFRISCO (FI-PdL XVII). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
BONFRISCO (FI-PdL XVII). Signora
Presidente, dichiaro il mio voto in dissenso dal mio Gruppo, con grande
amarezza e responsabilità, su una legge scritta con un emendamento
caricatura (come è stato già detto). Si tratta di una legge che riguarda
l'elezione dei componenti della Camera dei deputati, che la Camera dei
deputati aveva votato solo pochi mesi fa e che noi abbiamo completamente
cambiato e stravolto.
Penso che in questo passaggio nell'Aula del
Senato non resti quasi nulla della posizione di Forza Italia espressa
nel voto alla Camera. Resta, ahimè, la sottomissione - per usare un
termine oggi in voga - ad una legge quasi merce di scambio sull'altare
dell'elezione del Capo dello Stato, e resta la sottomissione ad una
legge truffa - e questo è ancora più grave - truffa della volontà degli
italiani che, con diversi artifici, vedranno vincere le elezioni chi in
realtà non le ha vinte.
Ciò che in passato si è sempre realizzato ai
danni del centrodestra con vari sistemi e strumenti oggi è codificato
per legge. Negare il premio alla coalizione vuol dire negare per sempre -
spero di no - al grande e maggioritario centrodestra del Paese la
possibilità di vincere le elezioni, giacché la possibilità di governare è
stata già impedita. L'avete impedita votando quella finta e pessima
riforma del Senato, che assicurerà alla rappresentanza territoriale del
centrosinistra, in ogni sua forma, la stragrande maggioranza dei
componenti di quest'Aula.
Infine, preferire la formula dei capilista
condanna i partiti che non si avvarranno del premio di maggioranza, cioè
che non lo otterranno, ad una rappresentanza senza radicamento,
completamente sconnessa dalla realtà, dai territori e dai cittadini:
gente errante tra le segreterie dei partiti, persone che non verranno
mai più riconosciute dai loro elettori. È quel patto sacro tra eletto ed
elettore che noi mandiamo definitivamente in soffitta votando questa
legge.
Allora, tra i tanti patti di cui si parla, temo
che l'unico di cui non sentiremo mai più parlare è il patto tra i
cittadini italiani.
Annuncio, quindi, il mio voto in dissenso e la mia non partecipazione alla votazione. (Applausi dal Gruppo M5S).
RICCHIUTI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
RICCHIUTI (PD). Signora Presidente, cari amici del mio partito, è la gufa che vi parla. (Applausi dai Gruppi M5S, LN-Aut e Misto).
Non che io abbia più piume di altri; nella politica italiana vi sono
persone che si pavoneggiano ben più di me. Ma siccome nel mio partito -
quello che otto mesi fa aveva oltre il 40 per cento, e che oggi ha perso
per strada parecchi elettori, cui invece io continuo a parlare - esiste
la maggioranza (cui è consentito dire tutto e il contrario di tutto) e
poi ci sono i gufi che dicono che il PIL non è poi cresciuto così tanto
(anzi, non è cresciuto per niente) e che il jobs act è una schifezza, allora questo è il mio dissenso sulla legge elettorale. (Applausi dai Gruppi M5S, LN-Aut e Misto-SEL e dei senatori Bignami, Campanella, Mussini e De Pin).
Nel 2010, alla Leopolda, la prima - quella che
Renzi fece insieme a Pippo Civati - il futuro Presidente del Consiglio
affermò che l'Italia era un Paese triste perché non aveva una destra
civile. Disse che la destra americana aveva Rubio; quella italiana aveva
Ruby. Era una battuta azzeccata, applaudii molto.
Mi sorprende, allora, oggi, vedere che con il
patto del Nazareno la maggioranza del mio partito sceglie il modello
Ruby e non il modello Rubio. (Applausi dai Gruppi M5S, LN-Aut e Misto-SEL e dei senatori Bignami, Campanella, Mussini e De Pin).
Il modello Ruby è quello di trattare
segretamente con Berlusconi e Verdini e produrre questa legge
inguardabile. Il modello Rubio sarebbe stato tornare al maggioritario di
collegio e predisporre un sistema aperto, contendibile, dove conta il
merito e dove incide lo spessore vero delle persone.
Marco Rubio - sia chiaro - è lontano dalle mie
idee. È repubblicano, conservatore, è sostenuto dagli ideologi della
diseguaglianza e del rancore contro Barack Obama. Però a Rubio riconosco
di aver fatto una carriera aperta e trasparente e di aver sfidato il
suo stesso partito per ottenere il posto in Senato, che gli elettori
della Florida gli hanno affidato. Indovinate come ha fatto? Con una cosa
che si chiama elezioni primarie, che Rubio vinse a mani basse.
Oggi Rubio, figlio di immigrati cubani, potrebbe
anche candidarsi alla Presidenza degli Stati Uniti. Non faccio il tifo
per lui, ma tifo per il suo esempio.
Invece, avete scelto la destra di Ruby:
capilista bloccati e collegi plurinominali proporzionali. L'esatto
contrario di quello che ci voleva, cioè collegi maggioritari uninominali
dove l'elettore sceglie di votare il candidato di quel partito o di
votargli contro, scegliendo l'avversario. Accadeva così con il
Mattarellum, che io ed altri senatori abbiamo riproposto con
emendamenti, e così è stato ristabilito in Valle d'Aosta e Trentino-Alto
Adige, si vede che i nostri concittadini di quelle Regioni sono più
fortunati.
Con l'Italicum ognuno piazza i suoi polli alla
faccia della sana competizione democratica! Per i posti successivi, per
cui varranno le preferenze, la gara si sposta dentro ai partiti, a
rubarsi le preferenze l'un l'altro. Proprio così: a rub-y-arsele!
Non parteciperò a questo voto, onorevoli
colleghi. E al Senato non votare è come votare contro. Sono contraria
per quello che ci siamo detti sin qui e poi perché vedo avanzare sullo
sfondo il Partito della Nazione, quella confusa melassa dove scompaiono
le distinzioni, le responsabilità e i contenuti.
Ma allora permettetemi un'ultima domanda: chi è
il gufo qui, io che sono fedele al Partito Democratico o voi che volete
il Partito della Nazione?
Ve la votate da voi questa legge, che restaura il Parlamento dei nominati! (Applausi dai Gruppi M5S, LN-Aut, Misto-SEL e Misto).
BRUNI (FI-PdL XVII). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
BRUNI (FI-PdL XVII). Signora Presidente,
anch'io dichiaro la mia non partecipazione alla votazione finale per due
motivi fondamentali. Nel merito, per i difetti del provvedimento in
esame di cui abbiamo ampiamente parlato in questi giorni e che voglio
ripetere schematicamente e velocemente. Innanzitutto è prevalsa l'idea
insana del voto alla lista che ingenera e favorisce coalizioni
surrettizie, aggregazioni finte che porteranno, il giorno dopo le
elezioni, allo sfaldamento di maxipartiti che partiti non sono. Voterò
contro, o meglio, mi asterrò dal voto, perché non sono convinto
dell'idea dei capolista bloccati: solo 240 seggi assegnati con le
preferenze, in tal modo producendo una pessima legge maggioritaria che è
la peggiore espressione di leggi decisamente migliori come quelle per
l'elezione diretta dei sindaci o dei presidenti di Regione.
Il mio dissenso, attraverso la mia
non partecipazione al voto, è motivato anche rispetto al metodo; mi
riferisco innanzitutto a quell'emendamento Esposito, di cui si è
parlato, che rappresenta una vera e propria burla al Parlamento, un atto
di arroganza frutto di quell'esaltazione dell'autoreferenzialità
renziana, che è un po' il motivo dominante degli ultimi passaggi
parlamentari.
Quell'emendamento - che, come abbiamo detto più
volte, era un ordine del giorno camuffato - è la cifra distintiva di
questo Governo, che cerca di dimostrare di fare qualcosa quando poi, in
effetti, non sa fare un bel niente!
Gli esempi sarebbero tanti. Pensiamo alle
Province che non sono state riformate, così come alle lotte e ai
pregiudizi contro i tribunali amministrativi, alle sovrintendenze o alla
delega fiscale mai attuata. Mi fermo qui, ma potrei citare tanti altri
esempi di questa politica degli annunci che si traduce e si risolve in
una beffa per gli italiani.
Non voglio infierire ulteriormente, perché ho
rispetto soprattutto dei cittadini italiani, ma questo Governo merita
tutto il nostro dissenso e la nostra non partecipazione al voto. (Applausi dai Gruppi M5S e LN-Aut).
CHITI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
CHITI (PD). Signora Presidente, per la
seconda volta, nel giro di pochi mesi in questa stessa legislatura, devo
dichiarare un voto in dissenso dal Gruppo parlamentare del quale faccio
parte. Non parteciperò alla votazione finale sulla legge elettorale e,
per chi ha una formazione, una storia come la mia, in un partito come
quello cui appartengo, non è cosa di poco conto.
Tuttavia, due sono le ragioni fondamentali che
mi spingono a questa scelta. La prima riguarda il metodo, ma in politica
le scelte di metodo, ancor più su temi come questi, sono sostanza. Il
fine non può sempre essere invocato a giustificare i mezzi quando si
ridimensiona la facoltà del Parlamento e dei singoli senatori di
intervenire, di discutere e di votare singoli aspetti di un disegno di
legge.
Trovo incredibile - e lo dico con preoccupazione
- la leggerezza cui assistiamo in riferimento alle regole, questa
forzatura delle regole, una sorta di perdita collettiva di senso
critico, di prudenza e di misura che, temo, poiché costituiscono
precedenti, prima o poi ci presenterà conti pesanti.
Ordini del giorno come quelli che diventano
emendamenti preclusivi del confronto, dell'approfondimento e della
decisione sulle varie opzioni presenti in una legge elettorale non hanno
precedenti nella storia del Senato e - io credo - del Parlamento. (Applausi dai Gruppi M5S, LN-Aut e Misto-MovX). Non li vivo come il prodotto di un'astuzia ingegnosa, bensì, ripeto, come una limitazione alla funzione del Parlamento.
Trovo altrettanto incomprensibile, lo dico in
generale e avevo già sollevato il tema nella scorsa legislatura, che si
stia trasformando da eccezione in regola il contingentamento dei tempi
che, oltretutto, viene applicato anche a leggi costituzionali ed
elettorali. Io mi chiedo dove stesse, in questo caso, l'urgenza che lo
giustificava. (Applausi dal Gruppo M5S e della senatrice Bignami).
Se la legge elettorale fosse stata approvata domani o il 5 febbraio,
che cosa sarebbe successo alla Nazione italiana o alle nostre relazioni
internazionali o non so a cos'altro?
Io naturalmente non sottovaluto
l'irresponsabilità di decine di migliaia di emendamenti, anzi l'ho
apertamente denunciata, ma ritengo che debbano essere battuti
politicamente e non assunti come una sponda per limitare i compiti del
Parlamento.
Il secondo rilievo riguarda il merito. Io do
atto che il testo del Senato è migliorato rispetto alla legge votata
alla Camera (altrimenti farei ben diversamente che non partecipare al
voto): unica soglia del 3 per cento come condizione per entrare in
Parlamento, 40 per cento alla lista per accedere al premio di
maggioranza senza ricorrere ad un secondo turno di ballottaggio,
garanzia volta ad assicurare un giusto equilibrio di genere.
Riconoscerlo però dovrebbe portarci anche a due altre considerazioni: la
prima è che allora non è vero che tutte le critiche e tutte le
sollecitazioni sono automaticamente un freno ed un ostacolo alle
riforme; vuol dire che rappresentano anche contributi da valutare che
possono migliorare e rendere più coerente un disegno di rinnovamento
della nostra democrazia. La seconda: se non ci fosse stato chi si
batteva ed avanzava queste critiche, oggi le risposte più avanzate che
tutti quanti hanno salutato favorevolmente, anche chi mai le aveva
pubblicamente richieste, non ci sarebbero state. Questi sono gli aspetti
che voglio sottolineare.
Per me, vede, signora Presidente, quello che nella legge elettorale resta un deficit
rilevante è il modo in cui si eleggono i deputati, che poi vuol dire
come si esprime la sovranità del popolo, la partecipazione dei
cittadini, senza la quale una democrazia viene, consapevolmente o meno,
scalzata dai suoi più robusti fondamenti.
Né io, né altri colleghi che hanno condiviso
queste battaglie, abbiamo avanzato una proposta rigida o manifestato la
non disponibilità a mediazione, anzi, vi è stata la rinuncia ai collegi
uninominali e al doppio turno di collegio, l'accettazione delle
preferenze, il non irrigidimento su una percentuale (80, 75 o 70); ci
siamo semplicemente adoperati affinché venisse assicurato in legge che
una maggioranza di deputati, scelte le preferenze, fosse direttamente
scelta ed eletta dai cittadini. Così, invece, non è.
È possibile - lo chiedo a lei, senatore
Quagliariello, che è esperto in queste materie - che si debba sapere
dopo e non prima, perché assicurato in una legge, quanti saranno i
deputati effettivamente scelti direttamente dai cittadini? L'unica
certezza che abbiamo è che non saranno una maggioranza (30, 40 o 50 per
cento), anche D'Alimonte sostiene che questa componente sarà, al
massimo, del 50 per cento.
Per questi motivi, vorrei, ma non posso, in coscienza, con il mio voto dare via libera ad una legge che presenta questo deficit,
perché la sovranità dei cittadini in democrazia viene affidata alle
Costituzioni, alle regole elettorali, alle leggi, ma non all'arbitrio,
alla convenienza, alla mutevole disponibilità dei partiti.
Quello del ricorso alle pluricandidature,
rispetto a questo aspetto, non è un rimedio, perché il rimedio è quello
che prevede di scrivere in legge quale è una maggioranza di parlamentari
che i cittadini, nell'unica Camera che sarà elettiva, possono loro
stessi, nella loro sovranità, scegliere.
Per questi motivi, non posso partecipare con il mio voto al varo di questa legge.
Signora Presidente, le chiedo l'autorizzazione a consegnare il testo integrale della mia dichiarazione di voto. (Applausi dai Gruppi LN-Aut e Misto-SEL).
PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza in tal senso.
D'AMBROSIO LETTIERI (FI-PdL XVII). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
D'AMBROSIO LETTIERI (FI-PdL XVII).
Signora Presidente, gentili colleghe e colleghi, un primo pensiero è
quello di cordoglio che voglio rivolgere alla democrazia del nostro
Paese. (Applausi dai Gruppi M5S e Misto-SEL).
Un pensiero di cordoglio convinto, solenne e
anche calcato da parole amare, determinate dalla triste consapevolezza
che non saranno sufficienti né gli applausi che si registrano in
quest'Aula, né i titoli dei giornali che leggeremo domani per nascondere
l'identità dei miei colleghi - colleghi di varie formazioni politiche -
che in quest'Aula, in questa e nella precedente legislatura, hanno
sostenuto con convinzione le ragioni del ritorno alla preferenza da
parte del popolo, pensando che il corto circuito che si è determinato in
modo così profondo tra la piazza e il palazzo fosse riparabile soltanto
attraverso la restituzione della penna nelle mani dell'elettore per
poter scrivere il proprio candidato. Così non è, così non sarà. Questo,
naturalmente, è un danno incalcolabile alla democrazia del Paese.
Vedete, colleghi, non è soltanto una questione di merito, sulla quale pure farò brevissimi flash,
ma è anche una questione di tempi e di metodi utilizzati per
l'approvazione di questa legge elettorale. Ho la sensazione, infatti,
che, se avessero potuto, ilpremier e il Governo avrebbero posto
la questione di fiducia anche sulla legge elettorale, al fine di far
prevalere con forza la volontà. Ma, di fatto, è quello che accadrà
poiché, se fossimo onesti con noi stessi, noi oggi decreteremmo, con
l'approvazione di questa legge, la fine della democrazia parlamentare,
in una realtà in cui, ieri, è stato bocciato l'emendamento sul
presidenzialismo. Pertanto, noi continuiamo a consegnare la nostra
democrazia ad un limbo, dove non c'è il presidenzialismo, ma dove il
Parlamento è marginalizzato e stretto a tenaglia tra voti di fiducia e
decreti‑legge nei quali la possibilità di esprimere il pensiero, nel
rispetto di quel principio di rappresentanza del popolo che si svolge in
Parlamento senza vincoli di mandato, non ha assolutamente più alcun
valore.
A questo si aggiunge la serie di elementi che
conforta il mio pensiero e il mio convincimento sul fatto che si stia
approvando una legge con una sorta di compromesso al ribasso, che non
soltanto determina un danno incalcolabile alla democrazia, ma ferisce in
modo profondo anche la pluralità del pensiero e la libera competizione;
una competizione in cui sappiamo già (se andiamo a vedere la storia
dell'ANCI, che da vent'anni è consegnata alle sinistre) che il
centrodestra non avrà più possibilità di essere maggioranza, né nei
territori, né nelle Aule del Parlamento. Infatti, ove mai dovessimo
vincere alla Camera (purtroppo sarà difficile), otterremmo
l'ostruzionismo del Senato, al quale abbiamo affidato le armi per poter
tenere sotto la punta del coltello le decisioni della Camera.
Questo è quello che stiamo facendo: un compromesso al ribasso!
Recupero le parole del mio Capogruppo per la
parte che condivido pienamente, e di questo lo ringrazio: il ricordo
drammatico di quel 27 novembre 2013, quando si è consumato un colpo di
Stato, determinato dal diktat dell'appena insediato segretario di partito, che determinò l'espulsione del nostro leader Silvio Berlusconi. (Applausi della senatrice Bonfrisco).
Oggi approviamo un compromesso al ribasso in
cui, per paradosso, non soltanto consegniamo alle sinistre il Governo
del Paese, ma subiamo anche la velata ironia - neanche tanto velata -
della collega Ricchiuti in ordine al caso Ruby e alla posizione che ha
espresso.
PRESIDENTE. La prego di concludere, senatore.
D'AMBROSIO LETTIERI (FI-PdL XVII). Queste
posizioni noi le rigettiamo. Queste sono le motivazioni per le quali,
proprio memori di quella condanna a morte politica che fu inopinatamente
pronunciata in quest'Aula, noi di questo Governo non ci fidiamo. Noi
della nostra storia rivendichiamo l'identità con coerenza e con lealtà.
Per queste motivazioni dichiaro la mia posizione
di dissenso e annuncio anche l'uscita dei colleghi di Forza Italia che
si esprimono in dissenso come segno di protesta e di dissenso,
analogamente a come fece il PD nella scorsa legislatura, abbandonando
l'Aula quando noi presentammo la riforma costituzionale.
Un segno, quello dell'abbandono dell'Aula, che
va oltre il voto contrario. È un segno di protesta, ed è un segno che
marca una differenza e un atto di rispetto verso il popolo italiano e
verso quello che resta della Costituzione. (Alcuni senatori del Gruppo FI-PdL XVIIabbandonano l'Aula). (Alcuni senatori del Gruppo LN-Aut hanno accatastato tomi di emendamenti sui loro banchi).
PRESIDENTE.
Ai colleghi della Lega dico che io spero che tutti quei tomi non siano
troppo in bilico, perché ci auguriamo tutti che la situazione rimanga
tranquilla, come finora è stata, dal momento che questo è un confronto
civile.
GOTOR (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
GOTOR (PD). Signora Presidente, signora
Ministro, onorevoli colleghi, chiedo d'intervenire in dissenso dal mio
partito, annunciando, a nome di un gruppo di senatori di diversa
sensibilità, la nostra intenzione di non partecipare al voto.
Esprimiamo così un dissenso rispetto a un punto
di merito, la selezione dei nuovi parlamentari, che giudichiamo fondante
e dirimente, al pari di principi come la governabilità e la
rappresentanza. (Brusio).
PRESIDENTE. Colleghi, vi invito ad abbassare il
tono delle vostre conversazioni così da permettere al collega Gotor di
proseguire il suo intervento.
GOTOR (PD). Ripeto, al pari di principi
come la governabilità e la rappresentanza che pure questa legge
garantisce, dopo essere stata migliorata nel corso del dibattito
parlamentare, anche grazie al nostro contributo.
Il prossimo Parlamento, dopo dieci anni di
Porcellum, continuerà ad essere a maggioranza di nominati. Si è persa
l'occasione di restituire ai cittadini elettori la possibilità di
scegliere direttamente i loro rappresentanti, dimentichi del fatto che
il diritto di voto è la massima espressione della sovranità del popolo.
C'era tutto lo spazio per individuare una soluzione diversa, a partire
dall'unità del Partito Democratico e della maggioranza, ma non è stata
neppure cercata.
Il dialogo con l'opposizione è
giusto, ma si definisce a partire dal proprio partito, non concedendo su
un punto fondamentale come questo ben due diritti di veto
all'avversario, ovvero contro i collegi uninominali e a favore di un
Parlamento di nominati.
Forse gli italiani non lo ho hanno
ancora capito, ma con la nuova legge, se un partito metterà come
capolista bloccato un candidato impresentabile (ad esempio,
Gambadilegno), è vero che a livello di collegio il cittadino potrà non
votarlo, scegliendo una lista concorrente, ma dal momento che il premio
di maggioranza sarà ripartito su base nazionale, se quel partito lo
vincerà, Gambadilegno si troverà lo stesso in Parlamento, con buona pace
della volontà di quel cittadino.
Questa legge, infatti, offre solo un
simulacro dei due principi cardine che qualificano una competizione
uninominale: da un lato, il rapporto privilegiato con il territorio,
perché definisce collegi di 600.000 abitanti, quattro volte più estesi
del Mattarellum; dall'altro, essa nega una autentica e virtuosa
competizione dentro-fuori, a livello di collegio, in quanto fa rientrare
dalla porta ciò che l'elettore, con il suo libero voto, avrebbe voluto
buttare dalla finestra.
Sia chiaro, lo abbiamo detto, non siamo contro
il principio che una quota di parlamentari sia nominata dall'alto, per
favorire il coinvolgimento della società civile e l'arricchimento nel
Parlamento, ma la proporzione doveva essere invertita rispetto a quella
maggioritaria stabilita dall'Italicum.
Diversi emendamenti, come quello del senatore
Fornaro o il mio, offrivano soluzioni ragionevoli e di mediazione grazie
all'utilizzo, nel rispetto del referendum del 1991, della doppia
preferenza di genere e la definizione di listini corti che avrebbero
evitato nuovi rischi di incostituzionalità da più parti sollevati.
Riteniamo sia stato un errore non concedere
neppure il sindacato preventivo di costituzionalità alla legge
elettorale, un semplice accorgimento che avrebbe potuto evitare la
ripetizione di esperienze umilianti per la credibilità delle
istituzioni, come quella vissuta dal Porcellum. Evidentemente, gli
ispiratori di questa legge già sono consapevoli del rischio di
costituzionalità che essa contiene: un atteggiamento irresponsabile e
non all'altezza del rispetto preventivo delle regole e della
Costituzione, che dovrebbe essere la stella polare di un partito come il
Partito Democratico.
Alla crisi dei rapporti tra cittadini e
istituzioni la politica deve rispondere non continuando a chiudersi in
un fortino, ma restituendo lo scettro della scelta direttamente ai
cittadini, puntando sulla loro partecipazione e sulla loro
responsabilizzazione. Ciò è tanto più necessario alla luce della riforma
del bicameralismo perfetto a cui stiamo lavorando e che deve
continuare, al termine della quale avremo una sola Camera politica con
un solo rapporto fiduciario con il Governo e un Senato delle autonomie
composto da eletti di secondo grado.
PRESIDENTE. Deve concludere il suo intervento, senatore Gotor.
GOTOR (PD). Mi avvio a concludere. Non
dovrà essere più possibile che un cittadino possa dire a un parlamentare
della Repubblica: tu devi fare così, cioè obbedire, perché sei stato
nominato. Questo alibi qualunquista, con un fondo illiberale e
autoritario, deve finire, perché contribuisce ad alimentare
l'antipolitica, ferisce la dignità del Parlamento e aumenta il degrado
della nostra democrazia.
Per queste ragioni, nel pieno rispetto di un
partito e di un Gruppo al quale ci onoriamo di appartenere, annunciamo a
malincuore la nostra non partecipazione al voto. E con questo spirito
consegniamo il testimone (Commenti del senatore Crimi) del nostro
impegno di questi giorni alla Camera dei deputati, nella speranza che
possa raccoglierlo, nell'interesse superiore della democrazia italiana. (Applausi dai Gruppi PD e Misto-SEL).
D'ANNA (GAL (GS, LA-nS, MpA, NPSI, PpI)). Domando di parlare in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
D'ANNA (GAL (GS, LA-nS, MpA, NPSI, PpI)).
Signora Presidente, sono in dissenso con il mio Capogruppo, che ha
annunciato, a nome del Gruppo GAL, il voto contrario di una parte di
noi. Noi invece abbiamo ritenuto di doverci uniformare al comportamento
di coloro i quali non parteciperanno al voto, non già perché questa
legge non ci piace, ma perché - consentitemi di dirlo - molti di noi
vivono un dramma nel dramma: il dramma di non voler votare una legge
che, a nostro avviso, è un guazzabuglio attraverso il quale si permette a
dei parlamentari di essere tali, di avere le stesse prerogative e le
stesse facoltà, pur avendo fonti di legittimazione diverse.
È come se facessimo vincere un concorso a chi il
tema lo ha copiato e a chi lo ha svolto: avremo cioè parlamentari che
sono tali perché indicati dai maggiorenti del partito per i motivi più
disparati che ben conosciamo, e parlamentari che sono scelti dal popolo
sovrano.
Fu chiesto a Karl Popper quale fosse la sua idea
di democrazia: mi rivolgo in particolar modo al senatore Quagliariello,
di cui ho letto per molti anni gli interventi che come intellettuale ha
fatto sulla rivista scientifica della Fondazione Magna Carta. Il
collega Quagliariello come me conosce bene la risposta di Popper,
secondo cui non è importante sapere chi deve comandare; è importante
sapere come controllare chi comanda. Ma in un Parlamento in cui si può
arrivare al 50-60 per cento di nominati, mi dovete dire come il
parlamentare può contestare l'autorità di chi comanda, se egli stesso è
soggetto alla schiavitù di dover essere gradito a chi lo ha indicato. (Applausi dai Gruppi LN-Aut e M5S).
Qui non si tratta dunque semplicemente di una
legge, ma di un'idea sbrigativa della democrazia, per cui tre persone si
riuniscono da una parte e tre da un'altra e, attraverso i collegi
plurinominali - ogni capolista può essere indicato in dieci collegi -
facendo ruotano quelle 30-40 persone che sono affidabili perché sono più
obbedienti e più fedeli, si può determinare con il meccanismo
dell'opzione anche chi tra gli eletti o tra i votati debba o meno
subentrare. È chiaro che si farà subentrare quello che è più affine,
quello che appartiene ad una certa corrente, alla congrega della
parrocchia.
Sbaglia dunque il presidente Zanda a citare
D'Alimonte: la forbice del 30-60 non prevede le furbizie della politica,
le astuzie dei capi partito. Fatemi dunque capire che tipo di
Parlamento sarà.
Vivo - dicevo poc'anzi - anche il dramma di
iscritto a Forza Italia. Come giustamente il presidente Romani mi ha
ricordato, fui l'unico a votare in quest'Aula contro il Governo Letta,
nonostante le dichiarazioni del Presidente del mio partito, che aveva
repentinamente cambiato opinione. Ma chi ha cacciato Silvio Berlusconi
da quest'Aula, se non la maggioranza del partito di cui Renzi era il
Presidente? (Applausi dai Gruppi LN-Aut e M5S). Presso chi ci dovremmo lamentare?
So che attendete la mia facezia. A Napoli si racconta la storia di Pulcinella che doveva andare al patibolo.
PRESIDENTE. La invito a concludere, senatore. (Proteste dal Gruppo M5S).
D'ANNA (GAL (GS, LA-nS, MpA, NPSI, PpI)). Concludo, Presidente.
Nonostante dovesse andare al patibolo,
Pulcinella - leggi Silvio Berlusconi, leggi Forza Italia, che è supina
alle volontà di Renzi - perdeva tempo nel chiedere chi dei boia dovesse
portare la scala. È ininfluente, però, sapere chi porta la scala.
Noi stiamo impiccando Forza Italia; noi stiamo
trasformando il centrodestra in qualche altra cosa, nella palingenesi di
un partito che c'è, ma che nessuno nomina, sulla scorta di un patto sul
quale tutto si costruisce, ma che nessuno conosce.
E allora, se tutto ciò che facciamo nasce
dall'ignoranza, dalla non trasparenza delle condizioni, non possiamo
edificare il bene, se il bene non è dichiarato. In politica i fini sono
rivelati dal mezzo: se il mezzo non è chiaro, non è trasparente, le
finalità dell'azione politica saranno e resteranno opache. Per questo
motivo non voterò. (Applausi dai Gruppi LN-Aut e M5S).
PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione
finale, avverto che la senatrice Finocchiaro ha presentato una proposta
di coordinamento, che è stata distribuita.
Senatrice Finocchiaro, intende illustrarla?
FINOCCHIARO (PD).
Signora Presidente, se vuole posso anche illustrarla e segnalare che la
prima delle modifiche è conseguente al comma 7 dell'articolo 1, ossia
alla questione che riguarda l'inserimento dei collegi plurinominali
nelle circoscrizioni.
La seconda modifica è conseguente
alla soppressione delle coalizioni presenti nel testo dell'Italicum
operata con l'emendamento 1.7000.
La terza è conseguente, ancora, al
comma 7 dell'articolo 1, come la prima che ho segnalato, perché dalla
locuzione: «della lista dei candidati presentata» si passa alla
seguente: «delle liste dei candidati nei collegi plurinominali
presentate».
Il quarto punto di coordinamento
riguarda un'ipotesi di inammissibilità delle liste conseguente
all'inserimento del vincolo del 40-60, che non era contenuto
nell'Italicum.
La quinta modifica è tesa ad adeguare la norma al nuovo modello di scheda di votazione.
Ancora, l'inserimento dopo il comma
13 corrisponde alla presentazione di liste dei candidati nei collegi
plurinominali e lo stesso vale per il seguente.
L'inserimento del comma 16-bis,
dopo il 16, risponde anche ad un'esigenza che è stata avanzata da
ultimo ieri dal collega Crimi, nel corso della votazione degli
emendamenti. Con riguardo al comma 16-bis, proporrei alla
Presidenza, dopo aver ascoltato una serie di osservazioni che mi sono
state poste dai colleghi Capigruppo, di sopprimere i punti c) e d),
in ragione del fatto che, sia pure in piena coerenza e in aderenza al
testo, nonché in conseguenza dell'approvazione del testo di riforma, si
tratta comunque di inserimenti di nuove disposizioni. Mi pare di dover
accogliere, su questo punto, un'esigenza che è stata manifestata con
particolare forza dal senatore Calderoli. La conseguente disciplina di
coordinamento deriva dall'introduzione del voto di preferenza.
Quella seguente è una modifica di
forma che accoglie un suggerimento avanzato ieri dal senatore Caliendo,
che in realtà chiarisce la portata della norma in modo più soddisfacente
rispetto alla sostituzione della congiunzione «e» con «o» (i colleghi
ricorderanno la discussione di ieri).
Quella successiva è ancora consequenziale alla nuova formulazione del comma derivante dall'emendamento 1.7000.
Ancora, dall'emendamento 1.7000 deriva la successiva proposta di coordinamento.
Per quanto riguarda il coordinamento al comma 22, lettera b), capoverso lettera c),
quinto periodo, si fa riferimento alle comunicazioni che l'Ufficio
elettorale di Trento deve fare all'Ufficio elettorale nazionale.
Le tabelle menzionate nelle ultime
due proposte di coordinamento si riferiscono la prima alla Tabella A,
allegata al testo che ci è pervenuto dalla Camera, mentre la seconda
alle tabelle A-bis e A-ter e riguarda l'accoglimento dell'emendamento Collina e, in particolare, la riproduzione del facsimile della scheda elettorale recto-verso che è stato votato insieme all'emendamento Collina medesimo.
CALDEROLI (LN-Aut). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALDEROLI (LN-Aut). Signora Presidente,
al di là della contrapposizione che necessariamente dovrebbe esserci fra
maggioranza ed opposizione, pensavo stessimo parlando tra persone
perbene. Non posso non ricordare che ieri, a conclusione della
Conferenza dei Capigruppo - dove per altro si è effettuato un
contingentamento che oggi appare veramente fuori da ogni regola e da
ogni buon senso, perché sono avanzate cinque ore di discussione, quindi
probabilmente abbiamo perso più tempo a fare la Conferenza dei
Capigruppo che a contingentare i tempi - il Governo pose una domanda.
Il Governo mi chiese: avete intenzione di essere
corretti e di non fare problemi sul coordinamento? Per me il
coordinamento è una cosa automatica e formale nel momento in cui si
occupa di coordinare il testo con la base degli emendamenti approvati
dall'Aula. E in questo senso io mi sarei aspettato che ci si muovesse.
Questa mattina ricevo da fonte anonima (forse da quello che ha scritto
l'articolo 19-bis nel decreto di attuazione della delega fiscale)
una proposta di coordinamento formale, che altro non è che un
maxiemendamento con cui andare a riempire i buchi e gli errori che si
sono fatti nei testi presentati, subemendati, su cui è stato presentato
il subemendamento del subemendamento e in Aula abbiamo fatto delle
riformulazioni. Quindi, davanti all'incertezza di questa attività
legislativa, adesso non mi si può venire a dire che è un coordinamento
formale il risopprimere in un certo punto l'equazione di lista perché
nei «conseguentemente» degli emendamenti presentati e approvati ci si è
dimenticati di farlo; questo non è un coordinamento formale.
Ho rivolto un appello a lei, Presidente, perché
nessuno utilizzasse la parola coordinamento per fare qualcosa di diverso
e mi auguro che lei porti fino in fondo questa decisione. Lo dico,
Presidente, perché l'emendamento che è passato e l'emendamento
presentato dalla senatrice Finocchiaro sono una fotocopia identica.
Questo è quello predisposto dal Governo. Ringrazio la stessa presidente
Finocchiaro per aver tolto alcune delle lettere indigeribili. Mandiamo
giù i maiali, i canguri, ma anche questo non ce la facciamo proprio più.
Se si va a leggere il coordinamento all'articolo 103 del Regolamento,
si capisce che riguarda quello che si è approvato in Aula e che presenta
profili di contrasto tra una norma e l'altra. Ce ne potrebbero essere
tanti altri, ma anche superato il punto dove la senatrice Finocchiaro
dice, saggiamente, di eliminare le lettere c) e d), residuano le lettere a) e b).
Con il coordinamento possiamo togliere, aggiungere e addirittura
novellare un testo che abbiamo approvato, ma l'articolo 68 del testo
unico in materia elettorale non l'abbiamo toccato con la legge. Con il
coordinamento andiamo a modificare un testo che non è stato oggetto
delle nostre modifiche? Diamo una legge delega al coordinamento? Io
ricordo che se qualcuno vuole modificare il testo unico, può presentare
degli emendamenti; gli stessi andranno in 5a Commissione per vedere se hanno dei problemi di oneri - lo stesso può accadere in 1a
Commissione - dopodiché gli emendamenti verranno votati con il sistema
elettronico e non per alzata di mano attraverso un coordinamento. Se lei
fa passare anche gli altri punti, vi è una serie di aggiunte.
Addirittura si arriva a introdurre un divieto rispetto ad una norma del
1957. Ci si è accorti oggi che bisogna introdurre un divieto di cui
nessuno ha mai sentito la necessità fino ad ora. Ripeto, per finire con
le buone, che gli emendamenti sono stabili o meno anche sulla base della
responsabilità che qualcun altro può dimostrare. Pertanto, o la
Presidente esamina - con notevole accuratezza - il testo e stralcia
tutto quello che non è oggetto di coordinamento ovvero mi richiamo ai
commi 2 e 3 del medesimo articolo 103, secondo i quali qualora il testo
del disegno di legge sia stato ampiamente modificato - e dell'Italicum
non resta più niente perché è stato completamente cambiato - e il numero
degli emendamenti introdotti sia molteplice può essere incaricata anche
la Commissione di redigere il coordinamento.
Decidete quello che volete, ma se vogliamo
finirla non dico bene, ma con le buone, dovete dimostrare senso di
responsabilità e correttezza. Noi corretti lo siamo stati ma, in caso
contrario, si passa alle cattive maniere. (Applausi dai Gruppi LN-Aut e Misto-MovX).
CRIMI (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CRIMI (M5S). Presidente, già qualcuno ha
richiamato il momento storico del 1953. A lei mi rivolgo, signora
Presidente, perché credo che, in questo caso, sia per lei l'appello.
Ricordiamo il 1953 come un momento in cui volarono tavolette e poltrone
sul Presidente del Senato, che fu costretto a dimettersi nella seduta
per l'approvazione della legge truffa. (Applausi dal Gruppo M5S). Ricordiamolo!
Adesso siamo stati buoni e corretti; siamo stati
buoni e corretti e nessuno può dire che non lo siamo stati. Ripeto:
stavolta siamo stati buoni e corretti, anche al di là di quanto avremmo
dovuto fare davanti a questo disegno di legge. Ma ora siamo davanti al
fatto che viene accolto, con una norma di coordinamento, un emendamento
che è stato bocciato ieri. Un emendamento che avevamo sollecitato che
fosse approvato, adesso viene riproposto. (Applausi dai Gruppi M5S e Misto-MovX e del senatore Cervellini). Questo è vergognoso e dimostra l'incapacità di questo Governo e di questa maggioranza.
Cosa avete approvato? Cosa volete approvare? Non
sapete neanche cosa state approvando. Le manine che hanno messo dentro
il condono fiscale o la legge sui brevetti l'altro giorno sono le stesse
che, all'ultimo momento, inseriscono le norme e i divieti! (Applausi dai Gruppi M5S e Misto-MovX).
Ci sono 23 nuove righe - ripeto: 23 righe, 23
righe! - inserite in un articolo che non era stato neanche toccato dal
disegno di legge elettorale; 23 nuove righe inserite in una norma che
dovrebbe solo servire a sistemare e correggere plurali, singolari,
errori formali e non a rifare la legge elettorale.
Ritorniamo con calma, dopo l'elezione del Presidente della Repubblica, in Commissione e riguardiamo bene questo testo. (Applausi dal Gruppo M5S).
E prima di votarlo, voi chiedete il testo definitivo perché,
altrimenti, ne risponderete tra dieci o vent'anni, quando ci sarà una
nuova dittatura in questo Paese e sarà colpa vostra! Sarà colpa vostra! (Applausi dal Gruppo M5S e del senatore Cervellini).
DE PETRIS (Misto-SEL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Misto-SEL). Signora Presidente, mi sto chiedendo veramente se ci prendete per scemi. (Vivaci commenti dal Gruppo M5S).
Mi chiedo se pensate che, consegnato il testo, nessuno di noi si vada a
guardare che sia rispettato esattamente il fine del coordinamento.
Presidente, ieri, durante la Conferenza dei
Capigruppo - su questo eravamo stati molto chiari - vi avevamo chiesto,
tra l'altro, di avere il tempo di esaminarlo e vi avevamo invitato
preventivamente a presentare un testo che fosse effettivamente di
coordinamento senza elementi spuri. Perché qui, sono citati articoli che
non compaiono nel testo unico. Adesso la Presidente ne ha cambiati
alcuni, ma ce ne sono altri. Qui dentro sono stati superati tutti i
parametri minimi di correttezza. Abbiamo dovuto sopportare un
emendamento-non emendamento che ha prodotto il risultato che tutti noi
conosciamo.
Presidente, nel mio intervento mi sono permessa
di ricordarle che non è più tollerabile una Presidenza che faccia
soltanto gli interessi della maggioranza. In democrazia le procedure e
la loro correttezza non sono un fatto secondario: sono spesso la
sostanza. Quindi, Presidente, lei ha solo due strade davanti. La prima è
quella che dovrebbe percorrere una Presidenza garante delle procedure,
vale a dire espungere dal testo tutte le parti che risultano estranee e
che non sono correzioni puramente formali.
LEZZI (M5S). Senza chiedere il permesso a nessuno!
DE PETRIS (Misto-SEL). Oppure, se lei non fa questo, non c'è altra strada che di deferire il testo della proposta di coordinamento in Commissione.
Signora Presidente, ne abbiamo viste tante.
Abbiamo visto quello che è accaduto quella notte con il maxiemendamento
sulla legge di stabilità: in un clima surreale, ognuno si alzava e
trovava cose sbagliate o cose che non c'erano. Così non si può andare
avanti, signora Presidente. (Applausi dai Gruppi M5S e Misto-MovX).
Ora, noi non siamo né scemi, né vogliamo ancora
una volta farci passare sopra e farci calpestare. Glielo chiedo, signora
Presidente, come ultimo atto di rispetto della dignità di quest'Aula. (Applausi dai Gruppi Misto-SEL, M5S e Misto-MovX).
PRESIDENTE.
C'è stata in pratica una richiesta, da parte del senatore Calderoli,
del senatore Crimi e della senatrice De Petris, di rinviare il testo
alla Commissione. Ai sensi dell'articolo 103, comma 2, del Regolamento,
chiedo all'Aula di votare su questa richiesta. (Vivaci proteste dal Gruppo M5S). Si sa che il Regolamento prevede che l'Assemblea deliberi per alzata di mano, senza discussione.
BUCCARELLA (M5S). Lo deve decidere lei, signora Presidente!
CALDEROLI (LN-Aut). Ma come fai?
SANTANGELO (M5S). Non è così, ma che stai a fare? Cosa votiamo?
BONFRISCO (FI-PdL XVII). È sua la responsabilità!
PRESIDENTE. Metto ai voti la richiesta avanzata dai senatori Calderoli, Crimi e De Petris
Non è approvata. (Vivaci, reiterate proteste dai Gruppi M5S, Misto-SEL e Misto-MovX).
Fermi, non è finita. Un attimo, per favore. L'Aula ha respinto la richiesta. (Applausi ironici dal Gruppo M5S). Per favore, non essendoci il rinvio alla Commissione, come Presidenza...
PAGLINI (M5S). Non è un'assunzione di responsabilità!
PRESIDENTE. Come Presidenza - parlo con la
senatrice Finocchiaro e con tutta l'Aula, per favore - credo che sia
importante che il testo del coordinamento sia esattamente un testo
formale, legato a quanto l'Aula ha votato con gli emendamenti. (Applausi dal Gruppo LN-Aut).
Con questa precisazione e con questa chiarezza sul testo, che mi pare
un elemento di correttezza e di trasparenza fra di noi, è evidente che
ci sono delle parti che, non essendo dentro agli emendamenti, oltre a
quelle di cui la senatrice Finocchiaro ha già detto, vengono espunte.
Con questa chiarezza, ai sensi dell'articolo
103, comma 5, del Regolamento, pongo in votazione per alzata di mano la
proposta di coordinamento che è stata formulata. (Vivaci, reiterate proteste dai Gruppi M5S e Misto-SEL).
SANTANGELO (M5S). Non è così, ma che stai fare?! Devi dire cosa stiamo votando.
PRESIDENTE. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano. Chi è contrario... (Vivaci proteste dai Gruppi M5S e Misto-SEL. Il senatore Crimi fa ripetutamente cenno di voler intervenire).
Senatore Crimi, stiamo votando quelle parti che sono state anche dette...
CRIMI (M5S). Dica quali!
LEZZI (M5S). Leggi il testo, non i foglietti!
PRESIDENTE. Ho espunto le lettere c), d) e conseguenti, che non sono dentro ai testi votati. (Proteste dal Gruppo M5S e della senatrice De Petris).
Senatori, ho detto che ho accolto le proposte... (Vivaci, reiterate proteste dal Gruppo M5S).
Per favore. (Vivaci proteste del senatore Crimi).
SANTANGELO (M5S). Leggi il testo!
PRESIDENTE. Le lettere c) e d) vanno espunte.
DE PETRIS (Misto-SEL). Non c'è solo quello!
SANTANGELO (M5S). Devi leggere il testo.
PRESIDENTE. Colleghi, guardate, la Presidenza ha valutato che tutto ciò che non è attinente a quanto abbiamo votato.... (Vivaci e reiterate proteste dai Gruppi M5S e Misto-SEL).
Non possiamo continuare in questo modo, per favore, state fermi. (Il senatore Crimi fa cenno ripetutamente di voler intervenire. Proteste della senatrice De Petris).
MARTELLI (M5S). Questa è una dittatura. (Vivaci proteste del senatore Giarrusso).
CRIMI (M5S). Presidente, le chiedo la parola per un richiamo al Regolamento.
PRESIDENTE. Colleghi, ho detto quello che la Presidenza ritiene di avere espunto, che sono le lettere c) e d) del comma 16-bis, che sono le stesse che diceva la senatrice Finocchiaro. (Vivaci proteste dal Gruppo M5S e della senatrice De Petris, che fa cenno di voler intervenire).
BONFRISCO (FI-PdL XVII). Deve leggere il testo, Presidente; si deve assumere la responsabilità.
CALDEROLI (LN-Aut). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALDEROLI (LN-Aut). Signora Presidente,
io avevo plaudito alla sua disponibilità a censurare tutto quello che
non fosse coordinamento, ma lei non può venire a dirci che la sua opera
di pulizia è la proposta che fa la senatrice Finocchiaro, perché
rispetto all'articolo 68 anche le lettere a) e b) non c'entrano niente, perché l'articolo 68 del testo unico non viene toccato. (Vivaci commenti dai Gruppi M5S e Misto-MovX).
Lei deve distribuire un testo scritto prima che noi possiamo votare, Presidente. (La senatrice De Petris fa ripetutamente cenni di voler intervenire).
PRESIDENTE. Perfetto.
GIARRUSSO (M5S). Vogliamo vedere il testo.
DE PETRIS (Misto-SEL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Misto-SEL). Signora Presidente, io non posso sentirmi male perché non riusciamo mai a farci dare la parola. Questa storia deve finire. (Applausi della senatrice Bignami). Non è che io devo andare in infermeria perché siete tutti cecati.
Ora, cara Presidente, io sono stata molto
chiara: ci sono altre parti che sono completamente estranee. Lei si deve
assumere la responsabilità di prendersi un quarto d'ora-mezz'ora di
tempo per ripulire questo testo e riportarcelo per iscritto. Chiaro? (Applausi dai Gruppi Misto-SEL, M5S e LN-Aut e dei senatori Bignami e Campanella).
PRESIDENTE. Allora sospendo la seduta per dieci minuti, così facciamo una cosa precisa.
Sospendo la seduta per dieci minuti però voglio che sia chiaro che l'Assemblea ha già votato no al rinvio in Commissione. (Vivaci proteste dal Gruppo M5S).
SANTANGELO (M5S). Ignorante, ignoranti.
AIROLA (M5S). Fate schifo, fate vomitare.
PRESIDENTE. La seduta è sospesa fino alle ore 17.
(La seduta, sospesa alle ore 16,53, è ripresa alle ore 17,11).
Onorevoli colleghi, la Presidenza ha svolto una
ulteriore verifica tecnica, all'esito della quale, pur ritenendo che
tutte le modifiche contenute nella proposta di coordinamento appaiono
conseguenti rispetto agli emendamenti approvati, ha valutato
l'opportunità di espungere un'altra proposta, oltre a quella già
segnalata e condivisa della senatrice Finocchiaro, in quanto non
essenziale ai fini della coerenza complessiva del testo.
L'ulteriore punto che viene tolto è alla seconda pagina della proposta ed è: «Al comma 16-bis), di cui all'emendamento 1.7001, numero 4) sopprimere le parole "come primo e come secondo voto di preferenza"».
Questa è la determinazione assunta dalla Presidenza.
CALDEROLI (LN-Aut). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALDEROLI (LN-Aut). Signora Presidente,
io non vorrei peccare né di superbia né di arroganza, ma qualcuno le
deve aver suggerito esattamente il contrario di quanto bisognava fare.
Infatti, quello che lei vorrebbe espungere ha come riferimento
l'emendamento 1.7001. Ora, che piaccia o non piaccia che siano state
soppresse le parole «come primo e come secondo voto di preferenza» (io
avevo suggerito di sostituire la "e" con la "o"), questa è materia
trattata. Invece, le ripeto, laddove a pagina 1 della proposta di
coordinamento si legge «Dopo il comma 16 inserire i seguenti: «16-bis»,
lì il riferimento all'articolo 68 del testo unico elettorale va tolto
completamente, perché non ve n'è traccia nel provvedimento all'esame
della nostra Aula.
Quindi, manteniamo nell'emendamento 1.7001, numero 4), il riferimento al comma 16-bis), e sopprimiamo l'inserimento «dopo il comma 16», perché quello con il 16-bis)
non c'entra nulla. È il testo unico delle leggi in materia elettorale:
modificarlo con una votazione per alzata di mano per il coordinamento
formale è un colpo di Stato, signora Presidente. (Applausi dai Gruppi LN-Aut e M5S e delle senatrici De Pin e Simeoni).
PRESIDENTE. Adesso non esageriamo.
GIARRUSSO (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIARRUSSO (M5S). Signora Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori affinché le mie parole restino a verbale.
Signora Presidente, questo non è un consiglio
comunale, ma un organo di rango costituzionale di questa Repubblica. Io
la invito a tutelare le mie funzioni di senatore con l'applicazione
pedissequa e puntuale e il rispetto del Regolamento, la cui violazione
questa volta non assume il semplice aspetto di una mera forzatura,
signora Presidente. Qui siamo in presenza di un attentato al
funzionamento degli organi costituzionali, perpetrato da una maggioranza
raccogliticcia e non legittima, non legittimata dal voto dei cittadini (Applausi dal Gruppo M5S).
Di questo, signora Presidente, lei, in quanto ricopre questa carica in
questo momento, e chi la sostiene in questo ambito vi assumete la
responsabilità.
Ove mai dovesse essere votata in questo modo una
norma che non è un testo di coordinamento, ma ben altro, io sarei
costretto a rivolgermi alle autorità competenti, perché questo è un atto
gravissimo di attentato alla Costituzione e al funzionamento del
Parlamento, che non è tollerabile in un Paese Democratico. (Applausi dal Gruppo M5S).
DE PETRIS (Misto-SEL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Misto-SEL). Signora Presidente, quanto alla proposta di soppressione che ha fatto da ultimo con riferimento al comma 16-bis
di cui all'emendamento 1.7001, anche se a mio avviso la soppressione è
corretta, in ogni caso riguarda una questione trattata. Mentre quanto le
ha nuovamente sottoposto il collega Calderoli è assolutamente vero,
poiché l'articolo 68 del testo unico in materia elettorale non è stato
mai trattato: a mio avviso, dovrebbero essere espunte anche le lettere a) e b).
Comunque anche nei consigli comunali, senatore Giarrusso, c'è molto più rispetto delle procedure che in quest'Aula. (Applausi dai Gruppi Misto-SEL e LN-Aut).
CIOFFI (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CIOFFI (M5S). Signora Presidente, rispetto alla sua proposta di modificare il comma 16-bis, rimane il problema delle lettere a) e b). Se ho ben capito, abbiamo votato un emendamento respinto dall'Aula: mi sembra che questo punto non è stato toccato.
Oltretutto, prima le era stato chiesto di
intervenire ai sensi dell'articolo 103, comma 3, del Regolamento. Il
comma 3 spiega proprio quello che noi dovremmo fare, perché dice:
«Indipendentemente dagli atti di impulso previsti dai precedenti commi 1
e 2, quando nel testo del disegno di legge siano stati introdotti
molteplici emendamenti, la votazione finale è differita alla seduta
successiva, per consentire alla Commissione ed al Governo di presentare
le proposte di cui agli anzidetti commi; tuttavia, in casi di
particolare urgenza, il Presidente, apprezzate le circostanze, ha
facoltà di rinviare la votazione stessa ad una successiva fase della
medesima seduta».
Quindi la votazione che lei ha fatto non incide
sul comma 3, perché lei si deve assumere la responsabilità di scegliere
cosa fare e non può demandare all'Aula questa responsabilità
nascondendosi dietro il voto avvenuto sul comma 2. (Applausi dai Gruppi M5S e LN-Aut)
PRESIDENTE. Assolutamente.
CIOFFI (M5S). Quindi mi permetta di dire che lei si assume tutta la responsabilità di quanto stiamo facendo.
PRESIDENTE. Sono d'accordo. Mi assumo la responsabilità che necessita di essere assunta dalla Presidenza.
A questo punto, oltre alle lettere c) e d)
che la senatrice Finocchiaro aveva espunto dal testo del coordinamento,
c'è quanto la Presidenza ha proposto di espungere ulteriormente, che ho
già letto e non ripeto; nello stesso tempo c'è la proposta del senatore
Calderoli, della senatrice De Petris e, se non ho capito male...
ENDRIZZI (M5S). Non metta ai voti anche questa!
PRESIDENTE. La democrazia però è voto.
Chiedo quindi all'Assemblea di esprimersi sulla
proposta avanzata dal senatore Calderoli di espungere anche la parte
poc'anzi indicata. (Vivaci proteste dal Gruppo M5S). Metto pertanto ai voti tale proposta.
CIOFFI (M5S). La responsabilità è tutta della Presidenza, non dell'Assemblea!
VOCI DAL GRUPPO M5S. Vergogna! Vergogna! Non è responsabile l'Assemblea!
PRESIDENTE. Non è approvata. (Applausi ironici dal Gruppo M5S).
VOCI DAL GRUPPO M5S. Vergogna! Vergogna!
PRESIDENTE. Mi assumo a questo punto la
responsabilità di mettere ai voti la proposta di coordinamento C1, ai
sensi dell'articolo 3, comma 5, del Regolamento.
Metto ai voti la proposta di coordinamento C1 (testo 2). (Vivaci proteste dal Gruppo M5S).
È approvata.
Ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del
Regolamento, indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo del
disegno di legge n. 1385, nel testo emendato.
(Segue la votazione). (I senatori del Gruppo LN-Aut si levano in piedi mostrando le mani levate in alto. Vivaci proteste dal Gruppo M5S).
VOCI DAL GRUPPO M5S. Vergogna! Vergogna!
PRESIDENTE. Il Senato approva. (v. Allegato B). (Applausi ironici dai Gruppi M5S e Misto-SEL. Reiterate proteste dal Gruppo M5S).
Risulta pertanto assorbito il disegno di legge n. 1449.
Sospendo la seduta per cinque minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 17,22, è ripresa alle ore 17,29).