Ho votato per il PD
Non sono un'elettrice pentita: era l'unica scelta per me e avevo anche delle speranza. Non speravo in una vittoria, ma in un cambiamento, sia pure dall'opposizione. Questo primo periodo è preoccupante più che deludente, perché il PD sembra non essere in grado o non avere voglia di fare un'opposizione efficace alle azioni messe in atto da Berlusconi con il suo seguito governativo e parlamentare. Non ho mai creduto al Berlusconi statista (l'uomo ama le maschere e le cambia con una disinvoltura fin troppo nota), tuttavia non mi aspettavo l'ultima dirompente rinascita del "caimano". E l'opposizione? E Veltroni? Copio e incollo delle analisi che mi aiutano a capire.
Saper fare l'opposizione di Giovanni Sartori
L’opposizione muro contro muro, sempre, ad ogni costo, del Prodi-pensiero sembrava relegata al passato. Purtroppo sembra riemergere. Per colpa di chi? Questa volta di Berlusconi. È lui che dopo un felice esordio rompe il tessuto del dialogo ricadendo nell’antico vizio di usare il potere a proprio vantaggio, di tutelare i suoi interessi privati in atti di ufficio. Berlusconi quando si occupa di se stesso è sempre risolutissimo, si appella sempre alla volontà popolare, e oggi al fatto di essere sostenuto da un consenso del 60 e passa per cento. Ma il consenso elettorale non è un consenso «specifico », ma un consenso all’ingrosso. E il punto è se l’elettorato berlusconiano si rende conto della gravità del caso. Provo a spiegarlo con esempi. Mettiamo che Tizio sia proprietario di una banca, e che come tale stabilisca di poter prelevare quanti soldi vuole. Va bene? No, non va bene. Poniamo che Caio sia capo della polizia, che uccida la moglie e che stabilisca che la polizia non può indagare su di lui. Va bene? Direi di no. Tornando a Berlusconi, lui è capo del governo e come tale vuole essere intoccabile. Ha ragione? Vediamo. L’immunità dei parlamentari è un istituto antico che si afferma, nelle monarchie assolute, per proteggerli dal sovrano. Giusto. Oggi, peraltro, i monarchi assoluti non esistono più. Così la protezione è diminuita: è fornita dalla autorizzazione a procedere. Che però al Cavaliere non serve, visto che il processo che lo preoccupa (il caso Mills) andrà a sentenza tra pochi mesi. Pertanto chiede, per salvare se stesso, un emendamento che rischia di mandare al macero fino a 100 mila procedimenti; e qui siamo davvero fuori proporzione. Non contento, il Nostro riesuma anche la ex Schifani per blindarsi senza fine. Questo secondo provvedimento prevede l’immunità nell’esercizio delle proprie funzioni per 19 casi, incluso ovviamente il suo. E tutti sanno che dopo Palazzo Chigi Berlusconi conta subito di salire per sette anni al Quirinale. Se non siamo ancora a una immunità a vita, siamo nei paraggi. In frangenti come questi, una opposizione «responsabile » (così, bene, Piero Ostellino) cosa può fare per rendersi efficace, il più efficace possibile? Deve presentare contro- progetti che obblighino la maggioranza a discuterli. Nel caso del primo emendamento il suggerimento ragionevole per alleggerire un carico di arretrati giudiziari che è davvero irragionevole, è di accantonare tutti i procedimenti inutili, inutili perché finirebbero in prescrizione. E nel secondo caso la controproposta ragionevole potrebbe essere di concedere l’immunità a tutti i parlamentari che la richiedono, a patto, però, di non essere rieleggibili alla scadenza del loro mandato fino alla sentenza definitiva del procedimento a loro carico. Perché nessuno può essere al di sopra della legge a vita. Lo sono, appunto, i dittatori. Solo loro, vorrei sperare. Leggo che il presidente Napolitano è irritato e molto perplesso. Ne ha ben donde. Il «pacchetto sicurezza » gli sta bene; ma deve inghiottire per questo anche il «pacchettino» salva- Berlusconi? Il suo predecessore, presidente Ciampi, non usò mai — per negare al governo l’autorizzazione a procedere —l’art. 87 della Costituzione; e così fu poi tutto un cedere. Napolitano ha davvero motivo di meditare a fondo. (Il Corriere della Sera - 21 giugno 2008 )
L'opposizione anomala di Barbara Spinelli
Spesso chi ci guarda da fuori dice qualcosa su noi e la nostra storia che è difficile dire a se stessi e perfino pensare. Di questo nostro terzo occhio possiamo risentirci o esser grati: comunque avremo l’impressione d’ascoltare una non improbabile verità. Nel mezzo d’un attonito imbarazzo un ange passe: un angelo passa, dicono i francesi. Accade nella vita degli individui come delle nazioni, e l’Italia non è l’unica a sperimentarlo. La Francia ha iniziato a scrutare dentro il proprio passato fascista grazie allo storico americano Robert Paxton, nel '66: l’angelo passò e i francesi impararono a vedere nel vasto buio della collaborazione. Chi guarda da fuori non è necessariamente uno straniero: può anche essere un connazionale che riesce a guardare da una certa distanza, che è meno fasciato da bende linguistiche patrie. Così è stato per l'Italia nell'ormai lunga epoca dominata da Berlusconi. La parola che più spesso la definisce è, da anni, «anomalia democratica»: il terzo occhio questo vede, anche quando comprende l’inquietudine della maggioranza che l’ha votata.
Sull’anomalia di Berlusconi molto è stato scritto, negarla è difficile. È anomalo il conflitto d’interessi. È anomalo che un governante controlli tutte le tv private e, se è al potere, anche le pubbliche. È anomala la naturalezza con cui, quando è Premier, cura i propri interessi e fabbrica leggi che gli evitino processi. È anomalo il fatto che continuamente si indaghi su di lui per corruzione, anche di giudici. Visti da fuori, i magistrati non sembrano eversori. Tutto questo non sorprende più molto: l’anomalia è nota ai più. Molto meno si è scritto invece sull’anomalia dell’opposizione: anomalia che crea ripetuto sgomento, in chi ci osserva con quel terzo occhio. Un’opposizione così impaurita di sé, così ansiosa d’apparire dialogante e conciliante, si vede di rado nelle democrazie. L’articolo dell’Economist del 12 giugno è rivelatore perché del tutto privo dei nostri infingimenti, come in passato lo è stato su Berlusconi. Questa volta lo sbigottimento si sposta su Veltroni: anche se il leader dell’opposizione ha scelto uno «stile Westminster» (governo ombra, fair play formale) «non c’è assolutamente nulla di britannico» nella sostanza del suo agire. Un’opposizione all’inglese, scrive l’Economist, non avrebbe esitato a indagare su Schifani - dopo le rivelazioni di Abbate e Travaglio - scoraggiando la sua nomina a presidente del Senato. Non avrebbe esitato a denunciare le bugie sulla cordata italiana pronta a comprare Alitalia in condizioni migliori di Air France. Avrebbe alzato una barriera contro il reato d'immigrazione clandestina, il divieto d’intercettazione per crimini tutt’altro che minori, le leggi che sospendono un enorme numero di processi (compresi i processi a Berlusconi; il processo per le violenze contro i manifestanti al vertice G8 del 2001; il processo sulle morti causate dall'amianto). La militarizzazione delle città crea straordinari consensi di italiani, infine, senza perciò divenire ordinaria.
Questa fatica-riluttanza a opporsi non solo è poco britannica. È poco francese, tedesca, americana. Perché nessuno, in questi Paesi, teme di apparire quel che è: inequivocabilmente oppositore, portato a dire no e a mostrare sempre quella che potrebbe essere l’alternativa al governo presente. Non mancano naturalmente le eccezioni: nell’emergenza alcune scelte sono condivise. Ma sono eccezioni, appunto: i politici sanno che le emergenze fiaccano la democrazia proprio perché aboliscono il conflitto, deturpano i modi di dire, demonizzano l’opposizione, parlamentare o giornalistica. Vogliono presto tornare a dividersi e appena possono lo fanno.
Così si comportano, senz’alcuna remora, i socialisti francesi, i democratici Usa, i conservatori inglesi: quando attaccano o contrattaccano, non si sentono in dovere di spiegare i motivi profondamente torbidi per cui hanno interrotto il dialogo. Non danno a questo opporsi il nome indecoroso di antiriformismo o massimalismo. Non sono accusati dalla stampa di «pura agitazione», di «precipitare nel rivoluzionarismo verbale». Nessuno si sognerebbe di accusare i democratici Usa di antibushismo, o la sinistra francese di antisarkosismo. Sono eccettuati i Paesi con larghe intese: in Germania i socialdemocratici non attaccano la Merkel perché la necessità li ha spinti nella Grosse Koalition. Nessuno dei due la voleva, ma hanno dovuto farla e non vedono l’ora di smettere, e riprendere la classica dialettica fra chi governa assumendosene le responsabilità e chi si oppone preparando il ricambio. In Italia non c’è Grande Coalizione ma una strana invasiva idea del decoro impone il linguaggio da Grande Coalizione.
In Italia si fatica a dare un nome al governo Berlusconi: un regime paradossale che promette sicurezza e lede la rule of law. Che fa ardite leggi finanziarie e sottovaluta la cultura della legalità. Ma ancor più impervio è dare un nome all’opposizione. Il Pd si oppone ma non vuol essere antiberlusconiano, si oppone ma non vuol farlo con la determinazione - peraltro rara - dell’Ulivo. Si oppone nell’impaccio, quasi avesse alle spalle severissime offensive: contro il conflitto d’interessi, contro le leggi ad personam. Nulla di questo è stato fatto eppure s’espande la paura di apparire antiberlusconiani, non nella realtà dei fatti ma nell’immaginario della pubblica chiacchiera.
Il clima nelle ultime ore sembra mutato, ma siccome alcune tendenze restano converrà indagare sulle radici di questo immaginario fatto di timori e fantasmi. Una delle radici è forse nella storia del Pci, evidentemente ancora inconclusa o mal conclusa. Non più comunisti, ormai liberali, gli eredi di Togliatti sono alla ricerca di un’identità introvabile ma una cosa sanno e desiderano: tutto vogliono essere, fuorché sembrare quello che sono stati in passato, cioè oppositori intransigenti. È l’intensità dell’opporsi che giudicano deleteria, molto più dell’ideologia che per decenni la sorresse. Abbandonata l’ideologia anche l’opporsi in sé viene abbandonato, come qualcosa di cui ci si vergogna, che sveglia un fantasma sgradito: il proprio. Scrive Paolo Flores d’Arcais sull’Unità che Veltroni non sa dire sì sì, no no. In realtà non oscilla: ha un rapporto malsano con il no, associandolo al no massimalista detto per mezzo secolo dai comunisti dell’Est e dell’Ovest.
Per la verità prima ancora di cambiar nome i riformatori postcomunisti avevano cambiato linea. Ma la cambiarono nell’economia, più che su Stato di diritto e rule of law. Ricordo i tempi in cui chi si congedava dai totalitarismi, in Est Europa, era affascinato da Pinochet. Pinochet aveva abolito la rule of law, ma aveva scommesso sul capitalismo con notevole successo, e questo piaceva al postcomunismo. Quel che non gli piaceva era ben altro, e gli incuteva panico. Panico di somigliare alle sinistre radicali, figure redivive del proprio passato. Panico, oggi, di fronte a chi fa dura opposizione concentrandosi innanzitutto sulla rule of law (Di Pietro, Bonino). Il discredito che colpisce i girotondi (ma che hanno fatto di sovversivo?) è segno di questa pavidità e del conformismo che secerne. Il confluire di tradizioni democristiane nel Pd non aiuta. Avvinti gli uni agli altri, i finti affratellati pencolano nel vuoto.
I massimi dirigenti del Pd hanno grandi tremori e forse non sarebbe male che cominciassero a parlarne. Altrimenti chi guarda da fuori continuerà a sbigottirsi: più sorpreso da questi tremori, in fondo, che da Berlusconi. Tra l’Italia e le altre democrazie si sta aprendo un baratro più vasto di quello che immaginiamo: non solo tra governanti diversi ma tra oppositori, giornalisti, sindacati diversi. Quasi non ce ne accorgiamo. Non ne usciremo dicendo che siamo così complicati e che nessuno, fuori casa, è in grado di capirci. (La Stampa - 22 giugno 2008)
le tue righe iniziali e le ultime di barbara spinelli..io non ho votato Pd, ma l'amarezza è comune.C'è una crisi di rappresentanza.C'è un venir meno dell'intellettuale collettivo di Gramsci.E la controparte, con la tv, ha conquistato le casematte della concezione del mondo comune.
RispondiEliminaDobbiamo attrezzarci a ricostruire le ragioni di una coscienza solidale
le tue righe iniziali e le ultime di barbara spinelli..io non ho votato Pd, ma l'amarezza è comune.C'è una crisi di rappresentanza.C'è un venir meno dell'intellettuale collettivo di Gramsci.E la controparte, con la tv, ha conquistato le casematte della concezione del mondo comune.
RispondiEliminaDobbiamo attrezzarci a ricostruire le ragioni di una coscienza solidale
Anch'io ho votato PD e gradirei una opposizione più incisiva e determinata soprattutto contro quei provvedimenti liberticidi che vogliono far passare. Non fa niente se si perde altro consenso l'importante è dire e battersi per la verità. L'analisi del prof. sartori è ineccepibile ma non fermerà la volontà di quel signore che si definisce democratico. Ma de che?
RispondiEliminaBuona domenica, cara Harmonia.
Anch'io ho votato PD e gradirei una opposizione più incisiva e determinata soprattutto contro quei provvedimenti liberticidi che vogliono far passare. Non fa niente se si perde altro consenso l'importante è dire e battersi per la verità. L'analisi del prof. sartori è ineccepibile ma non fermerà la volontà di quel signore che si definisce democratico. Ma de che?
RispondiEliminaBuona domenica, cara Harmonia.
Ma perchè autoassolversi?! Siete noiosi...
RispondiEliminaAmmettete di essere contenti della vostra vita in questa società...
Ammettete di essere il Nemico che fate finta di combattere dalle vostre fetide pagine autocompiacenti...
Ammettete il vostro peccato originale.
Criticate l'opposizione solo perchè non fa dell'antiberlusconismo la sua bandiera, in modo da pulire le vostre coscienze e non l'avete criticata dal 92 in poi, quando era palese che l'unico suo dogma politico era il Libero Mercato: le Privatizzazioni, le Liberalizzazioni (favori all'oligarchia), l'appartenenza alla filosofia militare americana, i tagli alla spesa pubblica, i favori alle banche, la flessibilità nel mercato del lavoro, le discariche ed i termovalorizzatori di Impregilo (benetton, agnelli, ligresti......)...etcetcetcetcetc
Fate un favore a voi stessi e starete meglio, ammettete!
Silvio è la naturale conseguenza del vostro modo di essere e di esistere.
Ma perchè autoassolversi?! Siete noiosi...
RispondiEliminaAmmettete di essere contenti della vostra vita in questa società...
Ammettete di essere il Nemico che fate finta di combattere dalle vostre fetide pagine autocompiacenti...
Ammettete il vostro peccato originale.
Criticate l'opposizione solo perchè non fa dell'antiberlusconismo la sua bandiera, in modo da pulire le vostre coscienze e non l'avete criticata dal 92 in poi, quando era palese che l'unico suo dogma politico era il Libero Mercato: le Privatizzazioni, le Liberalizzazioni (favori all'oligarchia), l'appartenenza alla filosofia militare americana, i tagli alla spesa pubblica, i favori alle banche, la flessibilità nel mercato del lavoro, le discariche ed i termovalorizzatori di Impregilo (benetton, agnelli, ligresti......)...etcetcetcetcetc
Fate un favore a voi stessi e starete meglio, ammettete!
Silvio è la naturale conseguenza del vostro modo di essere e di esistere.
l'analisi in questi due articoli è illuminante, ma solo fino ad un certo punto. mi chiedo per quale motivo il governo Prodi-D'alema di dieci anni fa non abbia mai voluto affrontare il problema del conflitto di interessi, perchè Veltroni si sia preso Costanzo (tessera P2 numero 1819) come collaboratore, perchè abbiano voluto Mastella a ministro della giustizia. Perchè il lavoro precario abbia avuto una accelerazione nel silenzio indifferente di quelli che oggi sono nel PD (ed anche molti della sinistra oggi extraparlamentare).
RispondiEliminaCarissima, un saluto veloce ed un fuori tema, forse. Occorre masticare solo un po' d'inglese...
RispondiEliminahttp://www.ft.com/cms/s/0/0788fa5e-4318-11dd-81d0-0000779fd2ac.html
Buon w/e ed, al solito, tpnO.
Carissima, un saluto veloce ed un fuori tema, forse. Occorre masticare solo un po' d'inglese...
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Buon w/e ed, al solito, tpnO.