Avvocato, presidente coordinatore della Federazione italiana dei Circoli di Giustizia e Libertà
Ridere per non piangere!
L'
art. 57 della riforma costituzionale (contenuto nell'art. 2 della legge), in ordine alla nomina/elezione dei consiglieri-senatori, essendo norma costituzionale, si applica automaticamente ai consiglieri delle regioni a statuto ordinario, anche in deroga alle rispettive norme statutarie.
La disposizione transitoria contenuta nel comma 13 dell'art. 39, nella parte in cui esclude le regioni a statuto speciale soltanto dall'applicazione del
nuovo Titolo V Cost.(a sua volta contenuto nel capo IV della riforma ), fa intendere che il nuovo art. 57 si applica anche alle regioni a statuto speciale.
Le regioni a statuto speciale, quindi, al pari delle regioni a statuto ordinario, nomineranno/eleggeranno i consiglieri-senatori, i quali però, un attimo dopo, si troveranno a rivestire due mandati reciprocamente incompatibili, in forza dei rispettivi statuti, che, essendo norme costituzionali speciali, comunque prevalgono sulla norma costituzionale generale posteriore, per il principio "lex etiam posterior generalis non derogat legi etiam priori speciali".
Conseguentemente i consiglieri-senatori delle regioni a statuto speciale dovranno optare per l'uno o l'altro incarico e sarebbe ragionevole attendersi che optino per il mandato senatoriale. A questo punto, però, scatterebbe la norma dell'art. 57, comma 6, secondo cui, quando sarà fatta, anche mai non essendovi termini perentori, la legge bicamerale che dovrà regolare l'elezione dei neo-senatori, o meglio come tenere conto dell'indicazione degli elettori per i consigli regionali che eleggono i senatori al proprio interno, sarà necessario prevedere la loro sostituzione per essere cessati dalla carica elettiva regionale.
Comunque, da subito, ai sensi del nuovo art. 66 (
cfr. art. 7 della "riforma"), il Senato dovrebbe prendere atto della cessazione della carica elettiva regionale e della conseguente decadenza dalla carica di senatore. Un vero cortocircuito!
E nel frattempo, i neo-senatori in questione non riceveranno alcuna indennità per tale loro incarico, e ciò in ragione del
nuovo art. 69 Cost, che prevede l'indennità parlamentare per i soli membri della Camera. E tuttavia, essendosi dovuti dimettere da consiglieri regionali in ragione dell'incompatibilità tra i due mandati, avranno anche perso l'indennità di consiglieri regionali.
Lo stato dell'arte è il seguente (sintetizzando) e tenutosi conto e del principio di gerarchia delle fonti e del principio di specialità e che regola la successione delle leggi nel tempo:
1. Per le Regioni a statuto ordinario che prevedono l'incompatibilità, la norma costituzionale Renzi/Boschi (art.57) prevale, nel senso di rimuovere la causa di incompatibilità.
2. Per le Regioni a statuto speciale, l'incompatibilità potrà essere rimossa solo con una diversa legge statutaria costituzionale. L'art.39 co.13, disposizione "transitoria", è da ritenere ragionevolmente norma sistematica quando prevede che la revisione degli statuti dei 5 superstati sia subordinata a "intese" con lo Stato centrale, giacché diversamente verrebbe meno la "specialità" da riferire all'intero articolato statutario.
3. Va da sé che, fino alla modifica degli statuti speciali (sempre che intervenga nel senso di rimuovere l'incompatibilità), la nomina ("elezione") di consiglieri senatori in quelle Regioni per produrre effetti richiederebbe le dimissioni dalla carica di consigliere di ciascun neosenatore.
Il che renderebbe impossibile il cumulo delle funzioni e la strombazzata "rappresentanza" del territorio di appartenenza da parte dei medesimi. Per di più rimasti in tal caso senza indennità devoluta dai consigli di appartenenza.
Potrebbe anche prospettarsi in tal caso una intrinseca ragione di decadenza dalla carica senatoriale (deliberata dallo stesso Senato), per assenza della qualificazione duale propria della carica, come indicata dall'art.57 (senatore part time e consigliere).
Un pasticcio enorme e scandaloso, capace di impedire e comunque ritardare sine die la integrale costituzione dell'organo senatoriale e di offendere il residuale senso del diritto di un popolo che ne è stato la culla.