martedì 27 settembre 2011


Flying Over Planet Earth 

 Miniatura

What does it feel like to fly over planet Earth?  


Image Credit:
NASA; Acknowledgement: Infinity Imagined 

Explanation: Have you ever dreamed of flying high above the Earth? Astronauts visiting the International Space Station do this every day, circling our restless planet twice every three hours. A dramatic example of their view was compiled in the above time-lapse video from images taken earlier this month. As the ISS speeds into the nighttime half of the globe, familiar constellations of stars remain visible above. An aerosol haze of Earth's thin atmosphere is visible on the horizon as an thin multi-colored ring. Many wonders whiz by below, including vast banks of white clouds, large stretches of deep blue sea, land lit up by the lights of big cities and small towns, and storm clouds flashing with lightning. The video starts over the northern Pacific Ocean and then passes from western North America to western South America, ending near Antarctica as daylight finally approaches.  






 


 


 Flying Over Planet Earth 
 

domenica 25 settembre 2011

giovedì 1 settembre 2011


Voglio conoscere quale Dio si candida alla Casa Bianca
di Bill Keller



 La Repubblica” del 1° settembre 2011 

(AIUTO!!!!!!!!!!!!!!!)


 



Immaginiamo che un candidato alla presidenza Usa affermi di credere che gli alieni arrivati dallo spazio dimorano tra noi: questo influirebbe sulla vostra propensione a votare per lui? Per quanto mi riguarda, potrei non escluderlo su due piedi. Una preponderanza di americani è convinta che i Visitor siano già arrivati tra noi, e del resto, chissà… In ogni caso, di sicuro rivolgerei a questo candidato alcune domande. Per esempio: da dove attinge tale informazione? Comunica con gli alieni? Sa se hanno un piano economico?

E invece, quando si tratta di convinzioni religiose dei
nostri candidati alla presidenza, siamo sempre un po' riluttanti a indagare troppo aggressivamente in queste faccende. Durante la riunione del Partito repubblicano dell'Iowa a Michele Bachmann è stato chiesto che cosa intendesse dire quando ha affermato che la Bibbia la obbliga a "essere sottomessa" al marito.
Di lì a poco si sono sentiti parecchi fischi. Sia chiaro: per la domanda, non per la risposta.

Prevale la sensazione, avvalorata dagli stessi candidati, che il rapporto tra un candidato e il suo Dio sia terreno alquanto delicato, addirittura privilegiato, tranne quando può tornare utile per mobilitare la base dei fedeli e aprirne il portafogli. La stagione delle primarie di quest'anno del partito repubblicano ci offre
un'occasione interessante per affrontare i nostri scrupoli inerenti alla riservatezza della religiosità nella vita pubblica.
E per superarli. C'è un numero insolitamente grande di candidati, tra i quali anche presunti favoriti, che appartengono a confessioni religiose misteriose o quanto meno sospette a molti americani.

Mitt Romney e Jon Huntsman sono mormoni, quindi appartengono a una confessione religiosa che molti cristiani conservatori hanno appreso essere un "culto". Molti altri la giudicano semplicemente eccentrica. (Huntsman assicura di non essere "eccessivamente religioso"). Rick Perry,

Michele Bachmann e Rick Santorum sono tutti affiliati a un vivace sottoinsieme di chiese cristianoevangeliche, peculiarità che ha sollevato preoccupazioni in merito al loro concetto di separazione tra Chiesa e Stato, per non parlare della separazione tra fatti e fiction.

Francamente, non mi interessa se sotto i jeans aderenti di Gap Mitt Romney indossi biancheria approvata dai mormoni, né se crede che le storie degli antichi profeti americani siano state incise su tavole d'oro e sepolte in Upstate New York. E nemmeno se il profeta che fondò il mormonismo praticò davvero la poligamia (in seguito sconfessata dalla chiesa nel 1890).

Ogni dottrina religiosa ha una sua eredità spirituale. Ogni dottrina religiosa ha propri principi che appariranno sempre stravaganti a chi non ne fa parte. Io sono cresciuto credendo che un sacerdote potesse trasformare un'ostia nella carne vera di Cristo. Tuttavia, non mi interessa sapere se un candidato ripone fedeltà nella Bibbia, nel Libro dei Mormoni (il testo sacro, non il musical di Broadway), o in qualche autorità più in alto rispetto alla Costituzione e alle leggi di questo paese.

A me interessa che un presidente rispetti la vera scienza e la storia documentabile. Insomma, che appartenga a quella che un funzionario di un'amministrazione precedente una volta definì sprezzantemente "la comunità radicata nella realtà". Mi interessa che una dottrina religiosa non diventi un pretesto per escludere alcuni miei connazionali dai diritti e dalle tutele che il nostro paese garantisce. E mi interessa moltissimo se un candidato diventa una sorta di cavallo di Troia per una setta che crede di aver ricevuto direttamente da dio istruzioni su come dovremmo essere governati.

Di conseguenza, quest'autunno presterò una maggiore attenzione a ciò che i candidati diranno a proposito della loro fede religiosa, e a ciò che hanno detto in passato e potrebbero decidere di minimizzare nel tentativo di riscuotere maggiore rispettabilità presso le masse.

Dal suo illuminante profilo tracciato sul New Yorker da Ryan Lizza, ho appreso per esempio che tra chi ha ascendente su Michele Bachmann ci sono mentori spirituali e politici che predicano l'"infallibilità" letterale della Bibbia, persone secondo le quali i cristiani dovrebbero diffidare delle idee proposte da chi non è cristiano, che credono che l'omosessualità sia un'"infamia", che raffigurano il Sud di prima della Guerra civile come un bel posticino per gli schiavi, e che invocano il "dominionismo", il principio secondo cui ogni istituzione della Terra dovrebbe essere guidata da
cristiani, e solo da loro.

Avendo letto alcuni articoli sul Texas Observer e sul Texas Monthly, ho scoperto che i sostenitori dominionisti di Rick Perry, tra i quali vi sono anche molti evangelisti, hanno ricevuto dal medesimo un ruolo di primo piano nell'enorme raduno di preghiera da lui organizzato all'inizio di questo mese e denominato "the Response".

Per quanto ne so, né Bachmann né Perry hanno giurato fedeltà ai dominionisti. Forse sono loro sfuggiti alcuni brani nei libri e nelle prediche dei loro fratelli spirituali. I miei amici texani ben informati mi hanno spiegato che il rapporto di Perry con questa frangia spirituale è puramente pragmatico, e che è molto più probabile che sia lui a dominare il movimento del contrario. In ogni caso, come abbiamo visto già per il Tea Party (altro movimento politico cavalcato da Perry agli inizi), il sostegno di un gruppo di elettori non è esente da pastoie né da conseguenze.

A ogni buon conto informiamoci, chiediamo. Nell'ultima campagna per le presidenziali sul candidato Barack Obama sono state esercitate notevoli pressioni affinché egli prendesse le distanze dal suo pastore, che portava alle estreme conseguenze il risentimento razziale. Il candidato John McCain, invece, è stato costretto a rifiutare il sostegno di un predicatore che aveva offeso cattolici
ed ebrei. Non vedo proprio, di conseguenza, perché Perry e Bachmann dovrebbero essere esentati da una simile serie di domande.

Rivolgere domande ai candidati, in modo educato, per ottenere informazioni sulla loro fede religiosa non dovrebbe servire da pretesto per diventare bigotti o paranoici. Ricordo ancora quando da bambino, cresciuto nella Chiesa cattolica, mi sentii disorientato e ferito dalle varie congetture che si facevano sul cattolicesimo di John Kennedy e in particolar modo se egli dovesse prendere ordini dal Vaticano. (Kennedy affrontò e liquidò in buona parte la questione della sua fede religiosa, come ha cercato di fare anche Romney nel 2007 con un discorso nel quale sottolineò ciò che il suo orientamento religioso ha in comune con le confessioni cristiane più in voga).

Naturalmente, informarci sulla fede religiosa di un candidato non dovrebbe distoglierci dal riporre attenzione anche ai temi dell'economia e della guerra. Vale nondimeno la pena appurare se un candidato ha una mentalità aperta nei confronti di notizie che non rientrano scrupolosamente tra i suoi preconcetti.

Giusto per smuovere le acque, ho spedito ai candidati succitati un piccolo questionario. Queste sono alcune delle domande che vi compaiono:

 




  • È d'accordo con quegli esponenti religiosi che affermano che l'America è una "nazione cristiana" o "giudeo-cristiana"? Che cosa significa ciò in pratica?


  • Avrebbe qualche esitazione a nominare un musulmano a un seggio federale? E un ateo?


  • Qual è la sua posizione nei confronti della teoria dell'evoluzione? Crede che la si dovrebbe insegnare nelle scuole pubbliche?
     



Oltre a ciò, ho rivolto anche domande specifiche ai vari candidati. Ho chiesto al governatore Perry di spiegare i suoi rapporti con David Barton, fondatore del movimento evangelico WallBuilders, che predica che l'America dovrebbe avere un governo "fermamente radicato nei principi della Bibbia" e che la Bibbia offre esplicitamente consigli su come governare, per esempio anche in tema di fisco.
Giacché Barton in passato ha dato il proprio appoggio a Perry, sarebbe interessante sapere se il governatore è in disaccordo con lui.

E che dire di John Hagee, l'evangelista texano che ha definito il cattolicesimo una "teologia senza dio dell'odio", e che ha dichiarato che l'Olocausto rientrava nei piani divini per mandare gli ebrei in Palestina? Nella campagna del 2008, McCain disconobbe l'appoggio datogli da Hagee. Questa volta, si è saputo che il predicatore ha deciso di concedere ufficialmente la propria benedizione alla campagna di Perry. Mi chiedo se sarà accolta.

In una mia lettera alla repubblicana Bachmann le ho chiesto informazioni in merito al documentario  prodotto l'anno scorso da un gruppo oggi noto come "Truth in Action Ministries", nel quale lei sposava l'idea che tutti i soldi destinati al social welfare dovessero provenire da donazioni volontarie, e non dalle tasse governative. È dunque questo uno degli obiettivi che si prefigge di raggiungere qualora fosse eletta alla presidenza? Infine, sono curioso di sapere se continua a raccomandare quella biografia di Robert E. Lee scritta da J. Steven Wilkins, nella quale si sostiene
che la Guerra civile fu uno scontro tra il Sud cristiano e il Nord senza dio. Wilkins scrive infatti che nel Sud, contrariamente all'idea che ci si è fatti di schiavi vittime, prevalsero "unità e amicizia tra le razze", in quanto esse condivisero un'unica fede.

Sul sito nytimes.com posteremo le risposte dei candidati, se ne arriveranno. E se non risponderanno, continueremo a rivolgere loro sempre le stesse domande. Quelle che riguardano la fede religiosa, infatti, sono faccende davvero molto importanti.
 
Traduzione di Anna Bissanti

(Bill Keller è direttore esecutivo del New York Times)

dal sito:    



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