lunedì 26 giugno 2006

LA COSTITUZIONE E' DI TUTTI


Il referendum con la enorme prevalenza dei NO salva la Costituzione della Repubblica Italiana e salva la nostra democrazia. Allora voglio riappropriarmi di ciò che è nostro da sempre, e levare il grido sportivo, ma non solo, che da più di un decennio mi era rimasto soffocato in gola:


FORZA  ITALIA!



Buona fortuna Italia!


Dopo il lungo incubo buio del berlusconismo e del leghismo, ricominciamo il cammino, con qualche speranza. Ricominciamo la fatica del progresso e del cambiamento, ricominciamo con una nuova saggezza e con una nuova lungimiranza politica e civile, nello spirito della Costituzione stessa. E i primi punti fondamentali sono il riconoscimento della necessità imprescindibile delle riforme a larga maggioranza, sul piano istituzionale, e  il senso alto degli interessi nazionali, sul piano etico-politico e culturale. Ora mi aspetto molto dal nuovo governo e dal nuovo parlamento. Si muovano, insomma!


FORZA ITALIA! FORZA ITALIANE E ITALIANI!



Tale Speroni, leghista "padano" ma anche "eurodeputato italiano", ha dichiarato: "Gli italiani fanno schifo e l'Italia fa schifo. Perchè non vuole essere moderna e hanno vinto quelli che vogliono vivere alle spalle degli altri". Lo registro a fatica, non per rinfocolare polemiche, ma per sottolineare il pericolo a cui noi, italiane e italiani, siamo sfuggiti, vincendo anche contro la pubblicità ingannevole delle televisioni (e anche questo non è poco).



Le nostre bandiere in laguna, parco di San Giuliano


Caro diario, sul piano personale mi dispiace che in Veneto abbiano prevalso i SI (55,3 SI - 44,7 NO), ma mi consolo con i tisultati della mia città, Venezia, dove la maggioranza ha votato NO (53,6 NO - 46,4 SI). Come è accaduto a Milano che ha votato diversamente dalla Lombardia nel suo insieme.



Venezia dal parco di San Giuliano, estremo bordo della terraferma


domenica 25 giugno 2006

25 giugno 1946


Prima Seduta dell' Assemblea Costituente


 




 


"L'Assemblea Costituente della Repubblica italiana, composta di 556 deputati, fu eletta il 2 giugno 1946 e si riunì in prima seduta il 25 giugno nel palazzo Montecitorio. L'Assemblea continuò i suoi lavori fino al 31 gennaio 1948. Durante tale periodo si tennero 375 sedute pubbliche, di cui 170 furono dedicate alla discussione e all'approvazione della nuova Costituzione.


Gli atti dell'Assemblea Costituente fanno parte della grande serie degli Atti parlamentari e costituiscono la cerniera fra gli Atti del Regno e quelli della Repubblica. Sono stati acquisiti e riprodotti in formato immagine tutti gli atti della Costituente, inclusi i lavori della Commissione per la Costituzione (Commissione dei 75), per un totale di circa 16.000 pagine. "


 


 







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Sono andata alle urne stamattina e nell'urna ho messo il mio NO ragionato e convinto. Ho provato una forte emozione, quasi fosse la prima volta. Ora rimane l'attesa, nell'ansia.



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Fonte: Assemblea Costituente

mercoledì 21 giugno 2006


LE RAGIONI DI UN NO.


Appello del Comitato Scientifico



17  Presidenti o Vice-Presidenti emeriti della Corte costituzionale; 184 Professori universitari di diritto costituzionale, diritto pubblico e diritto amministrativo;  102 Professori universitari di materie giuridiche; 184 Professori universitari di altre discipline.


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LA CHIESA CHE SI SCHIERA.


SUL REFERENDUM, TANTI NO DAL MONDO CATTOLICO.


Adista


Non si tratta certo delle gerarchie ecclesiastiche che per l'occasione mantengono un riserbo mai visto prima. Non che auspichi l'intervento di Ruini e Ratzinger, ma è interessante questo improvviso rispetto per lo Stato italiano. Qualcuno ha detto che non ci sono in ballo questioni di ordine morale questa volta. BALLE! La riforma di Calderoli crea problemi di morale civile, sociale, politica. Per fortuna, però ci sono altri cattolici che difendono la Costituzione, e sono tanti. Vale la pena di visitare il sito di ADISTA.




  • "ROMA-ADISTA. Cresce di intensità il tam-tam per il no al referendum del 25 e 26 giugno: il rischio di sconvolgimento del sistema democratico che deriverebbe dall'approvazione della riforma costituzionale voluta dalle destre è tale da spingere un numero sempre crescente di realtà e singoli a prendere posizione, tanto più di fronte a un'informazione - di giornali e di partiti - finora completamente inadeguata. È sempre più, insomma, allarme rosso: la riforma della Costituzione - viene sottolineato - concede al "primo ministro" la possibilità di sciogliere le Camere e quindi di ricattare il Parlamento, riduce la funzione di garanzia del presidente della Repubblica, stravolge i ruoli di Camera e Senato, sottomette la magistratura all'esecutivo, accentua le disuguaglianze fra Nord e Sud del Paese. Contro i devastanti contenuti della riforma voluta dalle destre si mobilita anche il mondo cattolico..."



  • "SCOUT PER LA COSTITUZIONE: ANCHE L'AGESCI SI PRONUNCIA PER IL "NO" - ... "La nostra Carta fondamentale è stata voluta dai Padri costituenti per evitare che gli italiani dovessero riattraversare le tragedie umane e storiche vissute. La soluzione allora realizzata è stata quella di completare il principio democratico del governo della maggioranza con l'indicazione di limiti alla maggioranza stessa, a tutela dei diritti fondamentali del singolo e delle minoranze. Tale tutela si realizza in particolare attribuendo specifici poteri ad organismi di Garanzia (Presidente della Repubblica, Corte Costituzionale e Consiglio Superiore della Magistratura); individuando un attento equilibrio fra i Poteri esecutivo e legislativo e dando alla Magistratura garanzie costituzionali. La riforma, tra l'altro, va ad incidere proprio su questi aspetti". ... 




  • E IL CARDINALE RESTÒ SOLO. IN POCHI NELLA CHIESA ITALIANA SEGUONO LA LINEA DI RUINI


  • ROMA-ADISTA. Nel mondo cattolico sempre più voci prendono posizione per il "No" al prossimo referendum costituzionale. Oltre alle quasi 50 riviste ed associazioni di ispirazione cristiana che hanno aderito all'appello "Per la costituzione" promosso, fra le altre, dalla nostra testata (per adesioni: costituzione@mclink.it), si sono pronunciate per il "No" anche l'Azione Cattolica, le Acli, la Fuci, il Meic, l'Agesci e molte altre realtà della galassia cattolica (vedi numero verde allegato).

 


Poche le voci fuori dal coro. Come quella del vescovo di Civitavecchia mons. Girolamo Grillo che ha polemizzato con il cardinal Tettamanzi a seguito della pubblicazione sul sito del settimanale della diocesi di Milano (www.incrocinews.it) di un documento della presidenza diocesana dell'Azione Cattolica contro la riforma costituzionale proposta dal centrodestra. "Personalmente", ha dichiarato mons. Grillo, " non mi sentirei proprio di pubblicare nel settimanale della mia diocesi un pronunciamento su referendum costituzionale. Dai ospitalità ad un movimento e finisci che gli altri t'azzannano, succederebbe il finimondo". "Se la Conferenza episcopale non si è pronunciata", ha aggiunto il vescovo, "bisogna astenersi da qualsiasi posizione ed evitare forzature. Come si fa a dire fate così o cosà? Qui non si parla assolutamente di principi etici, ma della Costituzione".
Riprende il concetto anche il vescovo di Como Alessandro Maggiolini: "I preti facciano i preti e non diano indicazioni di voto, mica sono in ballo questioni legate alla morale o alla fede".
Sulla stessa linea si colloca anche la Compagnia delle Opere, ‘braccio economico' di Comunione e Liberazione. Il comunicato diramato dalla CdO recita: "al di là delle possibili letture, la riforma sottoposta a referendum resta un insieme di norme con alcuni contenuti interessanti e altri discutibili, che la rendono quanto mai inadatta a essere approvata o respinta in toto. Di conseguenza, nessun elettore, nemmeno il più esperto, sarà in grado di dire in modo circostanziato quale sia la sua posizione in merito. E l'astensione la farà da padrona. (…) Se si vuole cambiare, occorre impegnarsi insieme a ridisegnare un assetto di regole condivise che sostengano il rinnovamento dell'Italia; è ciò che molti prefigurano come una nuova fase costituente. Costoro, senza precondizioni, un dialogo e un lavoro lo hanno già iniziato; e nessun monosillabo – certamente il No ancor meno del Sì - potrà fermare il desiderio e lo sforzo di incidere sugli assetti del Paese fino a toccare, per migliorarla, anche la sua dimensione costituzionale".
Comunione e Liberazione prende invece una esplicita posizione per il "Si" attraverso un appello pubblicato dal settimanale Tempi e promosso da Gianni Baget Bozzo e Luigi Amicone: "La nuova Costituzione", si legge sul documento, "stabilisce che la nazione viene prima della Costituzione, la società prima dello Stato, la libertà prima dei suoi vincoli. Elimina il concetto che la società italiana aveva bisogno di essere redenta dal suo passato e che il suo diritto era legittimato solo dall'antifascismo. Con essa i cittadini diventano, con il loro consenso, il principio della decisione, il popolo e la sua libertà sono la Costituzione vivente. Finisce la partitocrazia, cioè la concezione che il popolo diviene libero cedendo ai partiti la scelta delle decisioni. Cade il concetto che solo i partiti che hanno votato la Costituzione del '48 sono legittimati a interpretarla ed eventualmente a mutarla". I primi firmatari dell'appello sono: Roberto Formigoni, Giancarlo Galan, Mario Mauro, Maurizio Lupi, Giovanni Cantoni, Marta Sordi, Santo Versace, Franco Zeffirelli, Giuliano Ferrara, Maurizio Belpietro.


Queste sono le "voci fuori dal coro", ma sono voci dotate di grossi megafoni. Ma in ogni caso sono molto contenta dell'adesione al NO di tanta parte del mondo cattolico, la stessa parte che si oppose ai ripetuti interventi a gamba tesa di Ruini nel refrendum per la legge 40. E' questo il relativismo etico deteriore di cui parla Ratzinger?


martedì 20 giugno 2006


Il Governo nella Costituzione del 1948


Art. 94. Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere.


- Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.


- Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenere la fiducia. Il voto contrario di una o d'entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.
- La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione.


Art. 32. (Governo in Parlamento) nella riforma della baita di Lorenzago


1. L'articolo 94 della Costituzione e' sostituito dal seguente: "Art. 94.


- Il Primo ministro illustra il programma di legislatura e la composizione del Governo alle Camere entro dieci giorni dalla nomina.


- La Camera dei deputati si esprime con un voto sul programma.


- Il Primo ministro ogni anno presenta il rapporto sulla sua attuazione e sullo stato del Paese.


- Il Primo ministro puo' porre la questione di fiducia e chiedere che la Camera dei deputati si esprima, con priorita' su ogni altra proposta, con voto conforme alle proposte del Governo, nei casi previsti dal suo regolamento. La votazione ha luogo per appello nominale. In caso di voto contrario, il Primo ministro si dimette. Non e' comunque ammessa la questione di fiducia sulle leggi costituzionali e di revisione costituzionale.


- In qualsiasi momento la Camera dei deputati puo' obbligare il Primo ministro alle dimissioni, con l'approvazione di una mozione di sfiducia.


- La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un quinto dei componenti della Camera dei deputati, non puo' essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione, deve essere votata per appello nominale e approvata dalla maggioranza assoluta dei componenti. Nel caso di approvazione, il Primo ministro si dimette e il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento della Camera dei deputati ed indice le elezioni.


- Il Primo ministro si dimette altresi' qualora la mozione di sfiducia sia stata respinta con il voto determinante di deputati non appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni. In tale caso si applica l'articolo 88, secondo comma.


Qualora sia presentata e approvata una mozione di sfiducia, con la designazione di un nuovo Primo ministro, da parte dei deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, il Primo ministro si dimette e il Presidente della Repubblica nomina il Primo ministro designato dalla mozione. La mozione non puo' essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione e deve essere votata per appello nominale".


 



I poteri del Presidente del Consiglio nella Costituzione del 1948


Art. 95. Il Presidente del Consiglio dei ministri


- dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile.


- Mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l'attivita dei ministri.


- I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri.


- La legge provvede all'ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina il numero, le attribuzioni e l'organizzazione dei ministeri.



Art. 33. (Poteri del Primo ministro e dei ministri) nella riforma di Calderoli e dei suoi amici


1. L'articolo 95 della Costituzione e' sostituito dal seguente:  "Art. 95.


- I ministri sono nominati e revocati dal Primo ministro.


- Il Primo ministro determina la politica generale del Governo e ne e' responsabile.


- Garantisce l'unita' di indirizzo politico e amministrativo, dirigendo, promuovendo e coordinando l'attivita' dei ministri.


- I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri e individualmente degli atti dei loro dicasteri. La legge provvede all'ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina il numero, le attribuzioni e l'organizzazione dei ministeri".


Questi i testi integrali della Costituzione del 1948 e della riforma di marca Berlusconi-Bossi. Li ho letti e riletti. Li ho suddivisi in paragrafi per essere sicura di capire ogni cosa parola per parola, secondo una tecnica molto semplice di comprensione del testo. L'italiano di Calderoli è alquanto ostico rispetto al carattere cristallino della Costituzione del 1948: questa è la prima penosa impressione. Per i contenuti, ho letto numerosi commenti e spiegazioni di autorevoli costituzionalisti. 

lunedì 19 giugno 2006

Aggiornamento del 24 giugno 2006: "La bufala più grande, invece, l’ha tirata fuori il centro-sinistra negli ultimi giorni per spaventare i cittadini del Nord: adottare la devolution costerebbe la bellezza di 250 miliardi di euro (16 punti di Pil!), dunque più o meno otto volte la correzione strutturale ipotizzata dal Governatore della Banca d'Italia per risanare i nostri conti pubblici (2 punti di Pil). Non sarebbe neanche il caso di menzionare un’assurdità simile, se essa non avesse ricevuto un notevole spazio su giornali, televisioni e Internet: eppure basta uno sguardo ai conti pubblici per rendersi conto che a una simile cifra non si arriverebbe neppure se si duplicasse l’intera spesa sanitaria e scolastica, compresi gli stipendi di medici e insegnanti nonché tutti gli acquisti di beni intermedi!" Luca Ricolfi, La Stampa 24-06-2006


Non so chi abbia ragione. In effetti la cifra riportata sotto sembra eccessiva anche a me, ma Luca Ricolfi ha il torto di non dire, dall'alto delle sue informazioni, quali sarebbero i costi più verosimili della riforma di Bossi. Costi che ci saranno e saranno ingenti, una enormità rispetto al risparmio sullo stipendio dei parlamentari in meno a partire dal 2016. La mia sensazione è che siamo circondati da una melassa di bufale e che sia difficile ma non impossibile districarsi.


Quanto ci costi, devolution?



La devolution costerà 270 miliardi


Tuesday 13 June 2006


Il Sole 24 Ore, in un’analisi apparsa sul numero del 12 giugno scorso, rivela che i costi della devolution ammonteranno a 270 miliardi, dei quali solo 180 verranno coperti dal nuovo sistema fiscale. Mancheranno quindi ben 90 miliardi, che dovranno essere trovati con nuove imposte o con riduzione dei servizi. Lo studio de Il Sole 24 Ore calcola che i soli adeguamenti delle retribuziondi del personale richiederebbero circa 1,4 miliardi di euro.


Il vero problema, secondo il quotidiano, sta nel fatto che le spese decentrate corrono molto più veloci degli introiti. Il servizio sottolina inoltre gli inevitabili sprechi dovuti alla duplicazione di uffici e competenze innescati dalla riforma.


Con buona pace di chi è pronto a ingoiare tutti i rospi della riforma in cambio della risibile riduzione del numero dei parlamentari nel 2016 prossimo venturo.


NO


alla riforma di Calderoli

domenica 18 giugno 2006

DECALOGO  E CONTRODECALOGO


 


Il testo a fronte per controbattere


alle affermazioni del leghista Calderoni


 


 


 






















DECALOGO DELLA RIFORMA


COSTITUZIONALE


di Roberto Calderoli


 



CONTRODECALOGO DELLA RIFORMA


COSTITUZIONALE


di Leopoldo Elia


 



I Viene ridotto il numero dei


parlamentari: da 950 a 773, con


significativo risparmio per le finanze


pubbliche.



I La riduzione del numero dei parlamentari viene rinviata al 2016 per favorire gli attuali capi e capetti. Nel lungo periodo c’è tempo anche per ridurre la riduzione; per ora c’è l’effetto di annuncio demagogico.


 



II Saranno i cittadini, e non più i palazzi


della politica, a scegliere maggioranza


parlamentare, coalizione di governo e


primo Ministro: è il premierato.


 



II Il premierato non consiste nella investitura


popolare di una maggioranza parlamentare, di una coalizione di governo e Primo ministro. Ciò


avviene già in Inghilterra, in Germania e in Spagna e anche in Italia: è sufficiente perciò una buona legge elettorale. Il premierato della riforma si fonda sulla insostituibilità del Primo ministro durante tutta la legislatura e sui suoi enormi poteri (scioglimento della Camera dei deputati e questione di fiducia che, in caso di rifiuto da parte della stessa Camera, provoca nuove elezioni).


 



III Non più due Camere identiche,


l'una doppione dell'altra. Ora il Senato


sarà federale ed avrà una sua funzione


specifica: rappresentare le esigenze delle


Regioni. La Camera si occuperà di


quelle dello Stato.


 



III Il Senato federale non risolve il problema del bicameralismo perché non è in grado, per la sua composizione, di rappresentare le esigenze delle Regioni: d’altra parte i veri rappresentanti delle comunità regionali non hanno diritto di voto nelle deliberazioni del Senato.


 



















IV Semplificato il procedimento


legislativo. Non più lunghi e ripetuti


passaggi di testi fra le due Camere, ma


ciascuna Camera approverà le leggi


nelle materie di propria competenza. Il


risultato sarà la riduzione dei tempi e


 



IV Il procedimento legislativo è straordinariamente complicato perché la prevalenza della Camera o del Senato si fonda sulla competenza a legiferare per singole materie dello Stato e delle Regioni; siccome i confini di tali materie danno luogo a gravi dubbi interpretativi (sui quali deve intervenire sempre più spesso la Corte Costituzionale) è ovvia la ricaduta di tali incertezze sulle attribuzioni legislative di ciascuna Camera, specie nelle leggi, come quella finanziaria, di particolare complessità. La cancellazione del rapporto fiduciario tra Senato e governo sarebbe positiva solo se accompagnata da una chiara ripartizione di poteri tra una Camera di rappresentanza nazionale e una Camera veramente rappresentativa degli enti e delle comunità regionali e locali.


 



V La legge dovrà stabilire limiti al


cumulo delle indennità parlamentari


con altre entrate.


 



V La previsione di una legge che stabilisca limiti al cumulo delle indennità parlamentari con altre entrate non risolve il problema del conflitto di interessi che dovrebbe essere superato con regole giuste di incompatibilità e ineleggibilità anche in relazione a concessioni o autorizzazioni statali di notevole entità economica.


 



VI I regolamenti parlamentari dovranno


tutelare i diritti delle opposizioni: ora


questo non è previsto.


 



VI Il problema delle garanzie dell’opposizione non si risolve con un generico rinvio ai regolamenti parlamentari, essendo necessarie puntuali revisioni costituzionali (ad esempio, attribuzione alla Corte costituzionale, in ultima istanza, dell’esame dei ricorsi elettorali per Camera e Senato).


 























VII L’ordinamento evolve in senso


federale, come sta avvenendo in molti


Stati moderni: viene riequilibrato il


riparto delle competenze tra Stato e


Regioni per garantire migliori servizi ai


cittadini, senza compromettere l’unità


del Paese. Alle Regioni vengono


devolute particolari funzioni in materia


di istruzione, sanità e polizia locale.


Tutte avranno le stesse opportunità,


senza penalizzazioni per alcune aree


rispetto ad altre e senza la


differenziazione tra le Regioni, prevista


dalla riforma del 2001. Si avrà quindi un


federalismo equo, solidale ed


equilibrato.


 



VII La devoluzione alle regioni di particolari


funzioni in materia di istruzione, sanità e sicurezza è pericolosa anche perché si accompagna ad una competenza esclusiva dello Stato e delle Regioni nelle stesse materie. Tale duplicità è illogica e può arrecare gravi danni all’esercizio (o godimento) di diritti fondamentali (livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale). Si avrà quindi un federalismo iniquo, conflittuale e squilibrato.


 



VIII Tutte le leggi regionali dovranno


rispettare il criterio dell'interesse


nazionale, non più previsto a seguito


della riforma del 2001.


 



VIII L’interesse nazionale è ampiamente


salvaguardato dal riparto delle competenze tra


Stato e regioni e dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, che ha interpretato la riforma del Titolo V in senso pienamente rispettoso dell’interesse della Nazione.



IX Sulle modifiche alla Costituzione


sarà sempre possibile chiamare i


cittadini ad esprimersi, mentre ora ciò


non avviene se tali modifiche sono state


approvate dalle Camere con la


maggioranza dei due terzi.


 



IX L’abrogazione della norma che collega al


raggiungimento dei due terzi in sede parlamentare l’esclusione della richiesta di referendum sui testi di revisione costituzionale (articolo 138 della Costituzione) va giudicata negativamente perché disincentiva quelle larghe intese che a parole tutti auspicano per l’adozione di modifiche alla Costituzione.


 



X Aumentano le garanzie per i comuni


e le province, gli enti più vicini ai


cittadini: potranno ricorrere alla Corte


costituzionale in caso di lesione delle


proprie competenze.


 



X Il ricorso diretto alla Corte costituzionale dei


Comuni, delle Province e delle Città metropolitane (articolo 46 della Riforma) per sollevare questioni di legittimità costituzionale su leggi o atti aventi forza di legge statali e regionali ritenuti lesivi di competenze costituzionalmente attribuite agli enti locali appare oggi un puro effetto annuncio perché


la disciplina del ricorso è rinviata ad una legge


costituzionale (condizioni, forme e termini di


proponibilità della questione) di incerta adozione, nel se e nel quando.


 



 

sabato 17 giugno 2006

La Scelta del Popolo Italiano


tra




  • la decisione di votare NO del Senatore a vita Ciampi, galantuomo italiano



  • e la decisone contraria dell'eurodeputato Bossi, celodurista "padano" (?).



      La mia scelta.


Scelgo la nobile saggezza del Presidente Ciampi, il galantuomo votato al bene della Res Publica. Scelgo la giustizia uguale per tutti e la libertà da qualsisi deriva autoritaria, l'unità e la solidarietà nazionale, e i fondamenti democratici della Costituzione Italiana del 1948. Scelgo la chiarezza e la lungimiranza di chi considera prioritario l'interesse autentico del popolo italiano e dello Stato, come ha sempre fatto il Presidente Ciampi, che, d'altra parte, non si è mai arroccato su posizioni di fondamentalismo costituzionale, anzi ha egli stesso incoraggiato opportune e illuminate revisioni della Costituzione.


I celoduristi insistono nell'offendere l'età di alcuni nostri rappresentanti, all'insegna dell'inciviltà più becera. E' vero, abbiamo dei senes in Senato, persone dall'età fortunatamente e splendidamente avanzata, invidiabili per la lucidità e l'elasticità del pensiero e delle idee. Non sono stati eletti dal popolo, dicono i celoduristi, inventandosi dei rappresentanti dimezzati in quanto nominati dal massimo rappresentante del popolo, il Presidente della Repubblica.


Qualcuno dice che l'eurodeputato Bossi è fornito di intuito politico. Buon per lui. Ma al popolo interessano gli obiettivi che il "politico padano" si propone. E i suoi obiettivi non devono essere così appetibili, se solo una piccola minoranza vota per lui, una minoranza anche in Lombardia, la regione che, a suo dire, mantiene tutta l'Italia. Perché non interpellare i compatrioti lombardi sulle uscite dell'eurodeputato che è arrivato a parlare di "vie non democratiche" e che sostiene di parlare in loro nome? Li rappresenta davvero tutti o, almeno, in larga maggioranza?

venerdì 16 giugno 2006

PUBBLICITA’ INGANNEVOLE [2]


Il piatto di lenticchie

 

La riduzione del numero dei parlamentari è il classico “piatto di lenticchie” di biblica memoria. Pur essendo auspicabile un Parlamento più snello, la riduzione attuale è limitata e rimandata al lontano 2016. Eppure la pubblicità lo rende più appetibile che mai, il piatto di lenticchie, allo scopo di far ingoiare agli italiani, insieme alle lenticchie e senza che se ne accorgano, tutto il resto: la riforma di 53 articoli su 139 (un eccesso mostruoso) e lo stravolgimento non solo della Seconda  Parte della Costituzione, ma di gran parte del suo impianto e del suo spirito. Su tutto, questo silenzio o, al massimo, qualche dibattito con poca informazione e molta disinformazione.

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PUBBLICITA’ INGANNEVOLE [3]

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Destra e Sinistra


e la costituzione personale del padano B.

 


I cittadini vengono indotti a credere che si tratti di uno scontro tra Destra e Sinistra. Un espediente efficace per marchiare a fuoco la nostra Costituzione con una divisione politica che in questo contesto non ha ragione d’essere. Le Carte Costituzionali non devono essere né di destra né di sinistra. E la nostra è una carta esemplare di equilibrio, una delle migliori al mondo.

Il referendum non è né di destra né di sinistra, è ovvio. Dire NO alla riforma del padano Bossi è il dovere di ogni cittadino/a che non voglia la distruzione della Costituzione. Riformare non significa radere al suolo le norme più significative e caratterizzanti.

Ora rischiamo di ritrovarci con la Costituzione di Umberto Bossi, il padano, che si autodefinisce uno straniero e vuole la disgregazione dell'unità nazionale, mentre approfitta di tutto ciò che è italiano, a cominciare dai lauti stipendi da parlamentare.

Ma chi, fra gli italiani, potrà mai accettare col voto la riforma del padano Bossi, che da anni vilipende la nostra nazione, la nostra bandiera, le nostre istituzioni e la nostra storia? La pubblicità ingannevole non dice che i padani non esistono storicamente e coloro che si definiscono tali sono un gruppo inventato dai leghisti e residente nella nostra Lombardia.

C’è qualcuno che non si sente offeso e preoccupato dalle annose esternazioni del “padano” Bossi e, soprattutto dopo le minacce di “vie non democratiche” di due giorni fa ? Mi auguro che non ci sia nessuno/a, nemmeno tra i “lumbard”,  che si convinca a confermare la Costituzione di Bossi, il padano, e a rinunciare alla nostra Costituzione.

La nostra Costituzione può essere certamente riformata, ma NON in questo modo. Qualsiasi riforma deve essere fatta a larga, larghissima maggioranza, con intelligenza politica e intenti democratici, e soprattutto senza lo spettro antistorico della secessione che è ancora saldamente nella mente del padano e dei suoi.

 

mercoledì 14 giugno 2006

PUBBILITA'  INGANNEVOLE [1]


RAI e Mediaset puntano su un argomento facile facile per taroccare la verità sulla riforma della nostra Costituzione: la riduzione del numero dei parlamentari.


Tg1 e Tg2 evidenziano tale riduzione, ma non specificano che andrà in vigore nel 2016, onde evitare danni personali agli attuali deputati e senatori. Una informazione fuorviante perché monca.


MEDIASET mette in onda uno spot di propaganda per il sì, truccando la realtà in maniera ancora più pesante: l' impressione è che il referendum riguardi solo la riduzione del numero dei deputati e dei senatori (ovviamente omettendo la data del 2016 per l'entrata in vigore) e tace sul numero degli articoli stravolti, ben 53 su 139.


Al di là del referendum, mi colpisce l'assoluta sfacciataggine di questi comportamenti che penso siano illegali. E' legale forse diffondere notizie false in toto o falsate dalla incompletezza e da tagli funzionali non alla verità ma a una determinata posizione? Se è illegale la pubblicità ingannevole negli spot commerciali, quanto è illegale truccare l'informazione su argomenti del massimo interesse nazionale? Dov'è l'autorità di garanzia?


Le poche e scarne trasmissioni del servizio pubblico, per non parlare degli spot, sono inefficaci ai fini di una informazione completa e corretta. I soliti confronti tra politici servono solo a confondere e a disorientare. Da leggere a tal proposito "Referendum, la tv inganna" di Giovanni Sartori (Corriere della Sera di ieri).


Ci vorrebbero delle schede ampie almeno su quegli articoli che apportano modifiche sostanziali e pesanti. Per esempio, spiegare con chiarezza la modifica dell'articolo 70, che riguarda il "fare le leggi", con un confronto parola per parola.


Art. 70. La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.  Costituzione attua


Nella riforma (dei quattro o cinque di Lorenzago) questo articolo, esemplare nella chiarezza e nella sintesi, diventa l' Art. 14. (Formazione delle leggi) che recita quanto segue: 


1. L'articolo 70 della Costituzione e' sostituito dal seguente: "Art. 70. - La Camera dei deputati esamina i disegni di legge concernenti le materie di cui all'articolo 117, secondo comma, fatto salvo quanto previsto dal terzo comma del presente articolo. Dopo l'approvazione da parte della Camera, a tali disegni di legge il Senato federale della Repubblica, entro trenta giorni, puo' proporre modifiche, sulle quali la Camera decide in via definitiva. I termini sono ridotti alla meta' per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge. Il Senato federale della Repubblica esamina i disegni di legge concernenti la determinazione dei principi fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, fatto salvo quanto previsto dal terzo comma del presente articolo. Dopo l'approvazione da parte del Senato, a tali disegni di legge la Camera dei deputati, entro trenta giorni, puo' proporre modifiche, sulle quali il Senato decide in via definitiva. I termini sono ridotti alla meta' per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge. La funzione legislativa dello Stato e' esercitata collettivamente dalle due Camere per l'esame dei disegni di legge concernenti le materie di cui all'articolo 117, secondo comma, lettere m) e p), e 119, l'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 120, secondo comma, il sistema di elezione della Camera dei deputati e per il Senato federale della Repubblica, nonche' nei casi in cui la Costituzione rinvia espressamente alla legge dello Stato o alla legge della Repubblica, di cui agli articoli 117, commi quinto e nono, 118, commi secondo e quinto, 122, primo comma, 125, 132, secondo comma, e 133, secondo comma. Se un disegno di legge non e' approvato dalle due Camere nel medesimo testo i Presidenti delle due Camere possono convocare, d'intesa tra di loro, una commissione, composta da trenta deputati e da trenta senatori, secondo il criterio di proporzionalita' rispetto alla composizione delle due Camere, incaricata di proporre un testo unificato da sottoporre al voto finale delle due Assemblee. I Presidenti delle Camere stabiliscono i termini per l'elaborazione del testo e per le votazioni delle due Assemblee. Qualora il Governo ritenga che proprie modifiche a un disegno di legge, sottoposto all'esame del Senato federale della Repubblica ai sensi del secondo comma, siano essenziali per l'attuazione del suo programma approvato dalla Camera dei deputati, ovvero per la tutela delle finalita' di cui all'articolo 120, secondo comma, il Presidente della Repubblica, verificati i presupposti costituzionali, puo' autorizzare il Primo ministro ad esporne le motivazioni al Senato, che decide entro trenta giorni. Se tali modifiche non sono accolte dal Senato, il disegno di legge e' trasmesso alla Camera che decide in via definitiva a maggioranza assoluta dei suoi componenti sulle modifiche proposte. L'autorizzazione da parte del Presidente della Repubblica di cui al quarto comma puo' avere ad oggetto esclusivamente le modifiche proposte dal Governo ed approvate dalla Camera dei deputati ai sensi del secondo periodo del secondo comma. I Presidenti del Senato federale della Repubblica e della Camera dei deputati, d'intesa tra di loro, decidono le eventuali questioni di competenza tra le due Camere, sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti, in ordine all'esercizio della funzione legislativa. I Presidenti possono deferire la decisione ad un comitato paritetico, composto da quattro deputati e da quattro senatori, designati dai rispettivi Presidenti. La decisione dei Presidenti o del comitato non e' sindacabile in alcuna sede. I Presidenti delle Camere, d'intesa tra di loro, su proposta del comitato, stabiliscono sulla base di norme previste dai rispettivi regolamenti i criteri generali secondo i quali un disegno di legge non puo' contenere disposizioni relative a materie per cui si dovrebbero applicare procedimenti diversi". (Fonte: Ministero dell' Interno - Speciale referendum)


Anche solo valutandolo a peso, questo "delirio" fa drizzare i capelli in capo. E' così che si snellisce l'attività del "fare le leggi"? Chiunque voterebbe NO a lume di buon senso. Ma la lettura attenta e l'analisi parola per parola del suddetto "articolo riformato" accrescono a dismisura preoccupazioni e spavento. In massima sintesi, non si capisce chi abbia il diritto definitivo di fare una certa legge, tanto che è previsto un comitato paritetico per dirimere le controversie"I Presidenti possono deferire la decisione ad un comitato paritetico, composto da quattro deputati e da quattro senatori, designati dai rispettivi Presidenti."


Che cos'è questo "comitato paritetico"? Un terzo organo legislativo? Formato da otto, diconsi otto, persone che decidono non si sa bene in base a quali criteri? Aiuto! Mi si blocca il Parlamento, io ho paura. Perché non sono un' incosciente.