mercoledì 31 agosto 2005

Verità e Giustizia per Nicola Calipari


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"Non c’è Pace senza Giustizia "



di Rosa Calipari
3 marzo 1983 - 4 marzo 2005 due date che segnano l’inizio e la fine di un progetto di vita condiviso. Ventidue anni sono pochi per chi ha programmi, ideali e valori comuni; sono pochi per chi rimane ed è travolto in poche decine di secondi da un incubo senza fine. Non è possibile dimenticare la sera del 4 marzo quando al rientro a casa ho trovato ad attendermi alcuni colleghi ed amici di Nicola. Una scena che si affaccia spesso alla mente di chi ha vissuto con un funzionario di polizia «operativo» ma che si tende a rimuovere per difesa e per non farsi sopraffare da un’angoscia paralizzante.


CON ORRORE HO URLATO il mio «No!» di fronte a ciò che intuivo essere la verità ma che nessuno dei presenti era in grado di confermarmi. E poi: «Ucciso dagli americani, un incidente…. Non si sa cosa è successo». Attonita da quella sera continuo a pormi
sempre la stessa domanda «Perché?» ancor più dopo gli esiti contrastanti raggiunti dal Gruppo investigativo congiunto italo-statunitense, incaricato di esaminare la dinamica dei fatti accaduti il 4 marzo. Un’indagine che se negli intenti doveva svolgersi congiuntamente di fatto ha portato alla pubblicazione di due relazioni. Molti i limiti e le restrizioni incontrati dai rappresentanti italiani. Vincoli allo svolgimento delle indagini sono, innanzitutto, derivati dall’esclusiva applicazione della normativa statunitense, Army Regulation 15-6, che disciplina le procedure e le modalità per le inchieste nell’ambito dell’esercito Usa, e che, come risulta dal rapporto italiano, ha posto 14 dei limiti non trascurabili rispetto a quanto previsto dall’ordinamento italiano per analoghe attività. ...


Era certamente nota agli americani la sua partecipazione e collaborazione anche ad altre vicende di sequestri avvenute sul territorio iracheno ed anche in questo caso della giornalista italiana rapita, pur in assenza di una espressa comunicazione formale ai Comandi militari Usa del motivo della missione, Nicola e la sua squadra, come molte altre volte, hanno richiesto l’autorizzazione per atterrare all’aeroporto di Baghdad, per poter alloggiare a Camp Victory e, muniti di tesserini identificativi e di armi, per i loro successivi spostamenti nella capitale irachena. Nicola ha non solo condotto a termine la sua missione, la liberazione di Giuliana Sgrena, ma ha anche sacrificato la sua vita per proteggerla dal «fuoco amico» e, proprio per rispettare quella bandiera nella quale è tornato avvolto da Baghdad, continuo a chiedere con forza e determinazione la verità su quanto è realmente successo e di far luce sulle responsabilità di coloro che direttamente o indirettamente ne hanno causato la morte.
Non è possibile avere pace se non c’è giustizia.


Chiede giustizia la moglie di Nicola Calipari, caro diario. Siamo in molti a chiedere giustizia, e non solo per lui. Oggi ho firmato l'ennesimo appello, che estendo anche ai viandanti del web, amiche e amici tutti. Gli appelli non finiscono mai, ed è triste che sia così, perché vuol dire che le istituzioni hanno bisogno di stimoli per fare ciò che è giusto fare. Non penso che siano tenuti in gran conto gli appelli, ma continuo a firmarli.












Sottoscrivi l'appello
Verità per Nicola Calipari


Articolo 21 si rende parte attiva di una raccolta di firme che saranno consegnate al Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ed ai presidenti del Senato Marcello Pera e della Camera Pier Ferdinando Casini.  Chiederà alle massime istituzioni italiane una risposta coerente che dia chiare risposte sulla morte di Nicola Calipari. Non vogliamo che il buio e l'opportunismo possano arrivare a cancellare il suo atto eroico.


http://www.articolo21.info/appelli_form.php?id=47


 Ottenere verità e giustizia significherebbe molto, caro diario, perché potrebbe aprire un primo varco nella grande menzogna, sostanziata da tante menzogne più o meno grandi.


La lettera di Rosa Calipari: http://www.articolo21.info/notizia.php?id=2402


lunedì 29 agosto 2005

First World Conference on the Future of Science



September 21-23, 2005 Venezia - Fondazione Giorgio Cini, Isola di San Giorgio Maggiore


La prima conferenza mondiale sul “futuro della scienza” documenterà l'impatto che il progresso scientifico ha nella società di oggi.
Nei tre giorni di durata del convegno si alterneranno ai tavoli di discussione scienziati, politici, economisti, filosofi, teologi, personalità della cultura di tutto il mondo.


sito ufficiale: http://www.veniceconference2005.org/


Investire sul futuro


Umberto Veronesi


di UMBERTO VERONESI




   NELL'ERA della comunicazione globale - per tutti e fra tutti - uno dei più grandi problemi del nostro Paese è, paradossalmente, la mancanza di informazione.

   La scienza delle telecomunicazioni ci ha fatto superare anche le tradizionali barriere dello spazio e del tempo: possiamo vedere in tempo reale cosa succede in ogni parte del pianeta e in gran parte dell'universo che lo circonda, possiamo entrare in contatto con chi vogliamo in ogni istante, possiamo scambiarci dati importantissimi - come quelli relativi a una nuova cura o a un malato grave da salvare - dagli angoli opposti della Terra.

Il progresso scientifico del terzo millennio non è un privilegio di pochi. Il sapere scientifico, l'atteggiamento razionale proprio del metodo di indagine scientifica, il semplice interesse instancabile per "il perché delle cose", invece, lo sono. La scienza è diventata, per un complesso intreccio di ragioni storiche, appannaggio di una minoranza di addetti ai lavori, che oggi è vista con circospezione, se non con sospetto, per non dire con ostilità.

La scarsa diffusione del sapere scientifico trasversalmente a tutti i livelli sociali non è un mero problema culturale: è una delle principali ragioni del brusco rallentamento dell'intero sistema-Paese che, trascurando e penalizzando la ricerca scientifica, non riesce a produrre innovazione e a proiettarsi nel futuro. Allora si ripiega verso il passato, dando il via ad un preoccupante processo di regressione. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: facoltà scientifiche deserte, centri di ricerca istituzionali in crisi perenne, molti dei migliori ricercatori in carriera all'estero e i nostri giovani più qualificati e motivati senza prospettive, o quasi, di trovare un lavoro.





Chiunque si pone controcorrente rispetto al trend anti-scientifico aiuta dunque concretamente il nostro Paese: Per questo l'iniziativa di Repubblica di lanciare una collana divulgativa sulla Scienza è utilissima, interessante e illuminata. Perché serve a riavvicinare la scienza alla gente e a ricreare quella fiducia nella sua capacità di produrre condizioni di vita migliori, senza la quale non c'è futuro.

Questo atteggiamento positivo esisteva, per esempio, nel secolo scorso ed è quello che ha accompagnato l'Italia nella classifica dei Paesi più avanzati del mondo, da cui oggi rischiamo fortemente di essere estromessi. Io credo, però, che siamo ancora in tempo, anche se il tempo stringe. Penso che abbiamo le capacità per recuperare la nostra forza di innovazione e per impegnarci a cambiare il destino del Paese. La via, sono convinto, è proprio quella di riavvicinare la scienza alla società e stabilire fra loro una solida alleanza.

Per far questo la scienza deve imparare innanzitutto a comunicare con chiarezza e semplicità per vincere le paure e i taboo che il non-sapere crea intorno alle sue conquiste. La paura della manipolazione genetica, per esempio, o dell'esplorazione dello spazio, o ancora, delle nuove fonti di energia. Deve inoltre informare la popolazione non solo delle sue scoperte, ma anche dei suoi obiettivi, i suoi metodi, i suoi principi e soprattutto dei suoi limiti e suoi misteri. A questo fine è indispensabile mettersi a confronto con le altre forme di pensiero: con le religioni prima di tutto, e poi con la filosofia, la giurisprudenza, la politica, l'economia.

Fra poche settimane - dal 20 al 23 settembre - si terrà a Venezia la First World Conference on the Future of Science, che ha proprio quest'obiettivo: delineare in modo chiaro qual è l'impatto della scienza sulla nostra vita e ridisegnare il ruolo della scienza nella società di domani. E' un evento dunque studiato non tanto per gli scienziati, anche se vi parteciperanno grandi scienziati e uomini di pensiero, quanto per la pubblica opinione. L'ho fortemente voluto in primo luogo per combattere la mancanza di informazione, nella convinzione che la non-conoscenza non dà nessun diritto - né a credere, né a non credere, né ad aver fiducia né a non averne - e nessuna libertà.

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Piazza San Marco e Isola San Giorgio

 

Venezia - Isola di San Giorgio

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 Fondazione Umberto Veronesi  per il progresso delle Scienze - http://www.fondazioneveronesi.it/

sabato 27 agosto 2005

Enzo Baldoni, l'uomo dei sorrisi


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Italian journalist Enzo Baldoni poses in front of the Red Cross camp in Najaf in this photo dated 19 August 2004.(AFP/File/Pino Scaccia)


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e delle risate


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Ghareeb







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Ghareeb, l'amico ucciso


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"Guardando il cielo stellato ho pensato che magari morirò anch'io in Mesopotamia, e che non me ne importa un baffo, tutto fa parte di un gigantesco divertente minestrone cosmico, e tanto vale affidarsi al vento, a questa brezza fresca da occidente e al tepore della Terra che mi riscalda il culo. L'indispensabile culo che, finora, mi ha sempre accompagnato."




"Voglio che si rida - avete notato? Ai funerali si finisce sempre per ridere: è naturale, la vita prende il sopravvento sulla morte - . E si fumi tranquillamente tutto ciò che si vuole. Non mi dispiacerebbe se nascessero nuovi amori. Una sveltina su un soppalco defilato non la considerei un'offesa alla morte, bensì un'offerta alla vita.

Verso le otto o le nove, senta tante cerimonie, la mia bara venga portata via in punta di piedi e avviata al crematorio, mentre la musica e la festa continueranno fino a notte inoltrata.

Le mie ceneri in mare, direi. Ma fate voi, cazzo mi frega".

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Possa avere la sua festa Enzo e possiamo noi parteciparvi con la leggerezza che gli piacerebbe.


Baldoni e Zonker











Dal blog di ALP. Per Enzo Baldoni e il suo amico Ghareeb.

Consiglio una visita per leggere il suo post di oggi.



mercoledì 24 agosto 2005

«Da bambino sfondavo i muri di casa con la fantasia, vedevo l’oceano e in mezzo c’ero io che navigavo»


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 Ambrogio Fogar, viaggiatore ed esploratore.


E' morto oggi nella sua casa di Milano, prima di poter correre l'ultima avventura e compiere l'ultima esplorazione: la cura con cellule staminali fetali.


«Sono pronto a fare da cavia. Bisogna avere fiducia, anche se sono cosciente dei miei limiti».


«Io resisto perché spero un giorno di riprendere a camminare, di alzarmi da questo letto con le mie gambe e di guardare il cielo»


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"E' strano scoprire l'intensità che l'uomo ha nei confronti della voglia di vivere: basta una bolla d'aria rubata da una grotta ideale, sommersa dal mare, per dare la forza di continuare quella lotta basata su un solo nome: Speranza.
Ecco, se leggendo queste pagine qualcuno sentirà la rinnovata voglia di sperare, avrò assolto il mio impegno, e un altro momento di questa vita così affascinante, così travagliata e così punita si sarà compiuto. Una cosa è certa: nonostante le mie funzioni non siano più quelle di una volta, sono fiero di poter dire che sono ancora un uomo."

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Un documento importante l'ha postato l'amico blogger Massimo. Il link:


http://blueriver.splinder.com/


martedì 23 agosto 2005

Il discorso di Pera


edizione integrale


Ieri il sito del Senato della Repubblica ha pubblicato la prolusione di Pera al meeting di Rimini. Poiché ritengo che le estrapolazioni possano falsare il senso di un discorso compiuto, completo il post di ieri aggiungendo il link a


"Democrazia è libertà? In difesa dell'Occidente"


Discorso pronunciato in apertura del Meeting dell'amicizia - Rimini, 21 agosto 2005: http://www.senato.it/presidente/21572/21575/56671/composizioneattopresidente.htm


Alcune mie idee le ho espresse ieri, oggi mi dedicherò a un'analisi più sottile e meditata, facendo ricorso anche a quelle nozioni di base che il Pera mostra di non conoscere con sufficiente precisione e completezza. Mi riferisco ai concetti di relativismo, multiculturalismo, meticciato e così via.


Lasciando da parte le interpretazioni, ciò che stupisce e allarma in Pera è una diffusa carenza sul piano professionale, visto che si dice che è un filosofo. Intendo dire che, al di là delle idee e delle fedi e delle ideologie, nel suo discorso il Pera dimostra difficoltà di ordine lessicale, storico e logico. Difficoltà che sarà mia cura puntualizzare, senza pretese di esaustività e di possesso della verità assoluta, solo sulla base di normali testi di studio.


Mi disturba molto dovermi occupare del Pera, ma purtroppo lui è il presidente del Senato e, in quanto tale, le sue distorsioni culturali, le sue slealtà nei confronti della nostra Costituzione, le offese a noi cittadine e cittadini, come "lo schiaffo" alla minoranza nell'ultimo referendum o il disprezzo per il "meticciato", tanto più odioso in quanto richiama vecchi arnesi razzisti di fascista memoria.


C'è qualcosa di male se dico che mi sento toccata personalmente da quello schiaffo e da quel nemmeno tanto velato disprezzo, visto che appartengo alla parte minoritaria dell'ultimo referendum e ho una figlia che è un esemplare esemplare del meticciato? Ma via, bisogna che aspetti di avere il tempo di chiosare quel documento che, pensate un po', campeggia addirittura nel sito del nostro Senato. 



 

 

Mi consolo con un loto bianco, Nymphaea lotus o Nymphaea alba. Fiore dai sacri sensi per gli antichi egiziani gli hindu e i buddhisti.

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Articoli letti:

 

1. Gad Lerner - Io, meticcio immigrato che Pera non vuole ( da Repubblica -http://www.articolo21.info/rassegna.php?id=2381 );

2. G.A. Stella - La società meticcia e l’autogol del filosofo ( http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2005/08_Agosto/23/stella.shtml );

3. «Meticciato, attacco alla civiltà europea»: Pera come i teorici del razzismo
di 
be.mo. ( http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=HP&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=44251 );

4. Ferdinando Camon - Un disprezzo anticristiano ( da L' Unità - http://www.articolo21.info/rassegna.php?id=2381 )



 


Foto Nymphaea alba dal sito: http://en.wikipedia.org/wiki/Egyptian_lotus

lunedì 22 agosto 2005

Le parole del Papa  (sursum corda)


 e le parole del Pera   (ahimè!!!)


Discorso di Benedetto XVI ai rappresentanti di alcune Comunità musulmane (20 agosto 2005)


Cari amici musulmani,

è motivo di grande gioia per me accogliervi e porgervi il mio cordiale saluto. Sono qui per incontrare i giovani venuti da ogni parte d’Europa e del mondo. I giovani sono il futuro dell’umanità e la speranza delle nazioni. Il mio amato predecessore, il Papa Giovanni Paolo II, disse un giorno ai giovani musulmani riuniti nello stadio di Casablanca (Marocco): "I giovani possono costruire un futuro migliore, se pongono innanzitutto la loro fede in Dio e si impegnano poi a costruire questo mondo nuovo secondo il disegno di Dio, con saggezza e fiducia" (Insegnamenti, VIII/2, 1985, p. 500). E’ in questa prospettiva che mi rivolgo a voi, cari amici musulmani, per condividere con voi le mie speranze e mettervi a  parte anche delle mie preoccupazioni in questi momenti particolarmente difficili della storia del nostro tempo.


Sono certo di interpretare anche il vostro pensiero nel porre in evidenza, tra le preoccupazioni, quella che nasce dalla constatazione del dilagante fenomeno del terrorismo. Continuano a ripetersi in varie parti del mondo azioni terroristiche, che seminano morte e distruzione, gettando molti nostri fratelli e sorelle nel pianto e nella disperazione. Gli ideatori e programmatori di questi attentati mostrano di voler avvelenare i nostri rapporti, servendosi di tutti i mezzi, anche della religione, per opporsi ad ogni sforzo di convivenza pacifica, leale e serena. Il terrorismo, di qualunque matrice esso sia, è una scelta perversa e crudele, che calpesta il diritto sacrosanto alla vita e scalza le fondamenta stesse di ogni civile convivenza. Se insieme riusciremo ad estirpare dai  cuori il sentimento di rancore, a contrastare ogni forma di intolleranza e ad opporci ad ogni manifestazione di violenza, freneremo l’ondata di fanatismo crudele che mette a repentaglio la vita di tante persone, ostacolando il progresso della pace nel mondo. Il compito è arduo, ma non impossibile. Il credente infatti sa di poter contare, nonostante la propria fragilità, sulla forza spirituale della preghiera.
 
Cari amici, sono profondamente convinto che dobbiamo affermare, senza cedimenti alle pressioni negative dell’ambiente, i valori del rispetto reciproco, della solidarietà e della pace. La vita di ogni essere umano è sacra sia per i cristiani che per i musulmani. Abbiamo un grande spazio di azione in cui sentirci uniti al servizio dei fondamentali valori morali. La dignità della persona e la difesa dei diritti che da tale dignità scaturiscono devono costituire lo scopo di ogni progetto sociale e di ogni sforzo posto in essere per attuarlo. E’ questo un messaggio scandito in modo inconfondibile dalla voce sommessa ma chiara della coscienza. E’ un messaggio che occorre ascoltare e far ascoltare: se se ne spegnesse l’eco nei cuori, il mondo sarebbe esposto alle tenebre di una nuova barbarie. Solo sul riconoscimento della centralità della persona si può trovare una comune base di intesa, superando eventuali contrapposizioni culturali e neutralizzando la forza dirompente delle ideologie.


Nell’incontro che ho avuto in aprile con i Delegati delle Chiese e Comunità ecclesiali e con i rappresentanti di varie Tradizioni religiose dissi: "Vi assicuro che la Chiesa vuole continuare a costruire ponti di amicizia con i seguaci di tutte le religioni, al fine di ricercare il bene autentico di ogni persona e della società nel suo insieme" (in: L’Osservatore Romano, 25 aprile 2005, p. 4). L’esperienza del passato ci insegna che il rispetto mutuo e la comprensione non hanno sempre contraddistinto i rapporti tra cristiani e musulmani. Quante pagine di storia registrano le battaglie e le guerre affrontate invocando, da una parte e dall’altra, il nome di Dio, quasi che combattere il nemico e uccidere l’avversario potesse essere cosa a Lui gradita. Il ricordo di questi tristi eventi dovrebbe riempirci di vergogna, ben sapendo quali atrocità siano state commesse nel nome della religione. Le lezioni del passato devono servirci ad evitare di ripetere gli stessi errori. Noi vogliamo ricercare le vie della riconciliazione e imparare a vivere rispettando ciascuno l’identità dell’altro. La difesa della libertà religiosa, in questo senso, è un imperativo costante e il rispetto delle minoranze un segno indiscutibile di vera civiltà.


A questo proposito, è sempre opportuno richiamare quanto i Padri del Concilio Vaticano II hanno detto circa i rapporti con i musulmani. "La Chiesa guarda con stima anche i musulmani che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini. Essi cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti di Dio anche nascosti, come si è sottomesso Abramo, al quale la fede islamica volentieri si riferisce... Se nel corso dei secoli non pochi dissensi e inimicizie sono sorti tra cristiani e musulmani, il sacrosanto Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e ad esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà" (Dichiarazione Nostra Aetate, n. 3).


Voi, stimati amici, rappresentate alcune Comunità musulmane esistenti in questo Paese nel quale sono nato, ho studiato e ho vissuto una buona parte della mia vita. Proprio per questo era mio desiderio incontrarvi. Voi guidate i credenti dell’Islam e li educate nella fede musulmana. L’insegnamento è il veicolo attraverso cui si comunicano idee e convincimenti. La parola è la strada maestra nell’educazione della mente. Voi avete, pertanto, una grande responsabilità nella formazione delle nuove generazioni. Insieme, cristiani e musulmani, dobbiamo far fronte alle numerose sfide che il nostro tempo ci propone. Non c’è spazio per l’apatia e il disimpegno ed ancor meno per la parzialità e il settarismo. Non possiamo cedere alla paura né al pessimismo. Dobbiamo piuttosto coltivare l’ottimismo e la speranza.


Il dialogo interreligioso e interculturale fra cristiani e musulmani non può ridursi ad una scelta stagionale. Esso è infatti una necessità vitale, da cui dipende in gran parte il nostro futuro. I giovani, provenienti da tante parti del mondo, sono qui a Colonia come testimoni viventi di solidarietà, di fratellanza e di amore. Vi auguro con tutto il cuore, cari amici musulmani, che il Dio misericordioso e compassionevole vi protegga, vi benedica e vi illumini sempre. Il Dio della pace sollevi i nostri cuori, alimenti la nostra speranza e guidi i nostri passi sulle strade del mondo.


Non nego di essere stata infastidita dalla ormai consueta ossessiva attenzione mediatica a un evento cattolico, tuttavia ho cercato di capire il senso dei discorsi del Papa, senza cedere a stereotipi e pregiudizi. E ben me ne incolse. Il discorso ai musulmani contiene una serie di analisi e di proposte che è difficile sentire in questi tempi di violenza e di guerra.


"Il dialogo interreligioso e interculturale fra cristiani e musulmani" : finalmente  qualcuno usa i termini coerenti con una politica di pace. Di solito si sente usare il termine "multiculturalismo" , infatti,  intendendo, più o meno consapevolmente, un allineamento delle culture e non un incontro delle culture, mentre il termine del dialogo è "interculturalismo", come giustamente ha detto Benedetto XVI. Le parole del papa costituiscono un punto fermo nel contesto attuale di violenza culturale e di chiamata alle armi, anche non metaforiche. E riporto a questo proposito, con dolore, dal meeting di Rimini


Le parole del Pera  (21 agosto 2005)


«Chi rinnega le nostre origini tradisce la propria identità. Contro i terroristi dobbiamo difenderci, anche con la forza delle armi». Il presidente del Senato parla anche del partito unico: «Prima dobbiamo sapere qual è la nostra identità e chi sono i nostri avversari»


L'Occidente oggi è in grave crisi morale perché è la cultura dominante attualmente in Occidente a mettere in pericolo l'Occidente stesso. È l'opinione del presidente del Senato, Marcello Pera, intervenuto all'apertura del meeting di Comunione e liberazione a Rimini. «Fino a quanto si può relegare la religione nel privato, isolarla dalla politica, confinarla nella gabbia della soggettività?».


«relativismo, la dottrina per la quale tutte le culture sono uguali, che non si possono comparare e non si possono porre su alcuna scala per giudicare se una è meglio dell'altra»,


 «I relativisti scherzano con il fuoco», «C’è ancora chi crede che la democrazia sia la faccia istituzionale del relativismo morale. Questo è un errore pericoloso. Una democrazia relativista è vuota, ci fa perdere identità collettiva e ci priva di qualunque senso obiettivo del bene. Provate a togliere qualche agio a questi intellettuali relativisti, provate ad approvare in modo democratico qualche misura che li riguardi (magari la riforma dell'università) e vedrete che passeranno agli strilli, ai girotondi e magari alla resistenza. Tanti laicisti, liberali, socialisti, comunisti e anche qualche cattolico cosiddetto 'adulto' hanno provato a dare un violento colpo di forbice ai valori: ora si accarezzano la guancia per lo schiaffo ricevuto al referendum».


«In Europa si diffonde l'idea relativistica che tutte le culture hanno la stessa dignità etica; si pratica il multiculturalismo come diritto di tutte le comunità, e non importa se genera apartheid, risentimenti e terroristi di seconda generazione. In Europa si alzano le bandiere arcobaleno anche quando si è massacrati e si ritirano le truppe dal fronte della guerra contro il terrorismo anche quando il terrorismo fa vittime in casa nostra: il riferimento è alle marce della pace contro l'America e alla decisione spagnola sull'Iraq».


«In Europa la popolazione diminuisce, si apre la porta all'immigrazione incontrollata e si diventa "meticci"». Per Pera è necessaria un’alleanza seria e salda fra laici e credenti «per riaffermare e salvare la nostra identità occidentale, democratica e liberale perché contro di noi è stata dichiarata "una guerra santa"».


«Dobbiamo difendere l'Occidente», ha aggiunto Pera, «perché le nostre libertà e democrazia non sono questioni locali, ma riguardano l'essenza della natura umana. Dobbiamo accettare la sfida e fare la nostra parte».


Mi dispiace che il Pera non si sia ancora sintonizzato sul pensiero del papa. Lo scarto fra la nobile ricerca del dialogo e la cieca ricerca dello scontro è evidente.


Noto, inoltre, con indignazione, che questa seconda carica del nostro attuale infelice Stato si permetta di schiaffeggiare una parte del popolo italiano in quanto risultata minoritaria in un referendum.  Ma come si permette l'uomo?


E poi l'appiattimento improprio del termine "relativismo" su un unico significato negativo, cosa che non è. Che cosa propone quell'uomo? Una "democrazia assolutista"?


Ha paura del "meticciato" l'acculturato Pera. Mi spieghi una cosa allora: sta proponendo una rinnovata difesa della purezza della razza e della cultura? Spero di no, spero che si sia lasciato prendere la mano dall'estasi degli applausi. Gia! Gli applausi dei cattolici di Rimini, cattolici che evidentemente non hanno ancora letto il discorso del papa ai musulmani.


Possa il Papa salvarci dal Pera!!!


Ho letto gran parte dei documenti di Colonia. Contengono posizioni teologiche e pastorali, affermano verità religiose assolute, ma con un'apertura che non impedisce il dialogo e senza la sindrome paranoica dei teocon.




Avvenire, 20 agosto 2005 (http://www.avvenireonline.it/NR/exeres/E89B3CC1-7516-4F7F-BFF8-60BB296817B9.htm)


Il Corriere della Sera, 21 agosto 2005 (http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2005/08_Agosto/21/pera.shtml)


mercoledì 17 agosto 2005

PAPA BENEDETTO XVI IMPUTATO NEGLI STATI UNITI


PER LA COPERTURA GARANTITA DAL VATICANO


AI MEMBRI DEL CLERO RESPONSABILI DI ABUSI SESSUALI SOPRATTUTTO SU MINORI.


Daniel Shea, l’avvocato che ha portato la questione davanti alla Corte, parteciperà alla Manifestazione "per la libertà sessuale e di coscienza, contro le cause delle deviazioni e sofferenze, a cominciare da quelle dei preti pedofili e delle organizzazioni pedofobe" che l’associazione anticlericale.net ha organizzato per martedì 16 agosto alle ore 20.00 a Piazza San Pietro, in concomitanza con l’apertura a Colonia della Giornata Mondiale della Gioventù. continua (Fonte: http://www.anticlericale.net/modules.php?name=News&file=article&sid=399)


Negli Stati Uniti la notizia è stata data così:  


Lawyers for pope seek immunity in Texas sex abuse lawsuit naming Ratzinger as defendant 


San Diego Union-Tribune - Aug 16 7:05 PM

VATICAN CITY, 5:26 p.m. Aug. 16 (AP): Lawyers for Pope Benedict XVI have asked President Bush to declare the pontiff immune from liability in a lawsuit that accuses him of conspiring to cover up the molestation of three boys by a seminarian in Texas, court records show.


Mi sembra una notizia notizia, che non si può confinare in un anticlericalismo di maniera. Al contrario, penso che debba essere fondamentale diffonderla proprio per chi anticlericale non è. Insomma non è cosa di tutti i giorni l'imputazione di un personaggio che, tempo dopo i fatti che gli vengono contestati, è diventato Papa della Chiesa Cattolica Apostolica Romana.


Non sono anticlericale perché non mi piace essere antiqualcosa, ma mi sento spontaneamente schierata in favore della trasparenza nell'informazione. E poi mi difendo se mi sento accerchiata o presa in giro. Confesso che Ratzinger, ora Papa, mi disturba quando vuole dare urbi et orbi lezioni di morale cattolica, adottando modi e strumenti che interferiscono con l'indipendenza dell'Italia dal Vaticano.


In realtà non ce l'ho tanto con Benedetto XVI e tutto il resto per queste interferenze, quanto con i nostri rappresentanti che spesso, e trasversalmente, si sono mostrati e si mostrano compiacenti con questa politica vaticana, invece di attenersi alla nostra Costituzione. L'esposizione dei "segni della croce" nei luoghi pubblici, frequentati da tutti i cittadini e cittadine, a volte non per piacere personale, come tribunali e ospedali, è un esempio. Come anche la tentata espulsione di Darwin dai programmi scolastici. Il 'cristiano rinato' Bush si sta impegnando molto in questo senso.


Le dolorose vicende in questione sono tristemente note da tempo. Non del tutto, forse. Penso che l'assemblea cattolica abbia un interesse primario nel fare il massimo possibile di luce su tutto questo. Per il momento ho sentito un religioso silenzio. Mi sono distratta? Tutti i telegiornali ne hanno parlato, come fanno di solito per ogni sospiro papale? Allora sono messa male, caro diario.

martedì 16 agosto 2005

Non togliere il crocifisso dai luoghi pubblici


Benedetto_saluto


Papa Benedetto XVI



 


 


"E' importante che Dio sia presente nella vita pubblica, con segni della Croce, nelle case e negli edifici pubblici". Con queste parole, pronunciate durante l'omelia per la messa dell'Assunta celebrata nella chiesa parrocchiale di Castelgandolfo Papa Benedetto XVI ha chiesto chiede che i Crocifissi non vengano tolti dai luoghi pubblici.

Secondo il Pontefice "dove scompare Dio l'uomo non diventa più grande ma perde la dignità, diventa il frutto di una evoluzione cieca e per questo può essere usato e abusato". 


"L'epoca moderna ha creduto che accantonando Dio e seguendo solo le nostre idee e la nostra volontà saremmo diventati veramente liberi, ma ciò non è accaduto. Solo se Dio è grande anche l'uomo è grande".


"Dobbiamo applicare tutto questo alla nostra vita quotidiana: è importante che Dio sia visibile nelle case pubbliche e private, che Dio sia presente nella vita pubblica, con segni della croce, nelle case pubbliche".  


[ Fonte: RaiNews24 http://www.rainews24.it/Notizia.asp?NewsID=56121 ]



No, buon uomo, non sono d'accordo con lei. Lei merita tutto il mio rispetto per la carica che ricopre e per l'età avanzata, lei ha il diritto di esprimere le sue idee e le sue credenze, come tutte e tutti, e lo fa con un dispiegamento di forze che a pochissimi nel mondo è consentito.


Ai miei occhi, tuttavia, lei non ha il diritto di interferire nella vita pubblica del mio Paese, l'Italia, con richieste di affissione di simboli esclusivamente cattolici negli edifici pubblici. La prego di non sorvolare sul fatto che ho detto "cattolici" e non "cristiani", ma questo sarebbe un altro lungo discorso.


Vorrei sommessamente dirle che Dio non è universalmente rappresentato dai "segni della Croce", come fa intendere lei con la sua richiesta. Sono convinta che lei sia in buona fede, ma rispettosamente vorrei farle notare che sbaglia, perché non è giusto che lei imponga la sua fede anche a chi cattolico/a non è. Se certo tipo di relativismo, come afferma lei, è deleterio, anche questo tipo di assolutismo non è meno ingiustificato e ingiustificabile, fuori dei confini della Città del Vaticano, lo stato di cui lei è legittimamente il sovrano assoluto.


Le sarei grata, inoltre, se fosse più delicato e rispettoso nei confronti di chi non condivide la sua fede o che non ha alcuna fede. Quando lei dice che "dove scompare Dio l'uomo non diventa più grande ma perde la dignità, diventa il frutto di una evoluzione cieca e per questo può essere usato e abusato", suppongo che si riferisca al suo Dio, e di conseguenza suppongo che questo pesante giudizio riguardi appunto chi si colloca fuori del Cattolicesimo. Mi perdoni, ma questo non riesco ad accoglierlo con il sorriso della comprensione, perché mi suona come intolleranza e offesa nei confronti di chi dissente.


lunedì 15 agosto 2005

Perseidi d' Agosto


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Giornata di ferragosto, oggi, nella dolce solitudine della mia casa, con la mia Perseide personale. Troppe nuvole quest'anno per vedere anche una sola Perseide celeste, ma nulla di quella luce manca alla mia Perseide terrestre, che brilla e corre e ritorna e brilla e ritorna, ancora e ancora.


Cielo grigio e aria fredda trattengono dalla corsa al mare vicino. Una fortuna avere attività e musica e giochi e letture amate, possibili nelle care stanze familiari.


Gratitudine per i milioni di esseri che hanno reso possibile questa gioia, come dicono i buddhisti, riconoscendo ogni merito del nostro benessere anche alla più piccola delle creature, a ciò che esiste e a noi sembra inanimato, come un cristallo o un umile sasso.


 


 



2005 August 15 - Perseid Meteors and the Milky Way


2005 August 13 - Perseid meteor - Brandywine Mt. in Whistler, British Columbia, Canada - Brian Hockenstein: mailto:brian@514video.com

venerdì 12 agosto 2005

IL CASO RUBBIA



Caro diario, la realtà supera spesso l'immaginazione, tanto per usare un luogo comune affidabile. Mi riesce difficile pensare che oggi ho firmato un appello in difesa del nostro valoroso premio Nobel per la Fisica. Che cosa è successo a Carlo Rubbia? La notizia non è fresca di giornata, purtroppo, perché il passare dei giorni la rende lugubramente definitiva.


Enea: l’ingegnere fantasma bocciò Rubbia


Regis, neo vice-commissario Enea: in Italia non risulta laureato


Rubbia è un somaro, firmato «el Valvola». Ecco la sintesi, povera Italia, del serrato dibattito scientifico sulle sorti dell'Enea. L'accusa d'esser un «sonoro incompetente » fatta al premio Nobel per la Fisica, ghigliottinato dal governo, parte infatti da un elettricista, già senatore della Lega, promosso per vie misteriose vice-commissario al l'ente per l’energia.

E benedetto dal titolo di «ingegnere» perfino nel decreto di nomina presidenziale senza che l’Ordine degli ingegneri abbia idea di dove si sia mai laureato.


Partiamo dalla coda? Siamo a metà luglio. Carlo Rubbia, accusato d’avere un carattere ruvido, di essere insofferente alle osservazioni e di avere fatto traboccare il vaso con un articolo su Repubblica contro il Cda, bollato come «il branco», è sbattuto fuori dall’Enea che, azzerato nei vertici, viene affidato ad una terna. Commissario, su indicazione forzista, è Luigi Paganetto, Preside della Facoltà di Economia a Tor Vergata, vice-commissario Corrado Clini (nell’élite del ministero dell’Ambiente da anni, ben visto da socialisti e An) e l’«ing.» Claudio Regis, appoggiato dal Carroccio. Il quale, trionfante per l’ascesa nell’Olimpo della scienza, liquida il presidente deposto con parole affilate: «Nessuno mette in discussione l e competenze di Rubbia sulle particelle, ma quando parla di ingegneria è un sonoro incompetente ». ...

 

Gian Antonio Stella


L'APPELLO















A sostegno della ricerca, a difesa di Carlo Rubbia

Il  professore e premio Nobel per la Fisica Carlo Rubbia ha manifestato le sue critiche al penoso stato della ricerca in Italia dalle colonne del quotidiano La Repubblica. Poche ore dopo il professor Rubbia è stato defenestrato. Per l’ennesima volta è stato colpito l’Articolo 21 della Costituzione. In questo caso la cultura delle liste di proscrizione ha colpito uno dei più grandi scienziati e ricercatori italiani. Per queste ragioni l’Associazione Articolo 21 esprime la convinta solidarietà al premio Nobel e invita il mondo della cultura dell’arte del cinema del teatro della ricerca a sottoscrivere pubblicamente il suo articolo e a far sentire in tutti i modi e in tutte le forme la propria protesta per un atto odioso che colpisce una delle figure che ha dato più prestigio alla ricerca scientifica in Italia.




 

I diari a questo servono: conservare a futura memoria, evitare il rischio dell'oblio, sottrarsi alla devastante assuefazione, mantenere il giusto grado di indignazione (costruttiva, ovviamente)... e un diario nel WEB può servire a diffondere un appello.


logo, link alla Home

 



continua: Il Corriere della Sera, 02 agosto 2005 [ http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2005/08_Agosto/02/stella.shtml ]


L'articolo scritto da Carlo Rubbia: La Repubblica, 15 luglio 2005 [ http://www.repubblica.it/2005/g/sezioni/scienza_e_tecnologia/rubbia/polerubbia/polerubbia.html ]


 L'appello nel sito di ARTICOLO21: http://www.articolo21.info/appelli_form.php?id=43

giovedì 11 agosto 2005

 11 agosto 2005


 Fazio&Fazio


Il presentatore Fazio non potrà condurre affari tuoi, il suo omonimo invece continuerà a condurre i suoi. Il discorso potrebbe chiudersi qui se non fosse che dietro la battuta sull’omonimia c’è l’attualità politica che purtroppo non fa ridere. E che precipitando sullo stesso nome che portano due personaggi che non c’entrano nulla l’uno con l’altro, rivela un certo modo di governare il Paese, di decidere chi e perché deve o non deve fare quella tale cosa e in quale momento, di gestire insomma il potere in tutti i suoi aspetti. In questo caso i più deteriori.

Non si sa quale dei due Fazio sia il caso più scandaloso, ovviamente quello che riguarda Antonio (Tonino) è più importante: la Banca d’Italia non è una trasmissione televisiva. Ma se la trasmissione televisiva in questione compare sulla principale rete pubblica subito dopo il Tg1, con milioni e milioni di persone che la guardano, allora persino la nostra Banca centrale finisce in seconda serata.
Soprattutto perché Fazio (Tonino) non dà nessun fastidio a chi non deve darlo mentre Fazio (Fabio) potrebbe creare qualche problema, come si dice è «ingovernabile».

E c’è poco da arrampicarsi sugli specchi accampando scuse sul fatto che il conduttore non sarebbe stato disponibile per presentare in diretta le prime puntate. Le avrebbe potute registrare, così come previsto dall’accordo con l’ex direttore generale Cattaneo.

La verità è che affidare a un conduttore dichiaratamente di centrosinistra una striscia quotidiana decisiva come quella delle venti e trenta, non si può. Anche se in quella trasmissione si gioca e non si fa politica, non si sa mai: tra uno scherzo e l’altro, una battuta (contro il premier) può sempre scappare. Oltretutto in piena campagna elettorale. Se Berlusconi lasciasse campo libero a Fazio (Fabio) non sarebbe più lui, e infatti non glielo lascia. E che questa sia la ragione non lo nascondono certamente i suoi uomini (in Rai e fuori). Peccato che Petruccioli, neopresidente della tv pubblica scelto in quanto autorevole dirigente del centrosinistra italiano, abbia mollato l’osso senza nemmeno averlo addentato.

L’omonimo del presentatore oscurato invece può stare (relativamente) tranquillo. Al presidente del Consiglio non conviene affatto insistere col governatore perché si dimetta, tutt’altro. Un governatore debole, esposto a qualsiasi pressione del potere politico, gli potrebbe fare molto comodo. Tanto più in campagna elettorale, tanto più se protegge alcuni finanzieri e non altri. Fazio (Tonino) poi non appare in televisione tutte le sere, e tantomeno gli scappano battute contro il premier. Anzi, semmai tace e spesso acconsente.


Riccardo Barenghi


...


Caro diario, questa sono solo due delle tante nella desolazione morale della "democrazia italiana". Democrazia? Mi verrebbe da piangere anche se fosse una pièce comica teatrale.


Sono giorni di vacanza, per molti solo alcuni giorni. Sono rimasta a casa per scelta, quindi nessuna malinconia, al contrario. Continuo a seguire gli eventi, come al solito. In vacanza anche l'amministrazione della res publica. Questo è quasi un sollievo, visto come viene amministrata. Ma, a pensarci bene, loro non sono mai in vacanza per certe cose.


...


Fonte: La Stampa, http://www.lastampa.it/redazione/editoriali/ngeditoriale5.asp; fotografie: http://www.ilariaalpi.it/index.php?id_sezione=16&id_notizia=869 e http://www.corriere.it/Primo_Piano/Economia/2005/03_Marzo/19/opa.shtml

martedì 9 agosto 2005

NAGASAKI  9  AGOSTO  1945


11:02 a. m.


Atomic bomb explodes over Japanese city of Nagasaki


Fat man, la prima bomba atomica al plutonio,


fatta esplodere su Nagasaki dal bombardiere americano B-29



"Che siano usate o meno, le bombe atomiche violano ogni cosa sia umana.  Alterano il senso della vita stessa. Perché le tolleriamo? Perchè tolleriamo gli uomini che con le bombe atomiche ricattano l'intera umanità?"


Arundhati Roy


 




Killed 70,000 people outright. City says death toll has now risen to 140,000

Bomb originally destined for city of Kokura, but US plane diverted due to thick cloud 


Fonte: http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/4133572.stm


Nagasaki, Parco della Pace, qui: http://pegasus.phys.saga-u.ac.jp/peace2e.html


Arundhati Roy, Guerra atomica: giochi d'estate con bombe atomiche, 2002, in: http://www.zmag.org/italy/roy-atomiche.htm


.


"La lunghissima estate del '45" di Vittorio Capecchi qui: http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/04-Agosto-2005/art100.html (suggerimento di Frank57);


"Impunità e oblio contro la memoria" (scheda) qui: http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/04-Agosto-2005/art98.html

lunedì 8 agosto 2005


Intercettazioni e legami d’affari


L'ombra del premier


di

Sergio Romano

 





Se il lettore fatica a orientarsi in questa ridda di intercettazioni e dichiarazioni, soprattutto quando concernono il presidente del Consiglio, non creda che l'autore di questo articolo abbia idee più chiare delle sue. Leggo che il finanziere Stefano Ricucci, impegnato in una operazione per il controllo del Corriere della Sera, attende di incontrare Silvio Berlusconi e chiedere il suo intervento. Ma non so se l'incontro abbia avuto luogo. Leggo che Emilio Gnutti, impegnato nella stessa operazione, dice a Ricucci di avere parlato con il presidente del Consiglio e di avergli detto che «ci deve dare una mano». Ma non so se vi sia stato un colloquio e come abbia reagito il presidente del Consiglio.

Leggo che nell’operazione sarebbe coinvolto Alejandro Agag, genero dell'ex premier José Maria Aznar. Ma non so se l'affermazione risponda a verità. Leggo che i contatti con Agag avverrebbero per il tramite di Ubaldo Livolsi, consigliere di Fininvest, la società della famiglia Berlusconi. Ma non posso essere certo che Livolsi—che pure conferma clamorosamente oggi al Corriere il suo coinvolgimento nella vicenda—agisca per incarico del presidente del Consiglio. Leggo di pranzi, cene, conversazioni notturne, persino di Flavio Briatore che vuole mediare fra Ricucci e il premier per la scalata alla Rcs, e provo il colpevole disagio di chi ascolta dietro una porta o guarda dal buco della serratura.

Ma vi sono altre parole e dichiarazioni su cui è possibile non avere dubbi. So ad esempio che Berlusconi, in una pubblica occasione, ha dichiarato: «È stata già esclusa nella maniera più assoluta una relazione tra quella che è l'operazione del signor Ricucci e il nostro gruppo, il mio gruppo. Non c'è nulla. Con l'operazione Rcs garantisco sul mio onore e sulla mia parola che non c'è alcun interesse da parte del mio gruppo».

Bene, questa sembra una dichiarazione precisa, rassicurante. Ma nella stessa occasione il presidente del Consiglio ha difeso Ricucci e ha aggiunto: «Ci poniamo anche noi un po' di domande, vedendo tutta quest'inaccettabile ostilità verso l'operazione. Se si rispettano le regole di mercato non si può scatenare una campagna contro qualcuno che agisce entro queste regole. (...) I poteri forti mettono sotto accusa chi dà loro fastidio». Ma questo è un giudizio sull’operazione e quindi, per certi aspetti, difficilmente compatibile con la estraneità e neutralità rivendicate dalla prima dichiarazione.

Una premessa. Chi lavora per un giornale non ha il diritto di scegliere i suoi proprietari o di opporsi a un cambiamento di gestione. Ma insieme a tutti i cittadini del suo Paese ha il diritto di sapere chi voglia impadronirsi di un giornale e quali siano i suoi soci. Lo ha soprattutto quando il presidente del Consiglio è un imprenditore dell'informazione e tanti suoi amici sembrano coinvolti nella vicenda. Non mi piace che il premier, per convincere gli italiani della sua estraneità, dica «il nostro gruppo, il mio gruppo ».

Non voglio essere tranquillizzato dall'uomo d'affari, una persona che, per raggiungere i suoi scopi, si sente spesso autorizzata a negare e a smentire. Voglio essere tranquillizzato dal presidente del Consiglio. Se questi, soprattutto quando ha un irrisolto conflitto d'interessi, vuole rassicurare i suoi connazionali, dispone di altri mezzi. Può interpellare il presidente della Consob e chiedergli di vigilare sulla trasparenza dell'operazione. Può pregare il presidente dell'Autorità per le comunicazioni di dargli un suo documentato parere. Può e deve evitare generiche accuse contro i «poteri forti», vecchio argomento populista che potrebbe domani ritorcersi contro di lui. Insomma è da lui che aspettiamo chiarezza e trasparenza.

 

 




08 agosto 2005


 

Un pezzo di grande correttezza e di grande peso. Firmato da Sergio Romano, poi, e sul Corriere della Sera. Tante perplessità, confusione sul piano della legalità, domande sacrosante che farei anch'io se scrivessi su un grande quotidiano, domande che mi faccio in questo mio diario di nome blog. Che strano, però! Quel titolo ricorda altri due titoli, entrambi contenenti la parola "ombra":



 

 


E' un solo libro, non due: il primo, in inglese, è stato pubblicato un anno fa; il secondo è la sua traduzione (non fedele nel titolo) in italiano. Feci un post, accorato, quando lessi le recensioni del lavoro di David Lane. Avrei voluto che il "premier" potesse denunciare il giornalista dell'Economist. In compenso qualcuno mi comunicò di aver denunciato me per quel post (19 dicembre 2004 e giorno seguente). Di quella denuncia non ho mai saputo niente, ma so qualcosa di un'altra denuncia.



La richiesta al Tribunale di Roma: oltre un milione di euro di danni morali

Diffamazione, il premier si rivolge ai giudici

Citato in giudizio per diffamazione l'autore del libro «L'ombra del potere» e la casa editrice Laterza.



ROMA - Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha citato in giudizio per diffamazione, per il volume «L'ombra del potere», David Lane e gli Editori Laterza - che rendono nota la notizia con un comunicato - «chiedendo al Tribunale di Roma la liquidazione di oltre un milione di euro di danni morali». Il libro del corrispondente italiano dell'Economist, già pubblicato in inglese dalla Penguin un anno fa, ricostruisce vicende di politica, affari, corruzione e mafia degli ultimi decenni sulla base di una ricca documentazione. «Gli Editori Laterza e l'Autore - conclude il comunicato - «ritengono prive di fondamento le argomentazioni della citazione, alla quale risponderanno nei modi e nelle sedi previste dalla legge». [...]  27 luglio 2005





Meglio tardi che mai, ma la denuncia è stata fatta solo in Italia, a David Lane e alla Laterza, non anche a David Lane e alla Penguin, in Inghilterra.  Perché?

domenica 7 agosto 2005


PEONIE



caduto il fiore
resiste l’immagine
della peonia


Yosa Buson


chirite nochi


omokage ni tatsu


botan kana





Vorrei parafrasare il grande Buson dicendo:


"caduti i fiori / resiste l'immagine / dell'umanità"



Immagine: Peonie - China, Yuan dynasty [dal sito: http://www2.kyohaku.go.jp/heichin/130/hp7-48e.htm]

sabato 6 agosto 2005

HIROSHIMA 6 AGOSTO 1945



Mai Più!



Pianeta Terra 6 agosto 2005



mai  più?


mai più armi nucleari?


mai più vittime del terrore nucleare?


venerdì 5 agosto 2005

 


come li seppelliamo i morti


che si accatastano nel patio contro


  la nostra finestra panoramica? la vista è ostruita


dall'ultimo cadavere scaraventato qui da un'altra bomba a grappolo...


ogni quaranta minuti, ogni venti, ogni dieci, ogni cinque,


ogni quattro ogni tre ogni due


ogni uno...


non riesco più a vedere in giardino


che ne facciamo di tutti questi bambini


che giacciono qui fuori dalla nostra cucina


finché ciascuna delle loro morti non sarà stata chiamata una morte


finché ciascuno di noi non saprà chi è che abbiamo ucciso


come è giovane questa... quattro anni? otto? tredici?


  ventidue? teneva spesso


le mani in quella maniera? stava per fare una domanda?


La sua faccia un campo rivoltato di fresco


dove avremmo indugiato potendo


e lasciato scorrere dai nostri occhi semi nati dal nostro sguardo


ma ora


riusciamo a pronunciare ripetere pronunciare ripetere


uccidere, morte, uccidere, morte, uccidere, morte


con una pausa dopo ciascuna parola come ciascuna merita, ripetendole


nel sonno, sottovoce, a voce alta, alla TV


finché le nostre parole non diventano sabbia che ci punge a sangue i palmi


levati nel vento che si leva


guarda cosa rimane ora della sua faccia, terreno straziato e brullo...


della sua, e poi della sua, e della sua, e di nuovo della sua... ripetere


svelto


sabbia per ricoprire almeno il suo esile


corpo un tempo radioso




Mermer Blakeslee


Mermer Blakeslee, scrittore e poeta statunitense, vive a Roscoe, New York.

giovedì 4 agosto 2005

Steven Vincent, giornalista



Ancora un giornalista ucciso. Steven Vincent, freelance statunitense, stava facendo ricerche sulla città di Bassora. La notizia è stata data da molti giornali, scritti e televisivi, ma ormai anche i giornalisti rapiti e uccisi non fanno più tanto notizia.


Voglio ricordarlo e, con lui, ricordare tutte le giornaliste e i giornalisti che hanno perso la vita in questi anni. L'Associated Press ha pubblicato sul New York Times la lista dei giornalisti ucci in Iraq, lista troppo lunga, solo in Iraq. Non manca il nostro Enzo Baldoni. [ http://www.nytimes.com/aponline/international/AP-Iraq-Journalists-Glance.html ].


L'ultimo articolo di Steven Vincent, apparso sul NYT, è di pochi giorni fa, il 31 luglio scorso:


Switched Off in Basra



Basra, Iraq


THE British call it being "switched on" - a state of high morale and readiness, similar to what Americans think of as "gung ho" attitude. During the 10 days I recently spent embedded with the British-led multinational force in this southern Iraqi city, I met many switched-on soldiers involved in what the British call "security sector reform." An effort to maintain peace while training Iraqis to handle their own policing and security, security sector reform is fundamental to the British-American exit strategy. As one British officer put it, "The sooner the locals assume their own security, the sooner we go home."






M.K. Perker

 

From this perspective, the strategy appears successful. Particularly in terms of the city police officers, who are proving adept at the close-order drills, marksmanship and proper arrest techniques being drilled into them by their foreign instructors. In addition, police salaries are up, the officers have shiny new patrol cars, and many sport snazzy new uniforms. Better yet, many of these new Iraqi officers seem switched-on themselves. "We want to serve our country" is a repeated refrain.




From another view, however, security sector reform is failing the very people it is intended to serve: average Iraqis who simply want to go about their lives. As has been widely reported of late, Basran politics (and everyday life) is increasingly coming under the control of Shiite religious groups, from the relatively mainstream Supreme Council for the Islamic Revolution in Iraq to the bellicose followers of the rebel cleric Moktada al-Sadr. Recruited from the same population of undereducated, underemployed men who swell these organizations' ranks, many of Basra's rank-and-file police officers maintain dual loyalties to mosque and state.


In May, the city's police chief told a British newspaper that half of his 7,000-man force was affiliated with religious parties. This may have been an optimistic estimate: one young Iraqi officer told me that "75 percent of the policemen I know are with Moktada al-Sadr - he is a great man." And unfortunately, the British seem unable or unwilling to do anything about it.


The fact that the British are in effect strengthening the hand of Shiite organizations is not lost on Basra's residents.


"No one trusts the police," one Iraqi journalist told me. "If our new ayatollahs snap their fingers, thousands of police will jump." Mufeed al-Mushashaee, the leader of a liberal political organization called the Shabanea Rebellion, told me that he felt that "the entire force should be dissolved and replaced with people educated in human rights and democracy."


Unfortunately, this is precisely what the British aren't doing. Fearing to appear like colonial occupiers, they avoid any hint of ideological indoctrination: in my time with them, not once did I see an instructor explain such basics of democracy as the politically neutral role of the police in a civil society. Nor did I see anyone question the alarming number of religious posters on the walls of Basran police stations. When I asked British troops if the security sector reform strategy included measures to encourage cadets to identify with the national government rather than their neighborhood mosque, I received polite shrugs: not our job, mate.


The results are apparent. At the city's university, for example, self-appointed monitors patrol the campuses, ensuring that women's attire and makeup are properly Islamic. "I'd like to throw them off the grounds, but who will do it?" a university administrator asked me. "Most of our police belong to the same religious parties as the monitors."


Similarly, the director of Basra's maternity hospital, Mohammad Nasir, told me that he frequently catches staff members pilfering equipment to sell to private hospitals, but hesitates to call the police: "How do I know what religious party they are affiliated with, and what their political connection is to the thieves?"


It is particularly troubling that sectarian tensions are increasing in Basra, which has long been held up as the brightest spot of the liberated Iraq. "Are the police being used for political purposes?" asked Jamal Khazal Makki, the head of the Basra branch of the Sunni-dominated Islamic Party. "They arrest people and hold them in custody, even though the courts order them released. Meanwhile, the police rarely detain anyone who belongs to a Shiite religious party."


An Iraqi police lieutenant, who for obvious reasons asked to remain anonymous, confirmed to me the widespread rumors that a few police officers are perpetrating many of the hundreds of assassinations - mostly of former Baath Party members - that take place in Basra each month. He told me that there is even a sort of "death car": a white Toyota Mark II that glides through the city streets, carrying off-duty police officers in the pay of extremist religious groups to their next assignment.


Meanwhile, the British stand above the growing turmoil, refusing to challenge the Islamists' claim on the hearts and minds of police officers. This detachment angers many Basrans. "The British know what's happening but they are asleep, pretending they can simply establish security and leave behind democracy," said the police lieutenant who had told me of the assassinations. "Before such a government takes root here, we must experience a transformation of our minds."


In other words, real security reform requires psychological as well as physical training. Unless the British include in their security sector reform strategy some basic lessons in democratic principles, Basra risks falling further under the sway of Islamic extremists and their Western-trained police enforcers.



Steven Vincent, the author of "In the Red Zone: A Journey Into the Soul of Iraq", is writing a book about Basra.


Steven Vincent non finirà di scrivere il suo libro su Bassora.


Fonte: http://www.nytimes.com/2005/07/31/opinion/31vincent.html


Nel sito ARTICOLO21 l'articolo:


"Come un delitto di mafia" [ http://www.articolo21.info/notizia.php?id=2324 ]


A proposito di Bologna e della libertà di espressione, segnalo di Travaglio "Chi fischia, chi scorda", nel sito di Masso57, post del 4 agosto 2005 [ http://blueriver.splinder.com/ ]