martedì 28 giugno 2005

Noi e i gay
un problema di uguaglianza



28 giugno 2005


di José Luís Zapatero*



Come cittadino mi sento orgoglioso del fatto che il nostro Paese sia un riferimento per l’uguaglianza e il rispetto.


Come uomo aspiro a che il nostro Paese sia un esempio di convivenza con uguaglianza piena di diritti per tutti.


 Come premier del mio Paese debbo assumere la sfida di fare della Spagna un simbolo di pace e di tolleranza.


La legge che consente il matrimonio agli omosessuali ci fa migliori come Paese perché dà dignità a persone che per molti anni hanno subito ingiustizie. Questa legge non toglie diritti a nessuno, ma finalmente riconosce dignità agli omosessuali. Questa legge appoggiata dalla maggioranza dei cittadini, della politica e del Parlamento, è il simbolo di ciò che deve essere una democrazia moderna.


Non è mai stato facile lavorare per l’uguaglianza, ci sono state sempre resistenze a che noi tutti, uomini e donne, indipendentemente da qualsiasi differenza, fossimo liberi ed eguali. Per lungo tempo i collettivi di lesbiche, gay e transessuali hanno saputo mantenere la speranza che un giorno quella discriminazione potesse scomparire nel nostro Paese.

Molti di loro hanno offerto grandi prove di coraggio, responsabilità e immaginazione inseguendo il sogno di un Paese dove nessuno fosse discriminato.


La rivendicazione del diritto al matrimonio tra persone dello stesso sesso emana dallo spirito stesso della Costituzione. È una proposta di riforma che non solo non va contro nessuno, ma della quale beneficerà tutta la società, perché aggiunge senza togliere.


La nuova legge implicherà un allargamento del diritto che ha ogni essere umano di scegliere liberamente il cammino della sua vita e la ricerca della propria felicità. C’è in gioco molto di più della possibilità di sposarsi.


È il riconoscimento della pienezza come esseri umani, della dignità, della uguaglianza incondizionata. Rimane sempre molto da fare, benché a partire da adesso esisterà un prima ed un dopo. È una data che passerà alla storia come il giorno in cui lesbiche e gay furono riconosciuti e raggiunsero la uguaglianza formale. Un giorno in cui si riconoscerà anche la memoria di quanti sono stati vittime della omofobia, del maschilismo, della incomprensione e della intolleranza.

In momenti come quelli che stiamo vivendo, sentiamo l’orgoglio civico di appartenere ad un
Paese moderno che rinforza la sua coesione con leggi e politiche di libertà ed eguaglianza.


La Spagna sta compiendo un passo decisivo che la consoliderà nel mondo come simbolo di pace, diritto e tolleranza. Noi spagnoli non lo siamo sempre stati, ma possiamo e dobbiamo esserlo adesso. Cosí ogni giorno diventiamo un Paese migliore.



* Primo ministro spagnolo. Articolo tratto dalla rivista «Zero»


E' una gioia immensa sentire un politico che esprime queste idee e che mette i principi etici al di sopra dei suoi interessi in termini di carriera politica. Il confronto con il nostro premier è desolante per me. Che fare se non augurare un cambiamento positivo anche all'Italia?


Fonte: http://www.lastampa.it/redazione/editoriali/ngeditoriale2.asp 

domenica 26 giugno 2005

2 6    g i u g n o   2 0 0 5

















Troppo poco umano
foto: Getty Images/Laura Ronchi

 
Giornata Mondiale a sostegno delle vittime di tortura


 Il 26 giugno viene celebrata in tutto il mondo la Giornata Internazionale a sostegno delle vittime di tortura, proclamata nel 1997 dall’Assemblea Generale dell’ONU



 -   Metà della popolazione mondiale vive sotto governi che praticano la tortura.


-   Un terzo dei rifugiati  nel mondo ha subito la tortura.

  -   L’Italia non ha ancora introdotto il reato di tortura nel codice penale né ha ratificato il protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura.


"Niente è più efficace della tortura", scrive Naomi Klein in un suo recente articolo, fornendo documentazioni e argomentazioni verificabili. La paura, soltanto la paura per mia fortuna,  di cui cui parla la Klein l'ho sperimentata personalmente per parecchi anni in Iran, prima sotto la dittatura dello shah, poi nel buco nero degli orrori clericali islamici. Per quel che mi riguarda, forse per la mia mancanza di coraggio, 'la tortura è lo strumento più efficace per ottenere il controllo sociale'. L'articolo completo di Naomi Klein si trova a questo URL:  http://www.nuovimondimedia.com/sitonew/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=1216&topic=28



 



 



Non so se sia possibile definire una data d'inizio per la tortura. Certo è praticata dalla notte dei tempi. Il più grande torturato della Storia fu Gesù di Nazareth, che diffuse insegnamenti di amore e di pace. Stranamente, in piena e blasfema contraddizione con la dottrina del Cristo,  fu poi l'organizzazione della Chiesa Cattolica a diventare maestra in questo campo, per moltissimi secoli. La Santa Inquisizione , infatti, detta 'santa' da "Santa Romana Chiesa", anche se esisteva fin dall'anno 1000, fu legittimata nel 1215 ai tempi di Gregorio IX , la cui opera fu completata dal suo successore Innocenzo IV con la bolla papale "Ad extirpanda" (1252). A questo proposito è interessante consultare L’impero del male di Adriano Petta* al seguente URL: http://www.librialice.it/news/primo/petta_adriano-art.htm.


Abbiamo attraversato secoli e secoli di esperienza, abbiamo studiato Cesare Beccaria e altri pensatori come lui. Prima di lui nel 1631, in Germania, il gesuita Friedrich von Spee, confessore di streghe condannate a morte, aveva condannato la tortura basandosi sulla propria esperienza personale. La tortura non è solo un crimine, è anche inefficace e inutile per estirpare informazioni. Serve moltissimo, invece, ad annullare la persona umana con il massimo della crudeltà immaginabile. Il libro di Friedrich von Spee, pubblicato anonimo, è "Cautio criminalis" (trad. it. I processi alle streghe, Editrice Salerno, II ed, 2004).


Così siamo arrivati a oggi, 26 giugno 2005, e ancora dobbiamo fronteggiare questo indicibile orrore.


Ancora e ancora, anche sciaguratamente nelle grandi democrazie, contro ogni ragione, contro ogni sentimento, contro ogni legge stabilita, sia divina che umana.


Sui progressi medico-scientifici si può leggere:


1. I medici orwelliani di Guantanamo. Per torturare meglio. ( http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/25-Giugno-2005/art68.html )


2. Doctors and interrogators at Guantanamo Bay. (in The New England Journal of Medicine, http://content.nejm.org/cgi/content/abstract/NEJMp058145 )

martedì 21 giugno 2005

A proposito di relativismo


nel rispetto delle leggi vigenti in Italia.


Due comportamenti diversi


Ho letto sull'Unità di oggi che 110 professori e ginecologi dei centri di procreazione assistita hanno mandato al Presidente Ciampi una lettera appello con la quale chiedono che il Parlamento apporti le necessarie modifiche alla legge 40. E testualmente annunciano: " Le uniche possibilità alternative saranno il ricorso alla magistratura e disobbedienze civili. ... Non vogliamo certo eludere la legge o ingannarla, ma sentiamo l'urgenza diaffermare, assumendocene in toto la responsabilità, il rispetto di una legge superiore, che riguarda la nostra Costituzione, i nostri principi deontologici e la nostra coscienza".


Non so che cosa risponderà il Presidente Ciampi e, quanto al merito dell'appello, immagino bene che ci saranno reazioni diverse. Ma qui mi preme rilevare la correttezza di questo comportamento: si presenta il problema, si riconosce il valore di una legge, si prefigura una disobbedienza civile. Disobbedienza riconosciuta e dichiarata dai firmatari dell'appello.


Vorrei, quindi, far notare la differenza fra questo modo di intendere la legalità e quello conclamato dal fronte degli astensionisti, da Ruini a Pera, da Casini ai parroci, e così via. Tutti loro hanno disobbedito a una legge dello Stato, ma l'hanno fatto non dichiarando che di disobbedienza civile si trattava e non spiegando bene questo fatto al popolo sovrano, cattolico e no. Loro, i nuovi disobbedienti, hanno affermato il loro buon diritto a comportamenti e azioni contro la legge, facendo intendere che leggi si rispettano a seconda del proprio personale giudizio. Insisto sul fatto che almeno avrebbero dovuto chiarire che intendevano fare della disobbedienza civile in nome di leggi superiori (quali?). Almeno quello, invece della protervia e della tracotanza nell'applicazione


Se questo non è relativismo, di tipo deteriore, che cos'è? E' relativismo tattico di machiavellica memoria? E' l'idea di essere cittadini "più uguali"? E' disprezzo della legalità in nome di una presunta superiorità?


Nota - la legge a cui mi riferisco è la seguente:


(Art. 98 del Testo Unico delle leggi elettorali, Titolo VII:



Il pubblico ufficiale, l'incaricato di un pubblico servizio, l'esercente di un servizio di pubblica necessità, il ministro di qualsiasi culto, chiunque investito di un pubblico potere o funzione civile o militare, abusando delle proprie attribuzioni e nell'esercizio di esse, si adopera
1. a costringere gli elettori a firmare una dichiarazione di presentazione di candidati od
2. a vincolare i suffragi degli elettori a favore od in pregiudizio di determinate liste o di determinati candidati
3.
ad indurli all'astensione,
è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire 600.000 a lire 4.000.000
.) Fonte: http://www.lucacoscioni.it/node/4806

domenica 19 giugno 2005

La forza di una donna


SanSuuKyi


Aung San Suu Kyi


premio Nobel per la Pace


Rangoon, 19 giugno 2005.


"Aung San Suu Kyi ha compiuto oggi sessant'anni e per la leader birmana del movimento per la democrazia e' stato probabilmente un giorno come tutti gli altri negli ultimi due anni: sola e agli arresti domiciliari, mentre i suoi sostenitori, nel Paese e in tutto il mondo, continuano invano a chiedere la sua liberazione.


La debolezza della violenza e della vigliaccheria


Neanche in questa ricorrenza la giunta militare di Rangoon ha concesso visite, oltre quella di un medico; la linea telefonica e' rimasta isolata e il servizio di sicurezza e' stato rafforzato.


Il sostegno non violento 


Ma al quartier generale della Lega nazionale per la Democrazia centinaia di persone hanno festeggiato la loro paladina. Nella sede disadorna della Lega la giornata era iniziata con un canto di dieci monaci buddisti. Poi, tra preghiere e altri canti, sono state liberati, come auspicio di pace, dieci colombe e sassanta palloncini colorati. Tutto l'evento e' stato filmato e tenuto sotto controllo dalle forze di sicurezza.
 All'interno dell'edificio il presidente del comitato centrale della Lega, Aung Shwe, ha letto davanti a circa quattrocento ospiti, tra cui diplomatici, una dichiarazione di auguri di "lunga vita, benedizioni e salute" per Aung San Suu Kyi. Cerimonie si sono tenute in altre sedi della capitale birmana.
 Per l'occasione a Bangkok, in Thailandia, l'universita' 'Thammasat' ha consegnato a un rappresentante della Lega una laurea 'honoris causa' per San Suu Kyi: un riconoscimento conferito nel 1991 dall'autorevole istituzione, ma che non era stato mai ritirato, perche' la destinataria e' stata in stato di arresto per nove degli ultimi sedici anni." 


Fonte: (http://www.rainews24.rai.it/Notizia.asp?NewsID=55102;  i titoli in corsivo sono miei)  )

martedì 14 giugno 2005

Un commento


15 giugno 2005



OK, però adesso non ci lasciamo prendere dall'isteria.
Per esempio: "Deutschland uber alles" non è affatto uno slogan nazista (?!?). Dando del nazista a destra e a manca con tanta leggerezza ci si mette esattamente sullo stesso piano dei vari Giovanardi.

"Deutschalnd uber alles" è la prima strofa di "Das Deutschlandlied", cioé l'inno nazionale tedesco cos'ì come proclamato nel 1922, dal primo presidente della Repubblica di Weimar, Friedrich Ebert (le parole: la musica invece, bellissima, è quella dell'inno imperiale austriaco - Kaiserimn - composto da Haydn).
Oltretutto, quella frase per chi la scrisse (Heinrich Hoffmann von Fallersleben) significava un'esortazione a superare la divisione particolaristica della Germania in staterelli e principati per fondersi in un'entità più grande, esattamente come nel nostro risorgimento mazziniano.

ale tap

 

Sono grata ad "ale tap" sia per l'invito a non lasciarsi prendere dall'isterìa (pericolo da non sottovalutare mai), sia per le precisazioni rispetto a: "Deutschland ueber alles". Ho imparato una cosa che ignoravo e che valeva la pena di sapere. A mia discolpa, tuttavia, vorrei dire che purtroppo quel detto suona sinistro per l'uso che ne hanno fatto i nazisti, e comunque non ho dato del nazista a Ferrara, ho soltanto rilevato la mancanza di delicatezza di quel titolo, soprattutto nei confronti dell'embrione. Ad esempio,  la "svastica" è un simbolo antichissimo e di alta positività nella religione Hindu, ma purtroppo anche quella in noi occidentali è rimasta impressa come simbolo dell'orrore nazista.



I ringraziamenti non sono di maniera ma sentiti, mi dispiace di non poterli esprimere direttamente alla persona che con garbo mi ha fatto rilevare delle cose di cui terrò conto. Quanto a Ferrara, preso atto della mia ignoranza, non voglio fare un processo alle sue intenzioni. Magari voleva essere un invito all'unità il suo e non quello che ho capito io, ma il sottotitolo mi indirizza ancora verso la mia interpretazione.



Lola's Peace Rose




 


Il giorno dopo il referendum


Il primo pensiero è per tutte le persone che speravano nella possibilità di cambiare  una legge priva di misericordia per loro. Vorrei poter dire loro la mia solidarietà e la mia com-passione, ma anche questo al momento mi sembrerebbe inadeguato. Mi auguro che chiunque abbia bisogno di quell'aiuto che noi, popolo sovrano, gli abbiamo negato, mi auguro che possa almeno affrontare le difficoltà per riparare all'estero, e mi auguro che l'amarezza dell'abbandono non sia troppo grave. Sono persone coraggiose e forti, bisognerà che si conti su questo. Al momento posso offrire una rosa della pace, che sia di buon augurio per loro e per noi.


Peace rose


Spero anche che non abbiano letto il titolo del fondo di Giuliano Ferrara sul 'Foglio' che suona così:


Embrione uber alles


(L'embrione su ogni cosa)


Sconfitta devastante per il secolarismo dei ministri del culto relativista.


Uno slogan che ricalca quello nazista di funesta memoria: "Deutschland uber alles". Una svista? O un lapsus che dal profondo fa emergere un pensiero violento nascosto sotto i proclami della nuova etica teocon?


Sono colpita dalle reazioni dei "vincitori". Quelle degli "astenuti convinti", come li chiama Mannheimer nel suo sondaggiosul Corriere della Sera: "Astensione? Ha vinto il disinteresse"(http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2005/06_Giugno/14/mannheimer.shtml), e quelle dei cosiddetti "politici". Questi ultimi sembra che abbiano combattuto una loro guerra intestina e vedano nell'inimmaginabile astensione una specie di 'giudizio di Dio' sulle beghe a cui si dedicano completamente, incuranti dei problemi urgenti da risolvere ( e questo sia a destra che a sinistra). E parlano di essere o non essere in sintonia con il Paese, come se in qualche modo fossero interessati alle sue sorti. Mi offendono gli avversari di Fini che si dichiarano contro la libertà di coscienza del loro capo, mi offende Rutelli con le sue passionali dichiarazioni di voto e i suoi propositi bellicosi nell'Unione, il Rutelli dimentico di aver perso le elezioni del 2001. Mi offende questa mancanza di pudore e di pietas.


Penso al cardinal Ruini, lo vedo diafano e mite, mentre contempla calmo il trionfo della sua "strategia del non voto". Chissà se ricorda quel ricevimento del 2003 per ricordare i Patti Lateranensi, dopo il quale il nostro governo decise la "blindatura" della legge sulla procreazione assistita, pago di aver potuto partecipare alla guerra contro l'Iraq? Chissà se ha mai ripensato ai molti errori della Chiesa Cattolica, sempre contraria ai cambiamenti, al punto da schierarsi perfino contro la vaccinazione antivaiolosa (1823).


Mi sento sola e smarrita, anche se in compagnia di dieci milioni di persone che come me hanno deciso di non venir meno al "dovere civico" del voto. Non penso in termini di vittoria o di sconfitta, nonostante il carattere impietosamente bellicoso della campagna referendaria, soprattutto da parte dei crociati dell'embrione.

domenica 12 giugno 2005

Pensieri sparsi in una domenica referendaria



Caro diario,


Torno or ora dal mio seggio elettorale. Una camminata sotto il cielo grigio chiaro e l'aria frizzante di una domenica particolare. Sono immersa in una nuvola di riflessioni e di emozioni e di ricordi. Ero molto emozionata la prima volta che andai a votare, sono molto emozionata anche oggi, anche se per motivi diversi. Intanto so che oggi il mio voto non ha lo stesso valore di sempre: "una persona, un voto". Oggi il mio voto vale di meno a causa del "non expedit" clericale di credenti e miscredenti, ritornato in auge in questo terzo millennio, in cui molti dei fantasmi dei secoli scorsi si stanno rimaterializzando contro ogni speranza. Penso alla guerra "giusta", alla tortura e alla sua teorizzazione, al darwinismo sociale, alla preponderanza del potere economico su qualsiasi altra considerazione, compreso il rispetto dei Diritti Umani.


E' triste andare a votare pensando che il mio seggio è praticamente attaccato a una parrocchia. Perché oggi devo interessarmi alla locazione di seggi e parrocchie? Mi sento assurda. Poi cerco di non drammatizzare. Se vincerà l'illegale invito all'astensione, bisognerà ingoiare un grosso rospo antidemocratico, ma solo per un periodo. L'oscurantismo clericale ha compiuto molti errori e ha portato a compiere crimini orrendi (santa inquisizione et similia) nel passato, ma non è riuscito a bloccare il progresso culturale e civile dell'umanità.


Sono le 10:50: un'agenzia ANSA dice che Florence Aubenas e Hussein Hanoun al-Saadi sono stai liberati. Le prime parole di Clementina Cantoni, sono state appunto per gli altri sequestrati e sequestrate. Ci sono anche persone dimenticate in mano a criminali vari.




Bentornata Clementina, bentornata Florence, bentornato Hussein!



Come non pensare a tutte le persone a cui non potremo dare esprimere questa gioia e questo augurio? Ne nomino uno per tutti, il nostro amico Enzo Baldoni, di cui forse oggi abbiamo le spoglie ma sulla cui rapidissima esecuzione il mistero rimane fitto. Mistero come sull'uccisione di Nicola Calipari. Ma "nel mio cuore nessuna croce manca", e mi riferisco a tutte le vittime della guerra a cui non potremo dire "bentornate".


 


Pomeriggio di attesa



Ho trovato il discorso che il presidente del Senato Pera ha pronunciato all' Università Europea il 7 giugno scorso.

Ripensando il principio di separazione. Religione e politica in Europa


 1. Il principio di separazione

"... È noto che da quattro secoli l'Europa si basa su quella che è stata definita la "sintesi di Westfalia". Lì, nel 1648, si affermò un principio che ha fatto epoca, il principio di separazione tra sfera politica dello Stato, autonomo nei suoi poteri, e sfera religiosa dei cittadini, libera e indipendente dentro i confini dello Stato. ...


 ... Dal principio della separazione, a trarre più vantaggi è stato lo spirito positivo che si è esteso a tutti i campi, mentre a subire più perdite è stata la religione, la quale si è invece gradualmente ritirata in recinti sempre più piccoli, fino a trovarsi rinchiusa in quella che, prima di diventare Benedetto XVI, il cardinale Ratzinger aveva definito il "ghetto della soggettività".

... la novità di oggi in Europa è duplice. Da un lato, avanza una richiesta di identità del cittadino europeo, in parallelo ai processi di allargamento, di unificazione, di immigrazione. Dall'altro lato, si afferma una crescente domanda religiosa come componente di tale identità. In giro per il vecchio Continente c'è un risveglio spirituale, un bisogno di credere, una necessità di definirsi.


... Gruppi sempre più vasti di popolazione si interrogano su se stessi e cercano guide spirituali. Il laicismo imposto con la legge è sempre meno accettato.


La tolleranza vissuta come indifferenza è sempre più respinta. ...




2. La separazione come imperativo

Per evitare di trovarci impreparati, dobbiamo ripensare quelle categorie interpretative del mondo che si sono affermate con la cultura di Westfalia e che abbiamo bevuto col latte materno. In particolare, dobbiamo interrogarci sul principio di separazione e cercare risposte nuove e diverse da quelle della frammentazione, della ghettizzazione e della incomunicabilità delle competenze, delle fonti e delle autorità cui alla fine esso ha dato luogo. Personalmente, come contributo alla discussione, avanzo le risposte che seguono.

In primo luogo, non dovremmo mettere in discussione la separazione fra Stato e Chiesa. Al contrario, questa separazione dobbiamo mantenerla, perché è preziosa per la nostra convivenza e tolleranza. Gli Stati teocratici, quelli in cui il precetto religioso è legge statale, sono dispotici e illiberali, e comunque sono più dispotici e più illiberali degli Stati democratici.

In secondo luogo, non dovremmo respingere la separazione fra politica e religione. La proliferazione dei saperi e il loro progresso si deve a questa separazione, così come ad essa si deve una relativamente pacifica convivenza tra le sfere culturali separate. Se altri casi Galileo non si sono più presentati, neppure quando avrebbero potuto sorgere, si deve proprio, oltre che alla prudenza dei soggetti, allo spirito di convivenza che la separazione ha indotto.

E però, in terzo luogo, dopo tanta desuetudine e di fronte al fenomeno della rinascita religiosa, dobbiamo tornare a porci una domanda. Che cosa, propriamente, significa "separazione"? Due risposte credo dovrebbero essere escluse.

La prima: separazione non può significare divisione...


Vediamo la seconda risposta. Più o meno per le stesse ragioni per cui separazione non significa divisione, non significa neppure estraneità...


Ma, allora, se non è né divisione né estraneità, come altrimenti dobbiamo considerare la separazione fra politica e religione? Credo che il modo intellettualmente più appropriato e praticamente più utile sia di concepirla come un imperativo o un avvertimento: non oltrepassare un certo limite perché altrimenti i valori della tolleranza, del rispetto, della convivenza sono a rischio.

Così inteso, il principio di separazione fra religione e politica dice che c'è un certo limite oltre il quale una fede religiosa trasportata nell'àmbito politico produce intolleranza e diminuisce la libertà di tutti e ciascuno. Il principio di separazione però non fissa quel limite in astratto e una volta per tutte. Esso non dice dove deve essere posto. Il "dove" - ad esempio, dove la scienza si deve fermare davanti alla religione o dove il diritto si deve fermare davanti alla morale - è un punto da stabilire di volta in volta, è un confine che si sposta continuamente con il cambiare storico delle circostanze, delle convenienze, delle opportunità, delle sensibilità. È a causa di questo spostamento che ciò che oggi, su un determinato tema, ad esempio di bioetica, sembra una interferenza intollerabile della religione sulla politica o sulla scienza, domani potrà apparire una convivenza opportuna, o al contrario, ciò che oggi sembra una tolleranza reciproca conveniente domani potrà essere avvertito come una intrusione e una prevaricazione inaccettabile.

Insomma, il principio di separazione pone la laicità dello Stato e della politica come consapevolezza di un limite da non oltrepassare. Ma il limite è affidato alla nostra prudenza. Laico è quello Stato che avverte l'esigenza di questo limite, e prudente è quello Stato laico che, al momento giusto, fissa il confine al punto giusto. 


 3. Una sfida per laici e credenti



 


La domanda che ora mi pongo è: noi politici e intellettuali e cittadini degli Stati europei lo stiamo mettendo, questo limite, nel confine giusto? Abbiamo consapevolezza che la cultura separatista di Westfalia è in crisi e perciò occorre dare spazio diverso ai sentimenti religiosi dei nostri popoli?








Per quanto riguarda l'Europa, la risposta è dubbia. Posti di fronte alle domande: "Chi sei tu, vecchio Continente?", "Chi fur li maggior tua?", "Sei ancora il continente cristiano di Pietro e Paolo, di Cirillo e Metodio, di San Benedetto, e di tanti altri protagonisti della evangelizzazione?", i cento padri della Costituzione europea hanno preferito tirarsi fuori d'impaccio e imboccare la vecchia strada della separazione. ... 


... Oggi l'uomo europeo e occidentale sembra un penitente che si batte in continuazione il petto. Se ci sono fondamentalisti e terroristi che gli hanno dichiarato la jihad, allora - pensa il penitente - deve esserci una ragione. Se c'è una ragione, allora essa nasce da uno squilibrio sociale. Se c'è uno squilibrio sociale, allora qualcuno l'ha provocato deliberatamente. Se qualcuno l'ha provocato deliberatamente, allora l'Occidente nazionalista, imperialista, colonialista è colpevole. E se l'Occidente, alla fine, è colpevole di aver provocato la jihad, allora si merita la jihad.


Io credo che questo modo di pensare e agire debba essere respinto. ...


Il dialogo fra credenti e laici, soprattutto laici liberali, che da noi, in Italia più che altrove, è cominciato in modo promettente dovrebbe aiutare a respingere la cultura della resa e dell'indifferenza. Ma un dialogo, se è autentico, è una sfida intellettuale che richiede coraggio da entrambe le parti. Ce l'hanno, questo coraggio, i laici o si sentono ancora confortati dai pigri recinti di Westfalia? Ce l'hanno, lo stesso coraggio, i credenti o si sentono ancora protetti dalle gabbie dei concordati? Vogliono gli uni e gli altri procedere in mare aperto, confrontarsi davvero, interrogarsi davvero, mettersi in discussione davvero?


Io spero di sì, che lo vogliano, perché la posta è alta: con la nostra identità, è in gioco il nostro futuro.


Convegno "L'Europa: radici e confini"


Università Europea di Roma, 7 giugno 2005


Fonte: http://www.senato.it/presidente/21572/21575/47912/composizioneattopresidente.htm





Il discorso è molto lungo e le estrapolazioni vanno sempre prese con le molle. Per questo consiglio di leggere tutto il documento. Dopo aver letto e copiato l'articolo "Westfalia addio" (post precedente), ho dovuto cercare il discorso di Pera. Ora, a maggior ragione, mi domando se questo è un Presidente del Senato della Repubblica Italiana ...


giovedì 9 giugno 2005

Oltre il referendum,


verso la Repubblica Cattolica Italiana


 


Lo Stato Italiano spende enormi somme di denaro dei contribuenti per organizzare un referendum legittimo secondo la Corte Costituzionale. Poi ci sono le due massime cariche dello stesso Stato, Pera e Casini, nonché ministri e parlamentari vari, che si adoperano perché il suddetto referendum fallisca. Si dice che tale posizione sia legittima, ma io mi permetto di avere i miei dubbi. Una cosa è l'astensione del singolo cittadino, un'altra l'invito all'astensione da parte di autorità detentrici di un potere di persuasione o addirittura di coercizione più o meno grande. La legge elettorale, infatti, considera "REATO" questo comportamento.


Casini si è esposto meno rispetto al presidente del Senato Pera, che ha fatto affermazioni preoccupanti riguardo alla separazione tra Stato e Chiesa. Mi sembra, quindi, che questa consultazione referendaria abbia obiettivi molto più ampi di quelli strettamente legati ai quattro quesiti.


 «Io non andrò a votare, non si sforbiciano i diritti: astenersi in modo deliberato e consapevole non significa lavarsi le mani dei quesiti referendari, piuttosto significa conoscerli, volere che la legge resti così com'è, e soprattutto significa affidare al Parlamento il compito della sua eventuale revisione». (Corriere della sera)


Ma c'è molto di più, come ho letto nell'articolo di Ida Dominijanni pubblicato dal Manifesto di ieri:


Westfalia addio


Non pago di avere aizzato l'elettorato cattolico a seguire il comandamento vaticano astensionista, con ciò violando nella pratica il principio costituzionale della laicità dello Stato, il presidente del senato Marcello Pera ha messo ieri in discussione quel principio anche in teoria, dichiarando finita, si parva licet, l'epoca apertasi nel 1648 con la pace di Westfalia. Il principio della separazione fra Stato e Chiesa va «ripensato», sostiene il nostro, perché il bisogno di religiosità cresce e quindi «il laicismo imposto per legge» non va più. L'argomentazione la dice lunga sulla concezione della laicità del filosofo, prima che del politico: come se essa riguardasse i contenuti legislativi e non la forma dello Stato e la garanzia della sua neutralità rispetto alla libertà d'espressione politica, ideologica nonché religiosa. Ma è inutile fare le pulci al filosofo, perché è il politico che si arrampica sugli specchi e lo sa: siccome criticando lo Stato laico si va a parare facilmente sullo Stato teocratico, e siccome bisogna con una mano benedire le radici cristiane dell'Europa e con l'altra maledire l'Islam, il filosofo ridiventa pragmatico e propone che la soglia della distinzione fra Stato e Chiesa venga stabilita di volta in volta. Per esempio, stavolta, in materia di bioetica, «ciò che oggi sembra una interferenza intollerabile della religione sulla politica o sulla scienza, domani potrà apparire una convivenza opportuna». Tradotto: ingoiate oggi lo statuto ontologico e giuridico dell'embrione e il comandamento astensionista, e domani lo digerirete.

Niente di nuovo sul fronte della propaganda teo-con. Ma sul fronte costituzionale - assai meno frequentato, e colpevolmente, nel dibattito referendario - qualcosa di nuovo c'è. Marcello Pera, che sarebbe la seconda carica istituzionale della Repubblica, parla come se non fosse vincolato ad alcuna norma fondamentale: come se fosse libero di inventarsi l'edificio repubblicano da capo, e nel vuoto.


Il che la dice lunga sull'esperimento di sovversione costituzionale che centrodestra e teocon uniti stanno portando avanti attraverso la legge 40: la cui posta in gioco, da questo non secondario punto di vista, travalica la materia specifica della procreazione assistita. Si tratta - sono parole di Stefano Rodotà, che ieri ha opportunamente riproposto la questione nel convegno sulla Costituzione organizzato dalla Camera di consultazione della sinistra, di cui diamo conto a pagina 4 - del «primo atto di una contesa per l'occupazione dello spazio costituzionale da parte di diversi fondamentalismi», sulla base di un'idea di Stato e di società tutt'affatto diversa da quella delineata nella Carta del `48. Il punto è cruciale, eppure non trova lo spazio che meriterebbe negli argomenti referendari del sì, confinati alla contestazione degli eccessi antiscientisti e proibizionisti del fronte del no sull'embrione e sull'uso delle tecnologie riproduttive. Eppure la campagna per il sì e per il raggiungimento del quorum avrebbe solo da guadagnare dalla sottolineatura della posta in gioco costituzionale del referendum. Bisogna affidare solo ai giuristi - e alle giuriste, stavolta mobilitate in gran forza - la denuncia dei profili di incostituzionalità della legge 40? Spetta solo a loro dire che essa lede principi fondamentali come la dignità della donna, il diritto alla salute, l'uguaglianza di tutti e tutte di fronte alla legge?

Non si tratta di lesioni puntiformi. E' sempre Rodotà ad osservare che per questa via, il centrodestra mette in atto un attacco complessivo alla Costituzione che non si limita più a riformularne la seconda parte, quella sull'ordinamento istituzionale, ma ne riscrive coerentemente la prima, quella sui principi, fin qui dichiarata formalmente intoccabile da tutti i progetti di Grande Riforma, dagli anni 80 a oggi.

Quella rassicurante divisione, nella quale anche la sinistra si era adagiata, salta per mano di una legge che obbliga tutti, destra e sinistra, a parlare di questioni biopolitiche e di come - e se, e in quale misura - vadano normate da uno Stato che, Pera e Casini permettendo, è ancora uno Stato laico. I politici del sì si sveglino. Gli strappi della Costituzione vanno evitati di volta in volta, anche quando arrivano per vie traverse. Altrimenti non saranno credibili gli appelli alla difesa della Carta che si alzeranno quando si tratterà di tornare alle urne per un altro referendum, quello contro la riforma costituzionale firmata Berlusconi.



Mi chiedo se la giornalista abbia esagerato, ma devo riconoscere che queste ansie le avevo già da tempo.


D'altra parte non è più rassicurante l'articolo del Sole 24Ore, dal titolo significativo: "L'influenza dei vescovi alla prova del quorum ". Vi si legge:


"Questa volta, poi, potrebbe essere l'invito all'astensione sostenuto dalla Conferenza episcopale italiana la chiave di volta per abbassare fino al 34% l'affluenza alle urne, domenica e lunedì prossimi. Attorno a questo dato, sostiene uno studio dell'Istituto Cattaneo di Bologna, si giocherà anche la niente affatto secondaria partita dell'influenza esercitata dalla Chiesa sul corpo elettorale."


L'intero articolo qui: lhttp://www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&artId=675620&chId=30&artType=Articolo&back=0

mercoledì 8 giugno 2005

A proposito di assolutismo e relativismo



«... contrastare il predominio distruttivo del relativismo nella società e nella cultura.


È molto importante riaffermare la


intangibilità della vita umana dal concepimento fino al suo termine naturale».


(dal discorso alle famiglie in Laterano dell'altro ieri)


"2267 L'insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell'identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani. Se, invece, i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall'aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l'autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana. Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l'ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo « sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti ».


Fonte: Catechismo della Chiesa Cattolica - testo ufficiale - Parte Terza - La vita in Cristo, Cap. secondo, Articolo 5: Il quinto comandamento. URL: http://www.iqt.it/



"Riguardo a due temi, pena di morte e guerra giusta, è possibile che ci siano degli sviluppi rispetto a come sono stati trattati nel 1992?
"In effetti sulla questione della pena di morte, tra la prima edizione del Catechismo 1992 e la sua editio typica in latino, uscita nel 1997, c'è stata una evoluzione notevole. La sostanza è rimasta identica, ma la strutturazione degli argomenti si è sviluppata in senso restrittivo. Non escludo che su questi temi ci possano essere delle variazioni nel tipo di
argomentazioni e che nelle proporzioni dei diversi aspetti dei problemi ci possano essere delle variazioni. Escluderei cambiamenti radicali ".

Eminenza, una domanda di attualità, in qualche modo inerente al Catechismo. La guerra angloamericana all'Iraq rientra nei canoni della "guerra giusta"?
"Il Papa ha espresso con grande chiarezza il suo pensiero, non solo come pensiero individuale, ma come pensiero di un uomo di coscienza nelle funzioni più alte della Chiesa cattolica. Certo, non ha imposto questa posizione, come dottrina della Chiesa, ma come appello di una coscienza illuminata dalla fede."


Dall' intervista al cardinal Ratzinger pubblicata su Avvenire del 27 aprile 2003, di Gianni Cardinale. Il documento completo qui: http://www.ratzinger.it/modules.php?name=News&file=print&sid=43



 


 


Per una corretta comprensione è sempre preferibile leggere i testi nella loro completezza. Ho estrapolato i pezzi che hanno colpito la mia attenzione e la mia coscienza, ma forse altri li intenderebbero diversamente se li leggessero inseriti nel conteso. Dopo questa avvertenza per "mettermi in pace la coscienza", rivolgo al Papa di Santa Romana Chiesa la domanda che mi è venuta spontanea e urgente:


- perché il no alla pena di morte non è assoluto come altri no?


- c'è una spinta verso l'abolizione della pena di morte, ma non un divieto assoluto, anzi la posizione è pragmatica e sostanzialmente antiproibizionista.


- su molte grandi questioni, come l'aborto, l'eutanasia, la pillola del giorno dopo, la fecondazione assistita i "no" sono assoluti.


- allora ripeto la domanda: "Perché il "no" alla pena di morte non è assoluto?".

martedì 7 giugno 2005

A proposito di "relativismo"...


relativismo aritmetico e relativismo quorum


07.06.2005
Lettera a Ciampi e Pisanu / Il mio voto fantasma
di Piergiorgio Welby *

Presidente Ciampi, ministro Pisanu, l’ultima volta che ho potuto votare è stato il 7 ottobre 2001. Da allora il progredire della mia patologia degenerativa mi ha impedito di esercitare quel diritto, tanto determinante per la democrazia che per renderlo possibile, lì dove è conculcato, non abbiamo esitato a inviare i nostri soldati.
Sono una di quelle anime belle convinte che andare al mare non sia un’alternativa all’andare a votare.
Quindi potete immaginare con quanta frustrazione abbia vissuto i giorni delle consultazioni elettorali. Oggi, non sono più disposto a subire in silenzio la frustrazione della non partecipazione a questo referendum.
Questa volta non solo mi viene impedito di votare quei quattro sì alla vita, all’amore, alla speranza, al futuro, ma vengo, contro la mia volontà, arruolato tra i sostenitori di questa legge che mi offende e mi avvilisce. La mia assenza, la mia astensione verrà conteggiata insieme al nonvoto di chi va al mare, di chi di fronte ai problemi altrui reagisce con una scrollata di spalle, di quelli che vogliono imporre ad altri i propri valori e comportamenti. Io, questa volta, voglio votare! Se ciò non sarà possibile chiedo a lei, Presidente Ciampi, e a lei, ministro Pisanu, di cancellare il mio nome dalle liste elettorali: se questa Repubblica mi considera già morto, io restituirò la mia scheda elettorale.

 


* Membro del Consiglio Generale dell’Associazione Luca Coscioni


Fonte: http://www.unita.it/index.asp?sezione_cod=CMTO


Da aggiungere i militari all'estero, gli italiani irreperibili all'estero, e altri casi del genere.


L'esattezza del quorum mi sembra un argomento imprescindibile.


domenica 5 giugno 2005

L' ASSENTE


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Hope I


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 E' un'opera di Gustav Klimt, il suo titolo è "Speranza I", suscitò grande scandalo all'epoca (1903). Me ne sono ricordata durante le mie riflessioni sulla battaglia intorno ai quesiti dei referendum. Se nel contesto odierno dovessi dare un titolo a quest'olio, forse lo chiamerei "Il campo di battaglia", perché si parla poco o punto proprio di lei: la donna. E chi ne parla nella maggior parte dei casi è uomo, in alcuni casi sono uomini di potere a parlarne.


In realtà lei non è un gran soggetto nella discussione, lei è un corpo-soggetto da controllare per quella sua "potenza di concepire e mettere al mondo". Gli uomini e le donne (pochissime) del nostro Parlamento hanno stabilito per legge che "il concepito", chiamato anche 'embrione' , ha dignità e diritti pari a quelli degli esseri umani formati, "anzi la vita della potenziale madre ne ha un po' meno: perché il corpo materno contenitore dell'embrione deve fare il suo dovere fino in fondo e purchessia, per dare a questo appunto la chance di provare a diventare un essere umano" , come ha scritto Chiara Saraceno su La Stampa del 3 giugno scorso,  in un editoriale dal titolo rivelatore: "E chi difende l'embrione quando è nato? (http://www.lastampa.it/redazione/editoriali/ngeditoriale8.asp).


"Sulla vita non si vota" recitano i manifesti del comitato per l'astensione ai referendum. Sono d'accordo, ma il problema è che uomini e donne (pochissime) in Parlamento hanno votato, licenziando purtroppo una legge, la 40/2004, che è difettosa e cattiva, se non in toto, in alcune parti importanti. Ora tocca a noi votare, non per ristabilire il far West secondo la vulgata, ma per spingere a cercare e ricercare soluzioni meno raffazzonate e contraddittorie, e rispettose sul serio dei diritti umani di tutte le persone coinvolte.


Vorrei chiarire che in questo post ho riflettuto sul metodo più che sul merito. I discorsi sul merito sono quasi infiniti e si basano principalmente su opinioni, ma qualcuno lo affronterò, a partire da quello terribile dell'eugenetica e delle manipolazioni genetiche, argomento questo su cui l'attenzione non sarà mai troppa.


Ma il campo di battaglia non è l'utero delle donne, il campo di battaglia non è l'intimità della coppia bisognosa di aiuto, il campo di battaglia non è la ricerca onesta di cure.


Quanto alle manipolazioni genetiche, rimando al mio post del 16 marzo 2005, in cui con l'aiuto di James Rifkin ho espresso il mio orrore per il delirio di onnipotenza di certi scienziati. Quello è e sarà il campo di battaglia su cui sono già schierata con tutte le mie forze.


 

sabato 4 giugno 2005

Cara Clementina,


cantoni_2


Su Rai News 24 di oggi leggo che stai bene, anche se le trattative con Timor Shah sono arenate sulle garanzie da lui richieste per tornare libero. Spero che gli "addetti" alla tua liberazione non facciano errori e abbiano successo quanto prima. Nel frattempo mi unisco all'appello che la tua mamma ha rivolto alla madre del rapitore Shah:


"Liberate mia figlia Clementina"

giovedì 2 giugno 2005


2 GIUGNO 1946 - 2005


59 ANNI


Ripasso dentro di me i valori alti e nobili racchiusi nell'emblema della Repubblica Italiana, che fu scelto il 5 maggio 1948: il ramo d'ulivo, simbolo della volontà di pace e del ripudio della guerra contenuto nell' art. 11 della Costituzione; il ramo di quercia che evoca la forza e la volontà del popolo italiano; la ruota dentata  che richiama l' art.1 della Costituzione: "L'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro".


Una bella notizia arriva dalla Toscana: il 2 giugno diventa la festa anche dello Statuto Toscano. Mi unisco alla festa dei toscani che hanno inteso legare le idee civili ed etiche della festa della nostra Repubblica ai fondamenti della loro Carta regionale.



Mentre scrivo mi arriva un messaggio: " ... E sopratutto lo stellone, a cui affidare la speranza di cavarsela sempre per il rotto della cuffia. Ma se non avremo soprassalti di consapevolezza, stavolta lo stellone non basterà... ."

ilvecchiodellamontagna

E già, ho dimenticato lo stellone che sembra aver abbandonato in nostri lidi e i nostri destini, forse disgustato dall'insipienza e dall'arroganza correnti della politica e dell'amministrazione della res publica, diventata negli ultimi anni, ahimè, molto 'privata'. E' inopportuno fare polemiche in un giorno di festa come questo? Forse che sì, forse che no.


Il vecchio della montagna invoca soprassalti di consapevolezza, e ha ragione. Come non ricordare l'Assemblea Costituente eletta nello stesso giorno del referendum e riunita per la prima volta a Montecitorio il 25 giugno 1946? Per la prima volta nella nostra storia il suffargio universale, la prima volta delle donne italiane. Eletti con il sistema proporzionale, i padri costituenti dovettero ricercare un 'vasto compromesso costituzionale' e armonizzare le istanze delle diverse, diversissime anime politiche e ideologiche presenti.



Allora, oggi, gioia e auguri per questo compleanno che ci accomuna. E l'impegno per ricostituire uno spirito comune sui temi essenziali della solidarietà e della pace.


Oggi piangiamo quattro cittadini italiani morti nella cosiddetta 'missione di pace in Iraq'. Oggi trepidiamo per Clementina Cantoni. Oggi assistiamo alla devastazione della nostra Costituzione. Oggi ..."


... è la festa degli Italiani, è il nostro compleanno comune.


Trascorriamola in serenità con gli amici, con la famiglia, anche questo ci aiuterà ad operare per il bene della nostra Patria.


Viva la Repubblica! Viva l'Italia!". '


Carlo Azeglio Ciampi



... e viva la Costituzione della Repubblica Italiana ...