venerdì 31 dicembre 2004




SU RICHIESTA DEL GOVERNO BELGA IL DALAI LAMA CANCELLA LA SUA VISITA A BRUXELLES

Bruxelles, 9 maggio 2007. (Phayul/TibetNet)
Cedendo alle ripetute pressioni cinesi, il governo belga ha chiesto al Dalai Lama di cancellare la sua visita a Bruxelles dove, i giorni 11 e 12 maggio, il leader tibetano avrebbe partecipato alla sessione inaugurale della quinta conferenza mondiale dei Gruppi di Sostegno al Tibet e incontrato alcuni parlamentari europei. Il governo belga, nel motivare la sua richiesta, ha messo in relazione la visita del Dalai Lama a Bruxelles con la prossima visita (16 – 26 giugno 2007) di una delegazione commerciale, guidata dal Principe Filippo del Belgio, a Pechino ed ha ammesso di aver ricevuto ripetute sollecitazioni dal governo cinese affinché il capo dei tibetani non effettuasse il suo viaggio.


Il Dalai Lama, non volendo creare problemi al paese che ospiterà la conferenza, ha acconsentito alla cancellazione della visita. In un comunicato diramato il 7 maggio 2007, Tempa Tsering, Ministro degli esteri del governo tibetano in esilio, afferma: “La decisione di Sua Santità il Dalai Lama è in sintonia con la convinzione che, in quanto cittadino del mondo, è suo primo dovere essere di aiuto all’umanità. In quanto monaco buddista, è suo secondo dovere fare da ponte tra le religioni. Infine, come tibetano, il suo terzo dovere è quello di servire la causa del Tibet e dei tibetani”.


La richiesta del governo belga ha un precedente: nel 2005 il Dalai Lama fu costretto a posporre una sua visita a Bruxelles, programmata per il giugno di quell’anno, a causa della concomitanza con la visita in Cina del Re Alberto II.


Quest’anno il governo belga si è spinto oltre e, piegandosi alla caparbia intromissione di Pechino, ha fatto sì che il leader tibetano rinunciasse a presenziare alla conferenza mondiale dei Gruppi di Sostegno. “È vergognoso che il Belgio, uno stato membro dell’Unione Europea e un paese con una lunga tradizione democratica rinneghi i propri valori e prenda ordini da un regime repressivo”, ha dichiarato Yael Weisz-Rind, direttore di Free Tibet Campaign. Sullo stesso tono anche le parole di Tsering Jampa, direttore di International Campaign – Europa: “Siamo molto dispiaciuti che il Belgio, uno dei paesi fondatori dell’Unione Europea, si sia piegato alle maniere forti di Pechino ed abbia impedito al Dalai Lama di parlare. L’UE dovrà ora riflettere sulle implicazioni e sul significato di questa cancellazione a una settimana dall’inizio del dialogo UE – Cina sui diritti umani, in programma a Berlino i giorni 15 e 16 maggio”.


Anche l’Associazione Italia-Tibet esprime il proprio stupore e il proprio rammarico per l’accaduto. A un anno dalle Olimpiadi del 2008, è evidente che la Cina non ha alcuna intenzione di risolvere il problema tibetano né di aprirsi ad alcuna riforma. L’arroganza di Pechino e la facilità con cui, in nome di interessi economici, ottiene la compiacenza di paesi sovrani e democratici devono essere motivo di profonda riflessione. [ Associazione Italia-Tibet - QUI ]


IL PARLAMENTO EUROPEO APPROVA UNA RISOLUZIONE SUL TIBET

Strasburgo, 15 febbraio 2007. (ICT/Phayul)
Con un’astensione e settantuno voti a favore su un totale di settantadue eurodeputati presenti, il Parlamento Europeo ha approvato una “Risoluzione sul Dialogo tra il Governo Cinese e gli Inviati del Dalai Lama”. Il documento, nei primi tre punti, afferma che il Parlamento Europeo:

- Chiede al Governo della Repubblica Popolare Cinese e al Dalai Lama di riprendere e continuare il dialogo senza precondizioni e in modo lungimirante tale da consentire una soluzione pratica che rispetti l’integrità territoriale della Cina e soddisfi le aspirazioni del popolo tibetano

- Si dichiara soddisfatto delle leggi e dei regolamenti sull’autonomia etnica regionale adottati dal Governo della Repubblica Popolare ma teme che molte di queste leggi contengano condizioni che ne impediscono o ne rendono difficile l’applicazione

- Chiede alla Commissione Europea, al Consiglio d’Europa e agli Stati Membri di sostenere attivamente il consolidarsi del dialogo e, in assenza di tangibili risultati su questioni di fondo e dopo aver consultato entrambe le parti, definiscano il futuro ruolo che l’Unione Europea potrà svolgere per facilitare una soluzione negoziata del problema tibetano, compresa la nomina di uno Speciale Rappresentante dell’Unione Europea per il Tibet. continua QUI





 




Caro diario,


oggi voglio raccogliere alcune immagini fra quelle che rappresentano questi ultimi giorni dell'anno che sono stati così intensamente drammatici da sembrare lunghi quanto e più di un intero anno.



in alto: 10 gennaio 2003 - in basso: 29 dicembre 2004


Satellite images show Indonesia's Aceh province before and after Sunday's tsunami. (CRISP)



Il livello catastrofico del terremoto in Indonesia è tale che evoca quasi automaticamente l'idea di Apocalisse nel senso di evento sconvolgente al punto da far pensare alla fine del mondo. Ma, se ne ricordiamo il significato etimologico, il nostro pensiero può organizzarsi intorno all'idea di 'rivelazione'. E' come una campana che suona e dà l'allarme, richiamando alla riflessione e al lavoro di riadattamento, riarmonizzazione della nostra presenza su un pianeta vivo e dinamico, e generatore di vita proprio in virtù della sua attività 'distruttiva'.


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Certo non saranno queste considerazioni a consolare le vittime di questo sconvolgimento. Non c'è consolazione in questo momento per il dolore umano di chi è stato direttamente colpito. Potrebbe essere accaduto a me o a qualche persona che mi è cara. Che cosa avrei pensato, provato, urlato? L'ineluttabilità dell'evento naturale avrebbe sostenuto una dolorosa rassegnazione, appunto perché questo è il sistema in cui ci troviamo a vivere. Ma il pensiero di una possibilità di salvezza non offerta per incuria o altro, esacerberebbe oltre ogni misura il mio dolore e mi farebbe provare una devastante ribellione. "Si poteva fare qualcosa?". Non per fermare il terremoto e lo tsunami, ma per avvisare il maggior numero possibile di persone dell'arrivo dell'onda. La domanda mi ossessionerebbe per sempre.


Poi penso alle migliaia di persone che vengono volontariamente uccise con armi che sono meraviglie della tecnologia del nostro tempo. Quante morti a causa delle guerre e di una in particolare quest'anno? No, a quelle morti non potrei mai rassegnarmi, e non mi rassegno. Quelle morti sono fuori della natura, sono contro la natura, sono contro ogni idea di etico e di sacro.


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E poi penso ai morti per fame. Sono milioni ogni anno. Più di un olocausto ogni anno. La ragione stessa si ribella di fronte a queste morti. Non voglio dire che queste tragedie immani possano minimamente essere prese come elemento di conforto per la sciagura nell'Oceano Indiano. No, voglio solo sottolineare che quest'ultima è stata causata da eventi naturali, incontrollabili e giganteschi, che sono nell'ordine universale delle cose, mentre le altre ricadono pienamente nella nostra responsabilità. Per questo mi colpisce lo scarto tra le diverse entità delle reazioni. Giustissima l'enorme reazione emotiva di questi giorni, incomprensibile la reazione di equilibrio o di indifferenza negli altri casi, non inferiori né quanto a numero né quanto a intensità della sofferenza.





Immagini:


- This photograph was taken by the crew of Apollo 11 from the Columbia spacecraft just before the first manned landing on the moon in 1969. Widely titled 'Earthrise', it was seen by billions of people worldwide.


- http://www.washingtonpost.com/?nav=globetop;


- Bittersweet sunset : A man watches the sun set at deserted Suk Samran beach as most of the locals stayed away from the sea after news of an expected second tidal wave in Kaboe, close to the southern Thai border with Myanmar. Thu Dec 30, 5:08 PM ET (AFP/Saeed Khan)


- Billowing plumes : Plumes of smokes rise over the city of Mosul after large explosions were heard close to the area of US Camp Marez military base. Wed Dec 29, 4:32 PM ET (AFP/Mauricio Lima)


- Duccio da Boninsegna, Nozze di Cana, Museo dell'Opera del Duomo, Siena





 


giovedì 30 dicembre 2004






















http://www.peacereporter.net/upload/immagini/vignette/2004/041229vauro.jpg




E se ora cominciassimo a sentirci esseri umani, solo esseri umani, tutti quanti? E se cominciassimo a sentire di far parte della Terra, ora? E se finalmente avessimo capito che cosa possono fare il rispetto e l'amore? 


Foto: http://www.peacereporter.net/dettaglio_vignetta.php?vdata=2004-12-29


martedì 28 dicembre 2004


Gaia e noi


Se riesco a sentire Gaia come un grande antico pianeta che, attraverso smisurate modificazioni geofisiche e geochimiche, da oltre tre miliardi di anni si è mantenuto come un luogo adatto alla vita, non mi sento di parlare della natura come "madre" crudele, malvagia o indifferente.


Ma non può questa visione olistica del nostro mondo sfavillante di blu e bianco sul nero profondo dello spazio placare il dolore per la perdita di innumerevoli vite nel sommovimento della terra prima e del mare dopo nello spazio immenso intorno all'epicentro del terremoto in Indonesia. La fissità mortale delle vittime e l'urlo dei sopravvissuti mi entrano nell'anima, si propagano in tutto il mio essere organismo vivente attaccato alla vita.


Lasciando, quindi, da parte Gaia che fa quello che è, e cioè un pianeta dinamico, vivo, in un continuo scambio di energia con lo spazio e con la profondità degli oceani e delle rocce, vorrei soffermarmi sul nostro modo tutto umano di abitarla, usarla e intenderla. Ieri sulla Repubblica ho letto un pezzo in cui Umberto Galimberti affronta appunto temi e problemi connessi al nostro approccio al mondo naturale e allo sgomento che giustamente ci prende ogni volta che si verifica una catastrofe di queste proporzioni.


Ha scritto Galimberti che "non c'è nessun nesso tra l'incedere impetuoso dei nostri dispositivi tecnici e lo sconvolgimento delle acque e delle terre in quell'area del mondo che è stata l'India e l'Indonesia, ma un monito sì." Quello che è successo deve farci ricordare "la potenza della natura" e deve farci evitare di abituarci "a pensare che essa altro non è che materia prima, o deposito di rifiuti. Il trattato di Kyoto attende ancora molti paesi, tra cui l'Italia, al rispetto della natura."


Gli ultimi due capoversi riguardano noi, nel senso non di attribuire colpe ma di acquisire responsabilità, soprattutto per il futuro, un futuro così vicino da essere presente.


"Migliaia di morti, soprattutto tra i dannati della terra, i più indifesi, semplicemente perché più poveri, perché hanno per casa quattro assi inchiodate e per vivere un dollaro al giorno. Sono sempre i più deboli che la natura elimina seguendo il suo principio della selezione. Ma se oggi la debolezza non è decisa dalla biologia, ma dalla ricchezza e dalla disponibilità economica, che complicità abbiamo con la ferocia della natura?

Queste sono le due domande che il maremoto nel Sudest asiatico ci pone:


1. Che rispetto abbiamo della natura noi, uomini della tecnica che la visualizziamo solo come materia prima?


2. Che rispetto abbiamo degli altri uomini, e che soccorso diamo a loro noi, ricchi della terra, che ammiriamo la loro natura nel passatempo delle nostre vacanze?


Se sapremo rispondere a queste due domande con serietà, non fermeremo né i terremoti né i maremoti, ma eviteremo almeno che, per gran parte dell'umanità, ogni sussulto della terra sia strage."


( da Umberto Galimberti, La natura inumana, La Repubblica, 27 dicembre 2004, http://www.repubblica.it/2004/l/sezioni/esteri/sri/gali/gali.html )


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E' sera quando visito il sito di PeaceReporter. E vedo una notizia orribile. Come questa:










Sri Lanka - 28.12.2004
E dopo l'onda le mine

Dopo l'onda anomala un nuovo allarme: le mine antiuomo che galleggiano nelle campagne


Fango, detriti, case distrutte, il maremoto ha portato con sè morte e Una mina antiuomodistruzione.

E un'altra piaga rischia di far diventare questo immane disastro in una tragedia ancora peggiore.

La potenza devastante dell'acqua ha dissotterrato migliaia di mine antiuomo dalle campagne aggiungendo danno al danno.

Secondo le prime informazioni l'ondata anomala avrebbe già provocato l'esplosione di un numero imprecisato di ordigni, e molti altri starebbero galleggiando pericolosamente nelle campagne allagate.

Lo Sri Lanka è uno dei paesi più minati al mondo. La guerriglia che da anni contrappone due fazioni, le Tigri Tamil e i governi statali, utilizza queste armi da diverso tempo. E il governo non ha firmato il trattato per la messa al bando delle mine, anche se più volte ha sostenuto di "compiere passi avanti significativi per la messa al bando di questi ordigni". Le stime dello stesso governo parlano della presenza di circa un milione e mezzo di ordigni inesplosi.


Il disastro nel disastro. Senza controllo, le mine starebbero galleggiando pericolosamente nelle campagne. Di dimensioni molto piccole, questi ordigni hanno al mercato delle armi hanno un prezzo piuttosto basso. La loro pericolosità va oltre i conflitti, infatti colpiscono anche quando le guerre sono terminate.








A farne le spese sono sempre più spesso i bambini che vedono in quell'oggetto trovato a terra un nuovo compagno di giochi, scoprendo solo dopo averlo preso in mano che è soltanto uno strumento di morte. Un quarto delle vittime delle mine antiuomo è costituita da bambini. Nel mondo solo nel 2003 sono morti a causa di quest'arma tremenda più di 8000 civili. Oltre ai danni materiali causati dallo Tsunami, adesso le autorità dello Sri Lanka dovranno fare i conti con i possibili danni causati dalle mine nelle regioni agricole rese inaccessibili e incoltivabili dagli ordigni.







mercoledì 22 dicembre 2004

'e quindi uscimmo a riveder le stelle'



La cometa di Halley fotografata dal Monte Wilson, la stessa dipinta con grande realismo da Giotto nell'Adorazione dei Magi, nella Cappella degli Scrovegni a Padova.



L'augurio di continuare a vedere le stelle dell'amore e della felicità, della pace e della giustizia, della gioia e della leggerezza, è per tutti voi, amiche e amici di blog, per tutti noi esseri umani, per l'intera famiglia degli esseri viventi sulla Terra.


come una cometa



arriva un dono di Marzia

martedì 21 dicembre 2004

Caro diario,


oggi vorrei riflettere sulla parola “regime”. Il dizionario DISC della Giunti mi informa che si chiama così “l’assetto istituzionale di uno stato”, ma in tal caso il termine deve essere seguito da un aggettivo che lo qualifichi: regime monarchico, repubblicano, democratico e così via.


Usato in senso assoluto,invece, il sostantivo “regime” assume significati diversi: ‘ordinamento illiberale’, con tendenze autoritarie o, anche, sistema politico democratico ma che non garantisce un reale ricambio di uomini e di idee, che si perpetua stancamente.


Sempre il dizionario DISC informa che ‘in Italia, “regime” indica per antonomasia la dittatura fascista’; e che’i “giornali di regime” sono quelli che si uniformano alle direttive politiche del governo’, e ‘i “partiti di regime” sono quelli che sostengono un governo autoritario’.


Sono nozioncine basilari che ripeto a me stessa per non perdere l’orientamento quando cerco di vedere gli elementi e le caratteristiche del regime berlusconiano, di cui molti hanno disquisito da quando il fenomeno ha cominciato a manifestarsi, e forse anche un po’ prima. Ma oggi vorrei buttare giù qualcuno di questi elementi, farne quasi un elenco disordinato per poi arrivare a darne una definizione, magari con un unico efficace aggettivo.


Prendo in mano “Regime”, l’ultimo libro di Peter Gomez e Marco Travaglio che ho già letto e riposto. Mi propongo di trarne ispirazione e utilizzare (impropriamente) l’immenso archivio di dati che contiene. Lo apro. C’è un’epigrafe, la prima, che mi aveva colpito la prima volta, ma che ora mi colpisce con maggiore violenza.


Per oggi, allora, tralascio il mio elenco di cose del regime berlusconiano e ricopio quel testo (profetico?).


 




“Nei confronti della stampa (o, meglio, dei giornalisti) l'impiego degli strumenti finanziari non può, in questa fase, essere previsto nominatim.


Occorrerà redigere un elenco di almeno 2 o 3 elementi, per ciascun quotidiano o periodico in modo tale che nessuno sappia dell'altro. L'azione dovrà essere condotta a macchia d'olio, o, meglio, a catena, da non più di 3 o 4 elementi che conoscono l'ambiente.
Ai giornalisti acquisiti dovrà essere affidato il compito di "simpatizzare" per gli esponenti politici come sopra prescelti […].
In un secondo tempo occorrerà:
a) acquisire alcuni settimanali di battaglia;
b) coordinare tutta la stampa provinciale e locale attraverso una agenzia centralizzata;
c) coordinare molte TV via cavo con l'agenzia per la stampa locale;
d) dissolvere la RAI-tv in nome della liberta' di antenna."



dal Piano di rinascita democratica,


Licio Gelli 1976


lunedì 20 dicembre 2004

SOLSTIZIO D'INVERNO









Zodiaco: Il giorno 21 alle 13.40

il Sole esce

dal segno del Sagittario


per entrare

nel segno del Capricorno


Gli equinozi e i solstizi sono giorni astronomicamente speciali di cui sento il fascino fin dall'infanzia, quando mi venivano raccontati come momenti fiabeschi di prodigi e magie.


Sono emozioni arcaiche, quasi ancestrali, che mi fanno sentire intatto il legame con le ave e gli avi di un passato lontano-vicino.


Il solstizio d'inverno porta con sé la promessa della luce che ricomincia a salire dopo aver toccato il punto più basso. Il Natale cristiano cade in questi giorni per una connessione simbolica di grande suggestione spirituale e morale.


Picture of sunlight shining through ice crystals


RACCONTO DI NATALE

di Dino Buzzati


Tetro e ogivale è l'antico palazzo dei vescovi, stillante salnitro dai muri, rimanerci è un supplizio nelle notti d'inverno. E l'adiacente cattedrale è immensa, a girarla tutta non basta una vita, e c'è un tale intrico di cappelle e sacrestie che, dopo secoli di abbandono, ne sono rimaste alcune pressoché inesplorate. Che farà la sera di Natale - ci si domanda – lo scarno arcivescovo tutto solo, mentre la città è in festa? Come potrà vincere la malinconia? Tutti hanno una consolazione: il bimbo ha il treno e pinocchio, la sorellina ha la bambola, la mamma ha i figli intorno a sé, il malato una nuova speranza, il vecchio scapolo il compagno di dissipazioni, i1 carcerato la voce di un altro dalla cella vicina. Come farà l'arcivescovo? Sorrideva lo zelante don Valentino, segretario di sua eccellenza, udendo la gente parlare così. L'arcivescovo ha Dio, la sera di Natale. Inginocchiato solo soletto nel mezzo della cattedrale gelida e deserta a prima vista potrebbe quasi far pena, e invece se si sapesse! Solo soletto non è, non ha neanche freddo, né si sente abbandonato.


Nella sera di Natale Dio dilaga nel tempio, per l'arcivescovo, le navate ne rigurgitano letteralmente, al punto che le porte stentano a chiudersi; e, pur mancando le stufe, fa così caldo che le vecchie bisce bianche si risvegliano nei sepolcri degli storici abati e salgono dagli sfiatatoi dei sotterranei sporgendo gentilmente la testa dalle balaustre dei confessionali.

Così, quella sera il Duomo; traboccante di Dio. E benché sapesse che non gli competeva, don Valentino si tratteneva perfino troppo volentieri a disporre l'inginocchiatoio del presule. Altro che alberi, tacchini e vino spumante. Questa, una serata di Natale. Senonché in mezzo a questi pensieri, udì battere a una porta. "Chi bussa alle porte del Duomo" si chiese don Valentino "la sera di Natale? Non hanno ancora pregato abbastanza? Che smania li ha presi?" Pur dicendosi così andò ad aprire e con una folata divento entrò un poverello in cenci.

"Che quantità di Dio! " esclamò sorridendo costui guardandosi intorno- "Che bellezza! Lo si sente perfino di fuori.

Monsignore, non me ne potrebbe lasciare un pochino? Pensi, è la sera di Natale. "

"E' di sua eccellenza l'arcivescovo" rispose il prete. "Serve a lui, fra un paio d'ore. Sua eccellenza fa già la vita di un santo, non pretenderai mica che adesso rinunci anche a Dio! E poi io non sono mai stato monsignore."

"Neanche un pochino, reverendo? Ce n'è tanto! Sua eccellenza non se ne accorgerebbe nemmeno!"

"Ti ho detto di no... Puoi andare... Il Duomo è chiuso al pubblico" e congedò il poverello con un biglietto da cinque lire.

Ma come il disgraziato uscì dalla chiesa, nello stesso istante Dio disparve. Sgomento, don Valentino si guardava intorno, scrutando le volte tenebrose: Dio non c'era neppure lassù. Lo spettacoloso apparato di colonne, statue, baldacchini, altari, catafalchi, candelabri, panneggi, di solito così misterioso e potente, era diventato all'improvviso inospitale e sinistro. E tra un paio d'ore l'arcivescovo sarebbe disceso.

Con orgasmo don Valentino socchiuse una delle porte esterne, guardò nella piazza. Niente. Anche fuori, benché fosse Natale, non c'era traccia di Dio. Dalle mille finestre accese giungevano echi di risate, bicchieri infranti, musiche e perfino bestemmie. Non campane, non canti.

Don Valentino uscì nella notte, se n'andò per le strade profane, tra fragore di scatenati banchetti. Lui però sapeva l'indirizzo giusto. Quando entrò nella casa, la famiglia amica stava sedendosi a tavola. Tutti si guardavano benevolmente l'un l'altro e intorno ad essi c'era un poco di Dio.

"Buon Natale, reverendo" disse il capofamiglia. "Vuol favorire?"

"Ho fretta, amici" rispose lui. "Per una mia sbadataggine Iddio ha abbandonato il Duomo e sua eccellenza tra poco va a pregare. Non mi potete dare il vostro? Tanto, voi siete in compagnia, non ne avete un assoluto bisogno."

"Caro il mio don Valentino" fece il capofamiglia. "Lei dimentica, direi, che oggi è Natale. Proprio oggi i miei figli dovrebbero far a meno di Dio? Mi meraviglio, don Valentino."

E nell'attimo stesso che l'uomo diceva così Iddio sgusciò fuori dalla stanza, i sorrisi giocondi si spensero e il cappone
arrosto sembrò sabbia tra i denti.

Via di nuovo allora, nella notte, lungo le strade deserte. Cammina cammina, don Valentino infine lo rivide. Era giunto alle porte della città e dinanzi a lui si stendeva nel buio, biancheggiando un poco per la neve, la grande campagna. Sopra i prati e i filari di gelsi, ondeggiava Dio, come aspettando. Don Valentino cadde in ginocchio.

"Ma che cosa fa, reverendo?" gli domandò un contadino. "Vuoi prendersi un malanno con questo freddo?"

"Guarda laggiù figliolo. Non vedi?"

Il contadino guardò senza stupore. "È nostro" disse. "Ogni Natale viene a benedire i nostri campi."

" Senti " disse il prete. "Non me ne potresti dare un poco? In città siamo rimasti senza, perfino le chiese sono vuote. Lasciamene un pochino che l'arcivescovo possa almeno fare un Natale decente."

"Ma neanche per idea, caro il mio reverendo! Chi sa che schifosi peccati avete fatto nella vostra città. Colpa vostra. Arrangiatevi."

"Si è peccato, sicuro. E chi non pecca? Ma puoi salvare molte anime figliolo, solo che tu mi dica di sì."

"Ne ho abbastanza di salvare la mia!" ridacchiò il contadino, e nell'attimo stesso che lo diceva, Iddio si sollevò dai suoi campi e scomparve nel buio.

Andò ancora più lontano, cercando. Dio pareva farsi sempre più raro e chi ne possedeva un poco non voleva cederlo (ma nell'atto stesso che lui rispondeva di no, Dio scompariva, allontanandosi progressivamente).

Ecco quindi don Valentino ai limiti di una vastissima landa, e in fondo, proprio all'orizzonte, risplendeva dolcemente Dio come una nube oblunga. Il pretino si gettò in ginocchio nella neve. "Aspettami, o Signore " supplicava "per colpa mia l'arcivescovo è rimasto solo, e stasera è Natale!"

Aveva i piedi gelati, si incamminò nella nebbia, affondava fino al ginocchio, ogni tanto stramazzava lungo disteso. Quanto avrebbe resistito?

Finché udì un coro disteso e patetico, voci d'angelo, un raggio di luce filtrava nella nebbia. Aprì una porticina di legno: era una grandissima chiesa e nel mezzo, tra pochi lumini, un prete stava pregando. E la chiesa era piena di paradiso.

"Fratello" gemette don Valentino, al limite delle forze, irto di ghiaccioli "abbi pietà di me. Il mio arcivescovo per colpa mia è rimasto solo e ha bisogno di Dio. Dammene un poco, ti prego."

Lentamente si voltò colui che stava pregando. E don Valentino, riconoscendolo, si fece, se era possibile, ancora più pallido.

"Buon Natale a te, don Valentino" esclamò l'arcivescovo facendosi incontro, tutto recinto di Dio. "Benedetto ragazzo, ma dove ti eri cacciato? Si può sapere che cosa sei andato a cercar fuori in questa notte da lupi?"



Immagini:


1. http://www.lunario.com/docs/mesepermese/Mesi/dicembre.html;


2. NASA (Mattina del Solstizio d'Inverno 2000 vicino ad Ames, Iowa. Il Sole brilla tra milioni di cristalli di ghiaccio).

































































UN UTENTE ANONIMO MI DENUNCIA



ALLA PUBBLICA SICUREZZA



"io penso che prima di scrivere si debba riflettere molto su ciò che si fa.

credo che oggi presenterò querela alla Pubblica Sicurezza PER QUESTO SUO ARTICOLO CHE TROVO DIFFAMATORIO.

Le ricordo che una recente sentenza l'ha assolto e credo che tutti a questa ci dobbiamo attenere.

E' troppo facile scrive nel web dietro a dei nick name, ma si ricordi che tramite la Polizia Postale si riesce a avere nome e indirizzo del pc."



Care amiche e amici della blogdimensione, questo è l'annuncio di una den uncia nei miei confronti che potrete leggere fra i commenti al post precedente. Per la precisione è il diciassettesimo commento.



Visto che è coraggiosamente anonimo, non so chi sia e nemmeno posso immaginarlo. Ieri ho avuto una disavventura a causa di un mio commento in un altro blog, ma sono cose che possono capitare e quindi non penso che ci siano connessioni con l'attuale vicenda.




... continuo ora, alle 15:20 a causa di un'interruzione di splinder, che mi ha cancellato anche alcune righe che cerco di ricostruire.



Non dirò che non sono sconvolta e nemmeno che non sono preoccupata. Se ce n'era bisogno, questa è una riprova, sia pure minima, dello stato in cui viviamo.



Ho riletto con attenzione il mio post e l'articolo di Claudio Magris: non vi ho trovato insulto alcuno ma solo opinioni che legittimamente ho espresso. In ogni caso sarò pronta a risponderne di fronte alla Pubblica Sicurezza, che certo scoprirà con la massima facilità il mio indirizzo, codice fiscale, numero di scarpe e marca di dentrificio (non ho mai dubitato di questo). Alcuni di voi, peraltro, questi dati li hanno già.



Nel frattempo l'utente anonimo si è presentato: scrive di essere il signor Enzo Impallomeni e mi conferma di aver già sporto denuncia ai Carabinieri di Roma.



"come precedentemente comunicato ho fatto regolare denuncia ai carabinieri di Roma

enzo impallomeni



utente anonimo
15:03, 20 dicembre, 2004 IP: 81.208.36.88" (dai commenti a questo post)


 






 


 


 


Sicura della vostra solidarietà, mi permetto di chiedervi di stare attente/i a non cadere nella provocazione.


Mi piacerebbe che questa mia casa pubblica e privata mantenesse intatte l'armonia e la benevolenza in ogni circostanza.




Dubbio delle 16:48


 


E se fosse uno scherzo? E se fosse una provocazione, tanto per farci perdere un po' di tempo?


 

domenica 19 dicembre 2004


Disperazione e indignazione



Oggi sento più forte la disperazione al chiuso del regime berlusconiano e più forte l'indignazione per il regime berlusconiano: non è il regime stalinista, non è il regime fascista e nemmeno quello nazista, no, è qualcosa di nuovo, anche se di quei regimi conserva taluni elementi essenziali che si ritrovano poi in tutti i regimi totalitari.



Spero che i fatti mi diano torto, ma, finché vedrò quello che sto vedendo, non starò in silenzio e non sarò complice volenterosa dei costruttori di questo regime a cui mi sento di dare il suo nome proprio: regime berlusconiano.



In questi ultimi giorni molti fatti si sono succeduti velocemente e scandalosamente, non più nascosti da menzogne ambiguità imbrogli. Ora le cose del regime berlusconiano vengono esposte apertamente e chiaramente dal loro creatore e dai suoi volenterosi collaboratori. Gli intenti del capo sono affermati come verità politiche, come progetto politico ormai in fase di stabilizzazione, come regime nuovo che ha compiuto i passi decisivi per allontanarsi dalla nostra Costituzione Democratica e aver gettato solide fondamenta per una nuova costituzione assolutista.



Ieri sul Corriere della Sera ho letto un articolo di Claudio Magris molto illuminante, a mio parere, sulle vicende della giustizia.



Lo scandalo della dignità politica



LEGGE PER PREVITI



Il rinvio alle Camere, da parte del capo dello Stato, della legge sulla riforma giudiziaria conferma la preoccupazione generale dinanzi a tale legge o almeno ad alcuni suoi aspetti. Forse oggi sarebbe necessario un nuovo appello come quello che nel 1919, in un altro momento difficilissimo della storia italiana, Don Sturzo rivolgeva «agli uomini liberi e forti».



Sarebbe opportuno rivolgerlo a tutti e in particolare, fra gli uomini liberi e forti, a quelli tra essi che militano nella destra o nel centrodestra, giacché persone oneste e coraggiose si trovano in ogni formazione politica rispettosa delle regole democratiche, a sinistra, al centro e a destra.



Fra coloro che fanno parte dell' attuale coalizione di governo o l' appoggiano, vi sono certamente molti galantuomini di animo non servile. Essi non sono meno indignati, turbati e umiliati di quanto non lo siano gli avversari del governo dalla recentissima approvazione dell' indecente legge che abbrevia i termini di prescrizione.



Qui non si tratta più di destra o di sinistra, di statalismo o di liberismo, di consenso o dissenso sulla guerra in Iraq, di separazione o no delle carriere dei magistrati e così via, legittimi temi della consueta lotta politica che vede legittimamente affrontarsi e scontrarsi forze e opinioni diverse.



Qui si tratta di una degradazione civile che declassa a manfrina di interessi nemmeno di parte, ma personali la legge, che è «uguale per tutti» e fondamento dello Stato e di ogni comunità umana, come sottolineava il cardinale Ratzinger ricevendo la laurea honoris causa in diritto.



È un pervertimento scandaloso, che svilisce lo Stato, la cosa pubblica, la Patria. Spetta agli uomini onesti d' ogni parte ribellarsi a questa indegnità politica, egualmente pericolosa e lesiva per tutti, che disonora l' Italia.



Naturalmente qualcuno potrà dire che non è con la morale o col moralismo che si fa politica. È vero, ma non la si fa nemmeno con l' immoralità. Non basta essere onesti per essere buoni politici, ma non basta nemmeno non esserlo. Nessuno auspica al timone del Paese una virtù fanatica e astratta, pericolosa e autoritaria come quella dell' incorruttibile Robespierre. Ma neppure l' opposto è auspicabile.



La politica è l' arte del compromesso, che implica - fino a un certo punto - pure la morale. Ma la dignità o l' indegnità di una politica si misurano sulla qualità e sul grado di tale compromesso.



Al di sotto di un certo livello di decenza, la questione non è più solo morale, ma diviene politica, perché mina le istituzioni, l' ordine della società, tutti gli aspetti della vita associata; è una vera e propria sovversione. Lo sapeva bene Benedetto Croce, così duramente critico di ogni moralismo astratto, quando diceva - contestando il famoso e cinico detto di Enrico IV, secondo il quale Parigi vale una Messa - che una Messa vale più di Parigi, perché è un fatto spirituale e come tale costituisce un nerbo, una sostanza della vita umana, individuale e collettiva.



Salvare l' anima non vuol dire essere colombelle pudibonde, ma salvare l' integrità della propria persona; essere liberi cioè forti, anziché eunuchi.



Essere succubi della mutilazione subìta dal Paese con l' approvazione di quella legge è un' onta per tutti; gli onesti uomini di destra, cui le sorti dell' Italia stanno certo a cuore non meno che agli onesti uomini di sinistra, non dovrebbero permettere che la destra sia identificata con questo eversivo attentato alla civiltà della nostra Patria comune.



Un grande scandalo può certo provocare una crisi salutare:



«E' necessario che avvengano scandali», dice il Vangelo, ma aggiunge:



«Guai a quell' uomo per cui avviene lo scandalo».



Claudio Magris



Il Corriere della Sera, sabato 18 dicembre 2004, pag. 001.005



Divisione in paragrafi e sottolineature varie sono mie.

 



 




 


Io mi vergogno di avere come capo del governo un uomo su cui qualcuno, in questo caso il giornalista David Lane, può scrivere un libro (ed è solo uno recentissimo tra i moltissimi dedicati al personaggio) con questo titolo:


L'OMBRA DI BERLUSCONI



CRIMINE, GIUSTIZIA E IL



PERSEGUIMENTO DEL POTERE



Questa è la Coca Cola che Berlusconi si ripromette di vendere all'Italia tutta per le prossime elezioni. L'esempio è suo, originale, è l'esempio che lui stesso ha portato di quella degna operazione di pubblicizzazione che solo l'eliminazione della legge sulla "par condicio" gli permetterà di attuare nei modi e nella misura che gli piacciono.



A chi piace questa "Coca Cola"?



mercoledì 15 dicembre 2004

Un poeta in Senato


Oggi Mario Luzi è entrato in Senato per la prima volta dopo al nomina a senatore a vita, firmata dal Capo dello Stato Ciampi lo scorso 14 ottobre.


«Beh, dirò la mia su certe cose che riguardano da vicino tutti i cittadini e credo di poter esporre le mie osservazioni sul rispetto della Costituzione o quanto sta accadendo nella scuola. Insomma argomenti sui quali penso di avere una minima competenza», ha dichiarato in un'intervista a L'Unità.


«... io continuerò a manifestare le mie opinioni e le mie riflessioni sulla storia italiana e sul progetto politico che è in atto, anche se per qualcuno saranno scomode», ha detto ancora, affermando la sua ben nota dignità di uomo libero e coraggioso.


E' una buona notizia che mi piace festeggiare con una poesia della sua ultima raccolta, "La dottrina dell'estremo principiante", che oggi ha portato inregalo al Presidente Ciampi.


Si riscuote lui dalla sua lunga veglia.


Salita è in cielo l'alba,


ecco, si disvela, è


l'inessere delle cose in sé,


in sé ciascuna,


nell'imo,


intimamente


fino al suo perché.


Traspare appena


ma tiene, è forte


la catena


della necessità.


Nient'altro è detto eppure ora balena


in forma di sorriso


la logica universa,


oh chiara prova


del non più nascosto logos


o clara pax.

martedì 14 dicembre 2004

«racketiering»


"Racketiering": parola mai sentita prima di due giorni fa. Parola di cui indagherò il significato. Parola collegata al reato di "concorso esterno in associazione mafiosa". Reato che il governo attuale si appresta a eliminare dal nostro codice.


C'è un fondo di ambiguità nel titolo di questo reato, ma solo nel titolo, a mio parere, perché di fatto il reato esiste. Alcune spiegazioni le ho trovate nell'articolo che posto qui di seguito.


12.12.2004


Padrini e Padroni


di Furio Colombo

C’è una differenza profonda fra «il padrino» parte prima e il «padrino» parte terza nella indimenticabile saga di Francis Ford Coppola: il «consigliori» - che all’inizio della vicenda e del film ha la posizione di agente neutrale e intoccabile (non ordina e non esegue delitti, non comanda operazioni e non controlla ricchezze, non è titolare e non è responsabile di nulla) - alla fine è ricercato dalla polizia e dai giudici e deve nascondersi e difendersi.


Il film racconta una parabola della mafia americana ma la ambienta scrupolosamente nella storia di quel Paese. È la saga della famiglia Corleone, in parte «fiction» e in parte ispirata a fatti veri. Registra il grande cambiamento avvenuto in America negli anni Settanta nella lotta al crimine organizzato: l’imputazione di «racketiering», che consente di perseguire coloro che stanno a monte e a valle del crimine, non toccano armi, non vedono il sangue, ma costituiscono l’ambiente, la cultura e la rete di legami esterni al crimine.


Qualunque esperto di lotta alla mafia negli Usa, ma anche qualunque avvocato e qualunque studente di legge, è in grado di dirvi che, in quel Paese c’è un prima e un dopo rispetto alla legge sul «racketiering». Prima bravi poliziotti e bravi giudici potevano tagliare tentacoli operativi alla piovra mafiosa, ma non potevano risalire a coloro che non lasciavano tracce riscontrabili dalla polizia scientifica o fattualmente dimostrabili di fronte alla giuria di un tribunale. Dopo, la legge sul «racketiering» ha cambiato la strategia della lotta alla mafia. Gli esempi più leggendari e clamorosi sono la «pizza connection», e la fine di John Gotti, forse il più potente padrino della mafia italoamericana negli ultimi decenni.


Il «racketiering» (legge che comprende e autorizza il «bargaining», cioè un ampio uso dei pentiti) ha creato una vera e propria deforestazione intorno ai boss, fino ad allora protetti sia dagli esecutori, che pagavano da soli sia dalle prime, seconde e terze file di irraggiungibili personaggi che condividevano allo stesso tempo il mondo della mafia e quello delle professioni. E territorio del crimine è quello della insospettabile rispettabilità, non solo al di sotto dei boss ma anche al di sopra.
La mafia americana è stata molto potente. Ma non ha mai sfiorato il governo o la politica. Perciò polizie e giudici di quel Paese, una volta dotati degli strumenti adeguati, hanno potuto usarli sottoponendosi solo al giudizio delle giurie popolari. A una a una, tutte le celebri e potenti «famiglie» del crimine organizzato americano si sono frantumate sotto i colpi della legge del «racketiering».


«Il concorso esterno in associazione mafiosa», di cui tanto si discute oggi a causa di alcune sentenze che hanno colpito potenti protagonisti della politica italiana, non è la stravagante pensata di giudici fanatici e giustizialisti. È la traduzione esatta, nell’altro Paese infestato di mafia, del «racketiering», ovvero della legge che - attraverso l’imputazione di concorso esterno - permette di raggiungere gli irraggiungibili, e di dimostrare che il delitto di mafia può compiersi se le sue camere stagne sono protette da solide e sicure barriere di isolamento. Adesso gli ambienti politici italiani che si ritengono danneggiati dall’inciampo nel legame mafioso (che, naturalmente, diventa vero, provato e credibile solo quando passa i vari gradi di processo e diventa giudizio definitivo) reagiscono in due mosse. La prima è disprezzare e anzi irridere la legge come un buffo e grottesco delirio dei giudici, dimenticando che quella legge arriva dall’America all’Italia per l’impegno inflessibile del giudice Falcone, il solo italiano che ha il suo ritratto nella «galleria d’onore» dell’Fbi di Washington.


La seconda mossa è proporre la cancellazione del «concorso esterno», con la motivazione sprezzante: «Ma come fanno a esistere i collaboratori esterni della mafia»?


E anche con l’accusa che in questo modo si mettono alla berlina persone innocenti. Per sostenere queste cose bisogna far finta di non sapere l’origine e il successo americano di questa legge. Bisogna far finta di occultare l’enorme beneficio che la cancellazione porterebbe al mondo della mafia, il grave impedimento per la lotta al crimine organizzato.


Ma c’è chi ha la faccia per farlo, c’è chi non ha più alcuna reputazione da perdere, neppure su fatti così gravi. E c’è chi ha abbastanza potere mediatico per far credere che «il concorso esterno in associazione mafiosa» è solo un espediente cattivo di caccia alle streghe. Streghe come John Gotti.


Fonte: http://www.unita.it/index.asp?sezione_cod=CMTO


'Postfazione' della mattina dopo:


Ieri non ci potevo ancora credere, perciò non ne ho parlato. Invece, era vero. Mi riferisco al decreto 'salvaPreviti', che mi sembrava impossibile perfino per questa maggioranza di governo.


Mi riferisco non solo alla sfacciata inciviltà della sua presentazione ma anche al miserabile marchingegno dell'accorpamento alle misure anticrimine.


Mi fanno paura ormai quelle degne persone, perché è evidente che non c'è senso del limite, nessun limite, nelle loro scelte e nelle loro decisioni. E perché sono sorde a qualsiasi richiamo o protesta venga sia dalla legittima opposizione parlamentare sia delle persone comuni come me. Richiami e proteste di cui pure hanno certamente contezza.


14.12.2004
Sconvolgono i lavori del Parlamento per salvare Previti dalla prigione
di Simone Collini

«Siete arrivati al punto di approfittare anche degli assassini di camorra a Napoli per affrontare e risolvere i vostri interessi privati». Ormai è sera quando Pierluigi Castagnetti interviene nell’aula di Montecitorio a nome di tutta l’opposizione e attacca duramente la maggioranza, che ha stravolto l’ordine dei lavori parlamentari pur di riuscire a far approvare entro oggi la cosiddetta «salva Previti». Ed è sera quando compare davanti alla Camera Nanni Moretti: «Non mi aspettavo tanta sfacciataggine», dice il regista, che insieme ai girotondini della prima ora Marina Astrologo, Silvia Bonucci ed Edoardo Ferrario ha chiesto l’autorizzazione per svolgere questo pomeriggio una manifestazione in piazza Montecitorio. «Nessuno parli più di moderati dentro la Casa delle libertà - dice Moretti - Anche io ho idealizzato presunti settori moderati del centrodestra. Però ora è veramente tutto troppo sfacciato, anche per la destra tutta particolare che abbiamo in Italia».



Fin dalle prime ore della mattina di ieri la Casa delle libertà, spronata da Forza Italia, ha spinto sull’acceleratore per far approvare in tempi rapidi, molto probabilmente già entro questa mattina, la proposta di legge in cui sono stati legati insieme il «pacchetto Napoli» contro la criminalità e la norma «salva Previti», che riduce i tempi di prescrizione per diversi reati. Prima, in commissione Giustizia, dopo che il centrodestra ha presentato diversi fascicoli di emendamenti al testo, il presidente Gaetano Pecorella (Fi) ha concesso solo 25 minuti di tempo per la discussione, al che i membri del centrosinistra hanno abbandonato i lavori. Poi, quando il provvedimento è giunto in aula, Antonio Leone (Fi) ha chiesto di invertire l’ordine del giorno.


La proposta di rinviare la discussione dei decreti legge del governo (riguardanti misure sulla Croce Rossa, il protocollo di Kyoto e il capitolo Ogm) e di dare la precedenza alla proposta di legge contenente la norma «salva Previti» è stata giustificata dal vicepresidente dei deputati azzurri con la necessità di approvare «tutta una serie di norme urgenti necessarie per fronteggiare l’emergenza Napoli». Il presidente della Camera Casini ha convocato la conferenza dei capigruppo per far decidere se mettere ai voti la proposta, ammonendo: «È opportuno che ognuno di assuma le proprie responsabilità, perché l’inversione rischia di compromettere lo svolgersi dei lavori e quindi l’approvazione nei tempi stabiliti dei decreti». La capigruppo ha deciso di andare avanti e l’aula ha approvato la proposta di Forza Italia. È stata subito votata la pregiudiziale di costituzionalità presentata dal centrosinistra, subito bocciata con 260 no e 238 sì. Nel centrosinistra c’è chi fa notare che approfittando del voto segreto 22 deputati della maggioranza hanno votato con l’opposizione, ma anche chi lamenta le 39 assenze tra i banchi dell’Alleanza (soprattutto quelli di Pdci, Prc e Udeur).


«Siamo sempre stati pronti ad assumerci le nostre responsabilità delle riforme necessarie per il contrasto della criminalità, ma proporio per questa ragione riteniamo inaccettabile e ipocrita il testo della maggioranza», ha detto la responsabile Giustizia dei Ds Anna Finocchiaro parlando di «una foglia di fico per coprire la vergogna delle norme salva-Previti». Il problema, denuncia l’opposizione, è non solo il ritorno delle leggi ad personam, ma il fatto che la «ex Cirielli» (lo stesso primo firmatario del testo originario ha disconosciuto la proposta di legge dopo l’aggiunta della riduzione dei tempi di prescrizione) costituisce una «amnistia sotterranea e mascherata» che condizionerà tutti i processi in corso, compresi quelli per reati gravi.


Secondo la proposta della maggioranza, infatti, il reato di furto aggravato andrà in prescrizione dopo 8 anni e non più dopo 15 come oggi, lo stesso per il reato di usura e corruzione. Tempi ridotti anche per i reati di mafia previsti dall’articolo 416 bis, calcolano di deputati del centrosinistra denunciando i cambiamenti in una tabella dettagliata. Dati che spingono il responsabile Giustizia della Margherita Giuseppe Fanfani a intervenire in aula rivolgendosi verso i banchi del centrodestra: «Per salvare qualcuno quanti ne manderete fuori? Mi appello a tutti voi, anche a voi di An che mi state guardando: ci sono diversi avvocati tra di voi e vi chiedo: con questo provvedimento la certezza della pena dove ve la sbattete?».


Fonte: http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=HP&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=39722








L’UNICA SPERANZA


internazionale
Italia, 9 dicembrre 2004, settimanale


L’idea di riformare l’Onu è positiva, scrive il Guardian. Bisogna difendere il solo organismo politico mondiale che abbiamo

the guardian
www.guardian.co.uk
Quotidiano britannico di sinistra


Come molte altre organizzazioni, quando sono in ballo questioni importanti le Nazioni Unite ricorrono a un gergo da addetti ai lavori. Stavolta però il comitato di esperti riunito da Kofi Annan in vista della riforma dell’Onu ha formulato proposte ragionevoli e chiare. La composizione del Consiglio di sicurezza, la legittimazione dell’intervento preventivo e i pericoli rappresentati dalla proliferazione nucleare e dal terrorismo sono temi che stanno a cuore a tutti.
È assurdo che, in un mondo reso più pericoloso dall’11 settembre e dall’invasione dell’Iraq, le decisioni sulla guerra, la pace e le sanzioni economiche siano ancora approvate o bloccate dai cinque paesi che hanno vinto la seconda guerra mondiale. Il comitato ha proposto di ammettere altri sei membri permanenti nel Consiglio, scelti tra i paesi dell’Africa, dell’America Latina, dell’Asia e del mondo musulmano, più tre seggi a rotazione. È un suggerimento che dovrebbe essere accolto con favore: renderebbe il Consiglio più rappresentativo.


Fonte: http://www.rainews24.it/ran24/magazine/internazionale/default.htm


Un tragico esempio ci viene da Baghdad, che all' ONU appunto si rivolge. L' ONU di oggi, perché non ce n'è un'altra, ma guai se dovessimo affossarla.


A chi o a che cosa ci si potrebbe rivolgere per invocare aiuto e giustizia.


Eliminare l'unica possibilità internazionale? Sarebbe una follia, soprattutto con i 'potenti' di oggi.


Riformare l' ONU è l'unica possibilità oggi.


L'Iraq chiede aiuto all'Onu


... oggi l'ambasciatore iracheno a New York Samir Shakir Sumaidaie ha chiesto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu l'invio di altri esperti elettorali delle Nazioni Unite per aiutare a preparare le elezioni del 30 gennaio. L'ambasciatore ha osservato che gran parte del lavoro di assistenza dell'Onu in Iraq è fatto ancora per lettera, per telefono e per videoconferenze. «Nonostante la relativa pace e stabilità nel sud e nel nord dell'Iraq c'è una carenza di personale Onu. Nel tempo limitato che resta prima delle elezioni è indispensabile che l'Onu rafforzi la sua presenza e intensifichi le sue attività», ha detto l'ambasciatore. Il diplomatico iraniano ha aggiunto che Baghdad spera in un «aumento sostenziale» dello staff delle Nazioni Unite, un tema probabilmente in agenda nei colloqui del segretario generale Kofi Annan a Washington la prossima settimana.


Fonte e articolo completo, 14.12.2004 :


http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=HP&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=39706 )









lunedì 13 dicembre 2004



 



Indignazione e tristezza di una persona 'comune'


 



Ho vissuto questi giorni delle sentenze nei processi Berlusconi e Dell'Utri con tristezza nell'attesa dei commenti dei politici e dei giornalisti, e indignazione dopo averne letti e sentiti parecchi un po' da tutte le parti. Quelli di molte persone 'comuni' come me li conoscevo già da tempo ed erano soprattutto di carattere morale e di buon senso.


Mi aspettavo che Berlusconi non venisse condannato, quindi nessuna delusione, anzi. Sul piano puramente morale, tuttavia, secondo me c'è una condanna esplicita, c'è un riconoscimento di colpevolezza leggibile proprio nelle sue dichiarazioni di giubilo, in cui dimentica cose dette e fatte, contorce le sue stesse verità innumerevoli volte, nella convinzione che le persone 'comuni' come me non ricordino, non connettano, non capiscano.


Nessuna persona 'comune' come me potrebbe permettersi tante giravolte e la schizofrenia finale dei giudizi sulla sentenza nel processo Dell'Utri. Una persona 'comune' come me non avrebbe potuto definire pazzi coloro che intraprendono la carriera giudiziaria. E non potrebbe giudicare i giudizi 'savi' o 'pazzi' a seconda delle sentenze favorevoli o meno al capo, ai suoi amici e agli amici degli amici.


Oggi ho scelto di inserire in questo mio diario un articolo che rappresenta molto bene alcune mie idee, anche se non è l'unico che mi sentirei di sottoscrivere. E' un'analisi di Barbara Spinelli su La Stampa di ieri, domenica 12 dicembre 2004, in cui la giornalista affronta quei temi della morale che mi stanno a cuore e che credo stiano a cuore a molte persone 'comuni' come me. Se, come credo, il futuro lo costruiamo nel presente, l'affermazione dell'etica nella cosa pubblica rappresenta la sfida del futuro da vincere o almeno cominciare a vincere ora, qui, nella nostra Italia.


 






Il sonno morale


12 dicembre 2004

di Barbara Spinelli

E’ stato detto che i processi alla corruzione o alla mafiosità dei politici, in Italia, vengono gestiti e poi commentati con esprit florentin, che è il sottile spirito disilluso illustrato da Hippolyte Taine nell'800. Sia in caso d'assoluzione che di condanna, i processi italiani sarebbero vissuti con atteggiamento politico piuttosto che morale, e si svolgerebbero tutti in un'atmosfera rarefatta dove non hanno spazio né la coscienza né i principi, né il giusto né l'ingiusto. Lo stesso quarto potere, che è quello dei giornalisti, guarda ai processi come a un'impenetrabile ma stuzzicante partita di scacchi, e spesso tende a sacrificare la propria autonomia facendosi consigliere della maggioranza o dell'opposizione. È raro che il giornalista giudichi processi e sentenze dal punto di vista dei cittadini e del loro senso della giustizia, anche se sono proprio i cittadini a pagare i giornali. È raro che il Quarto Potere sia veramente quarto, e non si allei di fatto con i poteri - politico, giudiziario - da cui dovrebbe in principio sentirsi distante.

Quest'atmosfera rarefatta di disincanto sembra confermata dall'accoglienza riservata negli ultimi giorni alle sentenze che hanno assolto Berlusconi a Milano, venerdì, e condannato a nove anni Dell'Utri, sabato a Palermo. Nei commenti, ha spazio soltanto quel che il politico o il magistrato possono ricavare, dal punto di vista della loro legittimità formale e del rispettivo potere d'influenza, esattamente come ai tempi di Machiavelli. L'esprit florentin è fatto di intrighi sotto banco, di compromessi dove ciascuno guadagna un po' ma a patto di controbilanciare il guadagno con quel po' che perde, di contorte partite dove quel che conta è neutralizzare l'avversario senza dover mettere in campo la coscienza di ciò che è bene e ciò che è male. Così, in attesa di leggere le motivazioni delle sentenze contro Berlusconi e il suo stretto collaboratore Marcello Dell'Utri, tutti in Italia si barcamenano, per metà sollevati per metà perplessi.

Sono sollevati per la sentenza Sme, perché Berlusconi ne esce macchiato ma pur sempre assolto: è umiliante avere un premier condannato. Per quanto riguarda l'accusa di corruzione del giudice Squillante (una somma notevole versata nel '91: 430.000 dollari), il premier ottiene le attenuanti e ha potuto dunque usufruire della decorrenza dei termini. È formalmente scagionato, anche se occorrerà verificare con l'aiuto delle motivazioni quale sia stato il suo grado di consapevolezza e complicità, in una corruzione di pubblico funzionario che comunque vien data come irrefutabile. Per il senatore Dell'Utri di contro la perplessità è di rigore ed è forte.

Anche in questo caso occorre attendere la spiegazione della sentenza, che inoltre vieta in perpetuo ogni sorta di pubblico ufficio: solo allora si vedrà se il nome di Berlusconi appare nelle motivazioni, e in che modo si accennerà alla sua azienda, la Fininvest. Ma già oggi, la condanna in prima istanza è chiara: Dell'Utri, che i pubblici ministeri avevano definito «il garante degli interessi mafiosi all'interno della Fininvest», ha avuto rapporti di scambio con Cosa Nostra, ha mantenuto stretti legami con Gaetano Cinà (condannato a sette anni, ritenuto il tramite fra il senatore e Cosa Nostra) ed è questo che crea perplessità in molti italiani: rappresentanti della maggioranza e dell'opposizione, giornalisti e cittadini. Dell'Utri è stato ed è l'uomo più fidato di Berlusconi, l'inventore-fabbricatore di Forza Italia, l'artefice della carriera imprenditoriale-politica del presidente del Consiglio. La nostra idea di Berlusconi per forza ne risente.

Siamo dunque davanti a una svolta importante, nella più che decennale disputa politica-giustizia. La fase dell'indagine e del dibattimento giudiziario si conclude, la condanna pubblica è pronunciata, anche se in Italia vige la regola - più garantista che altrove - secondo cui la presunzione d'innocenza vale fino al terzo grado di giudizio. Ma non per questo la questione politica-corruzione e politica-mafia è archiviata come una porta che si chiude, e che impone il ricominciamento da zero. Ora la questione torna nell'agorà, nello spazio pubblico di discussione e di dibattimento politico, proprio perché la giustizia non si mescola più con gli interessi politici. Consegnando al pubblico il proprio giudizio, lo consegna di nuovo a tutti noi: ai politici e ai commentatori, al cittadino e ai partiti.

Ora torniamo al punto di partenza e ciascuno, senza più tema di strumentalizzare i tribunali, può domandarsi e farsi un giudizio sull'arte italiana di intraprendere la carriera politica e consolidarla. È giusto entrare in politica e farla, se si ha sulla coscienza la corruzione di un pubblico ufficiale (anche se la corruzione anziché esser aggravata si fa semplice, dunque prescrittibile)? È lecito moralmente avvalersi dell'assistenza di un senatore della Repubblica che sia pure in prima istanza è condannato (dopo ben 13 giorni di camera di consiglio) per favoreggiamento di Cosa Nostra in favore di Fininvest? E se è vero che la politica non è sempre morale, qual è il punto oltre il quale la morale - per chi ha vistosi conflitti d'interesse - ha invece un peso imprescindibile?

Si dirà infatti che la coscienza di Berlusconi o Dell'Utri sono una cosa, e gli imperativi della politica un'altra, distinta. Almeno per quanto riguarda il processo Sme, Berlusconi è in larga parte scagionato perché il fatto non sussiste, e solo per un capo d'imputazione è responsabile di corruzione di magistrato, anche se ottiene le attenuanti che consentono la prescrizione. Ma nel foro della propria coscienza, il leader di Forza Italia vive pur sempre un dilemma: egli sa se si è comportato con frode o no (così come in cuor suo sa fino a che punto è complice di Dell'Utri). Può comunque accampare il diritto a esser considerato un politico legittimo, solo se riconosce pubblicamente che i diversi verdetti (quello Sme come quello Dell'Utri) sono egualmente validi e significativi.

Ma non esistono solo la coscienza personale di Berlusconi o Dell'Utri. Esiste anche la coscienza del Quarto Potere incarnato da stampa, radio e televisione, ed esiste la coscienza dei liberi adulti cittadini-elettori. Per costoro il dilemma non può esser semplicemente accantonato, a partire dal momento in cui la magistratura cessa d'occuparsi in esclusiva dei casi e li restituisce al pubblico spazio. A partire da questo momento, è compito nostro chiedersi se sia moralmente lecito, e politicamente accettabile dal punto di vista di come vogliamo esser governati, che un dirigente su cui continua a pesare non solo l'ombra della corruzione (lo scadere dei termini equivale a simile ombra) ma anche la complicità presunta con Dell'Utri, sia un uomo che possa aver posto nella classe politica. È compito nostro - del Quarto Potere, della società civile - ma anche di chi fa mestiere politico: sia all'opposizione, sia tra i coalizzati di Berlusconi. Quando D'Alema dice che «non commenta mai le sentenze, né prima né dopo»; quando Bertinotti consiglia di non osservare i processi «attraverso il buco della serratura della politica», dicono cose astute ma in realtà corrive e comprensibili solo per chi, nella politica, vede un'arte tutto sommato sporca. Una volta pronunciata la sentenza, anche se solo di primo grado, si può tornare a commentare e giudicare con criteri politici. E se non si può ora, a verdetto emesso, quando si può?

Qui veniamo alla peculiarità dell'Italia: apparentemente intrisa com'è, in tutte le stratificazioni, di esprit florentin, di furberia e tolleranza cinica, di remissività fatalista e di pessimismo morale. Proprio in queste settimane, abbiamo visto come un popolo, in Ucraina, può occupare le piazze per settimane, indignato dalle frodi commesse da politici che si fabbricano illecitamente carriere politiche ed economiche. Non sono folle sobillate da americani ed europei: una società non entra in tumulto perché finanziata da fondazioni estere. In Italia tutto ciò non accade.

Non ci si indigna, se i tribunali certificano la collusione tra mafia e politica, se denuncia i meandri di un'impresa che ha mescolato affari illeciti e politica. Se gli imputati eccellenti usano la politica per rallentare il più possibile i dibattimenti giudiziari, per ottenere la scadenza dei termini e per poi magari dichiarare, non senza una certa faccia tosta: «Meglio tardi che mai!». L'esclamazione di Berlusconi avrebbe dovuto essere: «Meglio tardi, essendo che tardi significa quel che m'aggrada, e cioè estinzione del castigo».

Il lettore potrà farsi un suo giudizio, soprattutto quando avrà modo di esaminare le motivazioni dei verdetti di Milano e Palermo. Ma già oggi nella sua coscienza potrà meditare su un fatto non del tutto trascurabile nella mondializzazione: fuori Italia, non potrà non stridere il contrasto fra il nostro sonno morale e la svegliezza civile dell'Ucraina.


Fonte: http://www.lastampa.it/_WEB/_P_VISTA/spinelli/