giovedì 27 febbraio 2003

Giochi di luce


Energy From Nuclear Reaction


Initially, the energy a photovoltaic cell uses comes from the sun. There, hydrogen nuclei fuse with each other to form helium nuclei and energy. It takes four hydrogen nuclei to form one helium nucleus.


 


Fusion in the Sun


 




Photons



Photons are the energy byproducts of the nuclear reaction in the sun. They are essentially "packets of energy."


 


Photons from the Sun


 




Electrons Absorb Photons



When photons from the sun hit a photovoltaic cell, they may be absorbed by an electron. With this extra energy, the electron may become excited and break off its atom, and eventually begin an electric current.


 


Electrons Absorb Photons


Silicon Wafer



The silicon wafer is the basic starting material of photovoltaic cells.


As other materials are added to both sides of the cell, the silicon remains neutral,


and acts as a barrier layer. This is because of its four valence electrons.


 


The Silicon Wafer


 


 

photons2.jpg (20639 bytes)

 

Here we have three lenses and three light sources. The middle lens has photon mapping turned off. You can also see some reflective caustics from the brass box (some light reflects and hits the blue box, other light bounces through the nearest lens and is focused in the lower left corner of the image).  

1978-1979

Raramente si pensa che la nostra libertà personale possa essere fortemente limitata, perciò si stenta a capire che invece ora non si è più liberi di essere in strada tra le otto di sera e le cinque del mattino successivo. Quanto durerà la legge marziale? Perché è stata imposta? Che cosa si sta preparando per noi?

Dall’inizio dell’anno ci sono rivolte popolari in diverse città, ma ora è la capitale ad essere controllata dai militari armati e dai carri armati fermi ai grandi incroci. Ci sono stati scontri sanguinosi tra l’esercito e i manifestanti. Uno è stato particolarmente cruento in una grande piazza della città.

Molto di ciò che si sa si diffonde rapidissimamente volando di bocca in bocca. I giornali, letti con avidità, lasciano una scia angosciosa di interrogativi, dubbi, paura. I contatti con il resto del mondo sono impossibili ormai. Rimangono solo le trasmissioni della BBC a cui ci si attacca disperatamente per avere qualche notizia, ogni sera. E’ davvero uno sforzo disperato perché le trasmissioni sono molto disturbate e molte notizie si perdono tra crudeli ronzii e acuti fischi prolungati.

All'estero sicuramente parlano di noi nominando il nome del Paese. Siamo un grandissimo numero di persone, milioni e milioni, ognuna di noi con la propria paura, una paura sottile che si insinua in tutti gli atti quotidiani, anche i più semplici. E ogni persona è un mondo. Un mondo infinitesimo, sconosciuto, come inesistente, perso nella parola "popolo".

Riporto la sola parte iniziale di un articolo pubblicato da Il Manifesto di ieri 26 febbraio. Autore dell’articolo è Robert Fisk, noto giornalista internazionale de The Indipendent di Londra. Consiglio a tutte e a tutti di leggerlo integralmente.

Cnn, il Pentagono in redazione


La madre di tutte le tv si prepara alla prossima guerra in Iraq. Sul campo, l'esercito addestra i giornalisti. Ad Atlanta, funzionari governativi pronti a bloccare notizie scomode.

ROBERT FISK

La stampa americana sta già esprimendo la propria approvazione per la copertura giornalistica delle forze armate americane che l'esercito Usa intende consentire ai reporter nella prossima guerra del Golfo. I ragazzi della Cnn, della Cbs, della Abc e del New York Times saranno "inseriti" tra i marines e la fanteria Usa. Il grado di censura non è ancora chiaro, ma non importa quanto il Pentagono taglierà dai dispacci dei reporter. Un nuovo sistema della Cnn di "approvazione dello script" - l'iniqua indicazione data ai reporter, in base alla quale essi dovranno inviare tutte le loro notizie ad anonimi funzionari ad Atlanta affinché siano debitamente epurate - fa ritenere che il Pentagono e il Dipartimento di stato non avranno nulla di cui preoccuparsi. E neanche gli israeliani. Per la verità, la lettura di un nuovo documento della Cnn, "Reminder of Script Approval Policy" ("Promemoria sulla politica di approvazione degli script"), lascia letteralmente esterrefatti. "Tutti i reporter che stanno preparando dei servizi devono sottoporre lo script a verifica per l'approvazione" recita il documento. "I servizi non possono essere messi in onda finché gli script non saranno stati approvati (...) Tutti i servizi giornalistici che non abbiano avuto origine a Washington, Los Angeles o New York, compresi quelli provenienti da tutti gli uffici internazionali, devono pervenire al Row di Atlanta per l'approvazione". [...]

Sappiamo già che noi, popolo del pianeta Terra, siamo tenuti all'oscuro di troppe cose, ma è in ogni caso orribile venire a sapere come la censura sia stata istituzionalizzata in questo periodo.













mercoledì 26 febbraio 2003


 Amore Gentilezza Compassione



[…] Attraverso l’amore, la gentilezza, la compassione, costruiamo un ponte tra noi stessi e il resto del mondo. Questo è il sentiero che conduce all’unità e all’armonia.



Compassione e amore non sono dei lussi. Essendo la fonte della pace interiore ed esteriore sono indispensabili per la sopravvivenza della nostra specie. Da una parte costituiscono l’azione non violenta. Dall’altra sono la base di tutte le qualità spirituali: perdono, tolleranza e ogni altra virtù. Inoltre rappresentano quello che conferisce significato alle nostre attività e le rende costruttive. […]



Dalai Lama - da Una rivoluzione per la pace, pag. 115


 


Ibernati, incoscienti, inesistenti,
proveniamo da infiniti deserti.
Fra poco altri infiniti ci apriranno
ali voraci per l’eternità.
Ma qui ora c’è l’oasi, catena
di delizie e tormenti. Le stagioni
colorate ci avvolgono, le mani
amate ci accarezzano.
Un punto infinitesimo nel vortice
che cieco ci avviluppa. C’è la musica
(altrove sconosciuta), c’è il miracolo
della rosa che sboccia, e c’è il mio cuore.


Maria Luisa Spaziani - da La traversata dell'oasi

lunedì 24 febbraio 2003

MARCH 5 -


National Moratorium
to Stop the War on Iraq


The Next Phase of Conscience and Resistance To Stop the War before it Starts


No School, No Work, No Business as Usual


Whoever you are. Chiunque tu sia.


Wherever you are. Dovunque tu sia.


 What’s that line you haven’t crossed yet to show your determination to stop this war?


Qual è la linea che non hai ancora attraversato per mostrare la tua determinazione a fermare questa guerra?


The line may be different for everyone. But whatever it is, prepare to cross it on March 5, in large and small acts of courage, singly and together La linea può essere diversa per ognuno. Ma qualunque cosa sia, preparati a incrociarla il 5 Marzo, con grandi e piccoli atti di coraggio, individualmente e insieme ad altri. To stop the war on Iraq! Per fermare la guerra contro l'Iraq.


“One day in March the Air Force and Navy will launch between 300 and 400 cruise missiles at targets in Iraq…more than the number that were launched during the entire 40 days of the first Gulf War…‘so that you have this simultaneous effect, rather like the nuclear weapons at Hiroshima, not taking days or weeks but in minutes.’” (CBS News, January 27, 2003)


If you had known about Hiroshima in advance, what would you have done to stop it? Se tu avessi saputo in anticipo di Hiroshima, che cosa avresti fatto per fermarlo?


Today’s war-makers are telling us what they plan to do, including the possible use of nuclear weapons. This war will visit unspeakable terror and suffering on the people of Iraq, in the name of “liberating” them. It will put people all over the planet at risk, in the name of protecting them. It will, no doubt, be accompanied by even more severe repression within the U.S. against immigrants and against resisters. And it will mark another terrible step – the most horrific one yet – into a future of endless war and severe repression.


 Despite huge outpourings of protest around the world, including here in the U.S., the war-makers refuse to listen. We must build on everything that’s been done to date and intensify our work to stop them.


We must act on our conscience and resist as if the future depends on it – because it does. We must inspire, organize and expand political resistance throughout society – where we live and where we work, where we go to school and where we raise our children, where we play and where we pray. Students have called for March 5 as a day to walk out of class. We are calling on all groups and all people to expand the day to one of society-wide resistance – a day to act together to manifest opposition to this shameful, unjust and racist war and our determination to stop it.


On March 5…



  • You could call in sick (sick of war, sick of militarism…) ... [continua]


The possibilities are endless, collective and individual.


Le possibilità sono infinite, collettive e individuali.


Lay something important in your life on the line, Along with hundreds of thousands of others


Lascia qualcosa di importante nella tua vita sulla linea Insieme a centinaia di migliaia di altri


On the same day.


Nello stesso giorno


TO STOP THIS WAR ON IRAQ.


da not in our name

MARCH 5 -
National Moratorium
to Stop the War on Iraq


The Next Phase of Conscience and Resistance To Stop the War before it Starts


No School, No Work, No Business as Usual



Whoever you are.

Wherever you are.


What’s that line you haven’t crossed yet to show your determination to stop this war?


The line may be different for everyone. But whatever it is, prepare to cross it on March 5,


in large and small acts of courage, singly and together


To stop the war on Iraq!


 “One day in March the Air Force and Navy will launch between 300 and 400 cruise missiles at targets in Iraq…more than the number that were launched during the entire 40 days of the first Gulf War…‘so that you have this simultaneous effect, rather like the nuclear weapons at Hiroshima, not taking days or weeks but in minutes.’” (CBS News, January 27, 2003)


If you had known about Hiroshima in advance, what would you have done to stop it? Today’s war-makers are telling us what they plan to do, including the possible use of nuclear weapons. This war will visit unspeakable terror and suffering on the people of Iraq, in the name of “liberating” them. It will put people all over the planet at risk, in the name of protecting them. It will, no doubt, be accompanied by even more severe repression within the U.S. against immigrants and against resisters. And it will mark another terrible step – the most horrific one yet – into a future of endless war and severe repression.


Despite huge outpourings of protest around the world, including here in the U.S., the war-makers refuse to listen. We must build on everything that’s been done to date and intensify our work to stop them.


We must act on our conscience and resist as if the future depends on it – because it does. We must inspire, organize and expand political resistance throughout society – where we live and where we work, where we go to school and where we raise our children, where we play and where we pray. Students have called for March 5 as a day to walk out of class. We are calling on all groups and all people to expand the day to one of society-wide resistance – a day to act together to manifest opposition to this shameful, unjust and racist war and our determination to stop it.


On March 5…



  • You could call in sick (sick of war, sick of militarism…)

  • You could close your business.

  • Professors could cancel classes.

  • Students could plan citywide high school walkouts and other campus actions, joining with student strikes being organized across the country.

  • City councils and county boards that have passed resolutions against the war could mark the day with town hall meetings, teach-ins or other ways.

  • Unions that have passed anti-war resolutions could call job actions.

  • You could stand for peace at the nearest post office or government building.

  • You could begin a campaign of bold letters to legislators, the president and his secretaries.

  • You could establish “no war zones” with signs and banners at strategic intersections (as they are doing in Atlanta).

  • You could hang banners from major overpasses (as they are doing in Chicago).

  • You could bring your protest to a military facility, with acts of civil disobedience “supporting” the soldiers by attempting to stop the U.S. military machine from sending them off to war.

  • Houses of worship could call for special services that day; could call their congregations to protest at military recruiting offices or elsewhere; could open their doors to conscientious objectors.

  • You could engage in nonviolent direct action at appropriate locations.

  • You could begin a dialogue on how to bring about a peaceful and just world.

  • Afternoon or evening convergences could bring together everyone who’s acted earlier in the day to voice opposition in the streets and at community gatherings.


The possibilities are endless, collective and individual.
Lay something important in your life on the line,
Along with hundreds of thousands of others


On the same day.


TO STOP THIS WAR ON IRAQ.

domenica 23 febbraio 2003

5 MARZO 2003


L'appello del Papa, "un digiuno per la pace"

"Mai, mai, mai il futuro dell'umanità potrà essere assicurato
dal terrorismo e dalla logica della guerra".


Si tratta dell’ennesimo appello del pontefice ad evitare l’uso delle armi per risolvere il conflitto iracheno, un appello reso ancora più credibile dopo gli incontri diplomatici che la Santa Sede ha appena concluso proprio per tessere la tela del dialogo tra le cancellerie. Papa Wojtyla era infatti reduce dall'incontro con il primo ministro britannico Tony Blair, il più convinto sostenitore europeo della linea interventista di Bush, e non ha nascosto la sua "grande apprensione" per l'evolversi della situazione internazionale. Il 5 marzo sarà dunque una giornata di preghiera e di digiuno per la pace, specialmente nel Medio Oriente. da dedicare “con particolare intensità” , ha spiegato il Papa per ottenere la "conversione dei cuori e la lungimiranza delle decisioni giuste per risolvere con mezzi adeguati e pacifici le contese". "Noi cristiani in particolare siamo chiamati a essere come delle sentinelle della pace, nei luoghi in cui viviamo e lavoriamo - ha detto il Santo Padre - Ci è chiesto di vigilare affinché le coscienze non cedano alla tentazione dell'egoismo, della menzogna e della violenza". "Da mesi la comunità internazionale vive in grande apprensione per il pericolo di una guerra che potrebbe turbare l'intera regione del Medio Oriente e aggravare le tensioni purtroppo già presenti in questo inizio del terzo millennio", ha esordito il Papa davanti ai fedeli riuniti in piazza San Pietro. "E' doveroso per i credenti, a qualunque religione appartengano, proclamare che mai potremo essere felici gli uni contro gli altri - ha proseguito - mai il futuro dell'umanità potrà essere assicurato dal terrorismo e dalla logica della guerra". Nel proclamare la giornata di preghiera e di digiuno per la pace, il Pontefice ha detto: "In ogni santuario mariano si leverà verso il cielo un'ardente preghiera della pace con la recita del Santo Rosario. Confido che anche nelle parrocchie e nelle famiglie venga recitata la Corona per questa grande causa da cui dipende il bene di tutti". E "a tale corale invocazione si accompagnerà il digiuno, espressione di penitenza per l'odio e la violenza che inquinano i rapporti umani". I cristiani, ha ricordato il Santo Padre, "condividono l'antica pratica del digiuno con tanti fedeli e sorelle di altre religioni, che con essa intendono spogliarsi di ogni superbia e disporsi a ricevere da Dio i dono più grandi e necessari, tra i quali in particolare quello della pace".


(Pubblicato il 23 febbraio 2003 13:13 ) (Aggiornato alle ore: 19:55 )

 L'appello del Papa, "un digiuno per la pace"

"Mai, mai, mai il futuro dell'umanità potrà essere assicurato dal terrorismo e dalla logica della guerra".




















 


"Mai, mai, mai il futuro dell'umanità potrà essere assicurato dal terrorismo e dalla logica della guerra".


E’ un Angelus particolare quello recitato dal Pontefice che ha lanciato per il giorno delle ceneri, mercoledì 5 marzo, una giornata di digiuno che il miliardo di cattolici in tutto il mondo potrà recitare "per la causa della pace, specialmente nel medio oriente".


Si tratta dell’ennesimo appello del pontefice ad evitare l’uso delle armi per risolvere il conflitto iracheno, un appello reso ancora più credibile dopo gli incontri diplomatici che la Santa Sede ha appena concluso proprio per tessere la tela del dialogo tra le cancellerie. Papa Wojtyla era infatti reduce dall'incontro con il primo ministro britannico Tony Blair, il più convinto sostenitore europeo della linea interventista di Bush, e non ha nascosto la sua "grande apprensione" per l'evolversi della situazione internazionale.


Il 5 marzo sarà dunque una giornata di preghiera e di digiuno per la pace, specialmente nel Medio Oriente. da dedicare “con particolare intensità” , ha spiegato il Papa per ottenere la "conversione dei cuori e la lungimiranza delle decisioni giuste per risolvere con mezzi adeguati e pacifici le contese".


"Noi cristiani in particolare siamo chiamati a essere come delle sentinelle della pace, nei luoghi in cui viviamo e lavoriamo - ha detto il Santo Padre - Ci è chiesto di vigilare affinché le coscienze non cedano alla tentazione dell'egoismo, della menzogna e della violenza". "Da mesi la comunità internazionale vive in grande apprensione per il pericolo di una guerra che potrebbe turbare l'intera regione del Medio Oriente e aggravare le tensioni purtroppo già presenti in questo inizio del terzo millennio", ha esordito il Papa davanti ai fedeli riuniti in piazza San Pietro. "E' doveroso per i credenti, a qualunque religione appartengano, proclamare che mai potremo essere felici gli uni contro gli altri - ha proseguito - mai il futuro dell'umanità potrà essere assicurato dal terrorismo e dalla logica della guerra".


Nel proclamare la giornata di preghiera e di digiuno per la pace, il Pontefice ha detto: "In ogni santuario mariano si leverà verso il cielo un'ardente preghiera della pace con la recita del Santo Rosario. Confido che anche nelle parrocchie e nelle famiglie venga recitata la Corona per questa grande causa da cui dipende il bene di tutti". E "a tale corale invocazione si accompagnerà il digiuno, espressione di penitenza per l'odio e la violenza che inquinano i rapporti umani". I cristiani, ha ricordato il Santo Padre, "condividono l'antica pratica del digiuno con tanti fedeli e sorelle di altre religioni, che con essa intendono spogliarsi di ogni superbia e disporsi a ricevere da Dio i dono più grandi e necessari, tra i quali in particolare quello della pace".


(Pubblicato il 23 febbraio 2003 13:13 )
(Aggiornato alle ore: 17:18 ) 
 
 


 
 
 
 



giovedì 20 febbraio 2003

E questa è la posizione delle Chiese britanniche.


Le chiese britanniche attaccano Blair



di Alfio Bernabei
LONDRA. Il tentativo di Tony Blair di far passare la guerra all’Iraq come un atto umanitario è stato demolito dai due massimi rappresentanti della chiesa anglicana e di quella cattolica del Regno Unito che hanno duramente criticato il premier alla vigilia del suo incontro con il Papa a Roma.
L’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, capo della chiesa anglicana, e il cardinale Cormac Murphy O’Connor, capo della chiesa cattolica d’Inghilterra, hanno espresso gravi dubbi sulla legittimità morale di una guerra. Hanno chiesto che venga dato più tempo agli ispettori, in linea dunque con la posizione francese e di altri paesi e del Vaticano che non condividono l’urgenza e la belligeranza anglo-americana.
La presa di posizione delle due chiese ha tolto a Blair il piedistallo morale sul quale si era posto sabato scorso in un discorso studiato per sminuire l’importanza delle manifestazioni contro la guerra a Londra e intorno al mondo. Blair aveva parlato della necessità umanitaria di liberare il popolo iracheno. Aveva paragonato il numero dei manifestanti a Londra a quello delle persone uccise dal regime di Saddam Hussein. Era arrivato ad alludere al fatto che secondo lui i manifestanti, dicendo no alla guerra, si stavano imbrattando col sangue delle future vittime del regime. Il tema umanitario pareva essere emerso d’improvviso, forse legato alla lettura dei più recenti sondaggi dai quali emergeva in particolare la ferma opposizione delle donne al conflitto.


Nel comunicato dei due leader religiosi si legge: «La guerra è sempre una prospettiva che disturba, che non può essere contemplata senza un senso di fallimento e dispiacere nel non aver potuto far prevalere altri mezzi e comporta profonda inquietudine su tutto ciò che può conseguirne. Siamo ben coscienti della pesante responsabilità di coloro che devono prendere la decisione ultima. Gli episodi di questi giorni mostrano che persistono dubbi sulla legittimità morale di una guerra, come pure sulle non prevedibili conseguenze umanitarie». E continua: «Riconosciamo che l’alternativa morale all’azione militare non può essere la mancanza di azione, la passività o l’indifferenza. È dunque vitale che tutte le parti si impegnino urgentemente e completamente attraverso le Nazioni Unite, incluso col proseguimento delle ispezioni, in modo che si possa rendere non necessario il trauma e la tragedia di una guerra». Il documento chiede all’Iraq di attenersi alla risoluzione delle Nazioni Unite sulle armi di distruzione di massa. A Downing Street si sono limitati a commentare: «Hanno il diritto di dire ciò che pensano. È chiaro che chiedono a Saddam Hussein di aderire alla risoluzione».
Oltre a spogliare Blair dell’aureola di predicatore che stava usando per tornare a galla nei sondaggi (la copertina di ieri del New Statesman lo presenta mentre affoga nella marea dei manifestanti ad Hyde Pak) il richiamo prelude a ciò che gli ribadirà il Papa domani. Già lo Statesman ricorda a Blair che se vuole occuparsi di questioni morali di obiettivi ne avrebbe già tanti: aprire il commercio con l’Africa, accogliere immigrati dai paesi poveri, mettere un blocco alla vendita di armamenti.
La posizione umanitaria – e molto selettiva - di Blair che per far valere il suo argomento si è appoggiato ad alcuni esiliati iracheni favorevoli alla guerra, è stata peraltro attaccata da quegli iracheni che lo ritengono un po’ ipocrita, come nel caso di Kamil Mahdi, esiliato politico e insegnante all’università di Exeter che dopo avergli ricordato un po’ di storia commenta sul Guardian: «Un attacco americano contro il mio paese apporterebbe solo un disastro».
Quel che è peggio è che Blair non è riuscito a convincere eminenti esponenti dell’establishment militare secondo i quali una guerra rischia di aggravare i problemi della regione e di incoraggiare il terrorismo.

[L'unità - 20 febbraio 2003]

Appello per la PACE


La guerra non ha più senso per il semplice fatto che non si vince più.


Per il semplice fatto che anche una guerra vinta non chiude il conflitto


che voleva chiudere: lo riapre in forme più nuove e terribili. [Padre Ernesto Balducci]


Nonostante le numerose contrarietà, dubbi e perplessità espresse anche da importanti alleati, il governo degli Stati Uniti minaccia di attaccare e invadere l’Iraq - anche in assenza di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu- costringendo il mondo intero ad affrontare una nuova durissima crisi. La determinazione dell’Amministrazione Bush a proseguire sulla via della guerra nonostante il successo diplomatico delle Nazioni Unite che hanno spinto Saddam Hussein ad accettare il ritorno incondizionato degli ispettori, sta seminando inquietudine e insicurezza in tutto il mondo.

 


Noi sottoscritti, fedeli alla Costituzione Italiana, alla Carta delle Nazioni Unite e al diritto internazionale dei diritti umani che essa ha generato, allarmati per questa terribile prospettiva, chiediamo all’Italia, all’Unione Europea, all’Organizzazione delle Nazioni Unite, a tutte le donne e gli uomini di buona volontà di agire insieme, con determinazione, per scongiurare una nuova devastante carneficina.

 


La guerra –e ancor di più la guerra preventiva- è categoricamente vietata dalla Carta delle Nazioni Unite e dal diritto internazionale. La guerra all’Iraq sarebbe solo il primo test della nuova dottrina di "guerra preventiva" che prevede azioni militari unilaterali contro tutti coloro, paesi e singoli, che sono sospettati di minacciare gli Stati Uniti e i loro interessi. Il fatto che l’Amministrazione Bush abbia deciso di abbandonare la dottrina della legittima difesa -prevista dal diritto internazionale- per adottare una strategia così destabilizzante infligge un colpo mortale al diritto, alla pace e alla sicurezza nel mondo. In questo modo, chiunque potrebbe sentirsi autorizzato ad attaccare "preventivamente" un proprio nemico gettando il mondo nell’anarchia e nel caos. Nessuna risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu potrà legittimare una guerra preventiva.

 


Dobbiamo impedire la guerra contro l’Iraq perché provocherà molti più problemi di quanti ne vuole risolvere, allontanerà ancora di più la possibilità di mettere fine al drammatico conflitto arabo-israeliano e di costruire una pace giusta e duratura in Medio Oriente che è la vera priorità dell’Onu e dell’Europa, indebolirà i cosiddetti regimi arabi moderati bloccandone ogni possibile evoluzione democratica, accrescerà il risentimento contro gli americani e i loro alleati allargando il fossato che separa l’occidente e il mondo islamico e ci esporrà tutti –e ancor più noi che viviamo in Italia e in Europa- al rischio di violenze e sconsiderate azioni terroristiche.

 


Gli attentati dell’11 settembre 2001 hanno colpito ogni coscienza democratica provocando la condanna ferma, netta e unanime di tutte le donne e gli uomini amanti della pace. Quei drammatici eventi hanno reso ancora più evidente al mondo intero quanto sia diventato urgente mettere un freno al disordine internazionale, rafforzare e non demolire l’Organizzazione delle Nazioni Unite (unica "casa comune" di tutti i popoli del mondo), rafforzare la cooperazione internazionale e non l’unilateralismo dei potenti, promuovere e non ostacolare la nascita della Corte Penale Internazionale, ridurre e non aumentare l’ingiustizia economica e sociale planetaria, affrontare e non ignorare tutte le minacce globali (ambientali, sociali, alimentari,…) che incombono sull’umanità e costruire un nuovo ordine mondiale democratico fondato sul rispetto della vita e sul ripudio della violenza, della guerra e del terrorismo.

 


Anche per questo noi diciamo che il terrorismo -minaccia per la pace, la libertà e la democrazia- si deve combattere e si può sconfiggere. Anche per questo noi diciamo che il terrorismo si vince promuovendo non la guerra infinita ma la globalizzazione della giustizia, della democrazia e dei diritti umani. Anche per questo noi diciamo no ad una nuova guerra contro l’Iraq.

 


Il regime di Saddam Hussein –come tutti i sistemi dittatoriali- va contrastato dalle Nazioni Unite e dall’intera comunità internazionale con i numerosi strumenti del diritto, della legalità e della giustizia penale internazionale di cui disponiamo. Basta con le crociate ideologiche. Siamo realisti! In Medio Oriente ci sono già troppe tensioni e conflitti che attendono da lungo tempo di essere sanati.

 


Guerra vuol dire altre vittime innocenti, stragi, terrore, sangue, sofferenza, angoscia, disperazione, disordine, violenza infinita. Per questo, contro i dispensatori di odio e i predicatori della guerra inevitabile noi ci uniamo a tutti coloro che sono impegnati, dentro e fuori le istituzioni, nella difesa dei diritti umani, nella costruzione della pace e della giustizia nel mondo, nella promozione di un nuovo ordine internazionale democratico per dire: non distruggete l’Onu! non stracciate la Carta delle Nazioni Unite!

 


Insieme a tutti coloro che sono impegnati nella costruzione della grande Europa diciamo: questa guerra è un pericolo anche per noi e per i nostri interessi, pone serie minacce alla nostra vita e al nostro futuro immediato. L’Europa è un progetto di pace e non uno strumento di guerra. Se sarà unita riuscirà a impedire questa nuova tragedia.

 


Insieme a tutti gli italiani, amanti della pace e della legalità, rispettosi dei valori posti a fondamento della Repubblica diciamo: non stracciate la Costituzione italiana! Non lasciate che il nostro paese venga coinvolto in alcun modo in questa terribile avventura militare.

 


Insieme al Papa, Giovanni Paolo II, e ai capi di tutte le religioni, rinnoviamo il solenne impegno di pace pronunciato ad Assisi lo scorso 24 gennaio: Mai più violenza! Mai più guerra! Mai più terrorismo!

 


I tempi sono difficili, ma non ci lasceremo vincere dalla paura, dall’impotenza o dalla rassegnazione. Riportiamo la pace al centro della politica. Mettiamoci sul piede di pace. Difendiamo insieme i diritti umani e la legalità internazionale.

 


*****



  • Nel rispetto della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale dei diritti umani, garante dei diritti e dei doveri di tutte le persone, i popoli e gli Stati della terra;

  • nel rispetto della Costituzione che impegna il nostro paese e tutte le sue istituzioni ad operare per la pace e la giustizia nel mondo ("L'Italia ripudia la guerra come mezzo di soluzione delle controversie internazionali"),



chiediamo al Parlamento e al Governo italiano, all'Europa, all'Onu e a tutti i responsabili della politica nazionale e internazionale di:


     


  1. svolgere una incessante opera di mediazione, dialogo e persuasione tesa ad scongiurare l’avvio di questa nuova disastrosa guerra, senza cedere alla logica dell'ultimatum;

     


     



  2. negare ogni forma di assenso e di coinvolgimento militare nell'organizzazione di un possibile attacco armato contro l'Iraq;

     


     



  3. esercitare la necessaria pressione politica sul governo iracheno affinché non ponga ostacoli alla missione degli ispettori dell'Onu che deve essere altamente rappresentativa e imparziale;

     


     



  4. mettere fine all'embargo che da dodici anni colpisce mortalmente la popolazione irachena;

     


     



  5. mettere fine all’occupazione israeliana dei territori palestinesi, assumere tutte le misure di pressione e sanzione diplomatica ed economica necessarie per fermare l’escalation della violenza, assicurare la protezione delle popolazioni civili e riavviare il processo di pace (due popoli, due Stati);

     


     



  6. promuovere la giustizia penale internazionale accelerando l’insediamento della Corte Penale Internazionale;

     


     



  7. convocare una Conferenza Onu per l'eliminazione di tutte le armi di distruzione di massa a partire dal Medio Oriente e dal Mediterraneo;

     


     



  8. affrontare i conflitti e le gravi tensioni che si concentrano in particolar modo nel Mediterraneo con una coerente iniziativa politica, economica e culturale;

     


     



  9. dare all'Organizzazione delle Nazioni Unite, debitamente democratizzata, gli strumenti necessari per garantire l’applicazione di tutte le risoluzioni approvate nel rispetto della Carta e del Diritto internazionale dei diritti umani.

     




  10. Perugia, venerdì 19 settembre 2002


    Prime adesioni:


    Per adesioni: Tavola della Pace, via della viola 1 (06100) Perugia

     


    Tel. 075/5736890 - fax 075/5739337

     


    e mail:
    info@perlapace.it - www.tavoladellapace.it

     


    Associazione per la Pace, Francescani del Sacro Convento di Assisi, Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la pace, CGIL, CISL, UIL, ARCI, ACLI, Pax Christi, Emmaus Italia, AGESCI, CIPSI, Legambiente, Lega per i Diritti e la Liberazione dei Popoli, Centro per la pace Forlì/Cesena, Planet, Sondagenova, FIVOL-Fondazione Italiana Volontariato, ICS, Banca Etica, Focsiv, Manitese, Peacelink, Forum permanente del 3° settore, Agenzia per la pace.

mercoledì 19 febbraio 2003

Un po’ di autobiografia


Non voglio fare una graduatoria dei dittatori criminali e liberticidi, ma le atrocità compiute da Saddam si sono intrecciate anche con la mia vita personale. Mi riferisco alla guerra contro l’Iran, mia seconda patria. Per quanto orribili le guerre, tutte le guerre, quelle che ci colpiscono nei nostri affetti più cari devastano totalmente, mettendo a dura prova anche i più radicati ideali non violenti. Per alcune potenze ora la pericolosità di Saddam è tale da dover essere eliminata, a qualsiasi costo, compresa una guerra con armi convenzionali, non esclusa una guerra con armi nucleari. C’è un "dettaglio" in questa evoluzione della storia del fosco dittatore che si tende a rimuovere: non sarà lui ad essere colpito, saranno gli Iracheni a morire sotto le bombe. Donne irachene, uomini iracheni, bambine irachene, bambini iracheni, iracheni vecchi e giovani, poveri e ricchi, esseri umani con le loro personalità, le loro storie, i loro progetti. C’è davvero qualcuno che ha il diritto di decidere che possono essere condannati a morire, così, solo perché si trovano nel regno del malvagio Saddam? La guerra è un vecchio arnese, vecchio quanto la storia umana, tanto inutile quanto repellente. Dovrebbe essere diventato un tabù da molto tempo, o almeno dopo gli orrori del secolo appena passato. Non lo è diventato. Nemmeno l’opzione nucleare è diventata un tabù. Eppure Hiroshima e Nagasaki hanno in sé l’idea del tabù da non infrangere, mai. E la pace? E’ resistenza passiva, inazione, rassegnazione, qualcosa che esiste quando non c’è guerra, qualcosa che si può definire solo in negativo? Pace come assenza di guerra? Possiamo vedere tutti che la pace non è niente di tutto questo. La pace è creatività, avventura, sfida, azione avvincente, forza sempre spinta in avanti, energia che costruisce, supera gli ostacoli, e vince. E la sfida ora è quella di trovare gli strumenti pacifici che possano "eliminare" Saddam e liberare il popolo iracheno. Gli Stati Uniti hanno sicuramente la capacità di vincere questa sfida e segnare l’inizio di un’era assolutamente inedita nella storia: l'era dei conflitti che vengono risolti sempre e comunque con mezzi pacifici, con intelligenza umana e con la lucida forza della conoscenza.

lunedì 17 febbraio 2003

The Blood  by John Pilger
February 17, 2003 As the world protests against war, we hear again the lies of old. "A painful decision," say the supporters of an invasion. But it is not they who will feel the pain: it will be the Iraqi infants writhing in the dust when the cluster bombs fall. [Quando il mondo protesta contro la guerra, sentiamo le menzogne di un tempo. "Una decisione penosa", dicono i sostenitori di un’invasione. Ma non saranno loro a provare la sofferenza: saranno i bambini Iracheni che si dibattono nella polvere quando cadono le bombe a grappolo.]


 


Sneers From Across the Atlantic.  Anti-Americanism Moves to W. Europe's Political Mainstream


Protesters gathered in Munich last weekend to send a message to Defense Secretary Donald H. Rumsfeld, who was there for a security conference. (Frank Augstein -- AP)


SPECIAL REPORT - By Glenn Frankel  -  Washington Post Foreign Service - Tuesday, February 11, 2003; Page A01


LONDON -- It can be emotional, spontaneous and contradictory. It has no leader, no platform and no ideology. It varies from country to country in its roots and its manifestations. It doesn't even have an accepted name: Those most strongly identified with it indignantly deny they advocate or practice it.


[Può essere emotivo, spontaneo e contraddittorio. Non ha leader, non ha piattaforma e non ha ideologia. Varia da Paese a Paese nelle sue radici e nelle sue manifestazioni. Non ha nemmeno un nome accettato: i più fortemente identificati con esso negano di propugnarlo o di praticarlo].


Still, anti-Americanism, West European-style, is widespread, rising and migrating from its traditional home among left-wing intellectuals, academics and cafe society to the political mainstream, according to analysts, critics and public opinion polls. Countries such as France, Germany and Britain, which for more than five decades have been the closest allies of the United States, are beginning to drift away, propelled by a popular wave of concern, alarm and resentment. The immediate focus might be U.S. policy toward Iraq, but the larger emerging theme is an abiding sense of fear and loathing of American power, policies and motives.

 


[Ancora, anti-Americanismo, stile Europa Occidentale, è assai diffuso, crescente e migrante dalla propria collocazione tra intellettuali, accademici e cafe society di sinistra verso critici di una generale corrente politica, secondo gli analisti, e sondaggi d’opinione (pubblica). Paesi come la Francia, la Germania e la Gran Bretagna,(manca l’Italia?) che per più di cinque decadi sono stati gli alleati più stretti degli Stati Uniti, stanno cominciando ad allontanarsi, spinti da un’onda popolare di ansia, allarme e risentimento. Il focus immediato potrebbe essere la politica degli U:S: verso l’Iraq, ma il tema che emerge più largamente è un costante senso di paura e di avversione per il potere, le politiche e le ragioni americane].

 



[continua...]


New York Times 17 Febbraio 2003


A New Power in the Streets By PATRICK E. TYLER



WASHINGTON, Feb. 16 — The fracturing of the Western alliance over Iraq and the huge antiwar demonstrations around the world this weekend are reminders that there may still be two superpowers on the planet: the United States and world public opinion. [La frattura nell'alleanza degli Occidentali sul problema Iraq e le immense dimostrazioni contro la guerra in tutto il mondo questo fine settimana fanno pensare che possono ancora esserci due superpoteri sul pianeta: gli Stati Uniti e l'opinione pubblica del mondo]. [continua...]

domenica 16 febbraio 2003


Not in Our Name


Non a nostro nome


Noi crediamo che come persone che vivono
negli Stati Uniti sia nostra responsabilità
resistere di fronte alle ingiustizie
fatte dal nostro governo,
a nostro nome


Non a nostro nome
sarà intrapresa una guerra senza fine
non possono esserci più morti
non più trasfusioni
di sangue per il petrolio


Non a nostro nome
saranno invasi paesi
bombardati civili, uccisi più bambini
lasciando che la storia faccia il suo corso
sulle tombe degli ingnoti


Non a nostro nome
saranno erose le molte libertà
per le quali voi dichiarate di lottare


Non saranno le nostre mani
a fornire armi e denaro
per annientare famiglie
in territori stranieri


Non saranno le nostre bocche
a lasciare che la paura ci faccia tacere


Non saranno i nostri cuori
a permettere che interi popoli o paesi
siano giudicati cattivi


Non per volontà nostra
e Non a nostro nome


Noi ci impegniamo a resistere


Noi ci impegnamo ad allearci con coloro
che sono stati attaccati
per essersi espressi contro la guerra
o per la loro religione o la loro etnia


Noi ci impegniamo a fare causa comune
con le persone del mondo per
portare giustizia,
libertà e pace


Un altro mondo è possibile
e noi ci impegniamo a realizzarlo.


info@notinourname.net 


 

The Pledge of Resistance


We believe that as people living
in the United States it is our
responsibility to resist the injustices
done by our government,
in our names

Not in our name
will you wage endless war
there can be no more deaths
no more transfusions
of blood for oil

Not in our name
will you invade countries
bomb civilians, kill more children
letting history take its course
over the graves of the nameless

Not in our name
will you erode the very freedoms
you have claimed to fight for

Not by our hands
will we supply weapons and funding
for the annihilation of families
on foreign soil

Not by our mouths
will we let fear silence us

Not by our hearts
will we allow whole peoples
or countries to be deemed evil

Not by our will
and Not in our name

We pledge resistance

We pledge alliance with those
who have come under attack
for voicing opposition to the war
or for their religion or ethnicity

We pledge to make common cause
with the people of the world
to bring about justice,
freedom and peace

Another world is possible
and we pledge to make it real.


Not in Our Name
www.notinourname.net


NO War on the World
NO Detentions & Round-ups
NO Police State Restrictions


Translations and information




La polemiche sui vessilli arcobaleno della pace



Fi: «Bandiere ai balconi, isteria pseudo pacifista»



Lettera aperta ai cittadini del capogruppo regionale emiliano di Forza Italia. «Destabilizzano l'Italia»




MILANO - L'«isteria pseudo pacifista collettiva», seguendo la quale si appendono le bandiere della pace dai balconi, non è altro che «una spregiudicata campagna propagandistica che ha come obiettivo la destabilizzazione interna e la delegittimazione nazionale dell'Italia. Altro che pace». Non usa mezzi termini il capogruppo regionale di Forza Italia, Luigi Villani, in una lettera aperta ai cittadini scritta a nome di tutto il gruppo forzista in consiglio regionale.

Si tratta dell’ennesimo appello del pontefice ad evitare l’uso delle armi per risolvere il conflitto iracheno, un appello reso ancora più credibile dopo gli incontri diplomatici che la Santa Sede ha appena concluso proprio per tessere la tela del dialogo tra le cancellerie. Papa Wojtyla era infatti reduce dall'incontro con il primo ministro britannico Tony Blair, il più convinto sostenitore europeo della linea interventista di Bush, e non ha nascosto la sua "grande apprensione" per l'evolversi della situazione internazionale. Il 5 marzo sarà dunque una giornata di preghiera e di digiuno per la pace, specialmente nel Medio Oriente. da dedicare “con particolare intensità” , ha spiegato il Papa per ottenere la "conversione dei cuori e la lungimiranza delle decisioni giuste per risolvere con mezzi adeguati e pacifici le contese". "Noi cristiani in particolare siamo chiamati a essere come delle sentinelle della pace, nei luoghi in cui viviamo e lavoriamo - ha detto il Santo Padre - Ci è chiesto di vigilare affinché le coscienze non cedano alla tentazione dell'egoismo, della menzogna e della violenza". "Da mesi la comunità internazionale vive in grande apprensione per il pericolo di una guerra che potrebbe turbare l'intera regione del Medio Oriente e aggravare le tensioni purtroppo già presenti in questo inizio del terzo millennio", ha esordito il Papa davanti ai fedeli riuniti in piazza San Pietro. "E' doveroso per i credenti, a qualunque religione appartengano, proclamare che mai potremo essere felici gli uni contro gli altri - ha proseguito - mai il futuro dell'umanità potrà essere assicurato dal terrorismo e dalla logica della guerra". Nel proclamare la giornata di preghiera e di digiuno per la pace, il Pontefice ha detto: "In ogni santuario mariano si leverà verso il cielo un'ardente preghiera della pace con la recita del Santo Rosario. Confido che anche nelle parrocchie e nelle famiglie venga recitata la Corona per questa grande causa da cui dipende il bene di tutti". E "a tale corale invocazione si accompagnerà il digiuno, espressione di penitenza per l'odio e la violenza che inquinano i rapporti umani". I cristiani, ha ricordato il Santo Padre, "condividono l'antica pratica del digiuno con tanti fedeli e sorelle di altre religioni, che con essa intendono spogliarsi di ogni superbia e disporsi a ricevere da Dio i dono più grandi e necessari, tra i quali in particolare quello della pace".


(Pubblicato il 23 febbraio 2003 13:13 ) (Aggiornato alle ore: 19:55 )



«I leader del movimento pseudo pacifista- afferma Villani - strumentalizzano la buona fede della gente con slogan falsi e ingannevoli, e si dimostrano così i peggiori nemici della pace». Infatti, il loro fine è «riunire, sotto un drappo multicolore, le anime disgregate e disomogenee della sinistra, mettendo in piedi un'armata mossa dagli ormai datati ideali di anti-americanismo, anti-liberismo e anti-occidentalismo, contro un governo legittimamente eletto e una politica estera che ha restituito all'italia una dignità internazionale».

CONTRO l'ARCOBALENO SUI MUNICIPI
- Nel «condannare fermamente» questa «strumentalizzazione irresponsabile» delle bandiere della pace, Villani si scaglia contro la «decisione di alcune amministrazioni di appendere l'arcobaleno nelle strutture istituzionali, nonostante vi siano norme, emanate dai governi dell'Ulivo, che lo vietino».



14 febbraio 2003
 

Italy's Leader Balances Ambitions and Trials


(Page 2 of 2) There are few better examples of the sky-high profile that Mr. Berlusconi has tried to establish than his peripatetic effort to win a role in the debate over an American-led military strike against Iraq, pledging almost unfettered allegiance to the United States.



In the span of one recent week, he flew to London to meet with Prime Minister Tony Blair, then to Washington to meet with Mr. Bush, then to Moscow for a talk with Mr. Putin.


But he did not succeed in coaxing Mr. Putin toward the American view on Iraq. He also put himself at odds with Italian public opinion, which runs strongly against war, and with France and Germany.



"At the end of this year, Italy will hold the rotating presidency of the European Union, and now he's playing a card that fractures the union," said Luciano Violante, the opposition leader in the lower chamber of the Parliament.



"He thinks with a market mentality," said Mr. Violante, who proceeded to imagine Mr. Berlusconi's calculations: "Who's the strongest in the market now? Bush? O.K., let's go with Bush!"



The prime minister's aides disputed that characterization, drawing attention to his recent statements that he would prefer United Nations backing for a military strike. They said he was trying to forge a consensus.



They also said that Italians cared about nuts-and-bolts issues like public works, tax breaks and pension and labor reform, and noted that Mr. Berlusconi had made modest progress along those lines.



"He's a very concrete, practical person," said Paolo Bonaiuti, his spokesman, pulling out a thick book in which the prime minister's promises, plans and timetable for governing have been compiled.



"It's a way to understand Mr. Berlusconi," Mr. Bonaiuti said. "Every month, he looks at this, and asks, `Where are we?' "



At least two of his promises, however, have not materialized. The economy is worse, not better, than when he took office. His aides — and, fortunately for him, many Italians — chalk that up to a global slowdown and other factors beyond Mr. Berlusconi's control.



He also has not enacted a conflict-of-interest law that would put more distance between him and his media holdings. His opponents, along with many independent political analysts, find that particularly disturbing, citing his potential to control the information that Italians receive.



"He's not manipulating it right now," said Sergio Romano, a former ambassador for Italy to NATO and a columnist for Corriere della Sera. "But he could do it later. It's not a healthy situation, and principles do matter."



The New ork Times Feb. 16


Italy's Leader Balances Ambitions and Trials


By FRANK BRUNI

R
OME, Feb. 15 — A short while back, Italy's leading newspaper, Corriere della Sera, ran a cartoon that imagined Prime Minister Silvio Berlusconi's continuing evolution. In the first panel, he was chief of state. In a later panel, he was king. Finally, years hence, he morphed into a new-era Napoleon.



Within the hyperbolic context of satire, it was a fairly apt commentary on Mr. Berlusconi's outsize ambitions. It may also have been prophetic, casting him as a brash emperor whose troubles ultimately undo his triumphs.



Just over two weeks ago, a court here denied Mr. Berlusconi's effort to have his trial on longstanding bribery charges moved (and thus postponed), creating the possibility that by year's end, the prime minister could face a criminal conviction. That extraordinary scenario would pose a serious threat to his government.



But it also completes the portrait of one of Europe's most unusual and flamboyant leaders, a media magnate and political titan who has amassed, or at least sought, an astonishing degree of power, yet always seems to be dancing one small step ahead of disaster.



He remains Italy's richest man, holding tight to business interests that include three of the state's seven national television stations. Because Mr. Berlusconi also has the ability to exert influence over the three publicly operated national networks, he effectively has indirect control of the vast majority of Italy's national television viewing.



His myriad entanglements constantly — and inevitably — raise questions about the motives behind legislation and threaten to trip him up.



"He wants it all," said Giuliano Ferrara, a conservative newspaper editor who served in Mr. Berlusconi's cabinet during his first, seven-month stint as prime minister in 1994. "He thinks that without some of his power, he would lose all of his power."



Although Mr. Ferrara supports Mr. Berlusconi and praises many aspects of his government, he said: "He shouldn't be in politics, as the owner of three media channels. He should become less rich than he is."



But, he added, Italy is an offbeat democracy that accommodates political eccentricities, and Mr. Berlusconi is who he is.



Mr. Berlusconi's keen appetite has run like a leitmotif through the 20 months since he became prime minister for the second time.



As he lobbied for government reforms that would eventually give more power to Italy's president, he seemed to be tailoring a next job to his liking.



As he cultivated friendships with President Bush and President Vladimir V. Putin of Russia, he seemed intent on giving Italy — and himself — a less humble role on the world stage.



But Mr. Berlusconi's past and future keep colliding, perhaps because the various strands of his enterprises are woven so tightly together.



His initial entry into politics came partly because he worried about the government's effect on his businesses and wanted to reform a justice system that, in his view, allowed politically motivated prosecutions, some against him. Repeatedly charged with corruption, he has always prevailed in the end.



In the current case, he is accused of bribing judges to gain control of a food company in the 1980's. He has denied wrongdoing and portrayed himself as a victim of crusading ideologues. The assertion has traction with many Italians.



Late last year, Mr. Berlusconi's political allies pushed through a law giving defendants who assert prosecutorial bias a stronger possibility of getting their trials moved, and Mr. Berlusconi's lawyers proceeded to invoke it.



Although their appeal failed, they insist nonetheless that Mr. Berlusconi will be acquitted, saying that the evidence is shaky.



But one of Mr. Berlusconi's closest associates, Cesare Previti, is also on trial for related bribery charges, and if he is convicted, it could damage Mr. Berlusconi.



"It's bringing him back to earth," said Paolo Gentiloni, a center-left member of Parliament.



But, Mr. Gentiloni added, "I would not exaggerate the altitude of his flying, because it was always more public relations than a substantial effort.



There are few better examples of the sky-high profile that Mr. Berlusconi has tried to establish than his peripatetic effort to win a role in the debate over an American-led military strike against Iraq, pledging almost unfettered allegiance to the United States.



In the span of one recent week, he flew to London to meet with Prime Minister Tony Blair, then to Washington to meet with Mr. Bush, then to Moscow for a talk with Mr. Putin.


But he did not succeed in coaxing Mr. Putin toward the American view on Iraq. He also put himself at odds with Italian public opinion, which runs strongly against war, and with France and Germany.


"At the end of this year, Italy will hold the rotating presidency of the European Union, and now he's playing a card that fractures the union," said Luciano Violante, the opposition leader in the lower chamber of the Parliament.


"He thinks with a market mentality," said Mr. Violante, who proceeded to imagine Mr. Berlusconi's calculations: "Who's the strongest in the market now? Bush? O.K., let's go with Bush!"


The prime minister's aides disputed that characterization, drawing attention to his recent statements that he would prefer United Nations backing for a military strike. They said he was trying to forge a consensus.


They also said that Italians cared about nuts-and-bolts issues like public works, tax breaks and pension and labor reform, and noted that Mr. Berlusconi had made modest progress along those lines.


"He's a very concrete, practical person," said Paolo Bonaiuti, his spokesman, pulling out a thick book in which the prime minister's promises, plans and timetable for governing have been compiled.


"It's a way to understand Mr. Berlusconi," Mr. Bonaiuti said. "Every month, he looks at this, and asks, `Where are we?' "


At least two of his promises, however, have not materialized. The economy is worse, not better, than when he took office. His aides — and, fortunately for him, many Italians — chalk that up to a global slowdown and other factors beyond Mr. Berlusconi's control.


He also has not enacted a conflict-of-interest law that would put more distance between him and his media holdings. His opponents, along with many independent political analysts, find that particularly disturbing, citing his potential to control the information that Italians receive.


"He's not manipulating it right now," said Sergio Romano, a former ambassador for Italy to NATO and a columnist for Corriere della Sera. "But he could do it later. It's not a healthy situation, and principles do matter."





 
 



 
 



 

 




 
 



 

Pace: scoppia il caso RAI

di Redazione (redazione@vita.it)

15/02/2003


Non mancano le polemiche rivolte all'azienda di via Mazzini per non aver ripreso la manifestazione


"I giornalisti Rai contro il silenzio": questa la frase che campeggia su un applauditissimo striscione portato da alcuni redattori delle testate giornalistiche del servizio pubblico e dal segretario della Fnsi, Paolo Serventi Longhi, tutti rigorosamente imbavagliati.

''La mancata diretta Rai sulla manifestazione pacifista di oggi e' stata un atto di miopia e di insipienza, perche' la televisione deve informare i cittadini. E quando si ha un evento come questo, la piu' grande manifestazione che mai, da tantissimo tempo si sia svolta in Italia in coincidenza con tante altre analoghe contro la guerra, il buon senso dice che la Rai dovrebbe essere interessata a seguirlo''. Lo ha detto Piero Fassino, segretario dei Ds, sfilando al corteo della manifestazione pacifista contro la guerra prima di arrivare in piazza San Giovanni. ''La Rai dovrebbe farlo vedere in tv -ha aggiunto il leader della Quercia- per spiegare ai cittadini italiani cosa significa. Cosi' si favorira' la migliore comprensione di un fatto di cui domani sarannno piene le cronache di tutti i giornali. Quindi domani tutti i giornali parleranno di questo grande evento, mentre oggi la Rai lo ignora''.

E Vittorio Agnoletto, dei Forum sociali, rincara la dose: "Oltre che una cosa vergognosa, la censura apposta dalla Rai alla diretta della manifestazione sulla pace e' stato un gesto di stupidita' in quanto non ha raggiunto nessun obiettivo" e aggiunge "La Rai non e' piu' un servizio pubblico. Aver apposto la censura a questa grande manifestazione e' stato un gesto stupido perche' tutto il Paese domani ne parlera' lo stesso senza l'informazione Rai".

E infine interviene l'ex presidente della Rai, Roberto Zaccaria, "la scelta di non mandare in diretta tv la manifestazione della pace e' ottusa e odiosa perche' la gente c'e'''. E aggiunge: ''Questa decisione e' un boomerang che tornera' indietro e fara' del male: non bisogna essere dei geni per capirlo. Io sono stato l'ultimo dirigente Rai. Adesso c'e' un vuoto desolante, delle persone che sembra facciano a gara per complicare cose semplici''. Secondo l'ex direttore della Rai, ''quando ci si trova vicino alla guerra, negare l'informazione e' violare un diritto costituzionale. La decisione dell'Onu potrebbe dare in qualche maniera legittimita' ad un eventuale ingresso in guerra, ma comunque poi dobbiamo agire nel rispetto della nostra Costituzione. Nessuno ci ha convinto che una guerra preventiva possa essere una soluzione al terrorismo. La Comunita' europa sta lavorando su altre linee e quindi non dobbiamo dei verdetti universali''.

 


lunedì 10 febbraio 2003

   Onestà. Onestà ... buonafede.


Fedeltà al vero o, almeno, a ciò che si crede sia il vero. Essere in buonafede mentre si è immersi in un oceano di relativismo. Essere in buonafede senza volerne fare un valore assoluto. Necessità di discernere, analizzare, comprendere la buonafede dell’altro. Valutare in "buonafede" il rapporto "verità/buonafede" e "buonafede/errore". Nell’attuale dimensione di guerra "preventiva" combattuta con le armi, non meno forte e lacerante è lo scontro tra opposte opinioni. Prima ancora di entrare nel merito dei contenuti e delle argomentazioni di chi è convinto della necessità della guerra, colpisce il ricorso a ragionamenti che vengono presentati come veritieri ma vengono costruiti con elementi falsi, come i sillogismi che funzionano perfettamente, ma sono falsi perché false ne sono le premesse. E i ragionamenti di chi si dichiara pacifista? I pacifisti per primi dovranno essere sicuri di non sottrarsi all’obbligo morale dell’onestà intellettuale. Sto parlando per me stessa, innanzitutto. Non ho dubbi sulla necessità morale e politica della pace. Voglio soltanto poter sostenere questa mia idea onestamente…con  "innocenza".

mercoledì 5 febbraio 2003


THE NEW YORK TIMES February 5, 2003


 


MAUREEN DOWD


Quando Colin Powell va alle Nazioni Unite oggi per sostenere la tesi a favore della guerra con Saddam, le Nazioni Unite programmano di stendere una "coperta blu" sul capolavoro di Picasso contro la guerra, "Guernica." Un messaggio troppo confuso, dicono i diplomatici. As final preparations for the secretary's presentation were being made last night, a U.N. spokesman explained, "Tomorrow it will be covered and we will put the Security Council flags in front of it." Mr. Powell non può convincere molto bene il mondo a bombardare l'Iraq, davanti alle telecamere, circondato da donne, uomini, bambini, tori e cavalli mutilati e urlanti. [shrieking and mutilated women, men, children, bulls and horses]. Reporters and cameras will stake out the secretary of state at the entrance of the U.N. Security Council, where the tapestry reproduction of "Guernica," contributed by Nelson Rockefeller, hangs. The U.N. began covering the tapestry last week after getting nervous that Hans Blix's head would end up on TV next to a screaming horse head. (Maybe the U.N. was inspired by John Ashcroft's throwing a blue cover over the "Spirit of Justice" statue last year, after her naked marble breast hovered over his head during a televised terrorism briefing.) … [continued]


Letto in inglese mi è sembrato ... non so che cosa mi è sembrato.. "E' proprio vero?", mi sono domandata ....In italiano la notizia ha i contorni di un incubo orwelliano. E dire che io avrei proposto di affiancare a "Guernica" un gigantografia del bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki, visto che Bush più volte ha ventilato la possibilità dell'uso di armi nucleari in Iraq. L'articolo continua con altre interessanti spiegazioni. Istruttivo da leggere tutto.


Powell senza Picasso

domenica 2 febbraio 2003



Ho ammirato moltissimo l'onestà intellettuale e spirituale del testo


di Enrico Peyretti con il quale spero di poter condividere


momenti di riflessione.




Ma per me c'è un'altra questione aperta nella Bibbia:

la giustizia di Dio così come viene presentata

in questo testo sacro.


 UNA PROVOCAZIONE E LE RISPOSTE / 1


Basta con la violenza biblica


Un bel giorno, nella quotidiana lettura della Bibbia, arrivai ad un punto di esasperazione. Stavo leggendo i Giudici. Chiusi la Bibbia e scrissi di getto ad alcuni amici, che so sensibili ai problemi spirituali, per dire che più leggo i libri della conquista, delle guerre (e per grazia di Dio andò perduto un libro delle "guerre di Dio"!), delle lotte di palazzo, e più li detesto, li rifiuto, non vi trovo nessuna parola di Dio. Conosco le risposte apologetiche, le spiegazioni ragionevolissime, e non mi bastano più. Non c’è bisogno della Bibbia per sapere di queste brutte cose. Ma il peggio è che la Bibbia mi presenta questi orrori non come fatti umani, ma come azioni di Dio nel suo popolo, e questo mi fa male.

Se leggerò ancora molto quei libri – scrivevo – finirò per disprezzare l’ebraismo che li ha prodotti e trasmessi, e questo non lo voglio. Farò una selezione, non importa se ciò è lecito e corretto oppure no. Terrò cari i libri della sapienza, delle leggi per la vita cancellando le leggi di morte, i libri dei profeti di salvezza e speranza, dell’amore universale, chiudendo i libri nazionalisti e di teologia guerriera. Solo questa selezione continuerò a leggere come alimento dello spirito e occasione per la preghiera.


Le pagine violente, quando le incontrerò, mi serviranno solo per documentare ciò che sto dicendo, e del resto già da molto tempo, combattendo il disgusto, le uso per fare schede sulla Bibbia violenta. Un solo minimo ultimo esempio: Davide come il Faraone. Al popolo di Rabbà, città occupata e depredata, e a tutti gli Ammoniti, il re David fa esattamente ciò che il Faraone aveva fatto ai figli d’Israele: impone il lavoro massacrante dei mattoni (2 Samuele 12,31 e Esodo 1,14 e 5,7).


Pregherò, come ho sempre fatto dalla prima giovinezza, i salmi. Ma alcuni salmi sono violenti, altri sono un "Te Deum per la vittoria", e dunque non sono preghiera ma bestemmia, come mostrò bene non un papa, non un vescovo, non un monaco, non un teologo, ma Kant, pio filosofo, in una nota magistrale del suo Per la pace perpetua. Anche Victor Hugo, mezzo scomunicato, inveì contro l’arcivescovo di Parigi per il Te Deum dopo il colpo di stato di Napoleone III. Non è possibile pregare coi salmi della vittoria militare. Anche qui, si deve tagliare. Conosco bene tutte le discussioni a questo riguardo. Saranno storia e letteratura, ma non sono preghiera. Amen.


Selezionare è doveroso

 



Continuerò a leggere la Bibbia così selezionata, non il resto, per la salute della mia anima e per il rispetto di Dio e della sua storia con l’umanità, che non può essere bestemmiata facendo lui complice benedicente o mandante dei nostri omicidi. Il Gott mit uns è la massima idolatria, in qualunque lingua sia detto.


 

Mi si dirà che anche nei vangeli ci sono immagini dure e annunci di inferno. Infatti, io non credo nell’inferno. O c’è Dio o c’è l’inferno. Beh, l’inferno c’è, ma è questo mondo governato – con la complicità democratica della minoranza ricca e le pene infernali imposte alla maggioranza impoverita – dai potenti criminali, gli unici veri diavoli, ogni giorno in tv a terrorizzarci e chiedere adorazione. Se le religioni non maledicono questo inferno, ne sono parte esse stesse, come diavoli. E sono senza Dio. Dio infatti è colui che dall’inferno ci trae fuori – lungi dal mandarci qualcuno – e vuole cambiare questo mondo cambiandoci il cuore e lo sguardo.

Egli, al momento della (sempre tardiva) morte dei potenti, brucerà la loro superbia e delitti, facendoli sbalordire, tremare e ardere come grattacieli polverizzati (quando capiremo il segno che ci è stato dato, di "apocalissi" che non significa distruzione ma rivelazione?), e dalle loro ceneri puzzolenti farà uscire piccole anime umiliate e così risanate e salvate, e abbraccerà anche loro, perché questa è la giustizia di Dio, a differenza della nostra. Li abbraccerà insieme a noi e a tutte le loro infinite schiere di vittime; a noi già oggi salvati in speranza, grazie alla povertà e debolezza, grazie alla irresistibile coscienza che Dio ci dà del male e del bene, lieti fin d’ora di vivere e morire da peccatori perdonati.


Allora noi che ci crediamo buoni impareremo ad amare i nemici, che è l’unico amore intero; e non tanto i nostri piccolissimi nemici personali o di gruppo, quanto i nemici dell’umanità e di Dio, i tiranni e imperatori di ieri e di oggi, e gli aspiranti (ridicoli ma pessimi) tirannelli e vassalli di imperatori, eletti democraticamente da popoli narcotizzati.


La dissociazione morale dalla Bibbia violenta è, in questi anni, divenuta necessaria anche per scacciare quell’ombra brutta che la politica dello Stato di Israele getta sulla grandezza dell’ebraismo, producendo grave confusione e danno nella vita spirituale complessiva dell’umanità, nonostante lo sforzo duro ed onesto che, insieme, una parte di cristiani ed ebrei, ed anche musulmani, facciamo per dissociare tale politica violenta dalla religione ebraica. Questa dissociazione è doverosa per difendere l’ebraismo da chi, in nome di quella violenza biblica, oggi fa politica violenta. Perciò, parlare di antisemitismo (nel senso di antiebraismo) a questo riguardo sarebbe sciocchezza e fraintendimento.


Il criterio è la pace

 



Sono ormai convinto che (come ho scritto più d’una volta) l’etica dell’unità umana, cioè del valore inviolabile dell’umanità riconosciuta e venerata in ogni altro essere umano, giudica tutte le culture, le filosofie, le religioni, le politiche, le economie. Tutte le vie umane sono giudicate dall’etica di pace nonviolenta, cioè dal "rispetto della vita" (Albert Schweitzer). È dunque possibile, secondo l’esperienza fatta da ciascuno, che questa etica porti a rifiutare o a riformare ogni cultura e ogni religione – anche la propria, nella quale si respira lo Spirito – della quale si siano constatati gravi tradimenti, errori, sordità, ritardi su questo punto primario. Nessuno può uccidere in nome di Dio. Lo dice anche il Papa. Neppure Dio può uccidere, se è vero che lo vieta a noi e che è signore della vita. È questa la rivelazione data al nostro tempo di guerra imperante e di pace fermentante. Gli scrittori dei libri biblici di guerra pensavano che Dio ordinasse di uccidere. Dunque, i loro libri non possono essere ispirati. Tra i tanti errori teologici compiuti nella storia dai cercatori di Dio, compresi i più sinceri, c’è anche questo. Altri errori li stiamo compiendo oggi, li sto compiendo io. Altri ci correggerà. Ma io non posso oggi accettare come buono ciò che mi risulta evidentemente cattivo. Il nostro culto non è per la Bibbia, ma per la verità, via via che la intravediamo.


Non le religioni dettano un’etica, ma l’etica originaria (anche se tardivamente compresa) della pace giudica tutte le nostre religioni, tanto ciò che fanno oggi, quanto ciò che hanno fatto ieri, e giudica il modo in cui raccontano la loro storia. Se fanno vanto di ciò di cui devono pentirsi, esse sono condannate.


Senza l’etica della pace, le religioni non possono difendersi da chi le usa per coprire scopi di potere violento. Tanto spesso hanno creduto che i loro peggiori nemici fossero i loro protettori. È la pace che difende le religioni, mentre le giudica. Nessuno è senza peccato. Tutti abbiamo molto da rifiutare.


Tra le letture critiche delle scritture sacre sarà almeno lecita – ma io credo doverosa e urgente – la lettura critica pacifista nonviolenta, perché oggi il mondo può salvarsi solo per questa via. Se le scritture non ci dicono questo, o se contraddicono questo, non ci servono per vivere, sono "umane, troppo umane".


 

Ho parlato di "rifiuto". Me ne rendo conto. Ma, come nei comandamenti di Dio a Mosè, questo genere di rifiuto è una scelta positiva, una via aperta.

 

Enrico Peyretti

Nel prossimo numero riporterò in sintesi una dozzina di risposte a questa lettera.